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Autore: hes everything    08/09/2014    2 recensioni
"Comunque, non sono qui per parlare di quanto sia schifoso morire di cancro, né di quanto vorrei ancora poter vivere, ma, piuttosto, sono qui per lasciare qualcosa di me. Qualcosa che sia vivo, che in qualche modo ricordi chi ero prima della diagnosi una volta che me ne sarò andato.
E allora, parlerò di Louis.
Perché è tutto ciò che di vivo in me rimane."
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ricordati di me


 


21 Settembre 2013.
 
Ho iniziato il nuovo ciclo di chemio: l’ennesima cavolata. Secondo me, tutto ormai è inutile, ma mamma non molla. Non fa altro che guardarmi, accarezzarmi, giurarmi che lotteremo fino all’ultimo. Leggo il dolore nei suoi occhi: il dolore di una madre che si sente impotente, che non può fare niente, se non guardare il figlio morire.
Non mi riconosco più, non so più chi sia. Ieri  mi sono guardato allo specchio: era tanto che non mi soffermavo sulla mia immagine riflessa ed ho provato repulsione verso me stesso. Non sono più il ragazzo alto, smilzo ma ben delineato, occhi pieni di vita, sorriso malizioso e grande; sembra solo un bel ricordo, appartenuto a chissà quali tempi lontani. Ora vedo un ragazzo magro, debole, costantemente pallido; gli occhi spenti circondati da occhiaie, le labbra secchissime, una lunga cicatrice che corre da metà coscia al ginocchio. I capelli ci sono ancora, fortunatamente: mi sono ricresciuti dopo il secondo ciclo di chemio e d’allora non sono più caduti; una benedizione in questo inferno. Non sono più io, ho paura di quello che sono diventato.
L’ho chiesto anche a Louis. Eravamo in giardino, sul vecchio dondolo, lui sdraiato sulle mie gambe. Mi stava raccontando della sua giornata, ma io avevo bisogno di domandarglielo.
“Louis, mi ami? Mi ami, anche se ora sono così?” Si è alzato e mi ha fissato intensamente negli occhi. E’ così che mi sono innamorato di lui: guardandolo. Vorrei solo riavere indietro il mio sguardo pieno di vita, solo per ricordargli che, un tempo, eravamo felici.
“Harry, più ti guardo e più ti amo. Sono così fortunato a poter stare accanto a te, te lo giuro. Ti amerei anche se non ci fossi.” Stava piangendo, ma sorrideva. Louis Tomlinson è quel tipo di persona che può farti star bene con un solo sguardo, e non esagero se dico che in questo mare di sofferenza l’unica cosa a tenermi in vita è proprio lui. Lui ed i suoi occhi azzurri. Lui ed il suo sorriso sottile. Lui e le sue mani piccole. Lui ed i suoi abbracci che sanno di lavanda. Louis, è lui che mi rende veramente vivo.
“Presto non ci sarò, infatti, ed ho paura.”
“Non pensiamoci, Harry, sei qui. Hai me. Ho te. Mi basta.”
Ci siamo addormentati così, un groviglio di mani e gambe su un vecchio dondolo di plastica.
 
