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Autore: bsalvatore    10/09/2014    5 recensioni
Caroline ed Elena Gilbert.
Due sorelle molto diverse, il giorno e la notte, il sole e la luna.
La prima è ingenua, frizzante di sogni, ma vulnerabile, spesso incompresa e sottovalutata.
L'altra è coraggiosa, determinata, ma se si trovasse a dover scegliere tra amore e famiglia?
Due sorelle divise per l'amore del Re d'Inghilterra.
Dal capitolo 10:
“Amate la musica?” chiese la ragazza speranzosa.
“E voi amate respirare?” rispose l’uomo senza pensare e infatti si riprese subito cercando di notare qualcosa tra i suoi occhi.
Lei sorrise.
Era davvero quello che sentiva sempre quando si parlava di musica: era la sua aria, il suo respiro.
E ora sembrava che quel respiro lui glielo avesse tolto, era stato così diretto e sincero … non se lo sarebbe aspettato da lui.
Damon invece era rimasto abbagliato da quel sorriso e soprattutto si era sentito felice di averla fatta ridere.
Elena lo osservava un po’ perplessa e per qualche istante, che sembrava intriso di magia, i due si guardarono occhi negli occhi.
Poi il Re si diresse verso il piano, sfiorandolo con un dito, esattamente come faceva sempre Elena ...
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alaric Saltzman, Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Qualche volta a tarda notte 
resto sveglio guardandola dormire 
lei é persa in pacifici sogni 
Cosi spengo le luci 
resto steso li nell'oscurità 
 


Quella stessa sera Damon decise di passarla nella sua stanza privata, nient’altro che una sala da musica.
Era una delle stanze che preferiva in tutto il palazzo non solo perché vi era lo strumento che riempiva i suoi giorni, ma anche per la luminosità presente nell’intera sala che conferiva vivacità all’ambiente non molto grande.
Le pareti erano verde pastello, così come il soffitto leggermente più chiaro da cui pendeva un lampadario dei più nuovi in produzione a Londra.
Era infatti più piccolo rispetto agli altri risalenti a decenni prima e per ciò risultava meno ingombrante, ma anche meno formale.
Al centro della stanza vi era un maestoso pianoforte a coda, anch’esso moderno per l’epoca, di un lucidissimo nero, che era separato dal pavimento in legno da un tappeto indiano originale, regalato alla Corona anni addietro.
 
Sullo sgabello a due posti anch’esso nero stava seduto il ragazzo intento a suonare una musica che nell’ansia febbrile dei suoi movimenti sembrava desiderare di essere ascoltata.
 
Mentre il moro teneva le palpebre socchiuse, perso in spazi distanti e diverse dimesioni, un altro animo inquieto camminava per il corridoio davanti alla stanza.
Elena stava ancora pensando al nuovo arrivo a Palazzo della Duchessa, quando sentì una melodia che avrebbe riconosciuto sempre e ovunque, provenire dall’interno della porta alla sua destra.
 
Fermò un attimo il suo passetto leggero per soffermarsi ad ascoltare meglio, stupefacendosi della bravura dell’esecutore.
Comprese subito l’identità di quest’ultimo e involontariamente arrossì al pensiero dei suoi occhi blu e del suo profumo acre, quando senza pensarci entrò in punta di piedi nella stanza privata del re.
 
Lo vide: seduto davanti a lei, le dava le spalle, ma Elena poteva comunque vedere con quanto fervore e impegno eseguiva “Chiaro di luna” di Beethoven.
Sorrise e con ritrovata tranquillità si avvicinò a lui, mettendosi al suo fianco.
 
Damon ci mise un po’ ad accorgersi della presenza della ragazza, ma quando lo fece il cuore gli tuffò nel petto, ma non smise di suonare nemmeno davanti alla tanta emozione provata nell’avere l’oggetto dei suoi desideri davanti a lui.
 
