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Autore: arya_stranger    06/09/2014    5 recensioni
«Mi avvicinai al letto lentamente, con la reverenza di un suddito che si avvicina al trono del suo signore. Intravidi il profilo del corpo di Frank sotto il lenzuolo leggero. [...]
Mi era sempre piaciuto contemplarlo mentre dormiva. [...] Mi immaginavo di poter penetrare nei suoi pensieri e sbirciare i suoi sogni. Osservare il frutto del suo sonno sarebbe stato il dono più prezioso della mia intera esistenza e oltre. Non avevo la minima idea di cosa avrei potuto scorgervi. Forse ricordi della sua infanzia filtrati da esperienze recenti? Mondi fantastici in cui era un cavaliere pronto alla battaglia?»
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Gerard è riuscito a salvare Frank e, dopo essere tornato indietro nel tempo per sfuggire alla morte una seconda volta, vede la persona che ama di più al mondo felice, e capisce che gli ultimi sprazzi di tristezza che Frank aveva erano colpa sua. Tenta il suicidio, ma a salvarlo è lo stesso Frank, che però non lo riconosce subito.
Quando tutti i tasselli del puzzle combaciano, Frank capisce chi è il ragazzo che ha appena salvato da morte certa.
Ma la vita prosegue e non risparmia nessuno.
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[seguito di "The Afterglow" >>> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2496183&i=1]
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Frank Iero, Gerard Way, Nuovo personaggio | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Second Chance'
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1
 
And I've always lived like this 
Keeping it comfortable, distance, and up until now 
I'd sworn to myself that I'm content, with loneliness 
Because none of it was ever worth the risk, but... 
You are the only exception

 
 
(POV Frank)