 
22 Settembre 2013.
 
Oggi mi sento molto meglio: Louis se n’è andato da poco; abbiamo dormito insieme. Ho ancora il suo profumo addosso, il sapore delle sue labbra sulle mie.
Voglio continuare a raccontare.
I giorni dopo la diagnosi sono stati ovviamente terribili: passavo ore sdraiato sul mio letto osservando il soffitto. Non pensavo a niente, anche se spesso l’occhio mi cadeva sulla gamba. Continuava a fare male, ma ormai non ci facevo caso: sono stato bravo a metabolizzare il dolore fisico, lo riconosco; mi ha persino aiutato a dimenticare quello spirituale. Ho dei problemi a gestirlo.
Comunque, avevo chiesto a mia madre ed al Dottor Duncan di posticipare l’inizio della chemio di un mese: volevo godermi trenta gloriosi giorni da comunissima persona normale, conscio di ciò che poi sarebbe cambiato nella mia vita. Mamma era ovviamente contraria, ma il Dottore acconsentì: disse che la condizione psicologica era fondamentale, in questi casi, ed io dovevo iniziare la chemio il più sereno possibile.
Così, iniziarono per me trenta giorni di esistenza vera, purissima. Sono stati gli ultimi, ma mi hanno aiutato molto. In quei trenta giorni, mi sono sentito vivo come non mai. Penso che contribuisse la consapevolezza di dover morire nel giro di poco: potevo godermi quel tempo, e mi sentivo dannatamente felice. E’ così che funziona: non comprendi il valore delle cose finché non le perdi. Ma io ho sempre amato la vita, non mi serviva certo un maledetto cancro.
In quei trenta giorni ho continuato ad uscire con i miei amici, ad andare a scuola, fare palestra, andare in skateboard. La gamba faceva male, ogni tanto mi capitava di gemere, ma ero forte. In quei momenti, sì, mi sono sentito forte.
Poi, l’ho incontrato.
Era un pomeriggio nuvoloso, l’aria umida ed immobile; ero al parco, seduto in un piccolo angolo sperduto con la mia chitarra in mano. Ci venivo spesso, anche da bambino: era un luogo dimenticato dal mondo, era Paradiso. Era un posto perfetto dove niente, nemmeno il tumore, avrebbe potuto scalfirmi.
Iniziai a strimpellare la mia canzone preferita, canticchiandola contemporaneamente. Tutti si complimentavano per la mia voce, roca e calda, di quelle che ti fanno sciogliere.

If we could only have this life for one more day,
Se solo potessimo avere questa vita per un giorno in più,
If we could only turn back time;
Se solo potessimo tornare indietro;
You know I’ll be your life, your voice, your reason to be
Sai che sarò la tua vita, la tua voce, la tua ragione d’esistere.

Non ero più solo. Un’altra voce si stava mischiando alla mia. Era diversa, bellissima. Così sottile, quasi un sussurro. Era una ninna nanna, era poesia.
Mi girai, e vidi un ragazzo guardarmi sorridendo da un angolo della bocca. Era la creatura più bella che avessi mai visto: aveva un viso angelico, per così dire. Di quelli che guardi e ti senti felice. Due labbra sottili socchiuse in un sorriso pacato; labbra che avresti voluto torturare, baciare fino a consumare. Occhi luminosi, azzurrissimi, che sembravano ridere. Occhi vivi, che vivo ti facevano sentire. Una barbetta che gli avvolgeva il viso e castani capelli scompigliati. Pensai di trovarmi di fronte ad un’opera d’arte: uno di quei capolavori troppo belli per essere veri, anche solo per essere immaginati. Quel ragazzo, che serenamente mi osservava e la cui voce si mescolava alla mia, era qualcosa di talmente perfetto da ferire, da farti venire voglia di piangere.
E quei pensieri, che fugacemente mi passarono per la mente, mi spaventarono. E rimasi sconcertato dal turbine di emozioni che mi si scatenò dentro osservando quegli occhi vivissimi, desiderando quelle labbra sottili.

