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Autore: Laylath    07/09/2014    1 recensioni
(spin off di Un anno per crescere)
Le loro vite sembravano così tranquille e delineate, i piccoli grandi problemi dell'adolescenza che si accompagnavano al clima tiepido di quella fine d'estate. Rientrando a scuola nessuno pensava che i loro destini si sarebbero intrecciati in maniera indissolubile e che gioie e dolori li avrebbero accompagnati nel difficile percorso della vita.
E dopo i Falman ecco le vicende dei genitori di Kain e di quelli di Heymans.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heymas Breda, Jean Havoc, Kain Fury, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo IX

1881. Principe azzurro al salvataggio.

 

“Principessa in pericolo? – Laura guardò il fratello con aria stranita. Ma passò solo qualche secondo prima che i suoi occhi grigi si illuminassero di comprensione e scoppiasse a ridere di gusto – Oddio, ho capito di chi si tratta!”
Henry inclinò la testa con curiosità davanti a quello scoppio di ilarità da parte della sorella. La osservò sedersi nel letto e asciugarsi le lacrime con un lembo della gonna, le guance arrossate piacevolmente.
“E’ così divertente?” chiese, andando a sedersi accanto a lei.
“Decisamente sì, considerato che è la spasimante di Andrew… della veneranda età di quindici anni! Oh, diamine! Non pensavo che questa storia avesse risvolti così divertenti.”
“Quindici anni? Ma è una ragazzina che va ancora a scuola! – constatò Henry – che diamine ci fa Andrew Fury con una quindicenne?”
“Ah, non lo so – scrollò le spalle Laura – secondo me avrebbe dovuto chiudere da subito la questione, ma sai come è fatto Andrew: sicuramente non l’ha voluta ferire… e ora si becca la patata bollente. Beh, del resto era anche ora che si arrivasse ad una conclusione: è durata fin troppo… per quanto la cosa mi divertisse parecchio.”
“Andrew non sembrava così arrabbiato da questa famosa patata bollente – scosse il capo Henry – credo che andrà a salvare la principessa in pericolo. Anche se inizio a pensare che il pericolo non sia molto diverso da una buona tirata d’orecchie da parte dei suoi genitori.”
Laura arricciò il naso con disappunto davanti a quella affermazione e poi si sdraiò supina nel letto, osservando il soffitto con un lieve sorriso.
“No, fidati di me: lo farà solo per cortesia. Ma di Ellie Lyod ad Andrew non importa più di tanto: è stata solo una sciocca ragazzina che si è presa una cotta per lui e che ora liquiderà con la solita compostezza dei Fury.”
“Laura – Henry si sdraiò accanto a lei, spingendola verso la parete per conquistare una porzione di letto decente – non è che c’è un briciolo di gelosia nelle tue parole?”
“Gelosa io? Di Andrew e di… di Ellie Lyod? Senti, tu la dovresti solo vedere per capire che bambina assurda e con la testa tra le nuvole è! – esclamò la ragazza, incredula di sentire una cosa simile – E’ una che ha gli unicorni che le girano attorno alla testa, una ragazzina così non è fatta per il maturo Andrew Fury. Senza contare che è appunto una bambina.”
“Sarà – scrollò le spalle Henry, passando un braccio attorno alle spalle della sorella – ma non dimenticare che prima o poi anche le bambine crescono.”
 
Cresciuta o meno che fosse, la principessa in quel momento era stesa supina nel proprio letto, nella medesima posizione dei due fratelli Hevans. Solo che il suo sguardo non era divertito, anzi gli occhioni neri erano lucidi per le lacrime. Non poteva essere altrimenti considerato che Nicholas Lyod era ancora profondamente arrabbiato con lei.
