Eccomi qui!
Stanno rifacendo l’impianto elettrico e
c’è polvere ovunque.
Pieno di calcinacci… la pelle è tutta rovinata!!!
E non c’è
l’elettricità!!!!!!!!!
Terribile.
Comunque, in un modo o nell’atro, sono riuscita a
riattaccare Internet solo oggi. Colpa dei muratori.
Spero che questo capitolo vi piaccia più del precedente.
Fan di Edward… preparatevi.
Fan di Alice… non vogliatemene.
Fan di Jane… mmm, non credo che ci siano delle fan di Jane,
effettivamente. Nel caso, io ODIO JANE, anche se le sto dando ampio
spazio XD Questo cap è un po'... strano. Doloroso. Scusate se
sn stata così cruda ma ho voluto scriverlo in questo modo
per far capire bene i rapporti tra i vari membri della famiglia Cullen
e per preparare il terreno per gli ultimi sviluppi della storia. Della
serie: è vero che sn sadica, ma non crudele... povera
Alice...
Un Bacione a tutte e spero di postare
presto (tra poco finiscono i lavori per fortuna!!!!!)
Per
Edward’s POV
Sentii i loro passi. I loro piedi scivolavano silenziosi sull’erba bagnata. Quando salirono i pochi gradini che davano sul portico, tutti trattenemmo il respiro. Nell’oscurità, distinguemmo le loro sagome oltre la vetrata.
< Toc Toc > Fece una voce femminile, sgradevole.
Jasper aprì lentamente la
porta e Carlisle disse: <
Avanti, prego… >
La prima a farsi strada nel salone fu Jane. Ci lanciò
un’occhiata strana e poi alzò il capo chiudendo
gli occhi. Vidi le sue narici
dilatarsi e la sentii inspirare profondamente. Stava annusando. Stava
cercando.
Il mio corpo involontariamente sussultò.
Subito dietro di lei, entrarono due vampiri alti e robusti.
Le mantelle calate sul corpo lasciavano intravedere solo il viso. Gli
occhi
rossi come rubini lanciarono bagliori minacciosi.
Altre due figure rimasero in attesa sulla soglia,
guardinghe.
< Salve Georgy … Jane…
Estergon…e anche a voi, Luba e Shoa.
> dissi salutando per nome tutti i presenti. Due femmine e tre
maschi. Tra loro,
l’unica che conoscessi era Jane.
Jane riaprì gli occhi e si
voltò lentamente verso di me. Mi
sorrise beata, Alice s’irrigidì e Carlisle,
intuendo il futuro imminente,
disse: < Jane, per favore. Noi siamo in pace …
>
Le immagini nella mente di mia sorella mutarono. Jane
sospirò. Nei suoi pensieri lessi il dolore di una duplice
perdita. Aro, per cui
provava amore carnale, e Alec, per cui provava amore fraterno. I suoi
pensieri
erano confusi. Non le importava niente di Bella. Mia moglie era stata
la sua
scusa per poter venire in America a recuperare l’unico membro
della sua
famiglia. Voleva il fratello ed era disposta a tutto per riaverlo. Il
suo
istinto le diceva che Alec fosse venuto a cercare Bella. Che quello che
le
aveva raccontato fosse falso. Se tali dubbi fossero divenuti certezze,
sarebbe stato
un disastro.
< Jane, a cosa dobbiamo la visita? > le chiesi
tentando di suonare cortese.
< Tua moglie come sta? Non
qui… non ne percepisco
l’odore… Sai, avevate
promesso di trasformarla. Siamo solo venuti a controllare. > Ed
annusò
l’aria nuovamente, come riprova delle sue parole.
< Bella ha preferito … allontanarsi temporaneamente.
Mia
madre e mia sorella si stanno prendendo cura di lei, insieme a mio
fratello.
>
< E vorresti farmi credere che tu saresti restato qui,
mentre lei è lontana? > Suonò cinica.
< Non per mia scelta. Dopo la trasformazione… Bella
è diventata
leggermente instabile. L’astinenza la fa soffrire molto.
