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Autore: _joy    09/09/2014    4 recensioni
«E di me ti fidi?»
«Posso fidarmi?» rispondo «Dimmelo tu» 
«Sì» risponde senza esitazione. 
 
Gin/Ben
[Serie "Forever" - capitolo IV]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forever'
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È la signora a prepararmi non il caffè ma la cena, alla fine.
 
Mi scodella un bel piatto di pasta davanti agli occhi, mentre io piango come una fontana e la storia degli ultimi mesi viene fuori a singhiozzi.
«Ma pensa!» commenta lei, schioccando la lingua «E così quel giovanotto è un attore? E come mai io non lo conoscevo?»
Sto per rispondere “perché non ha mai recitato in Beautiful”, ma mi esce solo un singhiozzo desolato.
«Comunque… Magari è poco noto, ma di certo è affascinante! Così educato, poi! E quell’accento inglese!»
 
Sarebbe poco noto perché non lo conosce lei?
No, ma… un attimo! Ma a me cosa importa?
 
Scrollo le spalle.
«Ah sì, cara, starai per dirmi che al giorno d’oggi gli attori devono essere belli per forza… Ma quando uno così ti suona alla porta non dovresti piangere disperata, sai?»
Mi passo una mano sugli occhi.
Le è per caso sfuggito il senso del discorso dell’ultima mezz’ora?
Bevo un po’ d’acqua e mi sforzo di controllare la voce.
«Non importa» rispondo «Grazie di avermi ascoltata, a quanto pare avevo bisogno di parlarne…»
«Ma certo che ne avevi bisogno, piccola! Sei esplosa, letteralmente! Non fa bene tenersi tutto dentro»
«Non è che, se ne parlo, la situazione migliora» commento, lugubre «E poi… Non mi fa bene parlarne. O pensarci»
La signora mi rivolge un’occhiata penetrante.
«Perché, vuoi dirmi che, anche se non ne parli, lui non è sempre nei tuoi pensieri?»
Io batto le palpebre.
«Mi sono abituata. Non ci do peso»
Lei sembra scandalizzata.
«Ma mia cara, come puoi vivere così?»
«Mi riabituerò» taglio corto, brusca «Anzi, mi sono già abituata. Ho un lavoro, ho la mia vita. Lui è un capitolo chiuso»
La signora sorride.
Sembra compatirmi ed è una cosa che non sopporto.
«Se posso permettermi» dice, garbata «Non mi sembra che questo capitolo sia così chiuso…»
Mi alzo in piedi di scatto.
«Senta, è stata gentile, davvero. Grazie per la cena. Sono molto stanca e…»
«Cara» mi interrompe lei, per nulla impressionata dal mio scatto «Fingendo di non vederlo non sistemerai le cose. E ti farai del male, il che è peggio»
«Non c’è niente da sistemare!» urlo «E cosa c’è di peggio, eh?»
Lei sospira.
«Bè, mi sembra chiaro. Tu soffri e lui anche»
«No» nego subito io.
Lei mi rivolge un’occhiata decisa.
«No, tu non soffri… o no, non soffre lui?»
 
Io resto in silenzio.
È anche troppo ovvio quel che penso.
La signora prosegue:
«Sai, quando sono scesa a parlarci non voleva salire da me. Non voleva disturbare, ma l’ho convinto. Povero ragazzo, era fradicio! Ti ha aspettato tutto il giorno sai? Sotto la pioggia, per giunta. E anche ieri… L’ho visto dalla finestra, non si è mai mosso. Gli concederai, spero, che se non soffrisse come un cane non si umilierebbe così»
Mi premo le dita sulle tempie.
Non voglio, non posso permettere a questa idea di radicarsi nella mia mente, o non riuscirò più a cancellarla.
A impedire che una stupida speranza mi faccia credere che…
Resto in silenzio, ma scuoto ancora il capo.
No, non è vero.
Non è vero che lui soffre, non è vero che gli importa di me.
«Tesoro» insiste lei «Lui ha sicuramente sbagliato. Tu lo sai e lui lo sa, perché me lo ha detto oggi. Ma vuole rimediare. Permettigli di scusarsi con te»
«No»
«Perché?» chiede.
 