Ellie amava profondamente i suoi genitori, ma aveva con loro dei rapporti completamente differenti: la madre era quella che si poteva arrabbiare, sgridarla, metterla in castigo, non capirla. Ma suo padre era qualcosa di completamente diverso: erano le braccia meravigliose che l’avevano sempre cullata e protetta quando il mondo reale sembrava brutto, l’aveva sempre sollevata e messa in groppa al proprio destriero, in cavalcate dove tutto l’universo si riduceva solo a loro due. Era il fantastico re delle favole che fa di tutto per la propria principessa.
Per dirla in parole povere Ellie era una figlia unica che il padre considerava il gioiello più prezioso e che, spesso e volentieri, aveva viziato. Sotto questo punto di vista era stato un bene che la madre avesse sempre controbilanciato quell’indulgenza che poteva rovinare il carattere troppo sognatrice della ragazzina.
E dunque sapere che suo padre era ancora arrabbiato con lei, tanto da non rivolgerle la parola durante il pranzo (quando le sue arrabbiature non erano mai durate più di qualche ora), sconvolgeva Ellie più di qualsiasi castigo. Aveva anche provato ad abbracciarlo a fine pasto, ma lui non aveva risposto a quel gesto e le aveva detto con voce impassibile di andare in camera sua.
“Lascia che sbollisca, Ellie – le aveva consigliato sua madre, vedendola salire le scale con aria desolata – ogni cosa a suo tempo.”
“Tempo… ma io non voglio aspettare! – sospirò mettendosi a sedere con le gambe incrociate – Sta andando tutto a rotoli ed io sono qui, senza fare niente.”
Spostò lo sguardo alla porta e la sua mente andò alla lettera che aveva consegnato nelle mani volenterose (e sporche di marmellata) di Molly. Chissà se era riuscita ad effettuare la consegna: le indicazioni che le aveva dato erano abbastanza precise anche per una bambina di sette anni.
O forse Andrew non vorrà venire… del resto è un guaio che ho combinato da sola. Però… oh, dai! Un principe azzurro viene sempre a salvare la propria dama. E poi lui ci tiene a me.
Si cullò in quel pensiero: ma certo, dopo più di un anno che si frequentavano non poteva essergli indifferente, altrimenti le avrebbe già impedito di accompagnarlo nei suoi viaggi alla stazione.
Verrà… verrà… ti prego, Andrew, vieni!
Proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta e ad Ellie smise di battere il cuore: possibile che l’avesse evocato con la forza del pensiero?
L’emozione fu tale che infranse anche il divieto di stare in camera sua e corse nel corridoio per affacciarsi sul pianerottolo. Non poté fare a meno di sorridere quando vide di chi si trattava.
“… e vorrei parlare con lei e suo marito – stava finendo di dire Andrew – anzi, mi scusi per essere venuto così, senza preavviso.”
“Non ti preoccupare – rispose Agnes, facendolo accomodare – ti prego di attendere un attimo qui: avviso mio marito della visita e poi ci sistemiamo in salotto.”
Rimasto solo il ragazzo alzò lo sguardo sulle scale ed Ellie gli sorrise.
“Scusa! – mosse solo le labbra non osando alzare la voce più di un bisbiglio – Grazie!”
“Torna in camera tua – le consigliò lui mantenendo un tono veramente basso e facendole un gesto eloquente con la mano – ci penso io!”
“Sei un tesoro!” sorrise ancora Ellie congiungendo le mani in gesto ringraziamento e di scusa.
Poi si sentirono dei passi e la ragazzina si affrettò a scappare nel corridoio. Fece giusto in tempo a sentire la voce di suo padre,tremendamente seria, che si presentava; poi fu costretta a chiudere delicatamente la porta alle sue spalle e sperare che andasse tutto bene.
 
Nicholas Lyod non era originario del posto.
