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Autore: FrancescaPotter    08/09/2014    2 recensioni
Dal primo capitolo:"C'era una persona della quale la legge le impediva di innamorarsi. Una sola persona sulla faccia della terra e, ovviamente, Emma Carstairs si era innamorata proprio di quella persona. Si trattava del suo migliore amico, Julian Blackthorn. "
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Carstairs, James Carstairs, Julian Blackthorn, Theresa Gray, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Emma non sapeva da quanto tempo se ne stava lì appoggiata alla parete a fissare il vuoto. Era tornata in quello stato di trans in cui non provava niente di niente, sospesa tra due mondi, né di qua, né di là.

Le urla di due ragazzi ubriachi appena usciti dal pub la riportarono bruscamente alla realtà e le consentirono di vedere, prima che fosse troppo tardi, un'ombra scura e viscida che li seguiva.

Un demone hydra. Lo avrebbe riconosciuto tra mille; Los Angeles pullulava di quelle creature che amavano attaccare gli umani ubriachi fradici. Emma sospettava che fossero attratti dall'alcol, ma non c'erano documentazioni che lo confermassero, quindi... Non ebbe neanche il tempo di metabolizzare la cosa che il demone assalì la ragazza, attorcigliandosi attorno alla sua caviglia e facendola cadere per terra con un tonfo che risuonò per il vicolo deserto.

Emma non ci pensò due volte e corse in suo soccorso.

Quando raggiunse le due vittime si accorse, con immenso orrore, che il ragazzo era Joshua.

«Che ci fai qui?» Lo spintonò di lato e tagliò una zampa del demone con il pugnale che si portava sempre nello stivale sinistro.

«Io....» Joshua scoppiò a ridere. «Stavamo facendo un giretto, io e... com'è che hai detto che ti chiami, biscottino?»

«Lucy.» Riuscì a mugugnare quella.

«Un demone la sta attaccando, razza di idiota!»

«Ti prego, mandalo via! Aiutami!» Le grida della ragazza riportarono l'attenzione di Emma sull'ombra scura che la sovrastava. Quando Joshua si accorse che qualcosa non andava, sembrò riacquistare un briciolo di lucidità. «Devo...» Si guardò intorno spaesato. «... chiamare Julian?» E poi perse completamente il lume della ragione scoppiando a ridere.

«Dio, ma di cosa ti sei fatto?» Emma lo prese per il colletto della camicia e lo guardò fisso negli occhi. «Ascoltami bene, torna dentro e restaci. Ho la situazione sotto controllo.»

Miracolosamente, il ragazzo le ubbidì e sparì nel locale.

«Bene, bestiaccia, a noi due.» Emma sfoderò l'altro coltello e lo infilò con forza nel dorso irsuto del demone, provocandogli un lungo taglio dal quale uscì un'ingente quantità di icore che le bruciò l'avambraccio. Trattenne un gemito di dolore e tornò a fronteggiare il demone, il quale aveva abbandonato l'umana per dedicarsi alla minaccia più incombente: una Shadowhunter parecchio incazzata e pronta a farlo fuori senza battere ciglio. Perché sì, Emma quella sera era particolarmente incazzata e non poteva desiderare niente di meglio che fare a pezzi una creatura dell'Inferno come quella.

Il demone fu molto veloce e riuscì a buttarla a terra, ma lei era forte e, prima che quello potesse accorgersene, aveva già conficcato la lama del suo pugnale nel petto della creatura, che si dissolse ritornando nella sua dimensione.

Con un sospiro Emma si alzò e si disegnò velocemente un Iratze sul braccio.

«Cos'era... cos'è successo?» La povera ragazza piangeva e si guardava ancora intorno, tenendosi le braccia strette attorno al corpo per proteggersi.

Emma le si avvicinò piano e la guardò come per chiederle silenziosamente il permesso di toccarla. Lucy annuì impercettibilmente, ed Emma le esaminò la gamba: fortunatamente non c'era nessuna ferita, l'icore non l'aveva neanche sfiorata.