Questa zona è troppo
abitata per una giovanissima vampira. Adesso stanno vagando in zone
deserte e
disabitate. Lei ha preferito che io restassi … > Feci
una pausa e sospirai, abbassando
gli occhi e fingendo dolore. Dato il mio stato d’animo mi
riuscii bene.
Continuai: < Bella mi ha attaccato. Quando è tornata
in sé, è stata molto
male per questo. Era disperata. Ha insistito lei per allontanarsi.
Diceva che
non voleva che la vedessi in quello stato. Quando sta abbastanza bene,
mi
telefona. Tornerà non appena riuscirà a gestire
questa nuova situazione
Ormai, il tempo non è
più un problema… > E tentai un
mezzo sorriso, poi aggiunsi:< Vorrei essere con lei,
aiutarla… ma per prima
cosa ho il dovere di rispettare le sue richieste. Gli altri si stanno
occupando
di lei. Non è sola.> Calcai
sull’ultima frase.
Jane sospirò e fece cenno ai due che erano dietro di lei:
< Andate. >
Indicò con il capo il piano superiore.
< Cosa avete intenzione di fare? > Chiese Carlisle
calmo e pacato.
< Abbiamo ordini precisi. È qui che l’avete
trasformata?
In questa casa? >
Io annuii e poi sussurrai: < Non credo troverete tracce.
Esme ha pulito tutto con molta cura. Non voleva che Bella soffrisse
percependo
il suo stesso sangue. I sensi dei neonati sono estremamente sviluppati.
>
Jane annuì assente e nei suoi pensieri vidi i suoi dubbi.
Credeva che fosse fuggita con Alec.
Pochi istanti dopo i pensieri di Georgy mi indicarono che
avevano rinvenuto la maglietta, sigillata dentro una scatola. Sospirai.
La
portarono da noi e Jane la prese per esaminarla.
Provai una sorta di conato di vomito quando, dopo aver
avvicinato l’indumento insanguinato al volto, aveva
sussurrato: < La tua
sposa… il suo sangue aveva davvero un odore delizioso.
Peccato non aver potuto
assaggiarlo. > Poi, con un sorriso perfido, strinse la stoffa
tra le mani
affondandoci il naso. Un attimo dopo il suono delle fibre di cotone che
si
lacerano mi raggiunse. Stracciò la maglietta e
lasciò che i brandelli cadessero
a terra lentamente.
I due che attendevano fuori dalla porta ci guardarono
incuriositi mentre quelli in casa, attendevano in silenzio ordini.
Per alcuni momenti, nessuno parlò. Fu Carlisle a rompere il
silenzio: < Credo che ormai le incomprensioni si siano risolte
… spero che
abbiate ottenuto le risposte che cercavate. > Il suo tono
cordiale era
velato da una leggera minaccia nella voce.
Jane sbuffò e poi domandò, rivolta a me: <
Alec. >
La fissai confuso analizzando i suoi pensieri.
< Sapete dov’è mio fratello? >
Sapeva che stavo
scrutando nella sua mente e per questo pensò a un ricordo
che non avevo mai
visto. Voleva che perdessi la pazienza.
Bella, pallidissima e debole, giaceva sul letto di un
ospedale. Incosciente. Un braccio fasciato e dei tubicini
nell’altro, proprio
come nel naso. Alec era seduto al suo capezzale e le accarezzava i
capelli. Le
sue mani scesero sulle sue spalle il suo capo si chinò su
quello di Bella. Le
labbra gelide di lui sfiorarono la fronte e per un istante la bocca
socchiusa
di mia moglie. Le labbra di Bella non erano rosse come al solito ma
bensì di un
pallido rosa malato. Il contatto con la pelle fredda di Alec la fece
rabbrividire e lui si ritrasse. Jane fissava entrambi da un angolo, o
cosi
dedussi dalla prospettiva del ricordo. Ricordo che Alec non mi aveva
mai fatto
vedere.
