Libri > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: FrancescaPotter    02/10/2014    2 recensioni
Dal primo capitolo:"C'era una persona della quale la legge le impediva di innamorarsi. Una sola persona sulla faccia della terra e, ovviamente, Emma Carstairs si era innamorata proprio di quella persona. Si trattava del suo migliore amico, Julian Blackthorn. "
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Carstairs, James Carstairs, Julian Blackthorn, Theresa Gray, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Emma aveva passato gli ultimi tre giorni trascinandosi svogliatamente dalla spiaggia al The Fairy Café e vice versa, ritornando in camera sua solo per dormire. Gli allenamenti erano stati sospesi per poter organizzare la grande festa di fine Dicembre e per accogliere gli ospiti al meglio, quindi nessuno faceva troppo caso alla sua assenza. Si sentiva un po' in colpa a non dare il suo contributo per infornare biscotti o per pulire le grandi sale delle cerimonie, ma i Blackthorn se la sarebbero cavata anche senza di lei. Aveva deciso che quell'anno non avrebbe sopportato i discorsi dei membri del Conclave sui suoi genitori. Ormai, ogni volta che qualcuno la incontrava, le raccontava che grand uomo suo padre fosse, o iniziava un monologo sulla sconfinata gentilezza della madre, con il risultato che la voragine nel petto di Emma si apriva ancora di più, costringendola a passare la notte in bianco. Infatti, i maggiori rappresentati di tutti gli Istituti del mondo stavano pian piano arrivando a Los Angeles, luogo in cui si sarebbe tenuto l'annuale Ballo di Inverno in memoria dei caduti nella battaglia di Alicante contro Sebastian Morgenstern.

Mumbai, Dublino, Buenos Aires, Città del Messico, l'Istituto di Los Angeles non era mai stato così pieno di persone di diverse etnie, lingue e costumi, anche se erano tutti figli dell'Angelo, Shadowhunters, appartenevano alla stessa razza e combattevano per un nemico comune.

Emma non sapeva perché quella sera tornò all'Istituto per cena. Mancavano due giorni al Ballo e ormai erano arrivati quasi tutti gli ospiti, tranne i rappresentanti di New York, per problemi con un demone superiore che aveva fatto letteralmente saltare in aria la metropolitana, sconvolgendo i mondani.

Erano le uniche persone che aveva voglia di vedere, almeno un pochino. Clarissa Morgenstern, oramai Herondale, le era stata molto vicina dopo la perdita dei suoi genitori e le avrebbe fatto molto piacere rivederla. E poi... be' poi c'era Jace Herondale, il più grande Shadowhunter di tutti i tempi. Emma si sarebbe tagliata un braccio piuttosto che ammettere che aveva avuto -e, onestamente, aveva tutt'ora- un'incredibile cotta per lui: era il suo idolo, un esempio da imitare.

Tuttavia, non era sicura chi avrebbero mandato; ovviamente non potevano mica venire tutti, qualcuno sarebbe dovuto rimanere a New York per monitorare la situazione, in particolare dopo i recenti attacchi demoniaci.

Un paio di persone restavano sempre negli Istituti o a Idris per assicurarsi che nessuna creatura oscura approfittasse della completa mancanza di Shadowhunters.

Magari sarebbero venuti i fratelli Lightwood insieme ai mariti, Magnus Bane e Simon Lightwood. Ad Emma piacevano, ma doveva ammettere che avrebbe preferito vedere gli Herondales.

«Ehi, straniera! Una mano farebbe comodo, proprio qui!»

Emma trovò Julian completamente nascosto dietro una pila di asciugamani sulla quale stava in bilico una cesta con dei prodotti per il bagno. Gli si avvicinò di corsa e gli prese la cesta dalle mani un attimo prima che cadesse rovesciando il suo contenuto al suolo.

«Fiut, c'è mancato un pelo.» Disse, riuscendo ora a vederlo in faccia. «Questi dove dobbiamo portarli?»