Lei se ne compiacque e si sentì inebriare di una piacevole sensazione di calma e serenità, al punto da mettere la candida mano destra sulla spalla dell’uomo.
Per un po’ rimasero così, avvolti nella loro bolla di sapone fatta di note musicali, poi lei parlò a bassa voce, con la paura di rompere quella magia che solo la musica può creare: “Ho lasciato Matt. Gli ho detto che non lo posso sposare.”
 
Non sapeva perché si fosse aperta così, in quel momento intimo, eppure lo aveva fatto senza indugio, come un bisogno e lui ascoltò nello stesso modo, ma senza dire nulla.
“Non sembrate sorpreso” constatò poi, alzando un po’ la voce a causa di una malcelata frustrazione a quella reazione.
 
Aveva immaginato che si sarebbe stupito, che in qualche modo gliene sarebbe importato di più, ma non aveva fatto una piega, o almeno era quello che sembrava.
“Non lo sono” cominciò il re continuando a suonare “tu meriti molto di più, Elena. Tu meriti il sole e le stelle, non un conte qualsiasi, di una contea qualsiasi.”
 
La fanciulla non rispose, proprio come lui aveva fatto un attimo prima, forse perché in fondo sapeva che quelle parole erano vere.
In quel momento un pensiero le offuscò la mente: mancavano due settimane al matrimonio reale e quindi Caroline sarebbe diventata regina e lei non sarebbe stata più nulla … anzi lei non era mai stata nulla.
 
“Posso?” chiese senza riflettere, riferendosi allo sgabello sul quale era seduto Damon che subito si scostò per lasciarle spazio.
Elena pose le piccole mani sui tasti bianchi e riprese il motivo Allegro eseguito dal ragazzo che per un po’ rimase a guardarla suonare.
 
Quella visione magnifica era stata oggetto dei suoi sogni per molto tempo, ma ora era finalmente realtà: era bravissima, molto più di lui a essere sinceri.
Suonava con una leggerezza innata, una maestria senza pari, un candido tocco paragonabile al canto di un usignolo.
 
Sembrava che quella melodia le appartenesse, che l’avesse suonata da tempi immemorabili, ma che vi mettesse al contempo qualcosa di nuovo, come se fosse suo uso ogni volta.
 
Quella era semplicemente passione, passione pura.
Una passione che Damon aveva visto soltanto tanto, tanto tempo fa, quando sua madre era ancora in vita, ma lui era così piccolo che gli era difficile ricordare.
 
Ridestatosi con fatica da quell’angelica vista, prese a suonare con lei dando vita a una melodia meravigliosa, assolutamente nuova alle orecchie del giovane che si sentiva finalmente completo.
 
Quando il brano terminò i due si guardarono intensamente.
 “Amate Beethoven?” chiese lui, provocandole un dolce sorriso: “Beethoven è il titano della musica” rispose con voce melliflua.
Damon non disse nulla benché si trovasse completamente d’accordo, si limitò a guardarla per capire come facesse un angelo così bello e perfetto a essere caduto dal Paradiso.
Elena non poté evitare di perdersi in quello sguardo ammaliante e così carico di promesse.
Forse sarebbe stato meglio se lui la stesse prendendo in giro come aveva fatto con Vicki così almeno lei non avrebbe dovuto scegliere e nemmeno chiedersi come sarebbe stato accettare di essere l’amante del re.
Quanto avrebbe fatto soffrire Caroline … ma allo stesso tempo come sarebbe stato bello avere quegli occhi blu che la guardavano innamorati ogni giorno della sua vita.
Decise di non essere sciocca e di darsi una svegliata: aveva lasciato Matt proprio per non dover più vivere nel rimorso e ora cosa voleva fare? Combinarne una ancora più grave?
Scrollò il capo per riprendersi da quella sensazione inebriante che lui le donava sempre e si alzò con il capo chino: “Maestà” disse avviandosi poi fuori dalla stanza con aria mogia che poco rappresentava lo stato d’animo in cui era, cioè scombussolamento totale.
Il re dal canto suo non fece nulla, si limitò a guardarla andare via e poi sfiorò con nostalgia i tasti bianchi che lei aveva sfiorato poco prima con quella grazia innata.
 