La sua famiglia possedeva grandi allevamenti oltre il fiume, in un paese a quasi ottanta chilometri di distanza. Si era trasferito una ventina di anni prima con l’intenzione di far fruttare in maniera differente la parte di eredità che gli era toccata alla scomparsa prematura del padre. Al contrario dei suoi fratelli che avevano preso possesso di quasi tutti i capi di bestiame e dei relativi pascoli, lui aveva preferito prendere una discreta somma e andare in cerca di fortuna, forse spinto dall’essere l’ultimo di ben cinque figli maschi. Gli anni avevano dato ragione a questa scelta: arrivato al paese appena ventenne aveva trovato un’economia lievemente in crisi considerato il trasferimento di un grosso reparto dell’esercito che prima provvedeva allo sfruttamento di una vecchia miniera di carbone. L’assenza di una così grossa fetta di mercato aveva destabilizzato un'economia chiusa in se stessa e dunque molte aree coltivabili erano state messe in vendita a prezzi quasi irrisori. Tuttavia Nicholas Lyod aveva una conoscenza del mercato molto più aperta, avendo viaggiato più volte per affari di famiglia: dopo aver comprato i terreni aveva deciso di esportare la maggior parte dei prodotti verso il suo paese d’origine, sapendo bene che, essendo votato più che altro all’allevamento, veniva a mancare di determinati generi coltivati. Nell’arco di pochi anni il commercio era splendidamente avviato e molte persone avevano trovato lavoro in quelle grandi proprietà, con Nicholas che si era fatto fama di ottimo proprietario e generoso datore di lavoro.
Andrew conosceva a sommi capi la storia, così come tutti gli abitanti del paese: era chiaro che per fare una cosa simile ci voleva una bella dose di determinazione.
“Credimi, Andy, ho avuto occasione di parlarci una volta e non credo di aver conosciuto un carattere risoluto come il suo. Se a quarant’anni ha una fortuna simile non è solo per l’eredità: si è saputo costruire e gestire la sua sorte e tiene le redini del suo destino con la stessa fermezza con cui monta il suo cavallo.”
Effettivamente, osservando bene il suo ospite, Andrew si accorse che era molto differente dai tranquilli e bonari agricoltori del paese. Tutta la sua persona, a partire dall’abbigliamento elegante eppure sportivo, denotava un carattere vivace e forte.
Tuttavia in quel momento il viso era impassibile e lo squadrava con quella che si poteva definire ostilità.
Andrew non ebbe difficoltà a capirne il motivo: non c’erano dubbi che Nicholas Lyod fosse estremamente geloso dell’unica figlia… e che dunque lo vedesse come un pericolo.
Più o meno come i genitori di Laura? Diamine, ma perché devono avercela tutti con me?
“Sei stato molto gentile a farci visita, Andrew – disse Agnes, in tono incoraggiante, servendogli una tazza di caffè – anche se non abbiamo avuto occasione di presentarci formalmente so che sei impegnato all’Università di East City.”
“La ringrazio, signora – sorrise Andrew, lieto che ci fosse almeno una persona che non lo squadrasse con odio in quella stanza – è vero, sto frequentando il secondo anno di Università e a settembre comincerò l’ultimo. Se tutto va bene, conto di diventare ingegnere entro l’estate prossima.”
“E cosa viene a fare uno studente universitario, quasi ingegnere, a casa mia?”
La voce di Nicholas Lyod era piatta e tranquilla, ma nella stanza suonò chiaramente la vera domanda.
“E cosa salta in mente a te di mettere gli occhi sulla mia bambina?”
A quel punto una piccola parte di Andrew si chiese cosa ci faceva in quel salotto, ad affrontare un interrogatorio bello e buono per colpa di una ragazzina di quindici anni. Gli sembrava di essere sotto accusa per aver insidiato la virtù di Ellie, mentre invece la situazione era molto più semplice del previsto: perché doveva essere vissuta con un senso di catastrofe incombente?
“Ecco – si schiarì la voce – vorrei parlarle a proposito di sua figlia…”
L’occhiata furente degli occhi neri di Nicholas Lyod fu davvero temibile ed Andrew dovette controllare il lieve tremito che alla mano e che fece muovere il caffè dentro la tazzina.