«Secondo piano, stanza 30.» Rispose Julian. «Sai, per un momento ho pensato che fossi scappata alle Hawaii senza dirmi nulla.- Il suo tono era tranquillo e scherzoso, lui era il solito Julian, e per la prima volta quella settimana Emma non si sentì un'estranea nella sua stessa casa.

«Non sarebbe possibile, non durerei un secondo senza di te.»

Julian si bloccò con gli occhi che gli uscivano dalle orbite. «Hai seriamente appena detto che non riusciresti a cavartela da sola e che avresti bisogno del mio aiuto? Chi sei e che cos'hai fatto alla mia Emma Carstairs?»

Emma arrossì quando lui la definì la sua Emma e prese un respiro per cercare di far defluire il sangue dalle guance. «Ah ah ah, lo sai cosa intendo! Non me ne andrei senza di te.»

«Brava ragazza.»

Sembrava rassicurato, e ad Emma fece pacere.

Salirono le scale diretti al terzo piano. Dovettero zig-zagare tra persone con colorati turbanti in testa, cappelli messicani o tacchi a spillo; l'Istituto non era mai stato così popolato come in quel periodo. Troppo popolato, per i gusti di Emma, che aveva la costante sensazione di venire schiacciata dai muri.

«Eccoci qua.» Julian si fermò ed Emma gli andò addosso.

Davanti a loro c'era un'ampia porta bianca con un 30 di colore oro appeso al centro e di fianco a questa c'erano altre due porte identiche, ma contrassegnate da un 31 e da un 32.

Julian bussò ed Emma si rese conto di non aver minimamente pensato a chi si sarebbe trovata di fronte da lì a qualche secondo.

La risposta arrivò subito.

Una ragazza sui vent'anni molto alta e dai folti capelli neri aprì loro la porta con un'esclamazione di sollievo. «Oh, grazie all'Angelo!»

Emma si sorprese della la facilità con la quale la riconobbe. Quella era Isabelle Lightwood. Non la vedeva da cinque anni ormai, ma non era cambiata molto, era la stessa ragazza bellissima che le aveva creduto quando aveva rivelato a lei e ai suoi amici dove si trovava Sebastian Morgenstern.

«Ecco qua, asciugamani e...» Julian allungò la testa per guardare nella cesta che stava tenendo lei tra le braccia per controllarne il contenuto. «Shampoo, bagno doccia e crema idratante all'essenza di sandalo e c'è anche una...»

«Io odio il sandalo.» Borbottò Isabelle a denti stretti, più a se stessa che a Julian in particolare.

«Oh, mi spiace... posso andare a prendere qualcos'altro e...»

«No, no, assolutamente no!» Lo bloccò la ragazza con voce gentile. «Vi ringrazio tantissimo e mi scuso per il disturbo, ma si dà il caso che il mio ragazzo sia un imbecille!»

«Ti sento!» Replicò una voce divertita da dentro la stanza. Simon Lewis, pensò Emma. Simon era stato un vampiro molto particolare, un diurno, ma ora per una serie di eventi a lei ancora poco chiari, era tornato umano e aveva deciso di ascendere. Era uno Shadowhunter da più di tre anni, ormai.

«Era proprio quello il mio scopo!» Gli urlò di rimando Isabelle, buttandosi i capelli dietro le spalle nervosamente. Poi, tornando a rivolgersi ai due ragazzi che le stavano di fronte, continuò. «Gli ho chiaramente chiesto di mettere i prodotti per il bagno in valigia stamattina, e sapete che ha fatto lui?»

Dal momento che Isabelle si era fermata con le mani sui fianchi, in chiara attesa di una risposta, Emma e Julian si lanciarono un'occhiata confusa senza sapere cosa dire. «Ehm... no.»

«Niente! Non ha fatto proprio niente e se ne è dimenticato. Ah, be', ma ovviamente si è ricordato di portare tutti i suoi videogiochi e anche quell'affare in cui vanno inseriti per giocare!»

«Si chiama playstation, Izzy, quante volte devo ripetertelo?»

«Oh, Simon Lewis, farai bene a tacere se non vuoi fare una brutta fine!»