E un pensiero mi attraversa la mente 
se non arriverà mai domani 
Lei ha mai dubitato di come 

la sento nel mio cuore 


Più tardi egli tornò nelle sue stanze, stanco di una stanchezza dovuta ai troppi sentimenti provati in poco tempo e frustrato di non aver dato ancora un nome a quei sentimenti.
“Damon” lo richiamò Rose che era appena entrata nella stanza.
L’uomo la guardò con una gratitudine risalente a tempi lontani e lei restituì lo stesso sguardo perché non c’è amicizia più solida di quella fondata sulla gratitudine.
“Ama anche Beethoven” scherzò, quasi a sottolineare quanto lei fosse perfetta per lui, nonostante tutto.
La Duchessa sorrise con la stessa amarezza con la quale l’amico aveva pronunciato quelle parole: “Non vorrei sembrarti brusca, ma puoi anche elencarmi tutte le sue buone qualità, ma ciò non può togliere il fatto che non potrai mai sposarla. Zach non ti darà mai il permesso e lei non accetterà mai finché la sorella sarà così smaniosa di potere. Quindi ti chiedo: vuoi continuare questa tua opera autolesionista o vuoi accettare la situazione? Non puoi obbligarla, non puoi vincere questa volta.”
Il moro si riavviò i capelli, deluso.
Non aveva mai perso in vita sua, eppure quella sembrava proprio la prima volta e se così fosse stato, avrebbe cercato di renderla anche l’ultima.
L’avrebbe lasciata andare come aveva fatto Lexi poche settimane prima?
Non lo sapeva, ma certamente non poteva lasciare che lei non conoscesse i suoi sentimenti che in quel momento comprese chiaramente.
Lasciò quindi Rose da sola e con sicurezza si recò nei corridoi con una meta ben precisa: la stanza di Elena.
 
Non appena si trovò davanti alla sua porta, cercò di non sentire l’insicurezza della sua mente, ma di fidarsi della convinzione del cuore.
Bussò elegantemente e lei venne ad aprirgli con stupore.
“Ti stavo pensando” incominciò “e accanto al tuo pensiero ho pensato a ciò che voglio. Ed è assurdo quanto le due cose coincidano e allo stesso tempo ci siano tante sfumature che le separano. Io non voglio soltanto te, ma voglio anche sentire le tue esili dita sfiorare il mio pianoforte ogni mattina; voglio guardare il tuo fiammeggiante sguardo mentre mi tieni testa; voglio ballare con te ogni sera.”
Si interruppe con il fiato corto che aveva anche la giovane, estremamente sconvolta.
“Io ti amo” le confessò e lei trasalì.
“Ma voglio dare una possibilità a Caroline perché so che questo è ciò che vuoi. Voglio essere in grado anch’io di vedere qualcosa di buono in lei come fai tu. Voglio imparare a guardare con i tuoi occhi perché so che sono quelli stessi occhi a vedere qualcosa di buono in me.”
Elena stette zitta. Zitta. Mentre tutto dentro di lei faceva a botte, andava in frantumi, esplodeva, fremeva per uscire. Lei, semplicemente, stette zitta.
Non disse nulla, non perché non volesse, ma perché non poteva.
Non aveva più saliva, più fiato, ma Damon prese quelle mancate parole come un ulteriore rifiuto.
Perciò se ne andò, convinto a lasciarla andare, ma a mantenere la promessa fatta, magari un giorno, chissà, l’avrebbe ottenuta.
 

