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Autore: LadySpleen    26/09/2008    3 recensioni
Quattro capitoli.
Quattro ragazze.
Quattro brevi squarci lasciati a metà su altrettante, diverse, esistenze. Raccontate da anonimi spettattori, magari passanti incontrati un giorno per strada, per un solo istante.
Forse legate da un sottile senso di malinconia e lo sfondo di una città in inverno.
Protagoniste anonime, che potremmo benissimo essere noi.
1.La ragazza sotto la pioggia
2.La ragazza con il broncio
3.La ragazza col fiocco rosso
4.La ragazza seduta sulla panchina
Extra.La ragazza senza speranza
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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La ragazza senza speranza

Era una delle ragazze più belle che avessi mai conosciuto.
Sì, perché lei la conoscevo, solo di vista certo, però la conoscevo.
E non vi dirò il suo nome.
Non ne ho il diritto.
Così come non ho il diritto di raccontarvi questo frammento della sua storia, ma lo farò lo stesso.
Era bellissima.
Non molto alta, un fisico perfetto, stupendi occhi verdi, leggermente allungati, magnetici come quelli di un gatto, un viso latteo, ma attraente.
Vestiva con attillatissimi shorts di jeans pieni di strappi e una giacca di pelle rossa.
Ora non è più così, ma a me piace ricordarla com’era allora.
Coi lunghi capelli castani già rovinati dalle continue meches, prima verdi, poi blu, poi arancioni. Adesso dubito che sappia quale fosse il suo colore naturale.
Sinceramente, dubito che al momento possa avere una minima coscienza di sé.
Deve aver perso anche quella, assieme alla bellezza, alla lucidità, alla voglia di fare qualsiasi cosa oltre che continuare a rifugiarsi in quel magico mondo, colorato e virtuale, che la droga può regalare ad ognuno di noi.
Di lei so abbastanza poco da poter affermare che non ha avuto una vita difficile, nessuna situazione frustrante la cui unica scappatoia che sia riuscita a trovare sia l’acido.
Niente di tutto questo, almeno, a dar ragione a chi l’ha conosciuta meglio di me.
Eppure lei odiava la vita.
Odiava il mondo, non faceva che ripetere che era tutto uno schifo, e io di certo non posso darle torto… solo mi chiedo, perché allora, non cercare di fare qualcosa, una qualsiasi inezia, nel tentativo di migliorarlo?
Probabilmente è una soluzione troppo impegnativa.
È molto più semplice la strada che scelse lei.
Scomparire.
Fuggire da sé stessa come da tutto il resto.
Trovare conforto solo nel flash, nello stordimento provocato dall’acido.
Aveva la mia età. Aveva anche un futuro, davanti a sé.
Ma lo ha rinnegato.
Preferendo l’autoabnegazione, il disconoscimento di tutto.
Quel pomeriggio, l’ultima volta che le parlai, era primavera, l’estate quasi alle porte.
Faceva caldo, lo ricordo bene.
La incontrai in una stradina, insieme ad altri, che conoscevamo entrambe.
Erano appena le quattro del pomeriggio, ma era già sbronza.
Rideva, ciondolava, camminava avanti e indietro, già che i suoi compagni si erano fermati.
Per girare una canna.
Mi salutò, cadde a terra e riprese a ridere.
Urlò al mondo quanto lo odiasse.
Quanto aveva voglia di prendere a pugni qualcuno, di farsi prendere a pugni.
Urlò ai muri imbrattati di scritte che lei era stata anoressica. Che adesso era bulimica.
Che avrebbe voluto cacciarsi due dita in gola, in quel preciso momento, ma non lo avrebbe fatto perché così le sarebbe passata la sbornia più velocemente e quello no, che non doveva succedere.
L’ascoltai senza sapere cosa dire, troppo sconvolta dallo spettacolo che offriva.
Un perfetto esempio di vita in decomposizione.
A un tratto mi guardò.
“Sai qual è il mio sogno?” disse. Ma non sembrava si stesse rivolgendo a me o a chiunque altro.
Nessuno oltre a me sembrava prestarle attenzione.
“Il mio sogno è avere 18 anni, andarmene in un bagno della stazione, un laccio intorno al braccio, farmi un’iniezione d’eroina. E morire. Morire di over-dose.”
L’ennesimo scoppio di risa la rovesciò a terra, qualcuno cercò di aiutarla ad alzarsi.
Senza salutare, mi voltai, allontanandomi il più in fretta possibile, via dalla puzza del vicolo, dalla sua ombra ammuffita e quelle risa isteriche.
Accolsi come una benedizione il caos confuso del traffico, la luce del pomeriggio.
Non ho mai saputo realmente chi fosse, sebbene conosca il suo nome e il suo viso.
Non ho mai saputo niente di lei oltre alle sue scelte sbagliate.
Questa è l’ultima immagine che ho di lei.
Una creatura ferita dalla sua stessa fragilità, ormai rassegnata ad annegare nello squallore che circonda tutti, ma a cui solo alcuni, forse i più deboli, forse i più furbi, chiudono gli occhi e si lasciano andare.

“Io sono solo uno dei tanti che sparisce, che la droga si porta via, ecco tutto.
(…)
E riparto, i pollici infilati nei passanti dello zaino.
Mezzanotte e dieci, del 7 settembre 1969.
Ho ventinove anni e mezzo, peso 48chili.
Sono un junkie che va a morire sulle montagne.”


Da: “FLASH” di Charles Duchaussois


Commenti dell’autrice
Ragazze, non so come ringraziarvi. I vostri complimenti mi hanno lusingata tanto che mi son decisa a scrivere un altro capitolo… ed ecco cosa è venuto fuori.
Un po’ in ritardo, lo ammetto e mi dispiace, perché, lo so, fa schifo.
L’ho scritto di getto, l’ho riletto, non mi è piaciuto per niente. Ma oramai era lì… e l’ho postato ugualmente. Mi spiace, immagino che vi avrò deluso… vi prometto che cercherò di fare di meglio.
Visto che questa raccolta vi è piaciuta così tanto prenderò seriamente in considerazione di farne una seconda, ma questa la termino qui.
Ancora una volta vi ringrazio una per una:

Selhin, che con le sue recensioni “serie” mi ha riempita d’orgoglio

Hermione_06, o meglio, Adriana, dolcissima, che mi ha scongiurato di scrivere ancora

Vale_Hiwatari:Grazie per la recensione. Sì crudele come spesso è la vita reale. E infatti è una storia vera.

KuroNekoChan, che mi sostiene e mi appoggia sempre, anche con i pizzicotti XD

Questo è tutto.
LadySpleen

p.s per chi non sapesse cos’è un junkie nel libro è descritto così: un drogato allo stato terminale.
  
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