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Autore: ele superstar    08/09/2014    4 recensioni
Dopo l'apertura del negozio di Heather (Heather's shop), l'ultimo che ha aperto nell'autunno del 2014 nella bellissima città di New York, la nostra protagonista farà un incontro molto speciale con un ragazzo altrettanto speciale. Ci saranno imprevisti, tentativi di abbordaggio, guai, litigate serie e non, e tanto altro.
Heather dovrà scegliere se seguire il cuore o il cervello.
Ma per una persona acida come lei, che ha sempre seguito l'orgoglio, al posto dei sentimenti, sarà così facile?
Alejandro, invece, dovrà fare i conti con una nuova parte di sé, così come per la ragazza: essere innamorato. E per un ragazzo come lui, seducente, attraente, ma che ha sempre preferito le storie di una notte, senza sentimenti, sarà altrettanto facile?
[AxH; Accenni DxC e TxG]
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Duncan, Heather, Lindsay | Coppie: Alejandro/Heather
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Capitolo 4-  Inaspettatamente malvagio
 

[Alejandro’s pov]
 
Completamente assonnato e assorto nei miei pensieri, quella mattina, non mi preoccupai nemmeno di ascoltare ciò che mi stava dicendo il mio amico Trent nel corridoio della scuola. Forse perché mi stava parlando di una certa ragazza di nome Gwen, di cui era innamorato.
Mi strofinai pesantemente un occhio con l’indice della mano destra e, prima che potessi definitivamente crollare nel sonno sul pavimento della scuola, la campanella suonò.
Dio, grazie.
Andammo tutti in classe, e, come ogni volta, presi posto di fianco a Trent, che era anche mio compagno di banco.
Di solito io ero considerato uno studente modello per tutta la classe e, forse, per tutta la scuola, ma quella mattina ero troppo stanco per poter seguire attentamente le lezioni. Decisi, invece, di flirtare con alcune mie compagne di classe: Bridgette, una surfista bionda, e Courtney, una perfettina dai capelli castani. Cominciai a mandare ad entrambe occhiate sensuali, e, mentre loro ricambiavano imbarazzate, il professore mi riprese, per mia pura sfortuna.
-Burromuerto, ti dispiacerebbe concentrarti sulla lezione?- Mi rimproverò lui.
-Certo, professore- Risposi semplicemente.
Ieri ero rimasto alzato tutta la notte pensando a delle strategie su come far invaghire Heather di me. Sebbene sia una semplice ragazza, lei non voleva cedere in alcun modo alle mie lusinghe, e questa era una cosa completamente nuova per me. Solitamente io colpivo nel segno ogni qual volta decidessi di flirtare con una ragazza. Le uniche che mi potevano rifiutare erano fidanzate e completamente innamorate. Ma mai una ragazza single. E poi, parliamone, nessuna avrebbe rifiutato a venire a casa mia, anzi, avrebbero fatto i salti dalla gioia!
Nonostante, però, si sforzasse di tenermi testa e di non cedere, veniva comunque tradita dal suo corpo. Aveva modi particolari per ammettere che era imbarazzata, infatti.
Adoravo quando arrossiva, quando mi ignorava, quando mi lanciava stilettate, quando si spostava i capelli da quel suo bellissimo viso… Sveglia!
-Burromuerto, vai in bagno. Ti vedo particolarmente distratto quest’oggi. Sciacquati un po’ la faccia e poi torna qui. Su, vai- Mi disse il professore.
Stupendo! Davvero stupendo! Ora una ragazza aveva anche il potere di farmi distrarre così tanto pur essendo lontana!
Feci come mi suggerì il professore.
Uscii dall’aula e mi diressi al bagno maschile per sciacquarmi un po’ la faccia.
Le gocce mi scendevano velocemente sul viso, dopo averlo bagnato con prepotenza, sperando di eliminare dalla mia testa il pensiero di Heather.
Mi appoggiai al lavandino blu con entrambe le mani, le braccia distese e la testa abbandonata verso il basso, mentre altre gocce d’acqua tiepida mi attraversavano il naso e ricadevano verso terra, dopo aver raggiunto la punta, o mi accarezzavano le labbra dischiuse.
Sentii il mio cellulare, che mi ero dimenticato di mettere in modalità silenziosa, squillare.
Lo tirai fuori dalla tasca, abbassai il volume del tutto e notai che era un numero che non conoscevo.