Se domani non arrivasse mai
lei saprebbe quanto l'ho amata? 
Ho provato in ogni modo a dimostrarle ogni giorno 
che lei è l'unica per me? 
E se il mio tempo su questa terra fosse finito 
e lei dovesse affrontare il mondo senza di me 
l'amore che le ho dato in passato 
Sarebbe abbastanza per resistere? 
Se domani non arrivasse mai? 


Era ormai notte inoltrata e Rose se ne stava seduta su una panchina del giardino, guardando l’oscurità innanzi a se’ e ripensando ai bei momenti della sua vita … pochi, certamente, ma intensi.
“Come mai siete tornata, Duchessa?” la interrogò una voce maschile alle sue spalle, ma che lei riconobbe subito come Alaric.
“Ho avvertito che c’era bisogno della mia presenza, conte.”
“Sempre parecchio sensibile, duchessa”.
“Più che altro attenta”.
“Come state?” chiese apprensivo, mutando il tono di voce, rendendolo dolce e rassicurante.
“Abbastanza bene da tornare in questo caos”.
Rick sorrise, guardando la donna che pareva ancora più bella alla luce della luna, mentre lei invece continuava a guardare innanzi a se’.
Come sempre lui aveva occhi solo per lei, ma lei guardava da un’altra parte.
Questo però non lo scosse affatto, anzi prese posto accanto a lei e strinse la sua mano nella propria.
Proprio allora arrivò il loro amico comune, con ancora addosso tutta la delusione e la sofferenza che aveva provato.
“Io la amo.” cominciò “Vorrei sposarla, ma non posso. Perciò mi prenderò le mie responsabilità nei confronti della mia nazione, come è giusto che sia.”
Il conte lo guardò fisso, si spostò un po’ lateralmente e lo invitò a sedersi in mezzo a loro.
Lui così fece.
E fu buffo, dal punto di vista degli altri due, che Damon stesse in mezzo a loro, separandoli, perché era esattamente ciò che inconsapevolmente lui aveva sempre fatto.
 
I giorni successivi furono piuttosto frenetici a causa dei preparativi per le nozze reali.
Caroline non chiedeva di occuparsi dell’intera organizzazione, ma le sarebbe piaciuto venire quantomeno interpellata sulle decisioni prese, considerando anche quanto a lei piacessero gli eventi, di qualunque tipo.
In realtà però era già stato tutto deciso dall’Arciduca che aveva dato sobrie disposizioni: la cerimonia si sarebbe tenuta nella cattedrale di Westminster e poi ci sarebbero stati i festeggiamenti a Palazzo.
La giovane sposa non venne interrogata nemmeno sul vestito che avrebbe indossato, proveniente da una boutique londinese ovviamente lussuosissima.
La bionda però quasi non fece caso a queste mancanze, poiché qualcosa di molto più interessante attirava ogni giorno le sue attenzioni. E c’era soltanto una cosa più importante del suo matrimonio con il re d’Inghilterra: il re stesso.
Infatti Damon ricordava bene la promessa fatta a Elena e non aveva intenzione di venir meno alla parola data: avrebbe passato più tempo che poteva con la sua futura moglie, cercando i pregi che sia la sua amata che suo fratello gli avevano tanto elogiato.
Sfortunatamente ogni volta che stavano insieme la mente di lui volava lontana e inseguiva invano la figura di Elena, sempre troppo lontana per i suoi gusti o forse fin troppo vicina da non permettergli di andare oltre.
Infatti la situazione era decisamente pessima: sarebbe stato meglio se la minore delle Gilbert se ne fosse andata da palazzo, lasciando i due futuri coniugi da soli, ma sicuramente Caroline non ne sarebbe stata felice.
Ad ogni modo la bella bruna era convinta a lasciare Buckingham Palace il prima possibile dopo il matrimonio.
 
