Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: ChildOfTheDeath    10/09/2014    4 recensioni
" Cosa vedi nelle tue visioni? "
" Soltanto sabbia. Sabbia rossa, infuocata. E paura, tanta paura. "
-----------------------------------------------------------------------------------
Quando Nico Di Angelo trascina una ragazzina al campo mezzosangue, nessuno si aspetta che quella semidea dall'aria spaurita possa rappresentare una vera minaccia. Ma Genesis Hale sa di essere completamente pazza. Sente le voci, ha gli incubi e le visioni. Visioni spaventose, di scenari apocalittici, sangue e morte.
Qualcosa di oscuro e potente si sta risvegliando, e lei l'ha visto in anticipo. Quando Rachel Elizabeth Dare pronuncia la profezia è troppo tardi.
Chaos si è ridestato dal suo profondo sonno, e reclama vendetta.
------------------------------------------------------------------------------------
" E' tutto nelle tue mani, ragazzina. "
" Cosa scegli? Te stessa o il mondo? "
-------------------------------------------------------------------------------------
[ FUTURO APOCALITTICO, QUATTRO ANNI DOPO LA GUERRA DI GEA ] [ NICO/OC ]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nico di Angelo, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Chapter Thirteen- Monster

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

If I told you what I was,
Would you turn your back on me?
And if I seem dangerous,
Would you be scared?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<< Questo posto non mi piace. >> Commentai, con il naso rivolto all’insù. L’edificio che ospitava il casinò Lete era enorme e sfavillante. Migliaia e migliaia di insegne luminose inondavano l’oscurità della notte, facendo sembrare il grattacielo un enorme albero di Natale di vetro e cemento armato. Non avevamo impiegato molto tempo a trovarlo, data la grandezza, ma era diverso dagli altri casinò di Las Vegas. Innanzitutto era decisamente sovraffollato, e poi sembrava che persino i senzatetto potessero entrarci.

<< Già, mio padre ha un pessimo gusto in fatto di decorazioni. >> Lux si strinse nelle spalle, facendomi l’occhiolino. Il casinò Lete era gestito da- rullo di tamburi- Lete, il dio del fiume infernale. Non si poteva certo dire che il padre della ragazza brillasse per originalità, ma perlomeno era dalla nostra parte, o almeno speravamo. La divinità aveva contattato sua figlia quel pomeriggio, dicendole che era disposto ad aiutarci. Non sapevamo esattamente in che modo avrebbe potuto aiutarci, dato che in quel periodo avremmo avuto bisogno di un’intera squadra di medici e psicologi al seguito, ma non eravamo nella condizione di rifiutare una mano.

<< Beh, prima ce ne andiamo meglio è. Dite che possiamo entrare conciati così? >> Domandò Adrian, squadrandoci da capo a piedi. Mi grattai la nuca, dubbiosa. Eravamo decisamente in tenuta da combattimento. Nico con gli anfibi e la maglietta nera, io e Lux con i pantaloncini e i capelli raccolti, mentre il figlio di Nyx indossava la maglietta arancione del campo. Ognuno si teneva ben stretta la propria arma. Sentire l’elsa di Gioiosa premere contro le ossa del mio bacino mi infondeva sicurezza.

<< Non ho alcuna intenzione di infilarmi uno stupido smoking, quindi andiamo e basta. >> Nico mise fine alle nostre disquisizioni con tono sbrigativo, e si diresse verso il grande ingresso dell’edificio. Superammo un’Idra che sputava acqua nella vasca sottostante, camminando spediti sul tappeto rosso, stile Hollywood. Alcuni turisti in visita ci lanciarono occhiate stupite, probabilmente perché sembravano quattro ragazzini strafatti che andavano in giro vestiti da clown.

<< Benvenuti al casinò Lete, signorine e signorini. >> All’ingresso fummo bloccati da due donne dall’aria molto cordiale, che secondo il mio modesto parere non erano umane, proprio per niente. I loro capelli fluttuavano come mossi da una corrente marina, e la loro pelle assumeva una sfumatura leggermente bluastra quando tutte le lampadine cambiavano colore, circa ogni venti secondi.