 
Io, Rachel e Jimmy avevamo deciso di andare al parco, d’altronde non c’era nient’altro da fare in quella noiosa giornata.
Ci incamminammo verso la nostra meta, mentre Rachel parlava di una nuova band che aveva scoperto la mattina stessa. Peccato che io la conoscessi già da più di un anno. La lasciai parlottare su quanto fossero bravi e su quanto gli assoli del chitarrista fossero fantastici.
Jimmy, stremato dalle chiacchere della sorella, non faceva molto caso a ciò che diceva, e si limitava a camminare in linea retta preoccupandosi di non andare a inciampare da qualche parte.
Abbassai un attimo lo sguardo sulle mie scarpe, erano davvero sporche. Appena sarei tornato a casa avrei chiesto a Victoria di lavarle, perché da bianche che erano, il colore si stava trasformando in un grigio-giallo smorto.
Calciai un piccolo sasso, che finì ai piedi di un albero poco lontano.
“Frank” mi chiamò ad un certo punto la ragazza, “ma mi stai ascoltando?”
Alzai lo sguardo su di lei e le sorrisi nel tentativo di far sbollentare la rabbia ormai evidente sul suo volto corrucciato.
“No, non stavo ascoltando.” Continuai a sorridere come un ebete e alla fine mi tirò uno scappellotto sulla nuca.
“Ahia!” esclamai. In realtà non mi aveva sentito male, ma se le avessi fatto credere che me ne aveva fatto, le avrei dato un po’ di soddisfazione.
“Scemo” ridacchiò divertita.
Dopo qualche minuto arrivammo al parco e ci sedemmo sulla solita panchina.
“Vorrei che piovesse” sussurrò Rachel ad un certo punto.
“Perché?” le chiesi curioso.
La ragazza alzò le spalle con noncuranza. “Mi piace la pioggia” spiegò. “Mi rilassa.”
“Io preferisco la neve” commentai. “La pioggia quando cade fa rumore, invece la neve è silenziosa.”
“Ma è proprio il rumore della pioggia che mi rilassa.”
“A me non piacciono né la pioggia né la neve” intervenne Jimmy.
“E cosa ti piace?” gli domandò la sorella.
“La nebbia.”
“La nebbia?” ripeté lei stupita.
“Sì” annuì. “Non so come spiegarlo, ma è un po’ come un velo sul mondo. Quando è tutto nascosto dalla nebbia non vedi cosa hai davanti, e lo puoi immaginare.”
“Quindi la prossima volta che usciremo e ci sarà la nebbia immagineremo di essere circondati da vampiri” decisi io.
“Sì, sarebbe bello essere circondati da vampiri” concordò Rachel muovendo la testa per scostare i capelli dal viso.
“Non lo sarà quando ti uccideranno” le fece notare Jimmy.
“No” protestò la sorella. “Io voglio solo essere trasformata in una vampira, non voglio che mi uccidano.”
Jimmy la guardò male. “Non so se ascolteranno le tue richieste.”
“E perché non dovrebbero? Potrebbe farli comodo un nuovo membro nel branco.”
“Si chiama branco un gruppo di vampiri?” domandai dubbioso.
“Forse” rispose Rachel.
Continuammo a parlare del più e del meno, ridendo.
Ero felice, non lo potevo negare. Da quando avevo conosciuto in biblioteca Rachel e Jimmy la mia vita era cambiata drasticamente. Uscivo spesso ed ero più allegro.
Inoltre avevo Sam, il mio piccolo cane. Spesso lo portavo con me anche quando uscivo con Rachel e Jimmy, non gli piaceva stare da solo.
Fratello e sorella si erano messi a parlare fra di loro, mentre io mi ero perso fra i miei pensieri, così decisi di abbandonarmici di nuovo.
Come dicevo, ero felice, era vero, ma c’era qualcosa che non andava, come se mancasse un pezzo particolarmente fondamentale al puzzle. Il problema era che non sapevo quale fosse la tessera mancante. Mi ero sforzato di capirlo, ma tutte le volte che ci pensavo la mia mente arrivava a un vicolo cieco, e ci rinunciavo. Anche se puntualmente ci riprovavo. Era peggio che andare a sbattere la testa contro un muro. Io sapevo che dietro c’era qualcosa, ma non potevo abbattere la barriera di mattoni.
Non ricordavo da quando andasse avanti questa cosa, ma era davvero frustrante. Sapevo di avere un specie di ricordo che però non riuscivo a far venire a galla. Un po’ come se mi avessero resettato la memoria, ma non in maniera completa. Restava però il fatto che non riuscivo a recuperare quel ricordo.
Mi persi a guardare gli alberi e pensai che mi sarebbe piaciuto essere una pianta, magari una di quelle belle e colorate, che tutti ammirano con stupore. Di certo non avrei avuto nessun problema a cui pesare.
Sobbalzai leggermente quando scorsi qualcosa dietro un albero. Non capii subito di cosa si trattava, ma quando il soggetto in questione si spostò un po’, vidi una ciocca di capelli scuri: era di certo una persona.
Cercai di ignoralo e mi intromisi nella conversazione che stavano avendo Rachel e Jimmy. Risi alla storia che stava raccontando la ragazza, anche se non l’avevo seguita, e poi mi voltai per vedere se la persona fosse ancora lì.
Era un ragazzo. Uscì dal suo nascondiglio e riuscii a vederlo per bene in faccia. I capelli scuri gli ricadevano sul viso pallido. Gli occhi erano lucidi di lacrime e sembrava straziato, disperato.
Appena si voltò verso di me, mi girai di scatto. Aspettai qualche secondo e poi mi voltai nuovamente nella sua direzione. Stava camminando verso il sentiero che portava al fiume.
“Ehi ragazzi” richiamai l’attenzione di Rachel e Jimmy, “ho visto un mio amico, lo vado a salutare e torno.”
Non so perché presi la decisione di seguirlo, ma sentivo che era la cosa giusta da fare.
Mi alzai dal mio posto sulla panchina e cominciai a seguire il ragazzo. Imboccai il viottolo che scendeva ed arrivava fino al fiume e qualche metro avanti vidi il ragazzo. Mi fermai: non volevo che mi vedesse. Aspettai che raggiungesse la giusta distanza, e poi ripresi a camminare.