«Va tutto bene.» Le disse dolcemente, aiutandola a tirarsi in piedi. «Sei solo ubriaca e ti sei immaginata tutto. Torna dentro e cerca Joshua o qualche amica che possa portarti a casa.»

Notando che a mala pena riusciva a stare in piedi, troppo scossa dai brividi, Emma la scortò fino all'entrata del pub, ma non entrò. Non voleva vedere gli altri.

La ragazza aggrottò la fronte e guardò Emma. «Ehm... grazie, credo.»

«Faccio solo il mio lavoro. Prenditi cura di te, buona fortuna.»

Mentre si incamminava verso l'Istituto pregò che riuscisse a trovare un passaggio per arrivare a casa sana e salva. Ma quello non era un suo problema in quel momento, la sua più grande preoccupazione era arrivare in camera sua, buttarsi sul letto e dormire, dimenticando quella giornata terribile.

 

Si era appena addormentata quando qualcuno bussò alla porta.

Fantastico, pensò Emma scocciata.

Dopo la discussione avuta con Julian nel vicolo e l'incontro con il demone hydra, era tornata dritta di filata all'Istituto con l'intenzione di darsi malata l'indomani. Tuttavia, addormentarsi si era rivelata un'operazione più complicata del previsto. E' proprio vero che il tempo è maligno: i secondi erano scanditi dal ticchettio della sveglia sul comodino e si prolungavano maligni per interminabili istanti.

Emma aveva passato ore a fissare il soffitto e a crogiolarsi nei suoi pensieri fino a che, quando finalmente il sonno aveva preso il sopravvento ed era riuscita ad abbandonarsi tra le braccia di Morfeo, ecco qualcuno che bussava alla porta e la svegliava.

«Livvy, vai via.» Emma seppellì la testa sotto il cuscino con l'intenzione di riaddormentarsi il prima possibile.

«Emma? Emma, sei lì dentro?» La chiamò una voce.

«Vai via, lasciami dormire!» Sbottò. «Ti racconto domani com'è andata, Liv.»

«Ma... ehi, aspetta. Sono Julian!»

Emma si tirò su a sedere di scatto, improvvisamente sveglia e reattiva.

Cosa cavolo voleva adesso?

Lanciò le coperte da un lato e corse ad aprirgli la porta e, quando venne accecata dalla luce del corridoio, alzò una mano per proteggersi gli occhi.

«Che ci fai qui?» Chiese dopo qualche secondo di silenzio. Lo fissò con gli occhi ancora socchiusi, e noto che era arrabbiato, probabilmente proprio con lei. Aveva la mascella contratta, i pugni serrati e gli occhi freddi come il giaccio.

E ora che ho fatto di male?

Julian la urtò senza scusarsi ed entrò nella stanza, per poi iniziare a camminare avanti e indietro, abitudine che aveva sempre avuto quando era nervoso.

«Accomodati pure! Guarda tranquillo, tanto non stavo dormendo e non sono le...» Emma lanciò un'occhiata alla sveglia sul comodino e continuò ancora più stizzita. «...le tre e ventidue della mattina! Mi ero appena addormentata, hai idea di quanto tempo ci ho messo a...»

«E tu hai idea di che colpo mi sono preso quando non ti ho vista più in discoteca? Per non parlare di quando Joahua mi ha detto che ti ha beccato uccidere un demone hydra a mani nude!»

«Oh per Raziel, avevo un pugnale! Anzi, due pugnali! E parli come se non gli avessi salvato la vita!» Emma alzò le braccia al cielo e si sedette sul letto. «No, Jules, non ricominciare.» Lo bloccò subito.

«Non ricominciare cosa, esattamente? Ti ho chiesto se volevi tornare a casa, bastava che mi dicessi “sì, torno all'Istituto.” E sarebbe stato okay. Avrei saputo dove cavolo eri! E perché non mi hai fatto chiamare da Joshua quando hai visto il demone?»