“In questo momento mia figlia non può vedere nessuno.”
“Soprattutto te!”
Quel salotto sembrava avere la capacità di far echeggiare i pensieri del proprietario.
“Nicholas, suvvia, non essere scortese – Agnes mise una mano sulla spalla del marito – scusalo tanto, Andrew, ma credo che a mio marito risulti sconvolgente che un ragazzo come te sia nelle grazie di Ellie.”
“Agnes, smettila di dire certe idiozie!” sbuffò l’uomo.
“Ecco – arrossì Andrew – a dire il vero è proprio di questo che dovrei parlarvi… – fu certo di vedere una vena pulsare in maniera molto pericolosa sulla tempia del suo ospite e dunque si affrettò a correggere il tiro – sono venuto qui per scusarmi.”
“Oh, andiamo, Andrew – intervenne Agnes – non c’è niente di cui tu debba…”
“Che cosa è successo perché tu ti debba scusare? – sibilò Nicholas – Che hai combinato alla mia bambina?”
“Veramente – scosse il capo lui, rivolgendosi alla signora, sicuro che almeno lei l’avrebbe ascoltato con il giusto atteggiamento e magari avrebbe calmato il marito – mi volevo scusare per la mia mancanza di rispetto nei vostri confronti: avrei dovuto sincerarmi da subito che Ellie vi rendesse partecipe delle sue passeggiate con me. Non mi conoscete ed avete tutte le ragioni del mondo per preoccuparvi per vostra figlia. Ellie ha quindici anni, all’epoca era ancora più giovane… è stata impulsiva e ha sbagliato, ma la colpa è anche mia.”
“Certo che potevi fermarla da subito invece di fare il farfallone con lei!”
“Farfallone? – Andrew avvampò – Signore, sua figlia ha quindici anni, ma per chi mi ha…”
“Sssh, calmiamoci tutti quanti – Agnes bloccò di nuovo il marito – e cerchiamo di vedere le cose come stanno. Nicholas, per cortesia, smettila di insinuare cose che non sono vere. Non ci vedo niente di male se i due ragazzi sono amici e se nostra figlia vuole accompagnarlo alla stazione. L’unica problematica è che ce l’ha tenuto nascosto per tanto tempo, ecco.”
Andrew si poggiò allo schienale del divano, sempre più convinto a fare un monumento celebrativo di quella donna che finalmente metteva le cose al loro posto. Farfallone? Ma quando mai poteva saltargli in testa una cosa simile?
“E cosa fate durante le passeggiate?” chiese Nicholas con sospetto.
“Chiacchieriamo – rispose Andrew con semplicità – devo dire che Ellie ha una grande fantasia. Vede il mondo in una maniera davvero particolare ed è fantastico starla a sentire: mi sembra di riscoprire il posto in cui vivo, accorgendomi di  tantissimi dettagli a cui non avevo mai fatto caso.”
Forse avrebbe aggiunto anche altro, ma si accorse di aver parlato di getto, dicendo cose che non si era mai fermato a considerare. Ma era vero: gli piaceva camminare con quella ragazzina accanto, la sua voce che parlava e parlava come se fosse guidata da una grande fantasia che le apriva le porte di un mondo magico.
Ellie era la magia laddove Andrew era la razionalità.
“Oh già – sospirò Agnes – quando attacca a parlare è davvero difficile farla smettere. Ce la fai a seguire un filo logico in quello che dice? Io al terzo incantesimo mi perdo.”
“Non potrei mai perdermi con lei che mi fa da guida.” ammise Andrew pensando con dolcezza alla ragazzina. Parlarne così apertamente gli faceva rendere conto di quanto fosse davvero affezionato a lei ed iniziava a capire perché si trovava in quel salotto, perché non aveva lasciato che tutta questa storia finisse ed Ellie non facesse più parte della sua vita.
Perché io non voglio che se ne vada dalla mia vita, assolutamente.
