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Autore: FrancyBorsari99    05/09/2014    4 recensioni
Mi chiamo Harriett Danion.
Mi sono data io questo nome, dal momento che nessuno si è mai preso il disturbo di sceglierne uno per me.
Non ho veri e propri genitori, ma non sono orfana.
Sono nata con la consapevolezza delle mie origini, e non sono mai stata bambina.
In termini umani, avrei sedici o diciassette anni. In termini... Beh... Miei, ho tre anni, quindi sono piuttosto giovane, ma il vantaggio di sbucare dalla terra come da sabbie mobili al contrario è che sai già tutto quello che c'è da sapere.
Immagino vi stiate chiedendo quale orribile mostro possa nascere già sedicenne di tutto punto, senza genitori, senza un nome, senza un'infanzia come base per il futuro.
È complicato.
Io sono figlia dell'Odio.
Più precisamente, di quello di Gea.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ho dimostrato che possono fidarsi di me.

Ho dimostrato che le mie origini non potranno mai corrompermi.

Ho dimostrato che sono una di loro.

E, mio malgrado, ho dimostrato che anche il corpo di un Titano possiede dei limiti.

Mi sono risvegliata nell'infermeria, questa stanza lunga con file di letti addossati alle pareti, in mezzo ai quali ninfe e curatori veleggiano per portare ambrosia e nettare ai pazienti.

Nessuno oltre a me, Piper, Leo, Annabeth ed il ragazzo nuovo è stato danneggiato dall'attacco di Pitone, e la terra si è rimarginata, il cielo è più terso del solito, segno che gli dei hanno apprezzato l'offerta.

Mi volto alla mia sinistra, dove Leo tenta inutilmente di far scaturire fiamme dalle mani. Ogni tentativo si rivela scarso, e tutte le volte rischia di ribaltarsi giù dal letto per i mancamenti di energia.

– Andiamo! – sbuffa irritato, quando finalmente si arrende. – Non è valido! –

Mi limito a sorridere.

– Perchè mi fissi così? – chiede, quando si accorge che ho ancora gli occhi puntati su di lui.

Non li tolgo, continuo a guardarlo, dando un'indifferente alzata di spalle.

Sul suo viso passa un sorriso compiaciuto. – Ah, non ti preoccupare, alle donne faccio quell'effetto.

– Convinto tu.

– Certo che sono convinto.

– Credo che con me non attacchi.

– Convinta tu, Gea Junior.

Faccio roteare le pupille sottolineando il mio disappunto, ma non lo rimprovero per quello stupido soprannome.

Sprofondo nel cuscino, lasciando Pyro alle sue grane da piromane con mancanza di materia prima, e cerco di riposarmi. Ho ancora un mal di testa martellante, e un'altra buona dormita dovrebbe rigenerarmi.

– A proposito, – ho l'impulso di farlo affondare davvero nelle sabbie mobili, ma cerco di essere gentile e mi volto di nuovo verso di lui. – Sei stata grande, ieri.

Sorrido serafica e mi raggomitolo, mentre il sonno viene ad avvolgermi nel suo denso torpore, e con lui, tutti i suoi incubi.

Ora, un punto indiscutibile su cui Titani e semidei non possono che essere uguali, sono le notti passate a decriptare stupidi messaggi in codice sottoforma di sogno inviati da parenti o nemici di ricorrenza, nella speranza di poterli capire al completo prima che si ripercuotano sul mondo reale.

Quello di stanotte è particolarmente vivido.

 

C'è troppo buio, non posso essere in superficie.

E c'è anche troppo caldo, quindi di sicuro non è una grotta.

Apro gli occhi, lentamente, una luce aranciata ed accecante mi investe e sfrigola sulla mia faccia.

Ma bene, era ora. – dice una voce, dalla parlata lenta e profonda, una voce di donna bassa ma bellissima che mi ricorda un po' quella di Lana Del Rey.

Credevo non saresti più arrivata, figlia mia. – sento un tuffo al cuore e mi giro, ma la lava è ovunque e mi perseguita.

No, non ti lascerò scappare. Ricordati, io sono ovunque, io sono la terra. –

Tu... tu sei morta! –

una luce bianca avvolge tutto il nero sfumato di rosso che c'è qui, e per un attimo credo di essermi svegliata, ma tutto torna ad affievolirsi, e quel tepore rassicurante che avevo scambiato per la luce del sole si rivela l'illusione ottica di una fiaccola accesa di lingue di fuoco bianco, agganciata a una parete di pietra.