<< Siamo le ancelle di Lete. Vi chiediamo gentilmente di consegnarci le vostre armi. La politica del casinò è molto chiara a riguardo. Niente violenza, o sarete sbattuti fuori. >> Sorrise gentilmente l’altra. Lanciai un’occhiata a Lux. Era lei la figlia del dio in questione, perciò era lei che avrebbe dovuto ricorrere alla sua parlantina in caso di bisogno. La ragazza aprì la bocca, ma fu interrotta da una delle due ancelle.

<< Oh, sappiamo chi sei, cara… Ma tuo padre ha deciso che la politica del casinò va applicata a tutti i suoi ospiti. Perciò… >> Tese le mani verso di noi, in un gesto eloquente. Estrassi Gioiosa dal fodero, con titubanza. La donna me la strappò di mano senza troppi complimenti, e fece la stessa cosa con la spada di Nico e quella di Adrian. L’operazione fu un po’ più complicata con Lux, dato che dovette consegnarle arco, frecce e faretra, ma alla fine ne uscimmo tutti pulitissimi.

<< Le vostre armi vi saranno riconsegnate all’uscita dal casinò, speriamo che il vostro soggiorno sia piacevole. Buona serata. >> Dissero all’unisono, poi si spostarono, lasciandoci entrare. L’ingresso era enorme. Al centro c’era un’altra fontana scultura rappresentante Idra , soltanto cinque volte più grande di quella esterna, e dieci ascensori caricavano e scaricavano tutti i visitatori ad una velocità impressionante. Lete aveva messo su un bell’affare, non c’era che dire. Dovetti aggrapparmi all’orlo della maglietta di Adrian per non essere travolta dalla calca.

<< Non perdetevi! >> Esclamò Nico, cercando di sovrastare il vociare rimbombante. Alzai gli occhi al cielo, cominciando a spintonare la gente. Non sopportavo i luoghi affollati. Tutto quel contatto, sconosciuti che invadevano continuamente il tuo spazio vitale… No, decisamente non faceva per me. Alla fine riuscimmo ad arrivare indenni al bancone della reception. Il mio piede sinistro pulsava ininterrottamente, dopo essere stato pestato almeno una decina di volte, però ero tutta intera.

<< Posso fare qualcosa per voi, ospiti mezzosangue? >> Un’altra donna con i capelli fluttuanti picchiettava sulla tastiera di un computer ad una velocità incredibile. Non alzò nemmeno lo sguardo mentre ci parlava. Urlò alla sua collega di rispondere al telefono, poi ci sorrise.

<< Ehm… Dovremmo incontrare mio padre. >> Rispose Lux, giocando nervosamente con la sua lunga treccia argentea. L’ancella alzò un dito, facendoci segno di aspettare. Tornò concentrarsi sul fisso di ultima generazione, con sguardo attento. Passò qualche secondo, poi le sue labbra si dischiusero in un sorriso a trentadue denti. Denti bianchissimi, dovevo dire.

<< Oh, sì. Vi stava aspettando. Purtroppo per raggiungere l’attico non è possibile prendere l’ascensore. >> Si rabbuiò per un attimo.

<< Ma ovviamente ci sono le scale! >> Trillò, felice. Oh, no. Per favore, assolutamente no. La mia gamba era ancora piuttosto malconcia, per non parlare poi del dolore pulsante alla spalla, che continuava a peggiorare ogni volta che facevo qualche sforzo.

<< A che… A che piano è? >> Chiese Adrian, cauto.

<< Al cinquantesimo. Una passeggiata, no? >>

<< Già, cose da niente. >> Ringhiò Lux, sarcastica. Nico le afferrò il braccio prima che potesse sbatterlo sul bancone della reception, poi la trascinò via. Adrian ed io ci affrettammo a seguirli, non volendo rimanere indietro. Certo, quel posto era soltanto un casinò… Però era gestito da una divinità, pur sempre il padre di Lux, ma non mi fidavo comunque. Gli dei aiutavano molto raramente i mezzosangue, per qualche strano motivo. Probabilmente si ritenevano superiori ai mortali, e preferivano vivere nella loro finta e fragile bolla di perfezione, che prima o poi sarebbe scoppiata. Dritta in faccia a loro.