Io resto muta.
Passa un minuto.
«Perché?» mi incalza «Perché pensi che cederesti? Perché non riusciresti a comportarti da dura? Perché vuoi punirlo?»
«Perché non posso fidarmi!» sbotto «Perché se gli permetto di convincermi che è tornato… Poi cosa farò? Mi fiderò di nuovo? Mi innamorerò di nuovo? E poi? Quando lo rifarà, non sarò stata la più stupida cretina sulla faccia della Terra?»
La signora accoglie il mio sfogo con un sorriso.
«Oh, bene, brava!» mi esorta «Sfogati, parliamone! Ti fa bene… molto meglio che rimuginare da sola nella tua testa! Se non ti confronti con qualcuno, rischi di non vedere dove sbagli. E se non lo vedi, come fai a correggere l’errore e a ricominciare?»
«Io?» trasecolo «Io sbaglio? E poi io non voglio ricominciare!»
«Questa, mia cara, è una fandonia talmente evidente che non la commenterò neppure, se non ti dispiace» ribatte, soave «Per il resto, ricorda sempre che l’errore non sta mai da una sola parte. Certo, vista la situazione possiamo tranquillamente dire che lui è stato cieco ed egoista, ma se tu gli avessi parlato apertamente, se fossi stata sincera con lui, non pensi che avreste potuto risolvere le cose prima?»
«No, non lo penso» ritorco «Per prima cosa era talmente palese che stavo male, che soffrivo, che per capirlo non serviva un genio e se lui non lo ha visto è perché non ha voluto. E poi, quando gli ho detto che non volevo stare in America, lui ha deciso comunque che preferiva il lavoro!»
 
La signora si riempie il piatto di pasta e impugna la forchetta.
Ingoia un boccone, quindi mi sorride e dice:
«Cara, questo è davvero sciocco e presuntuoso da parte tua»
Ci resto talmente male che non riesco a rispondere, per un momento.
E lei ne approfitta per incalzarmi:
«Quindi la colpa è sua per due motivi: perché è stato egoista, ma soprattutto perché non ti ha capita. Ma non ti sembra che sia presuntuoso pretendere che lui viva sulla lunghezza d’onda dei tuoi stati d’animo? Un rapporto vero è fatto di fiducia e confidenza. Tu non puoi semplicemente aspettare che lui capisca: devi aiutarlo a capire»
«Ma Ben non voleva capire!»
«No, cara, altro errore: Ben ha capito. Lo dimostra il fatto che è qui. Sì, ci ha messo del tempo… Ma ce l’ha fatta. Da solo. E tu, invece?»
«Io?»
«Sì, tu. Tu cos’hai capito di lui?»
«Lei… lei sta dicendo che è colpa mia?» la mia voce sale di un’ottava per l’indignazione «Che io dovevo capire qualcosa?»
«Certo. Tu non vuoi che lui stia bene?»
«Ma io ho fatto di tutto perché lui stesse bene!»
«Cara, è proprio quello che ti sto spiegando: sei convinta di aver fatto tutto bene, mentre gli errori sono tutti di lui, ma non è vero. Una relazione è come una società: tutti devono impegnarsi, non uno sì e l’altro no»
«Io mi sono impegnata!» urlo «Porca miseria! Io ho fatto di tutto! Io avrei fatto qualunque cosa per lui!»
«Ma non gli concedi cinque minuti per scusarsi, dopo che è venuto qui per te?»
«Io…»
«Tu hai paura di lui e vuoi punirlo»
«No!» inorridisco.
«Oh, sì che vuoi punirlo… e ti dirò, non è che devi perdonarlo subito!» mi strizza l’occhio «Veniamo a lui: anche lui ha delle belle colpe. È insicuro e anche egoista, ma è un uomo cara. Loro non sono come noi. Fanno fatica a gestire lo stress e sono incapaci di fare più cose insieme. Ah, povere donne! Ma non divaghiamo… Certo eri consapevole che il signorino si è scelto un mestiere in cui idiosincrasie e protagonismo la fanno da padroni»
Mi rivolge un’occhiata decisa, come accusandomi di aver sottovalutato qualcosa, e io bofonchio un assenso.
«Bene. Naturalmente, la teoria e la pratica sono alla fine due cose molto diverse… Ma lui aveva bisogno di appoggio, di comprensione, e tu sei stata dura, distante e lo hai giudicato, per cui…»
«Oh, certo!» esplodo «Io sono stata dura, distante e l’ho giudicato! Questo secondo Ben, naturalmente»
 
Ma perché questa vecchia ascolta lui e non me?
Sarà colpa mia, dopo come mi ha trattata?
 