Decisi comunque di rispondere.
-Pronto?-
Una voce femminile, dall’altra parte del cellulare, mi rispose.
-Uhm, ciao, Alejandro. Sono io, Heather-
Strabuzzai gli occhi. Rimasi per qualche istante in silenzio cercando di capire che cosa stesse succedendo. Quando mi ripresi, sorrisi maleficamente e cominciai a provocarla, come al solito.
-Chica! Che piacere sentirti. Che mi avevi detto a pranzo sulla questione del mio numero di cellulare? Ah, sì.- Cominciai a ridere debolmente –“Non ci contare”-
La sentii sbuffare. Era abbastanza divertente farla arrabbiare.
-Senti, non farti strane idee, chiaro? Non ti chiamo per trasferirmi a casa tua e non ti avrei chiamato se la questione non fosse stata così importante!- Disse seriamente.
Mi appoggiai al muro, interessato alle sue parole, più di quanto lo fossi per ascoltare il professore.
-Quale questione importante?- Chiesi, con una punta di preoccupazione.
-Beh, ecco, oggi sono andata al lavoro con la macchina di Lindsay, visto che la mia è dal meccanico per farla riparare, però quell’idiota non mi ha detto che non avrebbe potuto darmi un passaggio fino a casa perché a fine giornata sarebbe dovuta andare via, da qualche parte, e che non avrebbe potuto passare per la direzione di casa mia e che non poteva ritardare.- Sentii che si stava irritando. Poi, a bassa voce, disse: -Non può arrivare in ritardo per quella cosa ma per andare a lavoro sì, naturalmente!- Poi continuò dicendo: -Ed inoltre da queste parti non passa quasi mai un taxi.-
Io, che la stavo ascoltando con molta attenzione, rimasi semplicemente e stranamente impietrito. Wow…Che colpo di fortuna!
-E così tu hai pensato a me.- La provocai ancora assumendo un tono malizioso.
-Uff okay, quando hai finito di fare quello che devi fare, raggiungimi al negozio. Alle sette di sera-
-Io, chica, sono a scuola- Dissi semplicemente.
-E… ma, come hai fatto a rispondere senza farti beccare?- Mi chiese lei.
Non le avrei di certo risposto che non riuscivo a concentrarmi a causa sua, naturalmente.
-Ho notato la chiamata in silenzioso e ho chiesto di andare in bagno al professore. Come mai tanta preoccupazione per me?- Dissi io, ridendo.
-Mi dai sui nervi.- Rispose.
-Va bene, ti raggiungerò al negozio. Spero comunque di riuscire ad incontrare la tua collega, prima che vada “da qualche parte”- Le dissi io prendendola in giro.
Sentii un ringhio provenire dall’altra parte. E’ proprio innamorata.
-Crepa!- Disse e mi chiuse la chiamata in faccia.
Che caratterino. Ma cederà. Tornai velocemente in classe. Ci avevo messo anche troppo tempo per “lavarmi la faccia”, ma, fortunatamente, il professore non si accorse del mio rientro, visto che era di spalle, girato verso la lavagna, concentrato a scrivere, e, grazie al cielo, la porta era silenziosissima.
Passarono le ore scolastiche e finalmente riuscii a concentrarmi totalmente. Uscii da scuola, presi la mia macchina e decisi di raggiungere Duncan a casa sua per vedere che stava facendo.
Suonai il campanello e aspettai qualche secondo, prima che mi aprisse la porta.
-Ehi, amico, che ci fai qui?- Mi chiese.
-Oh, niente, volevo sapere che cosa avessi combinato ieri mattina, quando mi hai raccontato di quella strana discoteca aperta- Dissi io.
Lui mi fece entrare, e, all’ingresso, notai immediatamente una ragazza molto giovane, come Duncan, che indossava una sua maglietta.
Mi guardò con un’espressione malvagia in volto.
-Questo ho combinato- Disse semplicemente, alzando le spalle.
-Però, non è che conosci una qualche ragazza carina? Magari della tua classe- Disse ancora lui ghignando.
Io lo guardai con un’espressione neutra, alzando solamente un sopracciglio. In realtà mi stavo chiedendo perché, tutto d’un tratto, avesse deciso di conoscere una ragazza. Traduzione: parlarle.
O forse era solo un modo carino per dire che voleva solo portarla a letto, ma in modo più semplice, grazie al mio aiuto? Grazie alla sua spalla?
