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Autore: icered jellyfish    05/09/2014    3 recensioni
[ Hiccup!Centric | How to train your dragon 2 ]
Aprì le braccia e le gambe, ripetutamente, sbattendole di tanto in tanto al suolo per creare un casino di cui lui era il solo testimone – sull'alto di un promontorio dove era certo nessuno lo avrebbe trovato. Non subito almeno.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hiccup Horrendous Haddock III, Stoick
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non necessariamente le gocce di pioggia son lacrime







C A P I T O L O   U n i c o

Non necessariamente le gocce di pioggia
son lacrime







Era morbido e confortevole, e non gli importava di quanto si stesse sporcando o quanto difficilmente avrebbe tirato via dai suoi abiti di cavaliere tutto quel fango che gli stava fungendo da letto.
Lì era e lì voleva restare, ad osservare i pochi spiragli di cielo rimasti visibili attraverso il fitto e vellutato manto di quelle nubi sporcate di grigio – come se fossero state intinte nella terra bagnata anch'esse.
Aprì le braccia e le gambe, ripetutamente, sbattendole di tanto in tanto al suolo per creare un casino di cui lui era il solo testimone – sull'alto di un promontorio dove era certo nessuno lo avrebbe trovato. Non subito almeno.
Schizzi di quella pasta fatta di terriccio e acqua si posarono sul suo volto – mescolandosi con le innumerevoli lentiggini di cui era ricoperto –, e i suoi occhi 
un tempo carichi dello stesso spirito della foresta, ma ora più spenti, più pieni della stessa umidità che lo avvolgeva –, se ne stavano fissi sullo scenario sopra di lui, su quei buchi azzurri di un cielo che pareva esser stato preso a cannonate, pur di spuntare anche solo in minima parte attraverso la fitta patina di alterazione temporale.
I raggi del Sole disperatamente tentavano di raggiungere la superficie terrena, venendo però continuamente mangiati dalla tristezza della coltre che li copriva senza dargli possibilità alcuna di continuare a predominare, come fino a pochi attimi prima, sulla fetta contenitrice di quel piccolo spazio un tempo appartenente all'Immenso.
Hiccup ricordava quanto suo padre detestasse il suo rientro a casa, da bambino, tutto imbrattato di fango, e trovava pressoché divertente che una volta varcato il loro ingresso, quella sera, non ci sarebbero stati disappunti di alcun tipo provenienti dalla sua bocca nascosta dalla folta e articolata barba – dalla sua voce calda e imponente, scocciata. Quella che aveva paura di dimenticare.
Non c'era stata volta, in effetti, in cui qualcuno non lo avesse spinto in qualche pozza sordida, a quei tempi in cui era ancora solamente lo scheletro del più vergognoso vichingo che Berk avesse mai sfornato. E non c'era volta in cui Stoick l'Immenso non si sbattesse con ponderata rassegnazione la mano sul volto – col tentativo di trattenere il fastidio nel vedere quel bambino diverso fin da quando gattonava, costantemente pennellato di quei guai che si tirava addosso senza nemmeno accorgersene.
"«Fila in bagno a lavarti!»", seguiva sempre, dopo una manciata di silenziosi e pesanti secondi. E Hiccup ci filava, senza replicar di una sola parola, perché era perfettamente consapevole di essere il più grande disappunto del villaggio e di suo padre – e sapeva bene quanto questi odiasse che gli si sporcasse il pavimento del salotto con gli stivali imbrattati di melma.
Più volte era stato in grado addirittura di spazientirlo, col tentativo di spiegare che la colpa non gli apparteneva se le sue condizioni eran sempre le stesse, ma la cocciutaggine del capo villaggio – la medesima che lui stesso aveva ereditato – non sembrava disposta ad accogliere giustificazioni di alcun tipo – preferendo, piuttosto, sbattere un pugno sul tavolo ed esigere a gran voce una ripulita perfetta e nei più brevi tempi possibili.
E Hiccup, nel suo giaciglio di fango, non si spaventò davanti a quei ricordi che, per il bambino di allora, erano brividi lungo la schiena, ma rise; rise perché in quel momento avrebbe solamente voluto tornare a casa per sentirsi sgridare nuovamente, rise perché avrebbe solamente voluto avere l'ennesima litigata padre figlio fatta di incomprensioni e orecchie tappate dalla pervicacia – ma questo non sarebbe più stato possibile. Mai più.
Chiuse gli occhi, sforzandosi di sentire dall'interno la prepotenza delle martellate del suo cuore, e sorridendo, un'altra volta, nell'assaporare il nulla sotto le sue palpebre e il tocco leggero dei primi spilli d'acqua accarezzargli la pelle, perché tutto quello non era contro di lui, tutto quello non era la peggiore delle condizioni in cui si sarebbe potuto trovare nelle circostanze di quell'abbraccio uggioso e incomodo.
Tutto quello era il rumore di una percossa sul tavolo del suo soggiorno, era un urlo di esasperazione condito di un ordine che non voleva obiezioni.
Tutto quello era meraviglioso, era vicino, era Immenso 
perché lui lo sapeva che, nemmeno da lassù, suo padre riusciva a sopportare che tornasse a casa a sporcargli il salotto.






F I N E




    » N O T E    A U T R I C E ;

Dopo un lungo soggiorno al mare, sono tornata nella mia grigia Milano. E in realtà sono contenta, perché la città mi stava iniziando a mancare – così come i miei amici e i miei impegni qui.
Questa, è una storia che mi è venuta in mente proprio durante il viaggio di ritorno, e non sono certa di averle reso giustizia così come mi si era presentata nella mente, ma spero – come sempre – che possiate comunque apprezzarla e che possa entrarvi anche solo un pochino dentro – per insidiarsi quel che basta nelle emozioni che mi piacerebbe poteste provare sempre con quello che scrivo.
Come ho detto, non credo d'esser stata lodevole a scriverla come avrei voluto, ma il prompt lo adoro. Lo adoro sul serio.
Immaginarmi Hiccup che se ne scappa, per qualche ora, da tutto e da tutti, solamente per buttarsi nel fango in una giornata di pioggia a ore, mi smuove qualcosa dentro.
Non so, è come se lo figurassi moralmente distrutto, ma incapace di mostrarsi spezzato come invece è dentro
così tanto che decide di buttarsi nel fango, in quell'occasione, l'unica cosa a cui si sente veramente vicino emotivamente, nonché la stessa che, in quel dato momento, lo lega a suo padre con un laccio che riesce ad andare oltre il semplice ricordo che ha di lui.
Per Hiccup starsene sdraiato lì, paradossalmente, è come ricevere ancora un suo abbraccio – proprio perché sa bene quanto odi lo sporco in casa, un headcanon a cui mi piace pensare
–, ed è assai nostalgico per le mie emozioni, immaginarmi un contatto diretto di questo con suo padre – una sorta di grattacapo che inconsciamente, forse, vuole ancora dargli per vedere se può ancora ottenere una sua reazione.
Va beh, non sta a me giudicare un mio lavoro – sarei estremamente di parte o esattamente il contrario –, quindi spero possiate lasciarmi qualche parere voi, a questo punto. :))
Grazie, in ogni caso, per aver letto!
Alla prossima,


© a u t u m n
   
 
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