«Oh no» ribatte lei, felice come una pasqua «Lui si è assunto tutte la colpe e di te mi ha detto solo cose positive»
Resto di sasso.
Lei sorride, angelica.
Sembra un gatto che gioca con il canarino.
«Lui si assume le colpe – tutte – e non si dà pace. E comunque, mia cara, permettimi di farti notare un’ultima cosa: dopo gli sbagli, dopo le recriminazioni… Lui è tornato. E magari pensavi che la vostra storia fosse finita, magari pensavi che non lo avresti rivisto più, ma lui adesso è qui ed è chiaro cosa vuole. Quindi ti manca solo da chiederti cosa vuoi tu e cosa sei disposta a fare per ottenerlo»
Io crollo a sedere sulla sedia.
Mi sento come se i miei pensieri, imbrigliati a forza in questi mesi, corressero impazziti.
Vengo bombardata da emozioni che ho cercato di tenere a bada e mi sento frastornata.
«Non è vero che è chiaro cosa vuole» bisbiglio «No, il problema non è quello che voglio io, ma quello che vuole lui»
La signora sbuffa.
«Cara, lui ha sbagliato. Ma ora è qui. E non puoi non riconoscerlo. Se non ti volesse, non sarebbe venuto. Non puoi perdonargli il passato? Se non lo fai, ricorda che la colpa diventa tua – e non più sua – per la fine di questa storia»
«Quella storia è già finita»
«È finita perché tu non lo vuoi più o è finita perché pensi che lui non ti voglia più?»
 
Insomma.
Questa signora mi sta uccidendo.
 
Lei sembra capire che al momento la strozzerei volentieri, perché lascia perdere la cena e si alza.
«Spero di averti aiutata a riflettere. Ti dico solo un’ultima cosa: se lui è qui, significa che è pronto a riconoscere i suoi errori e a rimettersi in gioco. È tornato e tornare non è mai una cosa da poco. Poi, come andrà il futuro non lo sa nessuno… Ma tu sei sicura che valga la pena gettarlo via così? Questa è una seconda opportunità, ragazza mia! Pensaci bene!»
Detto questo, mi fa una carezza sulla spalla e infila la porta.
Io neppure mi alzo.
Resto lì, intontita, a fissare la cena che si raffredda.
Le parole della signora continuano a vorticarmi in testa e si mescolano ai ricordi, alle emozioni che credevo di aver seppellito.
Io non l’ho dimenticato, e lo so bene.
Ma non so se sono pronta ad ascoltarlo, perché ascoltarlo significa che gli crederò, e se gli credo di nuovo cosa succederà?
Non posso passarci di nuovo.
Non ce la farei.
 
Non voglio vederlo.
 
È una decisione che mi strazia l’anima, che mi costa ogni singola stilla di determinazione, ma so che è per il mio bene.
Se lo vedo, se ci parlo… Non sarò più capace di essere forte.
Mi sgretolerò in pezzi.
Di nuovo.
 
Getto la cena nella spazzatura e vado a farmi una doccia.
Aspetto che l’acqua calda sciolga la tensione del mio corpo e, per prolungare quel calore, decido di lavarmi i capelli.
Esco dal bagno avvolta nell’accappatoio e mi spazzolo i capelli.
Sono in camera.
Guardo verso la finestra, ma poi mi impongo di tornare in bagno.
Prendo l’asciugacapelli.
 
Ho ancora i capelli umidi quando decido che non ce la faccio più.
Mollo il phon e, vestita solo di pantaloncini e una canottiera, mi fiondo per le scale e corro ad aprire il portone.
Mi catapulto fuori e, sul momento, non vedo nulla.
Mi guardo freneticamente attorno e mi sento chiamare.
È la sua voce.
Mi volto e lui è già davanti a me, che mi tende le braccia.
Gli corro incontro e, mentre lui mi stringe forte, io scoppio a piangere con il viso affondato nella sua spalla.
 
 
***
Buongiorno, adorati lettori!
Volevo ringraziarvi tantissimo per il vostro meraviglioso supporto: "And the reason is you" e "Nothing Else Matters" sono le storie più popolari di questo fandom e non sapete quanto questo mi renda orgogliosa e felice!
La mia prima storia è nata in questo fandom e sapete quanto Ben Barnes sia al centro di tutte le mie storie!
Grazie davvero per il vostro meraviglioso supporto! <3
Detto questo, vi lascio ricordandovi la mia pagina Facebook: 
https://www.facebook.com/Joy10Efp?ref=bookmarks
E il mio blog, dove sto ripubblicando "One love": http://dreamerjoy.blogspot.it/
Siccome parto per una trasferta (di nuove -.-), se lunedì non riuscissi ad aggiornare Le Cronache slitteremmo di un giorno con tutti gli aggiornamenti, ma se controllate Facebook vi tengo aggiornati.
Vi adoro!
Joy

   
 
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