Simon borbottò qualcosa in risposta, ma poi tacque, ed Emma pensò che fosse una saggia decisione. Le piaceva Isabelle, le ricordava un po' se stessa.

«Vi chiedo ancora scusa per il disturbo.»

«Nessun problema.» La rassicurò Emma.

«Aspetta, ma io ti conosco!» Esclamò Isabelle squadrandola da capo a piedi, come se l'avesse notata solo in quel momento. «Tu sei Emma, giusto? La ragazzina che ci ha aiutato a trovare Sebastian. Ti sei arrampicata sul tetto e poi sei piombata nella mia camera, mi ricordo di te.»

«Sì, sono io... e anche io mi ricordo di te.»

«E tu devi essere Julian... Blackthorn, se non sbaglio.»

«Esatto.»

«Caspita, come siete cresciuti! E come stanno i vostri fratelli?» Emma provò un moto di immenso affetto verso Isabelle per aver definito gli altri Blackthorn come i loro fratelli e non solo i fratelli di Julian. Dopotutto anche lei sapeva benissimo che non era il sangue a fare la famiglia.

«Bene, stiamo tutti bene, grazie.»

«Mi fa tanto piacere.» E si vedeva che era vero. Sorrise ed Emma non potè evitare di pensare che fosse davvero bellissima, ma non era quella bellezza che ti faceva sentire inferiore e orribile, tipo quella di Cloe. Era bella e basta.

«Ora noi dovremmo andare, ci sono ancora molte cose da portare a termine.» Cercò di congedarsi Julian.

«Certo, certo, capisco benissimo. Io andrò a dare una lezione al mio ragazzo. Ci vediamo in giro.»

Emma e Julian pensavano che scherzasse, ma la ragazza era serissima mentre slegava una frusta dorata dal braccio.

 

«Wow, fossi il suo ragazzo avrei molta pura.» Disse Julian una volta che Isabelle si chiuse la porta alle spalle.

«Fa bene ad essere arrabbiata. I ragazzi sono stupidi.» Emma diede un'occhiata veloce all'orologio e trattenne un'imprecazione nel constatare che mancavano ancora venti minuti alla cena. Cosa poteva fare per venti minuti in modo da non dover interagire con nessuno degli ospiti? Decise che la terrazza all'ultimo piano poteva essere un ottimo rifugio, quindi si incamminò a passo di marcia senza proferir parola.

Julian scosse le spalle e la seguì. «Quindi... tra due giorni... ballo, insomma. E' arrivato il momento.»

«Mhm...»

«Sì, cioè... di solito ci andiamo assieme, noi e gli altri, ma mi chiedevo se quest'anno Joshua ti avesse invitata.-

Emma continuò a camminare tenendo lo sguardo fissò davanti a sé. Voleva mostrarsi indifferente, anche se in quel momento era di tutto tranne che indifferente.

No, Joshua non l'aveva invitata, ma solo perché lei non gliene aveva dato occasione. Più volte il ragazzo aveva cercato di parlarle in privato, ma Emma puntualmente inventava una scusa per filarsela di corsa.

«Mh, non lo so. Lui non mi ha chiesto nulla.» Disse cauta. «Ma ammetto che non muoio dalla voglia di passare tutta la serata sola con lui. Non abbiamo niente di cui parlare, sarebbe... noioso. E imbarazzante.»

«Uhu, capisco...» Fu il sintetico commento di Julian.

Emma si morsicò l'interno della guancia per non fare la domanda che le premeva sulla punta della lingua da giorni.

Julian stette in silenzio per tutto il resto del tragitto e quando arrivarono sulla terrazza Emma tirò un sospiro di sollievo. Erano soli.

Il sole era già tramontato da un pezzo, il che rendeva difficile distinguere il mare dal cielo, e un brivido le corse lungo la schiena mentre osservava l'oceano nero come la pece.

Si alzò una folata di aria gelida e si tirò il cappuccio della felpa sulla testa, per poi lanciare un ultimo sguardo al mare e raggiungere Julian, che si era seduto al riparo dal vento freddo.

