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Autore: Angelo_Stella    05/09/2014    2 recensioni
GWUNCAN|ALETHER|SORPRESA|
...
SORPRESA! CAPITOLO 10, FINALE ALTERNATIVO!
...
Agape.
Amore disinteressato, puro, pieno di gioia.
Eros.
Piacere fisico, sesso.
Gwen ed Heather, non esattamente definite come amiche, si ritrovano alle prese con questi tipi diversi di rapporti.
Una dolce, nascosta da un'acidità che man mano tralascia sempre di più.
L'altra perversa, presa continuamente dal piacere carnale.
Entrambe, insegneranno all'altra il loro stile di vita, dimostrandone le motivazioni.
Nulla sembra però come prima, quando l'asiatica si ritroverà tra le mani un laccio di scarpe vecchio e consunto dal tempo, forse simbolo di uno strano amore mai dimostrato.
Ma dopotutto, l'idea d'amore per loro è completamente diversa.
Heather imparerà qualcosa che andrà oltre ad un piacevole sesso, mentre Gwen, si renderà conto che infondo non si può mai vivere in una favola.
In un felici e contenti, che forse, non arriverà per tutti.
Tratto dal testo (capitolo 2):
Dimmi solo: chi è?"
(...)"Chi è chi?"
"Ma come 'chi'? Il ragazzo che ti ha rubato il cuore!" esclamò invece Gwen, giocosa e facendole la linguaccia. "Quel genio che ha sciolto il tuo cuore
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Duncan, Gwen, Heather, Scott | Coppie: Alejandro/Heather, Duncan/Gwen
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Agape

CAPITOLO 7 – COLLABORAZIONE CON ANGELO_NERO

 

 

Per sempre.

Queste parole volteggiavano nella mente di Heather.

Lui ci sarebbe stato finché lei avesse voluto.

No, troppo semplice.

Lui ci sarebbe stato finché avrebbe sopportato.

Perché l’asiatica purtroppo non era quella. Non era intrisa così tanto di dolcezza. Lo aveva fatto perché infondo, sentiva d’amarlo. E dopo?

Si sarebbe stufata di tutto ciò.

Quelle carezze, quegli abbracci e quelle parole dolci, non appartenevano a lei. Semplicemente, era diversa.

Diversa da Gwen, diversa da ogni singola ragazza che popolasse quel fottuto mondo.

Quanti ne aveva avuti, di uomini? Oh, tanti. E cos’era a rendere quel ragazzo speciale al dispetto degli altri?

Quello stesso pomeriggio avevano aiutato Duncan con i preparativi del matrimonio e lei aveva fatto di tutto per mantenere un sorriso smielato ed incoraggiante. Con un risultato nullo.

Si detestava.

Detestava il fatto che fosse così maledettamente cinica. E trincerava sé stessa e ciò che la concerneva.

Nessuno avrebbe mai dovuto dedurre quando infondo, fosse cagionevole.

Heather Wilson?

Quella stessa Heather Wilson che disprezzava ogni singola esistenza, con il solo fine di renderla invivibile?

Sì, era palesemente lei.

Lei che ora, abbracciata a quel ragazzo così diverso e speciale, temeva.

Temeva che lui avrebbe scoperto i suoi altarini.

Ma d’altro canto sperava che l’avrebbe accettata così, senza cambiarla.

I suoi pensieri erano una matassa, un garbuglio intrecciato… così ineffabili! Così cupi che neppure lei sapeva scorgerne la via d’uscita.

Avevano aiutato Duncan con la sua proposta e Scott era sembrato sinceramente felice con l’amico, senza proporre battute di cattivo genere e tirandosi indietro ogni qual volta che il punk gli poneva delle domande, giustificandosi con “Io non ne capisco nulla, di donne”.

Che bugiardo.

Ah, se ci capiva! Perché in quel momento Heather non sarebbe stata così presa a limonare con lui, negli ultimi posti del pullman che avevano preso per andare ad un ristorante parecchio distante dalle loro vie abituali.

L’asiatica, mentre rivolgeva la lingua all’interno della bocca di Scott, stentava a credere che egli non usasse nessuna strategia e che andasse a istinto, come appunto una volpe faceva.

Il ragazzo non amava perfezionare le sue mosse, se fiutava qualcuno di interessante quel qualcuno doveva essere automaticamente suo.

Cacciatore, preda.

Di chi erano i ruoli, lì?

Sapevano che i loro caratteri erano incredibilmente affini. Con Alejandro, Heather aveva sopportato parecchie notti, concedendogli tal volta più libertà nello spazioso letto matrimoniale. Ma con lo spagnolo era tutta una messa in scena.