Sentii la rabbia crescere dentro di me ma sapevo che non
potevo mostrarla. In tal modo avrei confermato di averlo visto. Jasper
tentò di
tranquillizzarmi e in minima parte ci riuscì. Leggermente
più tranquillo,
sussurrai: < Non ho il piacere di vedere tuo fratello
da… direi più di un
anno. Non so se ricordi il nostro incontro a Volterra. > E poi
attesi la sua
reazione.
Lei si sedette sulla poltrona e Alice strinse la mano a
Jasper. Lui le accarezzò i capelli e la guancia. Si
abbassò per baciarle il
capo. Alice era tesa. Il futuro era nebbioso e questo non
rassicurò né me né
lei.
< Eppure, io sono certa che lui non sia lontano. Lui voleva Bella. Era così … palese. >
Si voltò per fulminarmi
con gli occhi e poi aggiunse: <
Non che lei non si sia mostrata disponibile, tutta così
civetta. > E così
dicendo mi mostrò dei ricordi di Bella seduta sul letto
accanto ad Alec.
Stavano parlando. Lei pareva triste. Gli occhi lucidi. Lui le
accarezzava la
spalla per consolarla. Con un gesto della mano, le sistemò i capelli
mostrando il collo candido in cui le sue vene pompavano il sangue. Lei
non
reagì al tocco delicato delle dita gelide di Alec sulla sua
pelle. Sospirò e si
strinse di più nella coperta. Alec le asciugò le
lacrime che le solcavano il
volto. Non riuscii a capire di cosa stessero parlando. Bella, stanca e
provata,
si appoggiò alla spalla di Alec e cominciò a
singhiozzare mentre lui le
accarezzava la schiena. Sembrava preoccupata per lei. Mi ripetei di non
perdere
la calma, che non mi importava di cosa fosse successo a
Volterra… Ma provai
l’istinto di ammazzare Alec. Poi vidi cosa Bella stringesse
nella mano che si
era portata al cuore. Un fazzoletto bianco, a me molto familiare. Il
mio
fazzoletto…
Lei indossava una camicia da notte corta e semitrasparente.
Si era però avvolta in una pesante coperta, nascondendo il
corpo e le gambe
nude. Date le leggere chiazze bluastre sulla pelle, dedussi che doveva
avere
freddo.
Il ricordo cambiò: La vidi in accappatoio cercare dei
vestiti nell’armadio della stanza sotterranea. Alec poco
lontano da lei. Forse
Bella non si accorgeva degli sguardi che lui le riservava o forse,
conscia, li
ignorava. In fondo, in quelle segrete, lei doveva pensare a rimanere
viva. A
qualunque costo. Nonostante ciò che mi mostrava Jane, lei mi
era sempre stata
fedele. Me lo aveva giurato e io non avevo alcun motivo di dubitare. Mi
tornarono alla mente le parole nella lettera: “Ti
sarò fedele per sempre, nel cuore e nell’anima.”
Sorrisi triste
a quelle parole. Lei sarebbe stata sempre e solo mia, non importava
cosa fosse
e sarebbe accaduto. Il nostro amore andava oltre ciò che
veniva comunemente
così definito.
Jane stava cercando di insinuare in me il dubbio di modo da
rivelarle dove si trovasse Bella. Forse credeva seriamente che Alec
fosse con
lei, o forse semplicemente aveva intenzione di utilizzarla come esca
per
attirarlo. Qualunque cosa realmente intendesse, se avesse trovato Bella
umana
con una bambina tra le braccia avrebbe capito e sarebbe stata la fine.
Dovevo impedirlo, a tutti i costi.
Sorrisi e dissi: < Povero
Alec, temo abbia frainteso.
Bella è così… spontanea, innocente.
Non si rende conto dell’effetto che fa sugli
altri. Temo che Alec si sia fatto delle illusioni, delle aspettative
sbagliate
su di lei. >
< Forse … > Fece lei per poi aggiungere:
< A me di
tua moglie e della sua dubbia fedeltà non interessa
assolutamente niente.