Vieni, figlia mia, vieni a trovare la tua mamma, vieni a liberarla. –

Sei morta! – urlo di nuovo, muovendo qualche passo alla cieca verso il fondo di un locale ampio e circolare, una rosa dei venti disegnata sul pavimento.

Nel camminarvi sopra, noto immediatamente che la S di Sud è spaccata a metà, e ne manca una buona parte. In un certo senso, questa cosa mi mette addosso un gran disagio, e il cuore riprende a martellare minacciando di sfondarmi la gabbia toracica.

Andando avanti, una nuova luce arancione, stavolta più soffusa, inonda un terrazzo semicircolare in rovina, il cui ingresso è segnato da due imponenti colonne di pietra bianca.

Il bordo dà direttamente su qualcosa che non posso vedere, è senza ringhiera o parapetto, e comodamente seduta con le gambe a penzoloni nel vuoto, Gea mi fa cenno di avvicinarmi.

Non mi stupisco per quanto Leo si sia arrabbiato nel vedermi. Il suo viso, a differenza del mio ancora un po' infantile, è adulto e spigoloso, ma per il resto siamo due gocce d'acqua.

La fisso con astio, seguendo la curva della sua spalla, fino alle mani appoggiate in grembo, una delle quali ghermita da una pesante catena che precipita nel vuoto, oltre il bord.

Getto una breve occhiata giù, dove la luce si spegne in un pozzo buio, largo come un'intera valle e profondo, sotto il quale percepisco dimenarsi creature inferocite e i peggiori incubi che un dio un mezzosangue possano avere la notte.

La catena scende a picco verso il basso, scomparendo anche lei nelle tenebre.

Ebbene? – mi chiede Gea, con un sorriso furbo.

Ebbene cosa?

Non hai alcun commento, figlia mia?

No. E non sono tua figlia. Tu non mi hai mai voluta.

Lei si volge verso l'altro lato del cratere senza fondo, lasciando vagare malinconicamente lo sguardo sui bordi frastagliati e taglienti.

Sai cos'è questo? – mi chiede, alludendo al nulla morto ed assoluto che ci circonda.

Scuoto leggermente la testa.

Mi spiace che tu non sappia riconoscere la dimora dei tuoi fratelli. – dice, impassibile.

è l'ingresso del Tartaro?

Esattamente. E in ogni caso, figlia mia, eri in errore. Io ti ho voluta. L'unico modo per nasconderti a Urano. –

okay, qui stiamo tutti dando i numeri.

Gea, – dico, son tono che non concede repliche. – Urano è morto. Esattamente. Come. Te. –

lei rotea gli occhi, come se si stesse scocciando di ripetermi le stesse cose per farmele capire. Il bello è che lei non mi ha detto ancora niente.

Il modo in cui sei nata ti ha concesso di non essere notata da lui. Ti rammento che il cielo ci osserva costantemente, non c'è un attimo in cui lui non stia seguendo il tuo operato in attesa di un passo falso.

E allora perché lo hai fatto? –

Tu se un mediatore. Grazie a te, verrò liberata, e potrò scatenare di nuovo la mia vendetta sull'Olimpo.

Stavolta sono io a roteare gli occhi, curandomi di farlo il più platealmente possibile.

Ma che hai nella testa, i sassi?! Sei morta! MORTA! –

lei ride sommessamente.

Puoi uccidere gli eserciti della terra, ma non la Terra stessa. I sette hanno tentato, e guarda con che risultati. E non puoi uccidere il Cielo. Esso sovrasta tutto e tutti, e non serve a nulla nemmeno provarci. Una volta liberata, dovrò svegliarlo. –

Resto ferma al mio posto, fissandola intensamente.

Perchè sei incatenata? –

Una parte di me è intrappolata nel Tartaro, sono prigioniera del mio stesso corpo. L'altra parte, invece, continua a vivere. È per questo che ti ho assegnato il compito di riportarmi indietro nel mondo.

Okay di nuovo, fermi tutti. Quando mai questa psicopatica mi ha interpellata prima di appiopparmi un lavoro?! Che poi io non farò mai nemmeno la spesa per una che mi ha messa al mondo solo per compiere due commissioni, non si è nemmeno chiesta se avessi di meglio da fare!