<< Sverrò prima di arrivare in cima. >> Borbottai, accasciandomi contro la parete, nonostante non avessimo nemmeno salito un gradino. Per quale motivo non potevamo usare gli ascensori? Volevo farci venire un infarto? Eravamo troppo giovani per morire. Non sarei rimasta sorpresa se lungo il percorso ci fossero stati degli ostacoli. Stile gioco dell’oca.

Ops! Sei caduto nella trappola. Vieni ucciso da un branco di Gorgoni e torni al VIA.

Dei, stavo impazzendo. Anche se l’idea di considerare l’intera impresa come un gioco da tavolo mi faceva spuntare il sorriso sulle labbra. Ero sempre stata brava con i giochi in scatola. Soprattutto a Cluedo. Di solito riuscivo sempre a capire chi era l’assassino prima degli altri. Chissà se in quel frangente la mia abilità da detective mi avrebbe aiutata a scovare la Cassandra Scarlett della situazione.

<< Genesis? >> Sentii la mano di Nico sulla schiena. Il suo sguardo si soffermò sui miei pantaloncini. Sapeva che stavo pensando alla mia gamba, e il fatto che certamente fare cinquanta piani di scale a piedi non mi avrebbe di certo guarita. Comunque avevo del nettare d’ambrosia nello zaino, e non è che un paio di gradini mi avrebbero ammazzata… Giusto? D’accordo, in realtà avrei preferito mille volte combattere contro un’Empusa arrabbiata, ma soltanto perché ero piuttosto pigra. I miei migliori amici erano gli ascensori.

<< Ce la faccio. >> Risposi. Adrian e Lux stavano già iniziando a salire a passo sostenuto, ma con calma.

<< Lo so. >> Rabbrividii, percependo il suo respiro sul collo.

<< Volevo solo sapere se stai bene. >> Mi affiancò. Sembrava molto nervoso senza la sua fedele spada al seguito. Beh, non lo biasimavo. Io avevo Gioiosa da pochi giorni e già mi mancava. Mi chiesi cosa sarebbe successo se ci fossimo imbattuti nei mostri. Non avremmo avuto via di scampo, a parte scappare. Una fortuna che fossi una maestra nell’arte della fuga.

<< Mai stata meglio. >> Sbuffai. Non avevamo ancora avuto l’occasione di parlare di tutto ciò che era successo la sera prima… In realtà stavamo entrambi evitando quell’argomento. Lui non mi sembrava arrabbiato, ma ripensando alle mie braccia attorno al suo collo e al profumo della sua maglietta contro la mia pelle cominciava a battermi il cuore a mille e mi sentivo la gola secca. Nico aprì la bocca per rispondere, ma fu interrotto.

<< Ragazzi, volete sbrigarvi!? >> Sbraitò Lux, ormai giunta alla seconda rampa di scale. Alzai gli occhi al cielo. Speravo che arrivati all’attico di Lete ci sarebbe stato offerto almeno uno spuntino, dato che avevo già fame.

Sempre ammettendo il fatto che saremmo sopravvissuti a cinquanta piani.

 

 

 

 

 

 

<< Non mi sento più le gambe. >> Ansimò Adrian, accasciandosi contro l’unica porta che avevamo trovato al cinquantesimo piano. Sorprendentemente non c’era nessuno ad accoglierci. Mi sarei aspettata come minimo una decina di guardie armate, e le ancelle con la pelle blu, ma l’anticamera dell’attico era deserta. Strinsi i denti, immobilizzandomi la spalla con la manica della maglietta. Ad ogni passo che facevo il dolore peggiorava; non era niente in confronto a quello alla gamba.

<< Ci abbiamo messo venticinque minuti. Un record. >> Nico si passò una mano sulla fronte, asciugandosi il sudore. Estrassi la bottiglietta dell’acqua dal mio zainetto,  praticamente finendola senza nemmeno respirare. Avrei voluto versarmela in testa, ma non ne rimaneva molta. In quel momento mi sarei stesa sul pavimento per dormire, ma purtroppo Lux era già passata all’azione. Bussò un paio di volte alla porta dell’attico, con aria piuttosto tesa. Del resto quando un dio proponeva il suo aiuto non c’era da fidarsi. Avrebbe potuto tenderci una trappola, o cose del genere. Magari era dalla parte di Chaos. Tutti quei dubbi cominciarono a farmi pensare che forse la missione non si sarebbe svolta come previsto. Per fortuna eravamo riusciti a convincere Emma a restare al Campo. Non potevamo permetterci che le succedesse qualcosa di brutto.