Era il 27 di settembre, cioè mancavano soltanto quarant’otto ore e Damon non sarebbe stato più celibe e libero.
Aveva provato il vestito per l’occasione, anche se non era necessario poiché i suoi sarti conoscevano bene le sue misure.
Aveva cercato anche di ripassare un po’ il discorso per la pronuncia dei voti, ma si era subito stancato, così aveva chiesto a Stefan qualcuno che glieli potesse suggerire, una volta all’altare.
Sentiva incombere su di se’ tante di quelle responsabilità che non riusciva neppure a fare ordine in quella testa scombussolata.
Non era stato così nervoso neanche il giorno dell’incoronazione, dieci anni prima.
Aveva passato parecchio tempo con Rick, ridendo e scherzando, ma essendo anche seri, talvolta, giusto per assecondare la naturale indole dell’amico.
Era stato anche con Rose, naturalmente solo come amici, parlando di tutta la loro vita e ricordando i momenti che più l’avevano segnata.
Stefan gli era stato vicino, chiedendogli sempre se aveva bisogno di qualcosa, assolutamente a sua disposizione.
Ma ormai nessuno poteva farlo sentire bene come Elena riusciva a fare e perciò l’uomo si diresse verso la stanza della ragazza, dove non le aveva più fatto visita dalla sera in cui le aveva dichiarato apertamente il suo amore.
La giovane aprì subito e non fu sorpresa di vederlo davanti a se’, poiché ella stessa stava pensando a lui e sembrava quasi che l’universo avesse voluto assecondare i suoi desideri più profondi fin quando era possibile.
“Domani è il gran giorno” esclamò lui come se avesse dovuto puntualizzarlo, come se lei non ci avesse pensato già per tutto il giorno.
“Caroline è molto felice, vedrete come sarà bella” lo informò sorridendo.
Lui però non voleva sapere come stava la bionda, ma come stava lei, suo bocciolo di rosa.
“Non ne dubito …”
Per un po’ calò il silenzio, poi lui chiese sfacciatamente il permesso di entrare e lei glielo accordò timidamente scostandosi dalla porta.
“Ho provato a fare come mi hai chiesto” riprese l’uomo serio “mantenendo fede alla mia promessa. Avrai notato il tempo passato con Caroline che sicuramente ha giovato molto all’idea che avevo di lei. Devo ringraziarti, ancora una volta.”
“Ero certa che un animo sensibile come il vostro avrebbe colto la meraviglia dell’animo della mia cara sorella. Vedo già in voi gli occhi dell’amore, non vi sarà difficile dimenticarmi.”
Parole dure da pronunciare, allo stesso modo da sentire.
“No, Elena. Mi trovo in disaccordo. Potrò anche stare con Caroline, passarci tanto tempo, addormentarmi al suo fianco e risvegliarmi coi suoi capelli sul petto. Sarà mia moglie e manterrò i miei voti e doveri nei suoi confronti, ma giuro che i miei sentimenti per te non cambieranno. Io ti amerò per sempre.”
Con queste parole l’uomo tentò di avvicinarsi a lei.
Come sarebbe stato bello saggiare quelle labbra almeno una volta, prima di entrare in quella tomba infernale che sarebbe stato il matrimonio con Caroline.
Elena però si ritrasse con gli occhi velati di lacrime, mise la sua manina sul petto dell’uomo e lo spinse a ritroso fino alla porta.
Damon la lasciò fare guardando le sue guance rosee, il mento perfetto, la pelle liscia e dorata, i capelli ricci color cioccolato … cercò di fissare questi particolari nella testa perché probabilmente quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe visto quell’espressione leggermente imbronciata e terribilmente affascinante.
O meglio questo è ciò che credeva.
Ed era la stessa cosa che credeva la giovane, mentre si chiudeva la porta alle spalle e si lasciava cadere sul pavimento.
Le lacrime che aveva cercato di trattenere cominciarono a scorrere e lei non poté fare altro che cercare di asciugarle con la veste bianca che le ricordava il meraviglioso vestito da sposa della sorella.
Cercò di non singhiozzare, rammentandosi che Jenna era nella stanza accanto e avrebbe potuto sentirla, ma alla fine non se ne curò e si lasciò andare a quel sentimento che le stringeva il cuore come una morsa.
 