Siccome non sembrava disposto a spiaccicare parola, Emma non ce la fece più. «EtuvailballoonCloe?» Chiese tutto d'un fiato.

«Ehh?» Julian la guardò come se fosse un alieno. «Cos'è che hai detto?»

Emma deglutì a vuoto e si costrinse a ripetere lentamente. «E tu vai al ballo con Cloe?»

«Oh, Cloe...» Si passò una mano tra i capelli ed Emma notò con piacere che erano sporchi di vernice gialla. Era da tempo che non le mostrava un suo dipinto, e aveva iniziato a preoccuparsi che non stesse disegnando più, invece, semplicemente, non le mostrava i suoi quadri. Non sapeva quale delle due opzioni fosse la peggiore, forse chiedeva opinioni a Cloe. Forse, l'aveva rimpiazzata.

Smettila, si disse decisa. Erano pensieri stupidi, e lo sapeva bene.

«No, non vado con lei.»

Grazie, Raziel! Si ritrovò ad esultare Emma mentalmente.

«Ah, e come mai?» Chiese invece.

«Be' come hai già detto tu, nemmeno noi avremmo avuto molto di cui parlare.»

«Non credo che sia il parlare che le interessi.» Constatò Emma, facendo ridere Julian.

«Sì, ma sarebbe stato imbarazzante. Le ho detto che avrei preferito che ci andassimo tutti insieme e allora mi ha fatto promettere di ballare con lei.»

«Puoi sopravvivere ad un ballo.» Quello che Emma non sapeva era se lei sarebbe sopravvissuta alla vista di Julian che stringeva Cloe.

«Sì, suppongo di sì. E tu ballerai con me quest'anno senza che io debba alzarti di peso dalla sedia?»

Col cavolo! Stava per rispondere Emma. Poi però incontrò il suo sguardo e i suoi occhi seri le fecero morire le parole sulle labbra.

La guardava come se la sua vita dipendesse da quella risposta, come se una semplice parola avrebbe potuto cambiare tutto. Sentiva che dietro quella domanda apparentemente molto semplice c'era molto di più.

«Sì.» Rispose con un filo di voce. «Sì, ballerò con te.»

Lui le sorrise, e si ritrovò a sorridere anche lei.

 

 

E' scientificamente provato che quando desideri disperatamente che qualcosa accada, il tuo desiderio verrà espresso nel momento meno opportuno, al punto da farti rimpiangere con ogni fibra del tuo essere di averlo mai desiderato.

Emma aveva sperato per settimane di ricevere notizie su Camille Belcourt e, ovviamente, quelle arrivarono proprio mentre si stava preparando per il ballo.

I suoi capelli sembravano improvvisamente animati da vita propria e non ne volevano sapere di stare al loro posto, così, sull'orlo di una crisi di nervi, stava per andare a chiamare i rinforzi: Livvy.

Aveva già posato la mano sulla maniglia della porta, quando sentì bussare piano alla finestra.

Possibile fosse Julian?

Il pensiero la riempì di ansia, perché Julian non poteva, non doveva, vederla con quei capelli. Non quella sera almeno.

«Chi è?» Urlò, bloccata davanti alla porta.

Altri due colpi alla finestra.

Piano piano Emma si avvicinò al vetro e scostò la tenda celeste. Ciò che si trovo davanti era così inaspettato che dovette sbattere più volte gli occhi per assicurarsi di non avere le visioni.

Un ramo.

Un grosso ramo volante.

Ma che cavolo....?

Dato che l'oggetto incantato non accennava ad andarsene, anzi, continuava imperterrito a sbattere contro la sua finestra, Emma la aprì svelta e lo prese tra le meni.

L'aria gelida di Dicembre la fece rabbrividire nel tessuto leggero del vestito e si raccomandò di ricordarsi assolutamente di prendere la giacca prima di uscire. Non le importava un fico secco se stonava e se Livvy avrebbe avuto da ridire. Era pronta a subire la sua arringa contro le giacche in pelle abbinate ai vestiti e alle scarpe con il tacco. Tutto pur di non morire per assideramento.