Feci spallucce. Accettai comunque, nonostante i miei tanti interrogativi.
-Va bene. Vediamo… a te piacciono le ragazze alte, castane, abbronzate e snelle, fammi indovinare- Scherzai io osservando l’ultima ragazza che si era portata a letto. Quella di fronte a me.
-Esatto- Rispose lui.
-Ho una ragazza adatta, però ha un bel caratterino- Dissi io.
-A quando le conoscenze?- Mi chiese con un ghigno.
Io risi.
-Direi… sabato mattina, fuori da scuola- Conclusi, prima di salutarlo con una pacca amichevole sulla spalla ed un abbraccio. Poi uscii e rientrai in macchina.
 

 
Aspettai circa un quarto d’ora, in attesa dell’ora di chiusura, appoggiato alla portiera della mia macchina a braccia e gambe incrociate, con lo sguardo rivolto verso destra.
Si potevano vedere Heather e Lindsay litigare animatamente, ma non si sentiva nulla.
La chica la stava fulminando negli occhi con sguardo severo, mentre Lindsay si grattava la testa non riuscendo a capire che cosa avesse fatto di sbagliato.
Finalmente il turno era finito. Le vidi uscire entrambe. Lindsay, che era uscita prima di Heather, le dava le spalle mentre camminava velocemente verso la mia direzione, ma mi aveva appena sorpassato senza notarmi, mentre Heather gridava verso di lei, mentre tentava di chiudere la porta d’ingresso senza guardarla, e cercando in contemporanea di sistemarsi in continuazione la sciarpa viola che aveva intorno al collo, visto che, a causa del vento, continuava a scivolarle via.
Nemmeno lei, in un primo momento, mi notò.
Poi sbiancò del tutto quando la salutai divertito.
-Ciao, Heather- Le dissi.
Sembrava abbastanza imbarazzata dalla figuraccia che aveva appena fatto, ma, come al solito, rispose a tono.
-Ciao, idiota. Potevi anche avvertire che eri arrivato- Mi urlò contro.
-E perdermi questa scena?- Mi avvicinai, per poter riuscire a parlare senza urlare. –Mai- Dissi io.
Un brivido le percorse il corpo, ed io lo notai. Evidentemente essere vicino a lei le suscitava un effetto strano. Perfetto.
Le sorrisi sensualmente e le offrii il mio braccio per poterla accompagnare alla macchina, da vero galantuomo, ma lei, in tutta risposta, preferì ignorarlo e proseguire da sola.
Che gran pezzo di donna, sia da davanti che da dietro, constatai, abbozzando un sorriso malizioso.
Sì, stavo guardando poco più in basso della sua schiena.
Purtroppo per me, Heather se ne accorse, girandosi di scatto e, avvicinandosi con fare sensuale, mi disse:
-Alejandro, tesoro…- Io rimasi stregato, dentro di me urlavo a squarciagola: ce l’ho fatta.
Risposi a tono, vittorioso.
-Sì?-
Si avvicinò al mio orecchio, graffiandomi leggermente il mento con l’unghia dell’indice.
-Guai a te se ci provi di nuovo a guardare il mio sedere!- Mi allontanai coprendomi l’orecchio sinistro. L’ultima parola l’aveva pronunciata urlando.
Le aprii la portiera, sussurrando un “prego”, ma anche quando lei decise nuovamente di ignorarmi e di chiudersi la portiera da sola, sorrisi lo stesso. Entrai in macchina, ci mettemmo entrambi le cinture e partimmo, diretti al suo appartamento.
 

 
Per tutta la durata del viaggio non aveva fatto altro che lamentarsi e tenersi con tutte le sue forze con entrambe le mani pallide alla portiera.
-Ma chi ti ha dato la patente? Vuoi smetterla di fare le curve così larghe? E vai più piano!-
Roteai gli occhi, stufo di tutte le sue lamentele sulla mia guida.
-Sei tu che probabilmente in macchina vai lenta come una lumaca, chica!- Dissi con rabbia.
-Io?! Non credere che io guidi “male” come quelle donne che non sanno nemmeno come si usa il freno a mano!- Strillò lei, aggrappandosi ancora di più alla portiera.
-Rallenta!- Disse ancora.
Ci stavamo avvicinando ad un semaforo che stava diventando rosso e mi aveva detto di rallentare trecento metri prima! Santo cielo!