Cominciai a sentire in gorgoglio dell’acqua, poi mi resi conto che il ragazzo si era fermato. Mi appostai dietro un cespuglio, aspettando che riprendesse a camminare, sempre se quella fosse la sua intenzione.
Rimasi fermo per non so quanto tempo. Il ragazzo se ne stava quasi immobile, apparentemente senza fare nulla. Ma sapevo che era combattuto. Lo capivo da come muoveva le falangi delle dita a scatti, da come teneva la testa leggermente piegata da un lato, e se avessi potuto vedergli il viso –cosa che non potevo fare perché era girato di spalle- sapevo che avrei potuto trovare il suo viso rigato di lacrime.
Realizzai che il ragazzo non c’era più. Mi ero distratto e lui aveva ripreso a camminare. Uscii dal mio nascondiglio e mi guardai intorno, non lo vedevo.
Pensai che non poteva essere entrato nel bosco, si sarebbe perso. L’unica via che avrebbe potuto prendere era quella che aveva percorso sino a quel momento.
Mi misi a correre, quando lo vidi.
Era seduto sul parapetto del piccolo ponte che permetteva ai passanti di attraversare il fiume.
Dondolava le gambe nel vuoto che lo separava dall’acqua. Guardò di sotto, e poi verso il cielo.
Non riuscivo a muovermi, ero paralizzato e non sapevo cosa fare.
Reagii di istinto. Percorsi correndo gli ultimi metri che mi separavano dal ragazzo, e arrivai sul ponte col fiatone.
“Cosa stai facendo?” ansimai.
Il ragazzo si voltò di scatto, e quasi perse l’equilibrio. Quando l’ebbe ritrovato si mise al sicuro sopra le assi di legno.
Aveva un’aria scioccata e stupita allo stesso tempo. Mi stava guardando intensamente, quasi fossi un miraggio.
“Io…” cominciò a dire, ma si fermò.
Gli sorrisi e feci un gesto di noncuranza con la mano.  “Non mi devi spiegazioni” dissi. “Ma non penso che buttarsi da un ponte sia la soluzione migliore.”
Be’, era abbastanza evidente che fino a poco prima la sua intenzione fosse stata quella.
“Come hai fatto a trovarmi?” mi chiese.
“Ti ho visto al parco” spiegai. “Mi sembravi distrutto e sei corso in direzione del fiume, e ho pensato che avessi bisogno di una mano.”
Una lacrima scese lenta sul viso del ragazzo. Però non sembrava triste, piuttosto appariva sollevato, e forse felice.
Mi avvicinai a lui e gli posai una mano sulla spalla. “Ehi” cercai di tranquillizzarlo, “non ti devi preoccupare, è tutto okay.”
Il ragazzo si asciugò quell’unica lacrima che era sfuggita al suo controllo e mi sorrise. Poi accadde qualcosa che non mi sarei mai aspettato. Mi abbracciò. Non era un semplice abbraccio di gratitudine a uno sconosciuto, era un abbraccio sincero, un abbraccio pieno di amore.
Rimasi un attimo spiazzato. Non sapevo come reagire. Poi ricambiai l’abbraccio e lui scoppiò a piangere e singhiozzare.
Finì tutte le sue lacrime, e io rimasi lì, fermo, con il suo corpo fra le braccia. D’altronde, cosa avrei dovuto fare? Era sconvolto.
Quando si fu calmato sciolse l’abbraccio e io rimasi un po’ impacciato di fronte a lui.
“Va meglio adesso?” gli domandai.
Lui annuì tirando su con il naso e per darmi la conferma che stava dicendo la verità mi sorrise.
“Vuoi che ti accompagni a casa?” proposi. “Altrimenti io e un paio di amici andiamo a mangiare una pizza, magari ti va di venire con noi.”
Non volevo lasciarlo solo. Se avesse di nuovo provato a fare qualche cazzata mi sarei sentito in qualche modo responsabile.
“Grazie, ma preferisco rimanere un po’ da solo.”
“Però mi devi promettere che non tenterai di buttarti giù da un palazzo” gli dissi, non troppo serio.
“Lo prometto” giurò ridendo.
“Allora posso andare?” chiesi ancora. “Sei sicuro?”
“Davvero” annuì, “sto molto meglio. Grazie mille.”
“Bene” sorrisi. “Allora io vado.”
“Mi dispiace per la pizza” disse sinceramente rammaricato. “Sarà per un'altra volta.”
“Certo” lo rassicurai. “Io abito in questa città, se anche tu sei di qui ci vedremo sicuramente in giro.”
Il ragazzo annuì e mi salutò con una mano. Io mi voltai per tornare al parco, da Rachel e Jimmy. Ormai era passato molto tempo da quando li avevo lasciati.
Presi a camminare, facendo il percorso all’indietro.
Ero confuso, c’era qualcosa che non tornava in quella faccenda. Mi fermai e mi passai una mano sul viso.
Quel ragazzo… Non capivo perché mi tornasse continuamente in mente. Era come se lo avessi visto in un sogno, un bel sogno, forse.
Il suo volto, i suoi atteggiamenti, la sua voce, non mi erano nuovi.
Quegli occhi verde sporco brillavano di una luce che avevo già visto da qualche parte, e le labbra rosse, la loro curvatura, era come se le avessi assaporate…
Fu come un fulmine a ciel sereno. Mi dovetti aggrappare ad un ramo lì vicino per non cadere a terra.
Gerard.
Un’ondata di emozioni e ricordi mi investì come una tempesta e l’unica cosa che ebbi la forza di fare fu tornare indietro da lui.
Gli arrivai di fronte. Mi sarebbe potuto scoppiare il cuore. Il quel momento non riuscivo a capire nulla, se non che lo amavo da morire.
“Gee…” mormorai con le lacrime che ormai mi riempivano gli occhi.
Gli saltai addosso e lo abbracciai con tutta la forza che avevo in corpo. E scoppiai a piangere, come mai avevo fatto.
“Ti amo.”
Era lui il pezzo mancante del mio puzzle. Non so come avevo fatto a dimenticarlo, era così assurdo, ma non mi importava, adesso era lì con me e lo sarebbe stato per sempre.