Una volta rientrata al calduccio della propria stanza, si sedette sul letto e si rigirò il tronco tra le mani.

Quando era sul punto di gettarlo via, apparve una scritta d'oro incisa nel legno, scritta con una calligrafia elegante e sofisticata.

 

So che il nostro ultimo incontro non si è concluso nel modo più roseo, ma la Regina del Popolo Fatato non ama portare rancore, perciò sono pronta a dimenticare il tuo caratteraccio, piccola Cacciatrice. E per dimostrarti la mia buona volontà ho ottime notizie da darti: uno dei miei cavalieri, nonché più fidato consigliere, mi ha riferito di aver avvistato Camille Belcourt vicino a Santa Monica. Ho pensato ti sarebbe potuto interessare.
Porta i miei più cari saluti al tuo amico Blackthorn, e informalo che è i l benvenuto alla mia Corte. Al contrario di te, lui sì che è un educato signore.
Sento che riceverò presto tue notizie,
Regina della Corte Seelie

 

Emma rilesse il messaggio più volte -sorvolando con una punta di irritazione sulla parola amico scritta palesemente in grassetto- per permettere al contenuto di fissarsi nella sua mente.

Camille Belcourt.

In California.

A Los Angeles.

Era la sua occasione. Fanculo il ballo! Le serviva un piano.

Si sedette alla scrivania, prese il suo block notes con la mappa della città ed iniziò a segnare tutti i possibili nascondigli dove un famigerato ed illustre vampiro come Camille poteva nascondersi durante il giorno. I tunnel della metro, quel vecchio edificio abbandonato sulla spiaggia, le grotte della scogliera, il vecchio museo di storia naturale ormai chiuso... così tanti posti e così poco tempo.

Se fosse dipeso da lei, sarebbe partita quella sera stessa e li avrebbe esplorati tutti, un per uno, centimetro per centimetro, finché non l'avesse trovata. Ma non poteva, non quella sera almeno. Era una Shadowhunter e come tale ci si aspettava delle cose da lei, e una di queste era che partecipasse a quello stupido ballo.

Lanciò uno sguardo alla sveglia sul comodino ed inorridì.

7.52 pm.

La cerimonia sarebbe iniziata tra 8 minuti esatti e lei non era ancora riuscita a sistemarsi i capelli, ma ormai non c'era più tempo.

Li lasciò sciolti sulle spalle alla bell'e meglio, si infilò le vertiginose scarpe con il tacco che Livvy le aveva consigliato -o meglio, ordinato di indossare- quel pomeriggio, si catapultò al di fuori della porta e sbam! Andò a sbattere contro il muro.

Peccato che il muro non fosse un muro, ma qualcos'altro. Anzi, qualcun'altro.

Ma Emma era famosa per la sua immensa sfiga e no, non poteva scontrarsi con Livvy o con uno del Blackthorn, con Jem o Tessa, o Joshua, persino Cloe o un ospite sconosciuto sarebbe stato meglio di lui.

LUI.

Il suo idolo, la ragione per la quale si alzava tutte le mattine e si allenava fino allo stremo delle forze, il suo modello da imitare, nonché prima cotta: Jace Herondale.

«Hei! Se volevi una scusa per toccare i miei addominali, bastava chiedere.» Se ne uscì lui con un ghigno divertito, mentre la sorreggeva dalle braccia per evitare che cadesse rovinosamente per terra.

Emma si sentì arrossire violentemente ma poi si ricordò che lei non era il tipo da arrossire o da farsi metter in soggezione da un ragazzo qualunque, nemmeno se quel ragazzo era Jace Herondale. L'unica persona che aveva il diritto di farla sciogliere con un solo sguardo era Julian, Julian soltanto.

Si rimise dritta con stizza e alzò lo sguardo, sfoggiando la sua miglior espressone da pianta grane.

«E chi mi dice che non sei stato tu a venire a sbattere volontariamente contro di me?»