<< Lux, figlia mia! >> Lete era un uomo sui quarant’anni, con i capelli argentei e un paio di iridi azzurro liquido, che sembravano galleggiare placidamente attorno alla pupilla bluastra. Il dio abbracciò sua figlia con trasporto, come se non la vedesse da mesi e mesi. Per un momento mi sentii triste. A Lete importava di Lux, le voleva bene. Mia madre non mi aveva nemmeno sfiorata quando ci eravamo incontrate per la prima volta nella radura. Per lei probabilmente ero soltanto un peso, oppure uno strumento d’intermediazione con gli dei. Senza di me nessuno le avrebbe mai creduto, nemmeno Apollo.

<< Vedo che ci sono anche i tuoi amici. Mi dispiace che la piccola Emma non sia potuta venire. Prego, entrate! Fate come se foste a casa vostra. >> L’uomo ci mostrò un sorriso candido, scostandosi dall’uscio. Varcammo la soglia uno alla volta, con titubanza. Quando mi trovai davanti l’attico rimasi a bocca aperta. Era una specie di loft enorme, con una piscina gigantesca proprio al centro del salone. Dal lato opposto della stanza, a circa venti metri di distanza, c’erano i fornelli e un tavolo ultramoderno, dall’aria leggera. Le ancelle di Lete spolveravano qua e là, con velocità e maestria. Un grande letto matrimoniale dava sulla vetrata del cinquantesimo piano. Da lassù la vista era mozzafiato.

<< Bella catapecchia. >> Commentò Adrian a mezza voce. Si passò una mano tra i capelli, come in trance.

<< Carino, vero? La piscina è riempita con l’acqua del mio fiume. >> Spiegò Lete, con un gesto teatrale. Effettivamente l’acqua della piscina si muoveva placidamente, scossa da una forza misteriosa, che sembrava provenire dalle particelle stesse.

<< Perché? >> Domandò Nico, incrociando le braccia sullo stomaco. Non dava l’impressione di essersi particolarmente stupito, ma sapevo che odiava mostrare i suoi sentimenti, perciò aveva addosso la solita maschera impenetrabile che lo caratterizzava.

<< Ho promesso che vi avrei aiutato, e così farò. Prima però mi serve un volontario. Non potete entrare tutti nella vasca. >> Lete ignorò il figlio di Ade, facendosi improvvisamente serio. Perché diamine stava chiedendoci di fare il bagno? Non avevo nemmeno il costume. Ci lanciammo uno sguardo preoccupato.

<< Perché? >> Fu Lux a chiederlo. Avevamo deciso che sarebbe stata lei a fare da mediatrice, del resto era sua figlia.

<< Un volontario… >> Cantilenò Lete, scuotendo la testa.

Un volontario per cosa? Sinceramente per la settimana ne avevo avuto abbastanza di missioni suicide. Non volevo entrare in quella stupida piscina. Magari il dio desiderava soltanto i miei ricordi, oppure ci stava prendendo in giro e mi avrebbe annegata, o cose del genere. Portai una mano al fianco, dimenticandomi che Gioiosa era rimasta al piano terra. Con la coda dell’occhio osservai la porta. Due ancelle si erano posizionate davanti all’uscio, impedendoci la fuga. Era come se Lete avesse voluto intrappolarci all’interno. Guardai Nico, accanto a me. Aveva la bocca serrata in una linea sottile, ma dalla sua espressione capii cosa stava per fare. Voleva offrirsi come volontario. La sua scelta sarebbe stata piuttosto sensata, dato che era il più grande e il più potente tra noi quattro. Senza nulla togliere ad Adrian, ma quel ragazzo era figlio di Ade. Le sue abilità erano sconfinate, ed era abituato a combattere, a differenza nostra. Però… No.

<< Io. Voglio essere io. >> Dissi, prima che Nico potesse parlare. Percepii quattro paia di occhi puntati verso di me.

<< Non… >>

<< Perfetto! >> Lete interruppe il diciottenne, prendendomi per mano. La sua pelle era cada e asciutta, in modo quasi rassicurante. Non era un uomo cattivo. Non aveva l’aria da moglie arcigna come Era, né l’aspetto isterico di Zeus. Sembrava semplicemente un ricco, gentile ed attraente proprietario di un grande casinò.