 
perché una volta ho perso l'amore nella mia vita 
nessuno saprà mai quanto li ho amati 
ora vivo con il rimpianto 
che i miei veri sentimenti per loro non verranno mai rivelati 
cosi ho fatto una promessa a me stesso 
di dire ogni giorno quanto lei é importante per me 
ed evitare quella circostanza 
bhe, non c'é una seconda possibilità di dirle cosa provo 


Il giorno seguente l’intero Palazzo sembrava immerso in un’atmosfera fiabesca, al contrario della città di Londra.
Tutti gli addobbi e le decorazioni (non molte) erano state preparate in anticipo e ormai  anche i servi potevano godersi la sensazione di attesa che attanagliava l’animo di tutti.
Solo Zach pareva non curarsene, continuando ad occuparsi dei suoi affari amministrativi.
Forse non lo dava a vedere, ma era molto felice che Damon convolasse a nozze, non soltanto per via delle ripercussioni politiche, ma anche perché così il nipote non sarebbe più stato solo.
Era stato fermamente convinto che Caroline Gilbert fosse la persona giusta per occuparsi di tutte le incombenze della vita reale, ma non aveva mai pensato se quella donna sarebbe mai stata amata dal re.
Del resto lui neanche se lo ricordava, l’amore … un sentimento che aveva provato, in gioventù, ma che ormai sentiva tanto lontano.
Lontano quanto era la figura della sua adorata Jane, morta molti anni prima.
Chissà come doveva essere bella, quella creatura perfetta lassù in cielo …
Cercò di ridestarsi dai suoi pensieri e si rammentò del pranzo con Stefan e Damon, pertanto si avviò nei corridoi che ormai sembravano tanto freddi e tristi senza più lei.
“Buon giorno zio” lo salutò cortesemente il minore dei due fratelli, mentre l’altro gli rivolse un grugnito, ovviamente solo dopo il suo inchino come da etichetta.
Il moro era nervoso e anche un po’ arrabbiato così come sempre riversò tutta la sua rabbia sul vecchio Arciduca.
Eppure Zach aveva fatto davvero del suo meglio per tirare su quei due dopo la morte del fratello, nonché re.
Certo, entrambi erano già grandicelli: Damon aveva 25 anni quando salì al trono, mentre l’altro solo 16.
Non fu facile come potrebbe sembrare.
I due ragazzi aveva perso la loro madre quando erano molto piccoli  (Stefan era appena  nato) e Giuseppe era stata la loro unica figura di riferimento.
Benchè fosse l’uomo più impegnato dell’intero Paese aveva sempre cercato del tempo per i figli, tra i quali prediligeva Stefan poiché gli ricordava la defunta moglie.
Con Damon invece c’era sempre stato un rapporto conflittuale, quasi competitivo che non aveva certo giovato alla loro relazione padre-figlio.
L’Arciduca ricordava molto bene il giorno in cui il fratello si spense a seguito di una lunga convalescenza causata da una mortale ferita alla gamba.
 