Oh, i due cattivi che avrebbero vissuto felici e contenti in quell’instabile castello di carta che rappresentava il loro dolce amore…

Forse così, una Gwen dagli ormoni a mille e dopo la sua prima notte d’amore, aveva definito quei due. Lo avrebbe di sicuro fatto se l’asiatica non l’avesse bloccata.

Cos’era che rendeva diverso quell’idiota insignificante dai capelli rossi?

Non c’era nulla di che.

Bellezza?

Beh, di quella ne aveva avuta. Heather aveva solo il meglio.

Eppure Scott si differenziava.

Con quella poca cura in sé stesso, quella fiducia mancata verso il prossimo, quei lavori pesanti che avevano fatto sì che sviluppasse un fisico perfetto.

E poi quei capelli ispidi, non sempre profumati, ma quando lo erano sapevano di talco e bagnoschiuma. Quello fu uno di quei rari momenti, forse studiato a posta, dove lei si dilettava nell’affondare le dita affusolate tra la sua folta capigliatura.

Le lentiggini. Un’altra cosa che stranamente l’eccitava.

Poter baciare ogni singola macchiolina e scivolare su tutta la sua pelle… era la cosa più sexy che in quel momento, avvinghiata a lui e senza respiro, pensò che potesse fare.

Ironia della sorte. Poteva avere il meglio ma per lei, si era infatuata del peggiore.

Questo c’era di sbagliato nella sua mentalità

-Heather, cioè, non che voglia interromperti- cominciò con un ghigno bastardo il rosso –ma questa è la nostra fermata- l’asiatica si alzò dalle sue ginocchia, incrociando le braccia e scostando i capelli neri e lunghi –Sì sì, capisco-

Scesero dall’autobus e lei si sistemò i pantaloncini corti. Era quasi sera oramai e francamente era curiosa di avere notizie da Gwen. Anche se più guardava il cellulare e più si rifiutava nel contattarla

-Beh, dove mi hai portato? Guarda che io, pranzo esclusivamente in posti di prima classe!- si rimirò le unghie laccate, fissandolo sottecchi

-Allora ti conviene cambiare accompagnatore, perché io non ho la benché minima idea di come si mangi in quei posti strani dove va la gente come te e soprattutto, non ho intenzione di imparare per nessuno-

Sogghignò vedendole storcere le labbra –Benissimo, chiamerò un taxi e me ne tornerò a casa!- concluse falsamente.

Scott infondo sapeva che mai avrebbe rinunciato a lui per un’intera serata. C’erano tante cose che lei non conosceva della sua persona e, non capirci era una cosa ed essere stupido un’altra. Si vedeva lontano un miglio che l’asiatica moriva dalla voglia di stare con lui.

Heather batté con le dita sullo schermo a cristalli liquidi del cellulare, aspettando che la iena lo fermasse. Ma perse, quella volta e ripose l’aggeggio in un tasca

-Se continui così ti mollo qua e me ne vado-

-Tesoro…- sussurrò il rosso facendo schioccare la lingua contro il palato –Che c’è?- domandò sbrigativa lei –Potrei sputtanarti, sai?-

E così dicendo estrasse il suo di telefono dalla tasca dei jeans blu, facendo partire una registrazione

"E … sai io ti ho portato nell'altra stanza perché … tu sei diverso e la mia camera ne aveva visti tanti, di ragazzi. Troppi. E non volevo che vedesse anche te. Non andartene mai, Scott."

Heather sobbalzò –Che hai fatto?!- domandò furiosa, gettandosi su di lui e spingendolo a terra. Si ritrovò sul suo stomaco, mentre tentava di acchiappare il cellulare dalle mani forti della iena, che appunto, le aveva fatto un bello scherzo

-E non ci sono solo queste registrate, sai? Ma tutte le sdolcinatezze che mi hai detto ieri sono qui! Insomma, le ho amate… ma infondo sono sempre io, no? Così avrò la possibilità di sentire la tua bellissima voce anche quando non ci sei-

Concluse con un pizzico di romanticismo a condire il suo tono di voce

-Sei un… oddio quanto ti odio…-

Scott si alzò su i gomiti, sorridendo falsamente e assumendo una gentile aria da innocente –Grazie, anche io ti amo-

Rispose alzandosi e offrendole il suo braccio –Andiamo, signorina? O mi deve costringere a usare metodi drastici?-

Con una fintissima malavoglia Heather si attaccò al suo braccio, facendogli la linguaccia.

 

Percorsero la lunga strada di campagna, l’unica dove i mezzi pubblici le passassero difronte raramente. Heather continuava a lamentarsi per il dolore ai piedi che le zeppe le procuravano, quando Scott si calò, ponendo la sua fidata sigaretta tra le labbra, le sfilò le scarpe, tenendole in mano e placando le ormai –per lui. Innocue proteste dell’asiatica –Così sarà più facile per te e più difficile per me- ammiccò, facendo passare un braccio sotto le sue ginocchia e dietro la schiena magra, per poi sollevarla e guardarla dritto in quegli occhi adirati –Mettimi giù, razza di…- un microscopico bacio bloccò le sue proteste sul nascere e per tutto il tempo che Scott spese per camminare aveva la testa poggiata sul suo petto, imprecando a bassa voce sulle sue idee malsane.