“Lei è unica, te ne rendi conto?” Nicholas Lyod lo squadrò ancora una volta, ma c’era una prima forma di accettazione. Come se le parole dette l’avessero in parte convinto che era degno di fiducia.
“Certo che me ne rendo conto. E mi creda, signore, non vorrei mai che ad Ellie succedesse qualcosa di male. Le assicuro che la tratto sempre in maniera consona.”
Alla sua età…
“Beh, mi pare che la questione sia chiarita – sorrise Agnes – vado a chiamare Ellie, è giusto che si scusi con te per tutto il disturbo che ti ha dato, Andrew.”
“Signori – la bloccò il ragazzo, prima che la donna uscisse dalla stanza – vorrei chiedervi di permettere ad Ellie di continuare con le sue passeggiate per accompagnarmi. E, se ve ne ha parlato, vorrei anche che le deste il permesso di scrivermi: a me non crea nessun problema.”
“Sei sicuro? – chiese Agnes – Guarda che mia figlia è una vera grafomane: perderesti un sacco di tempo a leggere i romanzi che ti scriverà.”
“Le assicuro che non interferirà con i miei studi – sorrise Andrew – assolutamente.”
La donna annuì e uscì dalla stanza ed a Andrew non restò che spostare lo sguardo su Nicholas Lyod.
L’uomo lo fissava con odio misto a rassegnazione. Alla fine si batté una mano sulla coscia e gli puntò l’indice contro.
“Ti avviso, farfallone, se vedo la mia bambina piangere per colpa tua ti accorgerai che la stirpe dei Lyod prende molto sul serio determinate cose.”
“Signore, io…”
“Oh, papà! – Ellie arrivò di corsa in salotto e si buttò sopra il genitore, stringendogli le braccia al collo – Sei fantastico, il migliore del mondo: sai, temevo che saresti stato furioso con me per sempre, come se una magia malvagia ti avesse oscurato il cuore… ma non poteva essere così! Non su di te!”
“Calma, calma! – cercò di bloccarla Nicholas, pur non sciogliendo quella presa – Non credere di essere libera dalla punizione, signorina.”
“Oh, ma non importa! – sorrise lei, baciandolo sulla guancia prima di mettersi più composta – Capisco la punizione e la accetto! Ma la cosa che mi rende felice è che non impedirete a me ed Andrew di vederci!”
“E chi te lo dice che…”
“Ma certo, cara – intervenne Agnes – però cerca di non disturbare troppo il ragazzo, va bene? Lui è molto impegnato e le tue sciocchezzuole non devono interferire, chiaro?”
“Ma certo, mamma! – Ellie corse ad abbracciare pure lei – grazie! Grazie!”
Poi finalmente si girò verso Andrew e gli andò davanti, prendendogli le mani in un gesto impulsivo, senza rendersi conto che era la prima volta che avevano un contatto fisico così tangibile.
“Grazie – mormorò – sei venuto nonostante sia stata tutta colpa mia. E non finirò mai di chiederti scusa per tutto il disturbo che ti ho dato… è che ci tengo a te, Andrew.”
“Anche io tengo a te, piccola Ellie – sorrise lui, ricambiando la stretta e accorgendosi di quanto fossero delicate quelle mani così piccole – come potevo non venire? E poi, come ho detto ai tuoi genitori, è stata in parte colpa mia.”
“Comunque, signorina, tu sei ancora in punizione: torna in cam…”
“Non mi pare bello che Andrew sia venuto qui e che Ellie debba tornare subito in camera – Agnes prevenne per la decima volta il marito – visto che ci siamo propongo che la punizione venga momentaneamente sospesa. E’ quasi ora di merenda, perché non ti fermi da noi, Andrew?”
“Oh sì, sarebbe meraviglioso!” annaspò Ellie, gettando le braccia al collo del giovane.
E Andrew ricambiò quella stretta con tutta la spontaneità che gli era mancata tempo prima quando aveva dato quel fatidico e strano primo bacio.