<< Se non ti dispiace, dovresti spogliarti. Funzionerà meglio se sei senza vestiti. >> Sorrise il dio.

La mia mascella toccò terra. Cosa!? Non avevo alcuna intenzione di immergermi nuda- davanti a ben due ragazzi- in quella stupidissima piscina. Lanciai uno sguardo di supplica a Lux, ma lei scosse la testa, come per scusarsi. Sbuffai. Ero stata io a fare quella scelta, perciò sarei andata fino infondo. Mi liberai dello zainetto, lasciandolo cadere sul pavimento. La mia spalla protestò a gran voce mentre mi sfilavo la maglietta, buttandola da qualche parte. Sentii lo sguardo di Adrian e Lux perforarmi la schiena. Si stavano sicuramente chiedendo perché fosse piena di graffi. Nico non aveva detto a nessuno di ciò che era successo la notte prima. Non voleva che nessuno si preoccupasse, dato che avevamo già abbastanza problemi di cui occuparci. Le mie mani tremavano mentre sbottonavo i pantaloncini di jeans, facendoli scivolare lungo le gambe. Poi scalciai via scarpe e calzini, stringendomi le braccia attorno alla gabbia toracica.

<< Adesso? >> Domandai, con voce incredibilmente ferma. Ringraziai il cielo di non essermi messa il reggiseno con gli ippopotami. Sarebbe stato davvero imbarazzante.

<< Ti spiegherò brevemente cosa succederà. >> Cominciò il dio, nel silenzio più assoluto. Ordinai al mio cuore di battere più lentamente; avevo paura che gli altri riuscissero a sentirlo.

<< Come sai, il fiume Lete è il fiume dell’oblio, della dimenticanza. Ma ha anche un’altra… funzione. >> Continuò.

<< Svariati millenni fa, sono stato incaricato dagli dei di conservare i loro ricordi più preziosi, in modo che non fossero mai caduti in dimenticanza. Ebbene, te ne mostrerò uno. Un ricordo in particolare che sarà utile per la vostra impresa. >> D’accordo, fino a quel punto niente di preoccupante.

<< Ti immergerai nell’acqua. Dovrai riuscire a trattenere il fiato per un po’, perché non appena tornerai fuori le immagini si fermeranno, e andranno perdute per sempre. >> Ecco.

Mi sembrava un po’ troppo facile. Non ero mai stata ad un corso di sub, e- nonostante mi piacesse l’acqua- non avevo mai battuto il record mondiale di apnea. Se solo Percy fosse stato lì, in quel momento… Non ci saremmo trovati in quella situazione molto rischiosa. Annuii. Non potevo permettermi di avere paura. Dovevo concentrarmi, e pensare a cosa sarebbe successo se non avessi resistito abbastanza. Non potevo fallire, ne andava della riuscita dell’impresa. Non volevo che il mondo andasse a pezzi a causa mia. Non volevo che Chaos si risvegliasse perché non ero abbastanza forte. Gli avrei dimostrato che sotto la ragazzina impaurita si nascondeva un eroe. Fu quella parola ad infondermi coraggio. Scesi lentamente i gradini che portavano sul fondo della piscina. L’acqua non era caldissima, ma nemmeno troppo fredda. Rabbrividii quando il liquido cristallino arrivò a sfiorarmi le costole. Presi un respiro profondo, e poi mi tuffai. L’acqua si richiuse sopra la mia testa, e divenne tutto nero.

 

Mi trovo nella sala del trono. Gli intarsi dorati alle pareti non sono cambiati, ma le poltrone sono sparite, lasciando spazio a lunghi tavoli per i banchetti. I piatti sono stracolmi di pietanze prelibate; risa e chiacchiere si diffondono nell’aria, rendendo l’ambiente caldo ed accogliente. Gli dei e le ninfe sono riuniti attorno ai tavoli, e mangiano con eleganza e compostezza, parlando tra loro e con i propri vicini. Sono tutti rilassati, e felici. Atena e Poseidone si lanciano occhiatacce da lontano, ma l’astio reciproco non sta rovinando la festa. Un uomo e una donna che non ho mai visto si tengono per mano, guardandosi negli occhi. Sono amanti.