L’unica cosa che mi preme, è ritrovare mio
fratello prima che possa compiere
qualche sciocchezza. Sarei partita con lui, se Aro non mi avesse
espressamente
chiesto di restare. Ora che lui … ora che le cose sono
cambiate, per me non ha
più senso rimanere a Volterra. Appena avrò
assolto i miei ultimi compiti,
lascerò il palazzo. > Il dolore nella sua voce era
chiaramente percepibile
ma non provai alcuna pena per lei. Colui per il quale il suo cuore
morto si
struggeva di dolore e per il quale i suoi occhi bruciavano di un pianto
asciutto aveva quasi distrutto la mia vita, mia moglie. Come si poteva
avere
compassione di un amore per una creatura come quella? Un essere
disposto a fare
una cosa simile ad una ragazza innocente?
Scossi la testa allontanando il pensiero di mia moglie
insidiata da quella perversa creatura e, cercando di ricompormi, le
dissi: <
Noi non sappiamo dove sia Alec. Non lo abbiamo visto. E Bella sta
cercando di
riprendersi nel più totale isolamento. Emmett e Rose la
proteggono dai
pericoli. Se avessero percepito un vampiro arrivare, sta certa che
avrebbero
evitato di incontrarlo fuggendo. Sono certo che non siano entrati in
contatto
con tuo fratello. >
Jane, senza rivolgermi la parola, fece cenno con la mano
alle due persone sulla soglia e queste entrarono. Luba, la donna, si
richiuse
la porta alle spalle e poi, insieme a Shoa, si posizionò di
fianco a Georgy
e Estergon. Un muro
compatto in mezzo
alla stanza.
< Edward… mi
diresti dove potremmo trovare Bella? Solo
per una chiacchierata… > e mi rivolse un sorriso
luminosissimo.
< Non so dove si trovi. Come ti ho detto, si spostano in
continuazione. E comunque, adesso lei è pericolosa. Quando
starà meglio,
potrete incontrarvi, se sei così ansiosa di rivederla.
>
< Non prendermi in giro. > Il suo tono, così
come i
suoi pensieri, era ora irato. < Io ho bisogno di lei. E come
puoi vedere,
siamo perfettamente in grado di occuparci di un’insulsa
neonata. Ora, dicci
dove trovarla. >
< Non posso. Non lo so. Ma anche se lo sapessi, non te lo
direi. > Mormorai a denti stretti.
Jane si infuriò. La sua mente era semplice da leggere. Ma
prima ancora di sbirciare tra i pensieri di Jane, fui investito da
quelli di
Alice. Mi vidi a terra, immobile… in agonia…
Sentii l’urlo di mia sorella un istante prima che il mio
corpo venisse avvolto da un dolore insopportabile. Mi ritrovai a
carponi,
boccheggiante. Per alcuni, brevi istanti, il dolore continuò
per poi cessare
improvvisamente. Alzai leggermente il capo e feci leva sui gomiti per
alzarmi
un pochino. Fissai Jane che, con voce melliflua, mi chiese: <
Dove possiamo
trovarla? >
Ringhiai istintivamente e prima di venir invaso nuovamente
dal dolore, vidi Jasper venir trattenuto da dietro da due degli uomini
del
contingente: Georgy e Estergon. I due più forti.
Alice aveva le mani alla bocca con un’espressione di dolore
sul volto e Carlisle mi osservava impietrito. I miei occhi incontrarono
i suoi
nell’ultimo istante privo di dolore e nella sua mente
distinsi le parole: “Mi
dispiace. Resisti”.
Un attimo dopo, il dolore fu troppo grande per poter anche
solo concentrarmi. Ogni millimetro del mio corpo martoriato pareva
corrodersi,
bruciare. Ogni cellula mi sembrava venisse trafitta da aghi e punte
affilate. Quella
sofferenza era paragonabile solo all’agonia della
trasformazione. Tenevo i
denti serrati per non urlare.
Riuscivo a cogliere solo frammenti di conversazioni ed ero
talmente sofferente da non riuscire a rendermi conto se fossero mentali
o
reali. Percepii la voce di Alice al mio fianco. Le sue mani sul mio
corpo. Non
mi ero reso conto di aver cominciato a tremare. Ero scosso da spasmi.