 
“Sono così felice che papà mi abbia concesso uno sconto sulla punizione – sorrise Ellie una settimana dopo – altrimenti non sarei potuta venire ad accompagnarti.”
“Avete fatto pace del tutto?” chiese Andrew, osservando in lontananza se arrivava il treno.
“Sì, anche se continua a dirmi che devo fare attenzione ed eccetto te non devo parlare con altri sconosciuti! Non l’ho mai fatto.”
“Io ero uno sconosciuto o sbaglio?”
“Oh no, tu non sei mai stato uno sconosciuto – scosse il capo con convinzione – del resto ci siamo presentati dopo quella pallonata, no?”
“E’ stata la presentazione più originale del mondo, lo ammetto.” sorrise lui, sedendosi nella piccola panchina ed invitandola a fare altrettanto.
“Allora… per il poterti scrivere sei ancora d’accordo? – chiese Ellie con timidezza – Ho il permesso dei miei, lo sai. Però mi sono resa conto che ti ho creato così tanto disturbo che forse non ti va più…”
Per tutta risposta il ragazzo aprì la tracolla e tirò fuori un pacco avvolto in un bel cartoncino giallo.
“E’ per me?” chiese sorpresa Ellie.
“Se non sbaglio una ventina di giorni fa era il tuo compleanno, vero? Tanti auguri, sebbene in lieve ritardo.”
Ellie arrossì e si strinse al petto quel regalo, come se fosse la cosa più preziosa del mondo.
“Oh, Andrew! Grazie! Grazie! Sono così emozionata!”
“Perché non lo apri? – le propose lui riprendendo a guardare i binari – Non sei curiosa?”
“Ma come posso? Vorrei, ma è perfetto già così… mi dispiace anche solo l’idea di rovinare questa carta così meravigliosa e…”
“Aprilo entro dieci secondi altrimenti potrei cambiare idea, sai?” la prese in giro.
A quelle parole Ellie ridacchiò e si decise ad aprire il pacco, trattenendo il respiro quando vide di che si trattava.
“Mi hai chiesto se potevi scrivermi, no? – sorrise Andrew, posandole una mano sulla testa – Certo che puoi, e per farlo piuttosto che fogli strappati da quaderno e sporchi di marmellata, non ti sembra meglio usare un vero e proprio corredo per spedire lettere? Effettivamente è comodo avere fogli adatti e buste già a portata di mano, non credi? Ehi!”
“Oh, Andrew! Sei un tesoro!” Ellie, ormai libera da qualsiasi inibizione sul contatto fisico, saltò in ginocchio sulla panchina e gli strinse le braccia al collo.
“Nella tasca all’interno della custodia c’è anche l’indirizzo dove devi spedire le lettere – le spiegò, sciogliendo dolcemente quell’abbraccio – e prima che tu me lo chieda, sappi che le leggerò tutte e non mancherò di risponderti. Anche se ti avviso che non sono un grafomane come te.”
“Conserverò ogni tua lettera come il più prezioso dei tesori! E… oh no, il treno…”
“Sapevamo che era solo questione di un cinque minuti – la consolò lui, alzandosi e recuperando la valigia – consolati Ellie, a metà luglio torno ed iniziano le vacanze anche per me fino a metà settembre.”
“Una lettera alla settimana – Ellie protese il mignolo della mano destra, nel classico gesto del giuramento – è una promessa.”
“Una alla settimana – annuì Andrew, rispondendo a quel gesto – attendo con ansia la tua prima missiva, Ellie Lyod.”
E ancora una volta, si scoprì a pensare che quel gesto valeva molto di più di quel bacio ormai lontano.
Ma davanti a lui c’era solo una ragazzina di quindici anni che gli sorrideva con tutta l’innocenza del mondo.
E quando crescerà cosa farai? Non lo sai che le crisalidi prima o poi diventano farfalle?
 





lo splendido disegno è di Mary *___*
  
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