<< Sono davvero molto offesa, Teti. >> Nella sala del trono cala il silenzio. Mia madre ha spalancato il portone. E’ bellissima. I capelli rossi le ricadono sulla schiena, e il peplo bianco le fascia il corpo perfetto, mettendone in risalto ogni curva. Ai piedi indossa un paio di sandali chiari. In mano tiene una mela. Una mela d’oro.

<< Eris. >> E’ stato Zeus a parlare. Si alza in piedi, riducendo gli occhi blu a due fessure.

<< Ma, nonostante reputi questo mancato invito una grave mancanza di rispetto, sono venuta per porgere i miei omaggi agli sposi. E consegnare il mio regalo. >> Il ghigno sulle labbra di mia madre fa quasi paura. Si avvicina con passo baldanzoso fino ai tavoli del banchetto. La mela che ha in mano non passa inosservata. La posa esattamente al centro della tovaglia, vicino ad un piatto pieno di frutta prelibata.

<< η πιο όμορφη >> Dice, a voce alta.

Alla più bella.

<< E’ stato un piacere passare a salutarvi. Buon proseguimento. >> Poi lancia un’occhiata ad Atena, Era ed Afrodite, e scompare.

Nella sala del trono si levano esclamazioni indignate, ma non presto molta attenzione. Vicino ad un focolare c’è una bambina. E’ piccola, ma nei suoi occhi si legge la saggezza di una dea. Tiene in mano un calice dorato, molto simile a quello degli altri dei. La bambina sta piangendo. Ha capito cosa ha scatenato Eris. Sa che a breve scoppierà la guerra di Troia. Una lacrima risplendente cade nel calice d’oro, e improvvisamente capisco.

L’ho trovato.

Ho trovato il calice della vita

 

 

Quando riaprii gli occhi ero ancora sott’acqua, e la testa mi stava scoppiando. Riemersi velocemente, cominciando a tossire e sputacchiare. I polmoni mi facevano male, ma ero riuscita a resistere. Finalmente sapevo cosa era il calice della vita. Non sapevo che le lacrime di una dea bambina sarebbero state così importanti, ma restava ancora da scoprire dove diamine fosse stato nascosto. La terra della morte… Cosa c’era di più mortale del Tartaro? Salii di fretta i gradini, desiderosa di poter uscire da quell’acqua così strana, ma me ne pentii subito. L’aria dell’attico era fredda, ed io completamente bagnata. Un’ancella di Lete si materializzò accanto a me, avvolgendomi un asciugamano attorno alle spalle.

<< Oh, per gli dei… >> Lux mi abbracciò, rischiando di stritolarmi. Ricambia la stretta, sorpresa. Non avevo mai avuto una vera amica, eppure lei si comportava come tale.

<< Ehi, sto bene! >> Esclamai, evitando di farle notare che mi aveva distrutto la spalla dolorante. La figlia di Lete era pallidissima. Nemmeno il colore ambrato della sua pelle riusciva a nascondere il bianco delle guance.

<< Non ti muovevi… Sembravi morta. >> Borbottò, con gli occhi spalancati. Ah.

 Mentre avevo la visione mi ero completamente dimenticata di essere in acqua. Soltanto quando mi ero svegliata avevo capito che ero lì sotto da troppo tempo, e i miei polmoni avevano un disperato bisogno d’aria. Mi strinsi nella salvietta, mentre ai miei piedi- sul lussuoso parquet- si formava una grande pozza trasparente. Lanciai uno sguardo di scuse a Lete, ma lui si limitò a sorridere. Se lui custodiva i ricordi degli dei non poteva semplicemente dirci cosa era il calice della vita, invece di farmi quasi affogare? Lasciai da parte quel pensiero. Infondo gli dei erano tutti uguali. A loro piaceva far dannare i propri figli mezzosangue.

<< Hai trovato quello che cercavi, Genesis Hale? >> Domandò Lete, facendosi improvvisamente serio.

<< Sì. >>

Rimaneva soltanto da scoprire dove diamine si nascondesse.