«Avevo la situazione sotto controllo. Se non mi trovavi potevi telefonarmi. Hai presente quelle cose nere e rettangolari? Sono cellulari, dovresti provarli.» Emma si rimise sotto le coperte e si girò sul fianco in modo da poter continuare a guardarlo.

Lo stava facendo innervosire, e ne era consapevole, ma non le andava di discutere con lui. Non ne aveva le forze.

Dormire.

Voleva dormire e basta. Voleva un po' di pace.

vPensi che non ci abbia provato, a chiamarti? Avevi il telefono spento.»

Era vero, quel pomeriggio si era dimenticata di caricarlo e a metà serata l'aveva abbandonata, lasciandola scollegata dal resto del mondo. Forse era stato meglio così, almeno non aveva ricevuto tutti gli sms di Livvy che le chiedeva di raccontarle la serata nei minimi dettagli.

«Non capisco perché ti agiti tanto. Insomma, sto benissimo, e poi che ti importa?» Si sistemò meglio sui cuscini e chiuse gli occhi. Magari se si fosse riaddormentata, poi se ne sarebbe andato.

«Che mi...? Emma!» Urlò così forte che le fece spalancare gli occhi e fare un balzo di parecchi centimetri. Si tirò su di scatto e si alzò in piedi.

«Shht, o sveglierai tutti.» Gli intimò, prendendolo per un braccio. «Non accadrà più. La prossima volta ti avvertirò prima di andarmene, non c'è bisogno di urlare tanto.»

«Non puoi fare sempre quello che vuoi.» Disse Julian, tornando al suo regolare tono di voce. «Anche se forse non ti è ancora entrato in testa, qui ci sono persone che ti vogliono bene e che ne uscirebbero distrutte se ti succedesse qualcosa.» Si scrollò il braccio di Emma di dosso e si avvicinò alla mensola dall'altra parte della stanza sulla quale c'erano delle foto e dei vecchi pugnali. «I tuoi genitori sono morti, ma non significa che tu possa fare quello che vuoi, fregandotene degli altri. Cosa credi che farebbe Livvy se tu rimanessi ferita? O Ty? Non pensi a Jem e a Tessa? Non pensi a me?» Prese in mano una fotografia che si erano fatti il giorno in cui erano diventati parabatai due anni fa e la fissò, continuando a dare le spalle ad Emma.

Lei abbassò la testa, improvvisamente interessata ai propri piedi scalzi che si stavano trasformando in ghiaccioli per il troppo freddo.

Non sapeva che cosa dire.

Dopo un tempo indeterminabile, Julian si voltò, le si avvicinò e le mise due dita sotto il mento, costringendola ad alzare lo sguardo. «Perché non mi hai chiamato? Siamo parabatai, siamo guerrieri che combattono insieme. Ho giurato di guardarti le spalle per il resto della mia vita, ma come faccio se tu non me lo permetti?»

Emma si liberò dalla sua presa, ma continuò a fissarlo. «Eri impegnato. Non volevo disturbarti! Era un semplicissimo demone hydra, l'ho annientato in cinque minuti senza neanche sporcarmi a giacca nuova.» Teoricamente non vero, ma Emma preferì non approfondire l'argomento.

«Ancora questa storia!»

«Quale storia?»

«Cloe! L'hai tirata ancora in ballo!»

«Io non ho tirato in ballo proprio niente, ho solo detto che avevi da fare, ed è vero. Non volevo rovinarti la serata con uno stupidissimo demone eliminabile in pochi minuti.» Si buttò a sedere sul letto come una marionetta alla quale avessero tagliato i fili e si prese la testa tra le mani. Iniziava d avere mal di testa. «Jules, si può sapere che ti prende?»