Le spighe di grano e le canne di bambù volteggiavano piegate al vento della sera che man mano stava calando, mentre gli ultimi cinguettii degli uccelli del posto calavano, lasciando il silenzio alle cicale, ai grilli e al fastidioso gracidare delle rane presenti nel piccolo stagno al fianco al quale stavano camminando. Quella distesa gialla parve non interrompersi più e quando finalmente Scott la scosse dai suoi pensieri, Heather si stropicciò gli occhi che aveva chiuso per riposarsi.

In braccio a lui, poi. Che infinita vergogna

-Siamo arrivati-

La posò per terra e lei poté alzare il volto in alto, percependo la fresca aria serale sul viso e fissando per un paio di secondi il cielo imbrunito

-Ma mi prendi in giro? Questo è un posto identico a tutta questa schifo di campagna che qualche sfigato avrà coltivato, e pure male, ci aggiungo! Mi hai solo fatto perdere tempo-

Fece per andarsene, quando il polso esile fu bloccato dalla presa del ragazzo –Aspetta a giudicare, bella- le fece l’occhiolino, scostando le alte canne di bambù difronte a loro, prendendola per un braccio e trascinandola con poca grazia al suo fianco –Questa, è casa mia-

Presentò indicando fiero l’orizzonte.

Il sole tagliava perfettamente la linea tra il cielo e i campi, mentre le rondini volavano verso l’alto, verso un nulla sconosciuto. Quel nulla in cui, anche Heather si stava avventurando.

La distesa erbosa e, infondo a tutto, nel bel mezzo del campo, si stagliava una classica fattoria rossa, con tanto di mulino.

Il ruscello continuava sotto i loro piedi, irrigando tutta la terra che Scott con suo padre aveva lavorato per interi anni.

Il tramonto appena finito riscaldava la loro pelle, forgiata anche dal vento.

La palla infuocata solare, stava scomparendo

-Questo sono io, Heather- sussurrò per non porre fine all’espressione estasiata di lei, che si riprese battendo le ciglia –Questo sono io e se vorrai, dovrai accettarmi così. Non posso cambiare-

Attraversò di nuovo le canne, rientrando nell’altro campo e lasciando l’altura collinosa che aveva fatto godere loro il paesaggio

-Ora, te ne puoi pure andare-

La stava letteralmente cacciando.

Purtroppo l’asiatica sapeva che quel tutto non le sarebbe mai bastato.

Lei ambiva all’élite, una cosa che il contadino non le poteva offrire. Lui poteva darle solo amore.

Ma l’amore, a una come lei, non bastava.

Tornò a casa sua da sola, capendo che Scott non l’avrebbe riaccompagnata, offeso palesemente dal suo comportamento.

 

Una volta arrivata difronte la porta di casa sua, attanagliata da quelle molteplici angosce che mai le concedevano tregua dalla notte passata, ritrovò, appoggiato allo stipite della porta, un ragazzo.

Non ricordava neppure chi era, sapeva solo che era infuriato.

E capirai!

Non era la prima volta che lasciava qualcuno senza neppure ricordarsene e se uno di quei tanti idioti voleva darle rogne si sbagliava alla grande, non era in vena!

-Chi sei?- domandò sbuffando e cercando le chiavi nella borsa. Sentì il polso stretto nella mano dell’altro, che l’attirò a sé –Nessuno d’importante… e che capiscimi, sta sera nulla avevo da fare e stare un po’con te mi sarebbe piaciuto. Naturalmente senza impegni, bellezza-

Era un ragazzo dai capelli biondi e lunghi, con due occhi grigi e un sorriso perfetto. Il corpo ben sviluppato e l’aria superiore.

Sì, infondo aveva bisogno di svagarsi un po’.

Non era la prima volta neppure che andava a letto con un chissà chi dimenticato dal tempo.

Fece spallucce, indifferente

-Mi casa est tu casa-

Spalancò la porta e quello entrò. Dal suo portamento lo riconobbe subito! Dylan!

Sì, quel modello con il quale era finita col farci sesso senza naturalmente ricordandosi il perché.

Oh, tutto chiaro adesso!
Dopo aver messo ben a fuoco l’immagine annuì soddisfatta, posando la borsa sul divano in pelle –Sei agitata?- sussurrò lui al suo orecchio, spogliandola.