«Sempre impertinente, vedo.»

«Ho imparato dal migliore.» Rispose Emma con un ghigno.

«Brava ragazza, ogni volta che ti vedo mi convinco sempre di più che sarai la mia degna seguace un giorno.» Jace non aveva idea di quanto quell'affermazione la rendesse felice e fiera del proprio lavoro. Era come se tutti i suoi sforzi fossero stati immediatamente ripagati, solamente con quella frase.

Lui le mise un braccio attorno alle spalle e la condusse verso le scale che portavano alla Sala delle Cerimonie.

«Che intendi dire con un giorno? Non sono già la tua degna erede?» Chiese Emma, fingendosi mortalmente offesa.

«Mmm, vediamo... il sarcasmo c'è, e anche in abbondanza direi, un punta di sfacciataggine con un velo di impertinenza, okay ci siamo, abilità in combattimento?» Chiese guardandola dall'alto verso il basso. Emma gli rispose lanciandogli un'occhiataccia eloquente.

«Che c'è? Sono sicuro che vai forte, ma non ti vedo combattere da un pezzo. Che ne dici di allenarci insieme domani?»

«Davvero?» Ad Emma brillavano gli occhi. Un allenamento con Jace! CON.

JACE.

Era il massimo, il massimo! Avrebbe avuto l'occasione di imparare tutte le sue tecniche, lui avrebbe poi potuto darle consigli e si sarebbero allenati insieme. Forse quel ballo non era una completa catastrofe.

«Certo che sì.» Jace aveva lo sguardo perso, lontano.

«Poi che altro mi serve per essere all'altezza di Jace Herondale?» Lo derise Emma dandogli una gomitata tra le costole.

«Oh...» Jace parve risvegliarsi da un sogno. -Be', ma la cosa più importante, ovviamente!»

«E che cosa sarebbe?» Chiese la ragazza aggrottando le sopracciglia, confusa.

«Essere terribilmente ed irresistibilmente sexy.» Affermò serissimo.

Emma scoppiò a ridere.

«Ehi, ragazzina, non sottovalutare le mie parole. Certo, sei molto carina, ma ovviamente non sei figa quanto me. Ma che ci vuoi fare? Non tutti hanno la fortuna di nascere con questo bel visino.» Ora anche Jace si unì alla risata di Emma. Dopo qualche secondo, però, Jace smise di ridere e tornò serio.

«Anche tu in ritardo, eh.» Emma cercò di riempire il silenzio imbarazzato che si era creato tra i due.

«Oh, sì... Clary mi ha urlato dietro di muovermi, rifiutandosi di fare tardi per causa mia, quindi eccomi qui. La bellezza necessita tempo.»

«Ehi, non far arrabbiare Clary.»

«Mi ama anche per questo.»

Ovvio, Emma ne era sicura. Aveva sempre invidiato il loro amore: così forte e puro. Avevano avuto la fortuna di incontrarsi e da quel momento non si erano più lasciati andare. Quanto desiderava che anche lei e Julian un giorno avrebbero potuto stare insieme senza alcuna preoccupazione.

Emma era talmente rapita dai propri pensieri che si accorse che Jace si era fermato solo quando gli andò a sbattere contro. Lui si voltò, le mise le mani sulle spalle e la guardò negli occhi. «Come stai, Emma?» Le chiese a bassa voce, chinandosi un po' sul suo viso in modo tale che solo lei potesse sentirlo.

Il corridoio era quasi vuoto, ma ogni tanto passava qualche ospite ritardatario che si sistemava la cravatta, affrettandosi a raggiungere la festa.

Quella domanda le fece bruciare gli occhi, e dovette morsicarsi la lingua per mantenere un aspetto dignitoso.

Come stava?

Sapeva che Jace non si sarebbe bevuto un semplice “sto bene”, avrebbe capito che era una balla, quindi optò per la verità.

«Non lo so.» Sussurrò con un filo di voce. «Non lo so come sto.»