 

 

 

 

 

 

 

<< Mi fanno male i piedi. >> Borbottò Lux, rovesciando i suoi scarponcini scuri, che cominciarono a vomitare sabbia dorata e sottile. Le luci di Las Vegas illuminavano l’ingresso del deserto del Nevada, il luogo perfetto per fare un viaggio nell’ombra e non essere visti dai mortali, a detta di Nico. Purtroppo per raggiungerlo eravamo stati costretti a camminare per un’ora intera, schivando turisti spaesati e gente che rincorreva i ladri di portafogli o i truffatori. Sbuffai, lasciandomi cadere su un masso relativamente piatto, perfetto per riposarsi qualche istante. Avevo ancora i capelli fradici, per non parlare delle mutande e del reggiseno, che avevano inzuppato anche i pantaloncini di jeans e la canottiera scura. Non che l’acqua mi desse particolarmente fastidio, ma la sensazione di viscido sulla pelle mi faceva venire i brividi. Nel deserto non c’erano gli scorpioni? Per non parlare poi dei serpenti velenosi, e…

<< Possiamo riposarci per qualche minuto e poi tornare al campo. >> Suggerì Adrian. Gli lasciai un po’ di spazio, e lui si accomodò accanto a me, poggiando i gomiti sulle ginocchia. Annuii, ma ero inquieta. Era stranissimo che nessun mostro ci avesse attaccati. Eravamo in quattro semidei, per di più tutti insieme nella stessa città. A detta del figlio di Ade eravamo come un razzo segnalatore per le creature del tartaro, eppure non avevamo ancora ricevuto visite indesiderate. Poggiai Gioiosa sulle mie gambe, facendo passare le dita sulla lama fredda, perfettamente lavorata. Il bronzo celeste scintillava nel buio della notte, infondendomi una sensazione di sicurezza.

<< Io muoio di fame. Chi vi ha dato il permesso di prendere i posti migliori? >> Si lamentò Lux, intenta a rifarsi la treccia, ormai completamente disfatta. Quella massa di capelli non doveva essere di certo facile da controllare. Erano tanti, e lunghissimi. Ripensandoci anche io avrei dovuto tagliarmeli. Ormai mi arrivavano alla vita, e il sudore me li faceva appiccicare al collo. In quel momento avrei voluto essere un maschio. Adrian ridacchiò, ma non era affatto intenzionato ad alzarsi. Gli lanciai una lunga occhiata di sottecchi. I suoi occhi erano identici a quelli di Emma, per non parlare della curvatura delle labbra e la forma del naso. Si sarebbe visto anche ad un chilometro di distanza che erano fratelli.

<< Li ha visti prima Genesis. Invece di lagnarti potevi darti una mossa. >> Sorrise il figlio di Nyx. Lux gli fece la linguaccia, incrociando le braccia sotto il seno. Era riuscita a pettinarsi con le mani, e la treccia che le ricadeva sulla spalla era perfetta. Come diavolo aveva fatto? Io ci avrei impiegato come minimo mezz’ora. Mi legai i capelli in una coda sbrigativa, scostandomi dagli occhi delle fastidiose ciocche che mi ostruivano la visuale.

<< Dovremmo andarcene. >> Commentò Nico. Si era deciso ad aprire la bocca? Era dalla nostra breve visita da Lete che non parlava. Si era chiuso in uno strano mutismo, e rispondeva alle domande con grugniti o sguardi scocciati. Quel ragazzo era decisamente ingestibile. Se ne stava in piedi a fissare un punto indefinito. Sembrava preoccupato, come se aspettasse qualcosa con ansia. Forse aveva paura che un mostro ci attaccasse.

<< Sei sicuro di farcela, amico? Ci è avanzato del nettare. >> Disse Adrian, sventolando in mano una boccetta di ambrosia. Non c’erano stati problemi con il viaggio nell’ombra per arrivare a Las Vegas, perché Nico non era stanco. Ma in quel momento… E poi avrei preferito di gran lunga farmela a piedi fino a New York. Al solo pensiero di quel tunnel oscuro mi vennero i brividi.

<< Sto bene. Soltanto… Speravo che Lete ci avrebbe rivelato qualche informazione più utile. >> Scrollò le spalle, scuotendo la testa.

<< Ci ha rivelato un’informazione utile. Ora sappiamo cos’è il calice della vita. >> Risposi, stringendomi nelle spalle. Poi mi alzai in piedi, allungando le braccia verso l’alto, cercando di sciogliere i miei muscoli doloranti.