La voce di Alice mi
riportò alla realtà. Jane non stava
più
chiedendo a me, bensì ai miei familiari, dove fosse Bella.
Loro tacevano,
eccezion fatta per mia sorella.
< Basta! Basta! > Gridava in preda a singhiozzi senza
lacrime. < Basta. Non lo sappiamo! Ve lo avremmo già
detto! Non lui forse,
ma noi certamente. Che cosa ci importerebbe di una ragazzina appena
entrata
nella nostra famiglia in fondo? Se dovessimo scegliere chi salvare,
salveremmo
Edward! > Continuava a gridare Alice. Sapevo che le sue parole
erano false.
Lei voleva bene a Bella come non aveva voluto bene a nessuno. Erano
più che
amiche, erano sorelle.
< Non credo che davvero non sappiate… > Era la
voce di
Jane.
Improvvisamente, vidi nella testa di Alice l’imminente futuro. Lei stessa lo vide
ma non fece
niente. Rimase ferma e, con un sospiro, attese che arrivasse. Mi
accorsi che
stava stringendomi la mano. Aprii
gli occhi e la guardai. Riuscii a
bisbigliarle: < No… > con voce rauca ma lei mi
sorrise e scrollò
leggermente le spalle. Aveva paura. Glielo leggevo nel cuore.
E poi, così come era
venuto, il dolore svanì all’improvviso,
lasciandomi a terra, sfiancato.
Non feci neanche a tempo ad
assaporare il piacere della
mancanza di sofferenza che delle grida straziate riempirono
l’aria della
stanza.
Alice giaceva a terra, al mio fianco.
Le mani una stretta in
un pugno sul petto e l’altra intorno alla mia. Inarcava la
schiena, teneva gli
occhi chiusi. La bocca era spalancata e le grida di dolore
acutissime,insopportabili.
Con fatica, facendo forza sugli avambracci e sui gomiti, mi
portai a sedere. Carlisle era immobile, sconcertato. Jasper pareva
impazzito.
Shoa prese il posto di Georgy per trattenerlo mentre
quest’ultimo si chinò su
Alice e le sferrò un calcio. Sentimmo il suono di un osso
che si frattura.
Jasper ringhiò facendo tremare i vetri.
Avevano capito che io non avrei mai parlato, e così neanche
Alice e Carlisle. Evidentemente non era loro sfuggito il comportamento
protettivo tenuto da Jasper nei confronti di mia sorella.
Jasper cercò di divincolarsi. Il suo ringhio potente
però
non riuscì a sovrastare le urla di Alice.
Georgy lo afferrò per la gola e lo sbatté contro
il muro,
aiutato dai suoi due compagni. Luba teneva d’occhio Carlisle,
immobile e disgustato
da Jane, e me, ancora troppo debole e spossato per rappresentare una
minaccia.
Il dolore inflittomi era stato troppo prolungato e violento
perché mi potessi
riprendere all’istante. Io, che ora ero seduto in ginocchio,
ero chino su
Alice. Cercavo di tenerla ferma. Percepii i suoi pensieri. Il dolore
acutissimo, lacerante, devastante. Lei non serbava ricordi della
trasformazione. Era la prima volta che subiva una sofferenza
così atroce.
< Allora, dove? Vogliamo solo
parlare con Bella. Non
abbiamo intenzione di farle del male. Devo solo parlarle. >
Disse Jane
melliflua.
Alice, senza smettere di muoversi
convulsamente nel
tentativo di assecondare gli spasmi, strinse i denti. Vidi scorrere
nella sua
mente i ricordi di lei e Bella insieme. La piccola Elizabeth e il
sorriso di
mia moglie. il ricordo della sua pelle calda e morbida contro quella
fredda e
marmorea di Alice. Lei si stava facendo forza. Si stava imponendo di
ricordare
per chi combatteva, per chi soffriva. Chi amava.