Jace sembrava combattuto, era come se volesse dirle qualcosa ma non sapesse da che parte iniziare. «Ho capito... Senti, Emma, per qualsiasi cosa io e Clary ci siamo. Lo sai, vero?»

Okay, cosa significava?

La stava implicitamente avvertendo che sapeva?

Il solo pensiero la fece inorridire. Non poteva averlo capito. No, era impossibile, perché lui e Clary erano appena arrivati e no. Non era neanche da prendere in considerazione l'idea. Stava diventando paranoica, punto.

«Cosa intendi dire?» Azzardò a chiedere così a bassa voce che si sorprese che Jace fosse riuscito a sentirla.

«Ho sentito che stai continuando a cercare informazioni sulla morte dei tuoi genitori.»

Emma era così sollevata che a momenti gli scoppiò a ridere istericamente in faccia per il sollievo.

Prese un bel respiro e sorrise:«Tu cosa faresti al mio posto? E, ehi! Come fai a saperlo? Dovrebbe essere un segreto, sai... O, per Raziel, dimmi che il Conclave non lo sa. Dimmi che non glielo hai detto.» Chiuse gli occhi e si preparò al peggio.

«Certo che no! Non ti tradirei mai. Ero in un locale gestito dalle fate a New York e ho sentito due di loro parlare della “figlia dei Carstairs” che cercava vendetta.» Fece una pausa per scegliere accuratamente le parole. «Se c'è una cosa che ho imparato durante questi ultimi anni è che la vendetta non è una cosa positiva. E' malsana e immorale, ti divora l'anima finché non ti resta più niente se non rabbia. E angoscia. E disperazione. Non lasciare che questo sentimento distrugga ciò che sei. Perdona, e fallo per te stessa, perché meriti pace. E so che ora pensi che l'unico modo per ottenerla sia uccidere gli assassini dei tuoi genitori, ma questa non è la soluzione. Fidati, io...» Jace strinse la presa sulle sua spalle e la scosse leggermente. «Io lo so. Lo so molto bene. Devi andare avanti perché è questo che tua madre e tuo padre vorrebbero: che tu sia felice. Concentrati sulle persone che ami e non su quelle che odi.»

Emma non sapeva come reagire a quel discorso.

Aveva ragione, certo, ma come poteva lasciar correre? Nessuno aveva speso un secondo sul caso dei suoi genitori. Nessuno si era degnato di indagare e di condannare i colpevoli.

Nessuno.

Ed era per questo che toccava a lei. Perché, altrimenti, sarebbero morti invano e sarebbe stato come se non fossero mai esistiti.

Le parole di Jace erano belle parole, ma erano finte e non potevano essere applicate alla propria vita, non adesso che era così vicina alla verità.

«Io...» Iniziò Emma non sapendo come continuare.

«Non devi dire niente. Solo... promettimi che ci penserai. Sarò onesto, non voglio che tu butti all'aria tutto ciò per cui hai lavorato durante questi anni, ti chiedo solo di pensare prima di agire.» Finalmente le mani di Jace lasciarono le spalle di Emma, che si concesse di prendere un profondo respiro.

«Penso sia meglio darci una mossa. Clary sarà furiosa!»

«Ma è anche per questo che ti ama.» Sussurrò Emma, riprendendo quello che aveva detto lui poco fa.

«Già... è anche per questo che mi ama, ma non vorrei rischiare troppo la sorte. Anche se rischio è il mio secondo nome.»

Le fece l'occhiolino e si mise a correre lungo le scale, per poi scomparire dietro l'angolo.

Jace Herondale era e sarà sempre un mistero per Emma e per il mondo intero.

 

NOTE DELL'AUTRICE:

Ehm...

*si nasconde*

Scusate! Sono in un ritardo MOSTRUOSO, ma capitemi, la scuola è iniziata anche per me e sono già sommersa da una valanga di compiti ed interrogazioni... e siamo solo ad Ottobre, chissà a Gennaio. Non ci voglio pensare.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e spero di essermi fatta perdonare almeno un pochino.

Baci,

Francesca

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: FrancescaPotter