Perchè dovrei farlo?!

Ricordati che tu appartieni a me, e se non lo farai ti ucciderò, ate e la tua famiglia, i tuoi amici, e il campo cadrà. Gea e Urano sorgeranno di nuovo e saranno i padroni del mondo, la madre terra ed il padre cielo.

è lo stesso identico piano dell'ultima volta! E si è visto come è andato a finire!

Sei sempre più in errore, figlia mia. L'unione di terra e cielo distruggerà il mondo, e le divinità primordiali si reincarneranno per crearne uno migliore, di cui potrai essere partecipe se mi aiuterai. Hai una settimana.

Cosa?! Adesso mi dai anche un ultimatum? Tu sei pazza!

È caduta la linea.

 

Mi sveglio talmente di soprassalto che nel drizzarmi sul letto le coperte mi si avvolgono intorno, visto che di sicuro mi sono agitata un sacco, e dopo diversi dimenamenti cado per terra con un tonfo sordo.

– Percy! Annabeth! – grido, cercando disperatamente di liberarmi dalle lenzuola, agitandomi come un'indemoniata.

Sento un paio di mani che ne afferrano un lembo e tirano bruscamente, svolgendo i nodi e facendo rotolare il mio corpo per terra.

– Leo! Mi hai fatto male! – urlo sottovoce, massaggiandomi una spalla.

Percy e Annabeth compaiono immediatamente, seppure un po' barcollanti.

– Perchè gridi tando? – chiede il figlio di Poseidone, porgendomi una mano per alzarmi. Annabeth mi allunga l'altra e con una tirata mi issano in piedi.

Trovo stabilità quasi subito, ma immediatamente, le mie ginocchia cedono, ed un dolore allucinante mi pervade la gamba destra. Sento come se le ossa stessero passando in una pressa, ma laonia dura appena qualche secondo.

– Ragazzi, è una cosa tremenda. – dico, tra un gemito di dolore e l'altro, abbassando la voce per non svegliare nessun altro.

– Gea non è morta. – confesso, tremante.

Tutti e tre restano ammutoliti, e mi fissano strabuzzando gli occhi. Sarà la luce candida della luna che entra dalle finestre, ma sono impalliditi un sacco.

Immaginavo...

– Come lo sai?

– Mi ha parlato. È incatenata al Tartaro, ma continua a vivere in parte anche qui. E se ci pensate non è nemmeno tanto strano. –

Annabeth aggrotta la fronte, perplessa. – Dove intendi arrivare?

– Gea è la Terra. Tutta la terra. Se davvero vogliamo ucciderla, dovremmo distruggere il mondo intero. E lo stesso è valso per Urano, quando Crono lo affettò con la falce. Nemmeno lui è realmente morto, mai! Non puoi annientare il cielo. Mi ha dato una settimana di tempo per liberarla, o mi ucciderà. È ancora decisa a portare a termine la sua missione. – concludo, abbassando lo sguardo sconsolata.

Mi siedo sul letto e mi passo una mano sulla faccia.

– Mi ha messa al mondo solo perché un giorno l'avrei dovuta tirare fuori da dove si trova ora. –

Annabeth e Percy si siedono sull'altro letto, entrambi notevolmente abbattuti e spaventati. Leo mi mette una mano sulla spalla, ma non trova nessuna battuta divertente per sollevare il morale.

– E non è finita. – dico alla fine. – Visto che in parte si trova nel tartaro, vuol dire che un pezzo della terra è stato eliminato. – mi guardano interdetti, le bocche spalancate ed i loro cuori fermi, serie e serie di battiti saltati.

– L'ho percepito poco fa. Ragazzi, un quarto dell'emisfero sud del pianeta non esiste più.

 

 

AAAANGOLO AUTRICEEEE

Ragazzi, so che non centra nullissimamente nulla, ma ho visto Colpa delle Stelle.

È stupendo, bellissimo, uguale al libro e assolutamente strappalacrime.

Ve lo consiglio davvero, ma torniamo alla fic.

Grazie sempre per le recensioni e spero che questo capitolo sia all'altezza degli altri, anche se un po' corto, mi auguro che questa storia non vi stia annoiando e come smepre ci terrei a sapere che ne pensate!

Un bacio a tutti!!!!

  
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