Ero stufo di sentirla insultarmi, così frenai improvvisamente appena mi avvicinai al semaforo, che era ormai diventato rosso, facendola sbattere contro la cintura in avanti, in modo abbastanza violento e inaspettato. Sospirai.
-Ma sei pazzo?!- Disse lei.
-Heather, io guido perfettamente, mettitelo in testa!- Odiavo essere accusato ingiustamente di guidare male.
-Oh, certo, come no- Disse lei, roteando gli occhi.
-Se sai guidare meglio tu, allora dimostramelo la prossima volta- Le risposi io prendendola in giro e lanciandole uno sguardo di sfida.
Lei non rispose.
-Allora? Devo pensare che tu abbia paura?- La schernii io.
Lei mi guardò male e rispose.
-Va bene, accetto!-
Detto questo, ripartii soddisfatto appena notai che il semaforo era diventato verde. Volli fare un esperimento, prima di fare l’ultimo tratto di strada per arrivare a casa sua. Ghignai guardando la strada, mentre lei, che mi stava guardando, assunse un’espressione preoccupata. E ne aveva tutte le ragioni.
Raggiunsi l’ultima curva pericolosa e aumentai leggermente la velocità, girando a sinistra e facendo in modo che lei mi arrivasse addosso. Sorrisi maliziosamente. Mi era praticamente appiccicata e, per quanto si sforzasse di allontanarsi, non ci riusciva.
-Idiota- sussurrò lei.
Finalmente arrivammo, grazie alle sue non sempre chiare indicazioni.
-Okay, sono arrivata. Fammi scendere ora- Mi disse lei in tono glaciale.
-A-ah. E, dimmi, dove sarebbe la tua casa?- Chiesi guardandomi intorno un paio di volte, non notando alcun edificio nei dintorni, tranne alcuni, che si trovavano circa quattrocento metri più avanti.
-Appunto- Sussurrò.
Ah, ho capito dove vuoi andare a parare. Pensai, ghignando, avendo intuito la sua intenzione.
-Perché hai voluto che ti facessi scendere prima rispetto a dove si trova il tuo appartamento?- Le chiesi, sapendo già la risposta. Ma volevo che me la dicesse lei.
Lei sbuffò, scendendo velocemente dalla macchina.
-Perché non voglio che tu sappia dove abito esattamente.- Rispose, capendo che avevo già intuito tutto.
-E non ti è mai venuta in mente l’idea, per esempio, che io possa seguirti con la macchina per scoprirlo?- Chiesi, malefico. Avevo vinto un’altra volta.
Lei boccheggiò. Evidentemente non ci aveva pensato.
1 a 0 per me.
-Crepa, lombrico- Disse, per poi incamminarsi verso casa.
-Mi accontenterò di averti accompagnata, allora- Dissi io sorridendo maliziosamente. Scesi dalla macchina, la raggiunsi, e, dandole un bacio sulla guancia, tornai velocemente in macchina, facendo retromarcia e tornando a casa mia, lasciandola arrossire da sola.
Non sapevo perché lo avessi fatto, mi venne istintivo. Ma era stata davvero una bella mossa.
Parcheggiai ad un paio di isolati più in là, quasi vicino a casa mia.
Presi il cellulare, digitai un numero particolare e chiamai.
-Pronto?-
-Ciao papà, sono Alejandro. Il nostro piano sta funzionando-
 
 
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Ciao di nuovo! Com’è?
Eccomi con l’ennesimo, noioso, capitoloooo, yeeeee
Bene, bene, bene... ma che ho fatto succedere, qui? (traduzione: ma cosa sta succedendo, qui? xD) Alejandro ha un piano col padre. Quale piano stanno architettando? E in che modo c’entra la nostra Heather? 
Lo scoprirete, ovviamente ^^
Ora le cose si faranno più interessanti, a partire dai prossimi capitoli. O, almeno, lo spero!
Mi dispiace molto di non aver fatto in modo che quei due cattivoni non vivessero insieme, ma, credetemi, non mi venivano idee. Per niente. In un primo momento ho scritto la storia cercando di farli vivere a casa di Alejandro, però questa cosa stonava molto con le idee che avevo in mente per i prossimi capitoli.
Comunque sia, non vi preoccupate. Cercherò di rimediare :D
Spero che vi sia comunque piaciuto e... beh, alla prossima!
Ciao, Ele.
  
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