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AVVISO IMPORTANTE:

Per chi non l'avesse notato ho cambiato nickname. Prima ero _enemy, adesso sono Arya Turner. Scusate il disagio e la possibile confusione creati, ma sono sempre io, la solita tonta c':

AVVISO IMPORTANTISSIMO:

Ho creato una pagina facebook dedicata alla mia passione, ovvero scrivere. La utilizzerò per piccole anticipazioni, progetti in corso e futuri (ma forse anche passati, chi lo sa...).
Vi chiedo a cuore aperto di dare un'occhiatina e magari di premere il pulsante "mi piace". Se apprezzate quello che scrivo mi farebbe davvero immensamente piacere.
Per favore cliccate 
QUI per andare alla pagina ^^ 



Angolino dell’autrice:

Allora, lo so che non mi sopportate più e che sperate che un camaleonte gigante mi mangi la testa mentre dormo, ma va be’.

Dicevo, prima di tutto, signore e signori (sempre se ci sono dei signori e in caso si facciano vivi), questo è il seguito di
"The Afterglow" e boh, se siete qui si presume che l’abbiate letto, in caso contrario andate a leggervelo ^^

Devo dire un paio di cose. Prima di tutto, avrete notato che questo primo capitolo è l’ultimo capitolo di “The Afterglow” ma dal POV di Frankie c:
Non ho la minima idea di cosa succederà, quindi sarà una sorpresa per me come lo sarà per voi.

Vi avverto che non sarò regolare nell’aggiornare come lo ero con “The Afterglow” perché questo seguito non era una cosa prevista, e quindi, essendo tutta una cosa improvvisata, pubblicherò quando avrò pronto il capitolo, e di sicuro (considerando che ricomincia anche la scuola ç_ç) non sarà sicuramente ogni settimana. Inoltre sto scrivendo in contemporanea un’altra cosa, e boh, mi sono incasinata.

Voglio ringraziare 
Rore7 perché è stata la persona che mi ha dato l’idea di scrivere un seguito. E grazie anche a tutti gli altri che hanno letto e sostenuto “The Afterglow”.
Boh, vi ho ringraziato tipo trecento volte e continuerò a farlo…

I capitoli non avranno un vero e proprio titolo, piuttosto un’introduzione, che pensò sarà sempre il pezzo di una canzone.
Canzone del primo capitolo è 
The Only Exception dei bravissimi e bellissimi Paramore.

Vorrei davvero un vostro parere per sapere cosa ne pensate di questo seguito, quiiiiiindi recensite, per favore, e niente, alla prossima ^^
 
Arya.





 
   
 
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