 
Erano tutti lì, nell’immensa stanza del Re, a guardare quest’ultimo esalare i suoi ultimi respiri.
Stefan ormai piangeva inesorabilmente, seduto ricurvo al capezzale dell’unico genitore che aveva mai conosciuto.
Damon invece se ne stava seduto in un angolo su una poltrona di pregiato vimini, con i muscoli della faccia induriti in un’espressione indecifrabile.
Zach era dalla parte opposta, in piedi vicino alla porta, facendo come soleva fare in ogni momento, previsioni sul futuro dell’Inghilterra.
Benchè fuori piovesse a dirotto, l’intero popolo londinese era affacciato ai cancelli di Buckingham Palace, piangendo e pregando per la dipartita di un re che era stato così buono e giusto.
“D-damon …” disse con un filo di voce il morente.
Stefan e Zach si voltarono in direzione del ragazzo moro che sembrava stare combattendo una battaglia interiore, ma che comunque si alzò e si avvicinò al letto a baldacchino.
“Padre” rispose alla chiamata abbassando il capo per non incontrare gli occhi tristi dell’uomo.
“Ti chiedo scusa se talvolta sono stato severo nei tuoi confronti, mai avrei voluto arrecarti un dispiacere, ma era la cosa giusta da fare. Dovevo formarti e renderti l’uomo forte che sei diventato. Ti prego perdonami perché so che avrei dovuto lasciarti andare e farti prendere le tue decisioni da solo, ma non ci riuscivo perché ti vedevo indifeso. L’immagine che avevo di te non è mai cambiata dal giorno in cui è morta tua madre e tu avevi solo cinque anni … So di non averti mai lasciato sognare, ma ricordati che noi siamo re e possiamo godere di qualunque lusso eccetto quello dato dai sogni. Quando eri piccolo ho spento la tua fanciullezza con i colori grigi e cupi della mia melanconia, facendoti vedere il mondo con i miei occhi spenti, invece di lasciarti libero. Mi dispiace Damon di non averti mai detto quanto io sia felice che tu esisti.”
Giuseppe si fermò e deglutì a fatica, mentre il figlio cercava di contenere le lacrime e di non sentire i brividi lungo la schiena a quelle parole che aveva sempre desiderato udire, ma a cui avrebbe rinunciato volentieri soltanto per strappare ancora un giorno a quell’uomo così burbero, ma che era comunque suo padre.
Questo, in un ultimo spasmo, gli prese la mano: “Sono fiero di te” confessò spirando.
Tutti e tre gli uomini chiusero gli occhi per un istante che avrebbero voluto fosse eterno, ma poi Zach prese in mano le redini della situazione e si avvicinò a Damon, inchinandosi profondamente.
Dunque aprì la porta e comunicò ai primi ministri: “Il re è morto!”
Questi abbassarono lo sguardo ed entrarono nella stanza buia.
Si guardarono tra loro, poi lasciarono cadere gli occhi sul ragazzo moro: “Lunga vita al re!”
Detto questo ognuno di loro imitò il gesto dell’Arciduca: “Che Dio salvi il Re!”
Già … ma chi avrebbe salvato Damon?
 

 
Se domani non arrivasse mai
lei saprebbe quanto l'ho amata? 
Ho provato in ogni modo a dimostrarle ogni giorno 
che lei è l'unica per me? 
E se il mio tempo su questa terra fosse finito 
e lei dovesse affrontare il mondo senza di me 
l'amore che le ho dato in passato 
Sarebbe abbastanza per resistere?
Se domani non arrivasse mai? 
 


