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Autore: Ethasia    07/09/2014    1 recensioni
Da piccola ho sempre detestato il personaggio di Peter Pan. Adesso che sono più grande, il suo mondo, il suo modo di vivere mi hanno affascinata, al punto di desiderare di volare sull'Isola che non c'è. E mi sono domandata... cosa succederebbe se, dopo essersi lasciati a Londra, Wendy e Peter si ritrovassero, cresciuti e cambiati entrambi? Se l'Isola non fosse più il posto che i Darling avevano conosciuto da bambini? Così è nata la mia fanfiction.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimbi Sperduti, Capitan Uncino, Peter Pan, Wendy Moira Angela Darling
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fatemi uscire. Per favore, per favore, fatemi uscire subito di qui. Mi manca l'aria, mi manca la luce, mi manca perfino la ragione. Aprite quella cazzo di porta.
Maledizione, devo contenermi. Vorrei urlare a pieni polmoni e buttare giù la porta, scappare, anche a nuoto se necessario, ma devo darmi un contegno. Posso farcela. Un respiro profondo. Da quant'è che sono qua dentro? Un'ora, cinque, tre giorni? 
Respira. Pensa positivo. Rifletti. 
C'è un lato buono in questa dannata faccenda: non è ancora venuto nessuno. E sì, è un lato buono - anche se sto impazzendo -, perché chiunque osasse venire qui, fossero i miei fratelli o Peter o Chuck Norris, si farebbe sicuramente del male. E non voglio che nessuno si faccia male per venire a salvare me. Lo saprei se fosse arrivato qualcuno. Come minimo Alec sarebbe venuto a gongolare; probabilmente mi avrebbe portata ad assistere. Probabilmente al momento avrei un compagno di prigionia, a meno che non si trattasse proprio di Peter, e in tal caso Hook e la ciurma avrebbero già dato fuoco al mondo per festeggiare. 
Quindi, sì; per un certo verso, va tutto bene. Per ora.
In compenso, ci sono ottomila lati negativi, tra cui il fatto che mi sento morire e sono nel panico più totale. Questo buco è troppo piccolo. Qui dentro è troppo buio, un buio così fottutamente fitto non pensavo nemmeno potesse esistere. È tutto troppo chiuso, troppo pesante, è troppo troppo. E sto finendo col rimetterci la sanità mentale, ammesso e non concesso che ne abbia mai avuta una. Maledizione, maledizione e ancora maledizione.
All'inizio, quando Alec ha aperto la porta e illuminato questa sottospecie di stanza con una vecchia lampada a olio, ho pensato che avrei potuto sopportare mille giorni di questa tortura a bocca chiusa e senza batter ciglio, purché gli altri non si facessero vedere nei dintorni della Jolly Roger. Adesso, non ne sono più così sicura. Insomma, mille giorni sono un po' tanti. Almeno un buchetto nella parete a mo' di finestra potrebbero anche aprirmelo, se davvero fossi costretta a rimanere qui per sempre.
Non dirò comunque niente. Altrimenti potrei bollarmi definitivamente come idiota sovrana mondiale e andare a vivere sul fondo dell'oceano, dove da vivere avrei ben poco. E me lo meriterei pure. Sarebbe difficile perfino per me essere così meschina nei confronti dei Ragazzi e di Peter, di lui che è così idiota, così insopportabile, e a cui devo così tanto. 
D'accordo. Adesso sto letteralmente impazzendo.
Non so se siano passati pochi minuti o parecchie ore, se stessi dormendo o fossi sveglia, con gli occhi aperti o chiusi; so solo che a un certo punto ho sentito la serratura scattare e il cigolio dei cardini, e adesso la stanza, ringraziando il cielo, è illuminata. Una luce molto scarsa, è vero, l'aria fa sempre schifo, ma almeno ci vedo. 
Be', forse era meglio quando stavo diventando matta. 
- Mio malgrado, devo ammettere di essere colpito - commenta Alec, il bel volto attraversato da un piccolo sorrisino colmo di soddisfazione; chissà che bello, per lui, vedermi accasciata a terra, sporca e malandata, probabilmente più simile ad uno zombie che a un essere umano. - Forse sei un po' più tosta di quanto la tua minuta figura non lasci intendere; di solito, a quest'ora si notano i primi segni di squilibrio, grida, tentativi di sfondare la porta. 
Quale ora? Quant'è che mi tieni qua dentro? - Nah - rispondo, spaventandomi nel sentire quanto roca e stanca sembri la mia voce, - sono ancora abbastanza lucida. A questo proposito, mi sono ricordata che Matthew ti manda i suoi più taglienti saluti.
Il primo schiaffo arriva ancor prima che possa accorgermi del movimento di Alec; sento solo lo schiocco, e tre secondi dopo il bruciore che lascia sulla guancia. Riapro gli occhi che non sapevo di aver chiuso, volto la testa: non sorride più. 
- Ho l'impressione - mormoro - che di questo non farai parola al Capitano. Non sarebbe tanto felice di sapere che non ti comporti da gentiluomo con un'ospite, no?
- Me lo sarei risparmiato - soffia a denti stretti - se l'ospite in questione non fosse tanto sfacciata da parlare di cose che neanche conosce.