Jane avendo intuito il punto debole chiese di nuovo, ma in
maniera persino più vigliacca di prima, se sapessimo:
< Allora Jasper? Io ho
tanto tempo, nessuna fretta. Pensaci con calma. Magari ti viene in
mente dove
potrebbero essere gli altri tuoi familiari, insieme a Bella…
fa pure con
comodo. In fondo, Alice sta reagendo bene. >
Jasper, il viso deformato dalla rabbia e dalla sofferenza,
fece per parlare e mia sorella lo vide. Addolorata e immensamente
sconvolta
dalle conseguenze della confessione di Jasper, cominciò a
singhiozzare. Io ero
incredulo di fronte alla visione di Alice, oscurata dal dolore. Lei
riuscì a
portarsi entrambe le mani al cuore e socchiuse le palpebre.
< Jaz. > disse soltanto, fissandolo negli occhi, e poi
sorrise debolmente. Jasper era sul punto di rivelare tutto, non
perché non
volesse bene a Bella, ma perché incapace di assistere a
quella scena.
La voce di Alice parve calmarlo. Mio fratello smise di
divincolarsi e di tirare pugni e calci ai tre che lo trattenevano
contro il
muro. Il ringhio che, minaccioso, proveniva dal suo petto si
arrestò.
Shoa e Estergon lo tenevano fermo per i polsi, in una presa
strettissima. Georgy gli si avvicinò e gli sferrò
un ginocchiata nella pancia.
Tramite i suoi pensieri, provai il dolore di Jasper per il colpo, ma
non era
niente rispetto al dolore per Alice.
Né io, ne Carlisle né tanto meno Jasper
riuscivamo a
sopportare di vederla a terra, torturata da Jane che, a intervalli
regolari,smetteva di torturarla per qualche secondo per darle
l'illusione che fosse tutto finito per poi però ricominciare
a tormentarla. Alice però sapeva benissimo cosa pensava
Jane. Lo vedeva nel futuro, così come grazie a lei potevo
vederlo io. Le sue urla mi riempivano la
testa. Quando mio fratello, ad un urlo più acuto di Alice,
strattonò Shoa riuscendo
a mandarlo a terra, Io e Carlisle lo vedemmo venir scaraventato contro
il muro
dagli altri due. Estergon lo tenevaper il collo, impedendogli di
muoversi e
stringendo con forza. Con il suono dell’impatto, udimmo anche
il vetro
frantumarsi a causa del colpo sul muro che si era crepato. Io e mio
padre non
potevamo fare niente. Rischiavamo di peggiorare la situazione. Quando
Estergon
lasciò andare Jasper, che cadde a terra, mio padre gli si
avvicinò e lo
aiutò a
riportarsi in piedi. All’orecchio
gli sussurrò: < Calmo… > poi si
rivolse a Jane:
< Per favore Jane, ti supplico. Ti abbiamo detto la
verità. Bella in questo momento potrebbe essere
ovunque… ma certamente non con
tuo fratello. Ti scongiuro, lascia andare Alice. Lei non ti ha fatto
niente…
>
Jane alzò lo sguardo verso mio padre. Stava pensando ad Aro.
Era disperata e dentro il suo cuore, soffriva. Stava sfogando su mia
sorella la
rabbia repressa. Jasper fece per avvicinarsi ad Alice ma venee
nuovamente
bloccato.
Alice, a terra al mio fianco, annaspava. Le sue grida si
erano tramutate in gemiti. Teneva i denti serrati come per evitare che
la voce
fuggisse. Gli occhi erano sigillati e le mani giunte in petto. Inarcava
la
schiena o si rannicchiava su sé stessa, cercando di evitare
il dolore.
Io tentavo di calmarla ma probabilmente non riusciva neanche
più ad udire le mie parole. Il tempo passava e fuori il
cielo cominciò a
schiarire. La mia pena, a confronto con quella di Alice, non era stata
niente.