Zach si ridestò dai ricordi e cercò di intromettersi nella conversazione, ma non ci riusciva.
Un flusso di pensieri continui lo tartassava: lui non era stato migliore rispetto al fratello nei confronti di Damon.
Aveva lasciato che il suo orgoglio si rafforzasse sempre più, non gli aveva insegnato ad amare, ma per fortuna lui lo aveva imparato comunque.
Voleva bene a quel ragazzo, più di quanto lasciasse intravedere.
In pratica aveva commesso gli stessi errori di Giuseppe, anche se si era ripromesso di evitarli.
Ora quel ragazzo si era innamorato e lui aveva fatto finta di non vedere.
Non era stato clemente con quel giovane cuore che finalmente provava forti sentimenti, diversi per una volta dal dolore e dalla paura.
Era tanto cara e dolce quella ragazza dagli occhi di cerbiatto che forse avrebbe portato luce in quell’animo pieno di demoni.
Eppure anche lì aveva sbagliato: scegliendo la moglie sbagliata, la regina sbagliata, la donna sbagliata.
L’unica sua speranza era che le cose potessero risolversi presto, in qualche modo.
Guardò Damon riconoscendo in lui i lineamenti del defunto fratello e fu strano quando li vide mutare completamente nel suo fantasma.
Stava forse impazzendo?
Sbatté le palpebre e la visuale tornò normale se non fosse che era un po’ sgranata.
Tentò di prendere il bicchiere per bere un po’ d’acqua, ma sentiva un formicolio alle braccia, perciò dovette inumidirsi le labbra con gran fatica.
Si alzò in piedi, ma la testa gli girava vorticosamente e sentiva l’aria venire meno.
I due fratelli lo guardarono preoccupati: “Zio?” lo richiamò il minore.
L’uomo provò a camminare, ma le vertigini non glielo permettevano.
Cadde, non appena Damon si alzò in piedi.
Sentendo il tonfo le guardie entrarono nella stanza e le cameriere si affrettarono alla ricerca di un medico.
Con un balzo il re lo raggiunse, impedendogli di picchiare la testa, subito seguito dal fratello che lo guardava apprensivo.
“Zio!” ripetevano mentre Zach inspirava ed espirava sempre più lentamente.
“No, vi prego non lasciateci!” lo implorò Stefan.
“No, no, no …” ripeteva il moro con gli occhi lucidi.
Con uno scatto l’Arciduca prese loro la mano, come aveva fatto Giuseppe con Damon dieci anni prima: “State tranquilli …” disse con gli occhi rivolti al soffitto poiché non riusciva a muoversi “alla fine andrà tutto bene. E se non andrà bene, vorrà dire che non è la fine.”
Si spense così, tra le braccia dei nipoti tanto amati.
Le sorelle Gilbert arrivarono poco dopo allarmate dalla servitù così agitata, ma vane furono le loro condoglianze e quelle di Jenna, ormai nelle orecchie dei due fratelli Salvatore risuonavano assordanti le ultime parole dello zio.
 

 
Allora di a qualcuno che l'ami 
digli quello che stai pensando 
nel caso che il domani non arrivasse mai 

 
 
 
ANGOLO AUTRICE
 
Eccomi di nuovo qui!
Ci ho messo una vita a partorire questo capitolo, ma ce l’ho fatta!
Lo considero particolarmente succoso, voi che dite?
Dunque dunque, procediamo con ordine …
Damon ha confessato i suoi sentimenti ad Elena, ve lo aspettavate così?
Vorrei chiarire la “cosa” Alaric/Rose … allora questa storia, come avrete capito si basa sui sentimenti. Ora, i sentimenti non sono sempre ricambiati e io credo che nella vita si possa amare più di una persona, perciò non vedete il nostro Alaric come un uomo follemente innamorato di una donna che non avrà mai e perciò vivrà la sua vita come un monaco in perenne penitenza. Le cose si evolvono, le cose si evolvono sempre.
Per esempio chi si aspettava la morte di Zach?
Bella scusa per posticipare le nozze, vero?
Sono curiosissima di sapere cosa ne pensate.
Il titolo del capitolo è riferito a due episodi: Damon che confessa il suo amore a Elena perché convinto di sposarsi con la sorella e quindi di non poterglielo più dire.
E Zach che comprende di non aver agito nel modo giusto, di aver sempre rimandato tante cose con i nipoti, quando invece avrebbe dovuto comportarsi come se non ci fosse un domani.
Peraltro il capitolo è stato impostato come una sorta di song-fiction, ma solo perchè mi sono ispirata alla canzone If tomorrow never comes di Garth Brooks che mi è parsa molto attinente.
Spero che il titolo abbia senso anche per voi e di ricevere numerosi commenti.
Grazie.
 
 
 
 
 

 
  
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