- Ah, vedo che brucia ancora. - Inarco un sopracciglio, sentendomi estremamente potente e, al contempo, estremamente stupida e incosciente. - Una cicatrice in viso non si dimentica, immagino. Per non parlare di quelle che non si vedono, che ti ricordano di essere stato battuto da un bambino...
- Attenzione, Darling - mi avverte, portando una mano alla cintura, sull'elsa scoperta della spada. - Non costringermi a farti subire lo stesso duro colpo. - Mi zittisco, anche se con un sorrisetto. Alec mi fissa, senza abbandonare la presa. Poi, lentamente, riprende: - Seppur parlando con un certo scetticismo, il Capitano mi ha spedito quaggiù per domandarti se per caso hai cambiato idea.
- Fa bene ad essere scettico - mormoro indifferente.
- Be', mi sembra giusto essere leali verso qualcuno che non si prende nemmeno la briga di venire a salvarti.
Non ascoltarlo. - Forse non ti è chiaro che un giochetto psicologico da quattro soldi non riesce a scalfirmi come, evidentemente, sembra fare con te. Oltretutto, l'ultima cosa che voglio è essere salvata. Non ho quattro anni e non mi credo una damigella bisognosa d'aiuto.
Alec mi guarda per un secondo, gli occhi imperscrutabili. - Sai cosa penso, Darling?
- Probabilmente che me ne importi - rispondo, - o non l'avresti chiesto. 
- Penso - continua, ignorandomi - che tu sia soltanto un'arrogante ragazzina presuntuosa, troppo sicura di sé per rendersi conto che un paio di paroline messe in croce non sempre sono sufficienti a salvarla; d'altronde, da quei cialtroni dei Bimbi Sperduti non potresti aver imparato nient'altro. Ricordo che Matthew, in particolare, ha questa tendenza. Ma lui, perlomeno, ha la fortuna di saper usare una spada, cosa che non si può dire di te.
- Altrimenti mi avresti sfidata a duello? - ridacchio piano. - Non sarebbe cortese.
- Purtroppo per me, Hook è dello stesso avviso - sospira, in modo abbastanza teatrale da mettermi all'erta. - Devi credermi, l'unica cosa che vorrei al momento sarebbe avere l'occasione di insegnarti un po' d'umiltà, ma il Capitano sta perdendo conti, e dice di lasciarti stare. Si è lasciato incantare da un paio di occhioni azzurri, sebbene un tempo fosse innamorato soltanto dei suoi. 
Fa una pausa, ne approfitta per guardarmi con puro odio.
E il mio buon proposito di stare zitta va a farsi benedire. - Non mi dirai che sei geloso, Alec.
- Troppo scontata - commenta, e stranamente sorride. - Ma temo che per una volta sarò costretto a contravvenire agli ordini; per i miei gusti, sei esageratamente sfrontata e insopportabile.
- Ma certo - sussurro sprezzante, - eppure non hai neanche il coraggio di andare a cercare Matthew, una volta per tutte, e batterti da uomo...
Il secondo schiaffo riecheggia nella piccola stanza, inaspettato quanto il primo, e molto più forte. Mi porto una mano alla bocca, sentendo un rivolo caldo scivolarne via. Sangue sulle dita.
E capisco che non è finita quando, con un movimento tanto aggraziato quanto fulmineo, estrae la spada.
- È un peccato - mormora avvicinandomela al petto, lievemente chinato in avanti - non poterti uccidere personalmente adesso, anche se ti assicuro che il giorno arriverà. Ma dal momento che ti permetti di dare a me del codardo, sono curioso di vedere come ti comporterai tu dopo questo.
Nella frazione di un secondo, la spada risale verso il viso, sotto la bocca; in quella successiva, sento la lama incidermi velocemente il labbro inferiore e pochi centimetri di pelle. Mi trattengo dall'urlare, ma sento un gemito sfuggirmi di bocca, gli occhi inumidirsi. Alec si raddrizza, soddisfatto; pulisce il poco sangue rimasto sulla lama usando la camicia, mi guarda, ripone la spada. Recuperando la lampada e la chiave, si avvicina alla porta, ma prima di aprirla si volta nuovamente a guardarmi. E sorride.
- Dimenticavo... Desolato di doverti deludere, ma il Capitano è riuscito a far recapitare un messaggio al tuo amico Pan, giusto per fargli sapere dove ti trovi. Chissà, magari per una volta abbandonerà le gesta eroiche e si terrà lontano dalla sua spada.
Ride, esce e chiude a chiave. 
Di nuovo al buio. Di nuovo senz'aria, di nuovo disperata. Ma assieme alla pazzia, adesso c'è qualcos'altro che non mi lascia sola: la paura.





sono un'idiota, l'ammetto. è da Ferragosto che cerco di scrivere questo capitolo, ma non mi venivano mai le parole adatte, c'era sempre qualcosa che non tornava. poi, stasera, stanca di sprecare fogli su fogli per non concludere niente, ho deciso di dare una sfogliata ai miei vecchi quaderni. ne ho dovuti guardare parecchi, questo è vero, ma alla fine l'ho trovato: questo capitolo, (quasi) esattamente come avevo intenzione di scriverlo. è stata una manna dal cielo. dovrei tenere più a portata di mano i miei vecchi scritti, invece di lasciarli a prender polvere nell'armadio; sicuramente non lascerei passare settimane tra un capitolo e l'altro. 

 
  
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