Poi, improvvisamente, i movimenti convulsi del suo corpo
cessarono. Lei, immobile, giacque a terra. Il respiro affannato. Jane
si era
stufata di giocare con lei. Si alzò seccata dalla poltrona e
si sistemò la
mantella. Jasper strattonò i due che ancora lo tenevano per
i polsi e
s’inginocchiò al mio fianco, prendendo le mani di
Alice. Lei socchiuse appena
gli occhi e, tentando un sorriso, sussurrò: < Era
solo… un illusione… >
Jasper la prese in braccio e la strinse al suo corpo.
Rimanendo inginocchiato a terra, cominciò a dondolarla
lentamente e lei si
strinse a lui. Il ricordo ancora vividissimo. Il suo corpo stava
tentando di
smaltire il dolore.
< Se vedeste Alec, riferitegli
che lo sto cercando. Che
mi manca. Ditegli di chiamarmi. > E senza attendere una
risposta, ordinò
agli altri di uscire. In meno di un secondo svanirono nella fioca luce
dell’alba.
< Alice? Alice come stai?
> le chiese Carlisle dopo
che Jasper l’ebbe adagiata sul divano. Lei non rispose
subito, allarmando
Jasper. Dopo circa mezzo minuto bisbigliò: <
Meglio… sta passando tutto.
> Carlisle le passava una mano sulla fronte mentre Jasper le
teneva le mani.
Jane e i suoi compagni erano ancora là fuori,
nascosti in attesa di un nostro passo falso, di una nostra
parola di
troppo. Nei pensieri di Carlisle e Jasper la domanda che mi rivolgevano
era la
stessa: < Se ne sono andati? > Io risposi: < No,
il bosco… > e lo
indicai con il capo. Carlisle sospirò e continuò
a massaggiare la testa ad
Alice mentre Jasper ringhiò piano. Mia sorella
sussurrò: < Va tutto bene,
Jaz, tutto bene. Non preoccuparti. > Lentamente, il suo corpo si
distese e i
suoi muscoli si rilassarono. Trascorremmo circa mezz’ora
aspettando che si
riprendesse. Quando, cercando di fare finta di niente, si
portò a sedere, Jasper
le cinse i fianchi e la sorresse. < Sto bene. > disse lei
appoggiandosi
alla sua spalla. < Certo che è un bene che non mi
ricordi della
trasformazione… > cercò di ironizzare ma
mio fratello non rise come faceva
di solito. La strinse di più a sé e le
baciò i capelli. < Mi dispiace. Non
ho potuto fare niente… > < No, sei stato
grande. Ti sono grata per non
essere stato impulsivo. > e gli sorrise, poi aggiunse: <
Carlisle… >
< Sì? >
< Mi sento… debole… Non...
cioè, è così
strano…> Disse
confusa. Mio padre le si avvicinò di più e le
prese la mano. < Senti che
qualcosa potrebbe aiutarti? > Le chiese cercando di aiutarla.
Lei ci pensò
un istante e poi sussurrò: < Credo di aver bisogno di
cacciare… > La sua
voce assomigliava ad un pigolio, bassa impaurita. <
Sì, mi sembra un ottima
idea. Vuoi che veniamo tutti o preferisci solo con Jasper? > Lei
alzò il
capo e fissò Jaz negli occhi per un istante. Lo sguardo che
si scambiarono era
denso di significati. Cercai di non intromettermi nei loro pensieri
privati. Jaz
voleva baciarla… < Staremo nel bosco del giardino. Se
succedesse qualcosa,
ci faremo sentire. >
Io e Carlisle annuimmo e Jaz, sempre tenendo Alice per i fianchi, l’aiutò ad alzarsi. Per i pochi metri in cui Alice camminò per raggiungere la porta, tutti e tre ci accorgemmo di come le sue gambe tremassero. Jasper la strinse a sé protettivo,baciandole i capelli spettinati, ed insieme uscirono dalla casa. Alice, non appena fu all'aria aperta, inspirò profondamente e tremò. Nei suoi pensieri il sollievo e la paura nonchè il ricordo vivissimo del dolore. Strinse la mano di Jaz e insieme a lui camminò lentamente fino al limitare del bosco. I pensieri gentili di Alice mi rassicuraono: "A dopo, Edward. Grazie..." E poi sparì tra gli alberi.