 

***

Duncan ha sempre pensato che un vero amico si vedesse nel momento del bisogno, difronte a una birra, seduta a un tavolino d’un bar.

Per questo alle otto e mezza di quella sera, invece di stare con la sua futura moglie, era appoggiato svogliatamente a una sedia, interessato ai discorsi di Scott

-Insomma, chi si crede di essere? Capisco che è potente e bla bla, ma nessuno si comporta in questo modo impertinente, con me, poi!-

Continuava a farneticare su quanto l’asiatica fosse scortese e il punk, da amico fedele, annuiva accondiscendete a tutte le proteste del rosso. Che poteva fare, d'altronde?

Aveva ragione! Eccome, se ce l’aveva.

Non capiva proprio il perché quel ragazzo già con tanti problemi con la sua famiglia, dovesse incasinarsi di più con una donna del genere. Una volta che l’altro bevve tutto d’un fiato l’ultimo sorso di birra, si pulì le labbra con il dorso della mano, sospirando per poi fissarlo malizioso

-Allora, come ha reagito Gwen alla proposta?-

Domandò ammiccante e sorridente. A quella domanda gli occhi gli si illuminarono. Pensare  a quella sera fantastica gli faceva venire il mal di stomaco… come lo chiamava, Gwen? Ah, sì. Le farfalle svolazzanti!

Duncan si limitò a annuire, dandogli una pacca sulle spalle –Amico, capisco che l’amore è cieco… ma… beh, potresti fottertene di Heather e cercare una vera ragazza, una donna con la “D” maiuscola, perché quella pensa solo al sesso. Non che non sia bello, però non ti mettere in testa d’avere una storia seria con quella tipa-

Scott sospirò, passandosi una mano sul viso e annuendo concorde

-Lo so, ma non posso farne a meno-

Ammise arrossendo a quella rivelazione

-E che intendi fare?- scrollò le spalle, ignorante sulle decisioni più giuste che avrebbe dovuto intraprendere –Fratello, te lo dico io: dimenticatela. Hather Wilson porta solo rogne, non è fatta né per amare né per essere amata. RASSEGNATI-

Anche lui bevve l’ultimo sorso della bevanda giallastra, senza poter fare a meno di pensare alla sua Gwen e ai discordi folli che solo due ventenni potevano fare.

Si sarebbero sposati, avrebbero fatto la loro luna di miele e sarebbero scappati per l’eternità, accompagnati fino alla vecchiaia dal loro amore. Non poté far a meno di sorridere al ricordo delle parole della fidanzata, che aveva raccontato anche a Scott, tentando di tirargli su il morale. Purtroppo non funzionava nulla, il rosso era talmente giù che neppure una super sbronza lo avrebbe aiutato a rimettersi in piedi

-Ma si può sapere che cosa vedi in lei oltre alla bellezza?- chiese esausto perché infondo, per lui non ragionava abbastanza –Tante cose- rispose ovvio

-Elencamele-

-Non lo saprei fare-

-E perché? Io potrei dirti ogni singola caratteristica della mia Gwen!-

-Vedi, non è semplice. Heather non si può definire in qualche modo, non ci sono aggettivi per lei, se non la falsità. Mi sembra che reciti sempre una parte che le di addice poco e che le venga anche male-

-Io penso il contrario- replicò, ma l’altro non lo badò –Lei ha quel qualcosa in più che mi affascina, quel gusto di stranezza che devo per forza comprendere! Mi capisci?-

-Vorrei, amico, lo vorrei tanto. Ma purtroppo, no, non comprendo-

Si alzarono entrambi insoddisfatti della chiacchierata, dirigendosi alle loro rispettive case.

Solo che a Duncan, Gwen l’aspettava.

Mentre a Scott toccava rinchiudersi in quella solitudine che era la soffitta scadente della sua fattoria.

Quella notte, posto sotto il tetto rotto e senza tegole, guardava il cielo.

E fissava le stelle, tentando di capire il mistero.

Il mistero che stava intraprendendo con quella donna.

Dio ci da l’amore, ma non sceglie chi farci amare.

Questo era ciò che sua madre gli ripeteva quando era ancora in vita, senza riuscire a spiegare cosa provasse per quell’uomo rozzo e privo d’interessi che era suo padre.

Intanto, neppure gli astri gli davano pace per resistere a intere ore notturne, che passò insonni a tormentarsi.

Su quale fossero i pensieri di Heather e quale fosse il modo migliore per comprenderli.

Eppure non trovava risposta.

Sapeva per certo che, ogni persona sulla faccia della Terra, dovesse avere qualcosa di buono.

E lui per poco tempo aveva potuto godere del lato luminoso dell’asiatica.

Voleva farlo venire alla luce.

Non sapeva se ci sarebbe riuscito.

 

Writen By Stella_2000

   
 
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