“Sei bravo, sai? A cantare, dico. E mi piace anche il modo in cui suoni.” Anche parlando, la sua voce era pace. Era come se ogni sua singola parola mi comunicasse un senso di appagamento, di gioia recondita, di gratitudine verso il mondo, di appartenenza. Era come se quella voce mi facesse sentire a casa.
“Grazie, anche tu hai una gran voce, complimenti.” Fece un paio di passi – talmente delicati che sembrava essere sospinto dal vento – e si accomodò accanto a me con grazia. Non potei fare a meno di avvertire un brivido quando le nostre spalle si sfiorarono. Ero turbato, turbato perché non riuscivo a controllarmi, a mettere un freno alle sensazioni che quel ragazzo mi causava. Erano sbagliate, lo sapevo. Erano errate perché lui era un uomo, proprio come me. Ma, per quanto ci provassi, non riuscivo a fare a meno di guardare il suo profilo, il suo naso piccolo ed aguzzo, il suo sorriso composto, ma così vero da sembrare già risata, le sue mani piccole dalle dita sottili.
“Mi chiamo Louis, comunque.”
“Sono Harry.”
“Harry, piacere.”
Il mio nome, pronunciato da lui, sembrava assumere un sapore nuovo.
“Il piacere è tutto mio.”
“La canzone che cantavi prima è la mia preferita; scusa, se sono comparso all’improvviso, ma ho sentito una voce dannatamente bella cantarla e non ho potuto farne a meno.”
“Sei serio? È anche la mia!”
Scoppiammo a ridere all’unisono e le nostre risate si mischiarono armoniosamente nel silenzio perfetto di una radura sperduta. Era bello, mentre rideva. Era bello, con l’ombra del sorriso sul volto. Era bello, con i muscoli del volto contratti e gli occhi luminosi.
“Magari la cantiamo insieme, sempre se vuoi.”

Lo fissai per un solo, unico, istante, abbastanza per rendermi conto che lui stava facendo lo stesso.

Afferrai la chitarra “Certo, anche adesso.”
Lasciai che la musica invadesse la radura, mentre con le dite pizzicavo le corde, le labbra contratte, gli occhi costantemente su di lui.
Mi bastò guardarlo per innamorarmi, anche se non lo capii subito.
Cantammo insieme quella canzone; quella ed altre dieci. Passammo quell’uggioso pomeriggio di novembre sdraiati sull’erba bagnata, i respiri vicini, il suo profumo nelle mie narici, la mia mano sulla sua pancia. Mi raccontò di lui, gli raccontai di me, ma non gli dissi del tumore: volevo che quegli occhi azzurri mi vedessero come una persona normale. Avevo bisogno di essere solo Harry, per lui. Solo e soltanto Harry.

Quella sera, tornai a casa che era già buio; faceva freddo, ma dentro di me c’era un calore frizzantino, e, stretto nella mia mano, un pezzo di carta stropicciato con un numero di telefono scritto frettolosamente.
 
-


Buongiorno!
Come al solito, non sono puntualissima, ma meglio tardi che mai!
Che dire, sono emozionatissima ed esageratamente felice all'idea di postare questo capitolo, perché ora entreremo finalmente nel vivo della storia! Ho pensato molto al primo incontro di Harry e Louis, e, con le varianti del caso, è così che me lo immagino: solo tanta spontaneità, sguardi, sensazioni. La loro stessa relazione - almeno in pubblico - si basa su questi pilastri, ecco.
Da adesso in poi il ritmo sarà molto rapido: si alterneranno i racconti di Harry sulla sua storia con Louis ed i resoconti da malato, in cui, ovviamente, il nostro Signor Tomlinson sarà presente. Il mio obiettivo principale è sempre stato quello di dimostrare come la diagnosi di Harry abbia, sì, trasfigurato il loro rapporto (John Green ce l'ha insegnato: la malattia respinge), ma non lo abbia, invece, distrutto, od anche solo scalfito.

Tengo esageratamente a questa storia, probabilmente perché Harry e Louis sono la mia OTP, la mia fonte di ispirazione, l'Alfa e l'Omega, e volevo rendere giustizia a questa coppia proibita. Tra l'altro, quel maledetto ragazzo dai capelli non identificabili (GUESS WHO) è la mia cotta storica, la crush tra le crushes. Ho un rapporto tutto mio con lui, a volte fatto di insulti (perché HARRY FREAKING STYLES MI ROVINA LA VITA), a volte d'amore e frasi filosofiche (che, lo ammetto, mi è capitato di inserire nella storia e spacciare per pensieri di Louis).
Come vedete, in questa storia ci sono io.
E, nonostante mettersi completamente a nudo non sia mai saggio, ne vado fiera.

Spero potrete apprezzare,

un bacio.
  
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