Il ragazzo esitò e poi la raggiunse sul letto. Ora che il suo viso era così vicino, Emma notò che aveva abbandonato l'espressione dura e arrabbiata, sostituendola con la solita serenità che lo caratterizzava.

«Non parlo solo di questa sera, ma in generale. Volevi andare alla Corte Seelie senza di me, volevi cercare i tuoi genitori da sola e ora questo. Perché? Pensi che io non sia alla tua altezza o che... che ne so, non sia abbastanza abile come shadowhunter?»

Questa non se l'aspettava. Spalancò occhi e bocca senza preoccuparsi di richiuderli per un po', tanto che Julian scoppiò a ridere amaramente.

«Chiudi la bocca, Em.»

Lei lo fece e si prese qualche istante per metabolizzare la cosa. Jules aveva paura di non essere abbastanza? Di non essere un bravo guerriero? E da quando? Julian era il parabatai migliore e più coraggioso che si potesse desiderare e non lo avrebbe mai scambiato con nessun altro. Mai.

La sua mania di fare tutto da sola nasceva dall'incondizionato desiderio di proteggerlo da tutto e da tutti, inclusa se stessa.

Gli prese la mano e gliela strinse forte. «Non pensare mai più una cosa del genere, hai capito? Mi conosci, sono fatta così. Tu non c'entri. Sei il guerriero più abile e coraggioso che io possa mai desiderare come parabatai. Tu mi completi, tu mi impedisci di finire ammazzata! Ho bisogno di te, sempre. Come... come hai anche solo potuto pensare a qualcosa del genere?»

Julian sembrava imbarazzato e ci mise un po' a rispondere. «Cloe...»

«Cloe cosa?» Chiese Emma raddrizzando la schiena.

«Quando non ti trovavamo più, Joshua ci ha detto che ti aveva vista uccidere quel demone per poi andartene, e Cloe... ha detto che normalmente un parabatai avrebbe avvertito il compagno e che io e te siamo parabatai strani.»

Merda, imprecò mentalmente Emma.

«Non sa quello che dice. Non ne ha neanche mai visti, due parabatai, quella!»

«Sì, hai ragione... mi ha semplicemente colto alla sprovvista. Poi quando ha detto che eri una ragazzina sprovveduta l'ho piantata lì e me ne sono andato.» Le fece un debole sorriso che Emma ricambiò gongolante.

Beccati questa, Cloe.

«Solo io posso chiamarti sprovveduta.» Aggiunse poi Julian sistemandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Emma sentiva con estrema precisione i punti in cui le sue dita le sfioravano la pelle e pregò che non le allontanasse mai più.

Chiuse gli occhi e, contro tutto quello che si era ripromessa, si ritrovò a sussurrare. «Dormi con me stanotte?»

Julian sorrise. «Non hai neanche bisogno di chiederlo. Vado a mettermi il pigiama e sono subito da te.»

Una volta che fu uscito dalla stanza, Emma si concesse di andare nel panico.

Cos'aveva fatto?

Dormire con Julian avrebbe riportato a galla tutti i sentimenti che aveva cercato di reprimere per tutto questo tempo. Ma ancora, ce l'aveva mai fatta, a sotterrarli del tutto? No, e probabilmente mai ci sarebbe riuscita. Era stufa di allontanarlo.

Sarebbe stata attenta, come aveva sempre fatto. Nessuno si sarebbe accorto di niente.

L'arrivo di Julian tagliò il filo contorto che stavano seguendo i suoi pensieri.

«Tornato.»

Emma si fece circondare dalle sue braccia e premette la fronte contro il suo petto, ascoltando il battito accelerato del suo cuore.

 

NOTE DELL'AUTRICE:

 

Salve!

Sono in un ritardo madornale e mi scuso tanto.

Il capitolo è un po' scialbo secondo me e non mi convince, ma spero che a voi piaccia comunque!

Come sempre sono aperta a critiche e commenti, sono tutti ben accetti!

Vi saluto e vi mando un bacio,

Francesca 

  
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