<< Ma non sappiamo a cosa serve, né dove è stato nascosto. Forse se… >> Il figlio di Ade si interruppe, lanciandomi una strana occhiata. Mi piantai le mani sui fianchi, inarcando le sopracciglia. Cosa stava tentando di insinuare?

<< Forse se cosa? >> Domandai, sulla difensiva. Lui rimase in silenzio per un secondo. Temetti che non mi avrebbe risposto, e forse avrei fatto meglio a sperarlo.

<< Se avessi lasciato entrare me, probabilmente non saremmo tornati a mani vuote. >> Spiegò, con tono piatto. Fui tentata di scoppiare a ridere e di saltargli al collo al tempo stesso. Sapevo  che sarei dovuta aspettarmi una risposta del genere. Del resto era di Nico Di Angelo che si trattava.

<< Perché sai trattenere il fiato più a lungo? >> Ringhiai, avvicinandomi di un passo. Lui si voltò verso di me, incrociando le braccia al petto. Gli lanciai l’occhiata più cattiva del mio repertorio. Odiavo quella sua espressione impenetrabile. Riusciva a nascondere così bene i suoi sentimenti da essere superiore a tutto e a tutti. Anche io avrei voluto riuscirci.

<< Perché ho più esperienza di te, ragazzina. >> Ribatté con voce aspra. Digrignai i denti.

<< Non chiamarmi ragazzina, idiota presuntuoso. >>

<< Io sarei un idiota presuntuoso? Tu non riesci proprio a capire il ruolo che hai in questa storia. >> Mi puntò un dito contro, con fare accusatorio.

<< Oh, invece capisco perfettamente! Non sono versi difficili di interpretare, sai com’è. Devo morire, punto. >> La mia voce stava cominciando ad alterarsi. Non ero una che urlava molto spesso, ma in quel momento mi sarei messa volentieri a gridare a pieni polmoni.

<< Devi morire al momento giusto. >> Ringhiò. Barcollai all’indietro, come se mi avesse mollato uno schiaffo. Deglutii, sentendo le lacrime salire agli occhi. Non pensavo che sarebbe stato capace di dire una cosa del genere, anche se effettivamente aveva ragione.

<< Sono felice che ti importi così tanto di me. >> Sibilai, con voce gelida. Sentivo lo sguardo di Lux ed Adrian perforarmi la schiena. Nico mi afferrò per un polso, prima che potessi girare i tacchi e scappare nel deserto a gambe levate, diretta verso chissà dove.

<< Non è quello che intendevo. >>

<< Ah, davvero? Allora cosa intendevi? >>

<< Ragazzi. >> Disse Lux. La ignorai.

<< Sei tu che mi fai dire cose che non voglio. >> Abbaiò il figlio di Ade, rincarando la stretta. Mi stava quasi facendo male. Non provai nemmeno a divincolarmi, tanto sapevo che sarebbe stato inutile.

<< Quindi adesso è colpa mia. Cercavo soltanto di tenerti al sicuro, Nico. Non volevo che tu ti immergessi in quella stupida piscina, d’accordo? >> Ok, gli stavo praticamente sbraitando in faccia.

<< Non ho bisogno della tua protezione, Hale! >>

<< Ragazzi, sul serio. >> Ritentò Lux. Le lanciai un’occhiataccia, poi mi bloccai. Lei ed Adrian non stavano fissando noi. Il loro sguardo era rivolto verso l’alto. Erano entrambi piuttosto pallidi. Il figlio di Nyx aveva sguainato la spada, mentre la ragazza teneva in mano l’arco, con una mano dietro alle spalle, infilata nella faretra. Deglutii. Nico ed io ci voltammo contemporaneamente.

Mi trovai di fronte a due occhi gialli ed enormi. Anzi, a diciotto occhi gialli ed enormi; perché un drago a nove teste ci fissava con aria poco amichevole. La prima cosa che mi venne in mente fu come diavolo avevamo fatto a non accorgerci di quel mostro orribile. La seconda una serie di immagini di noi che morivano carbonizzati o in modi persino più atroci, tipo bruciati a fuoco lento come degli spiedini di carne. Spalancai la bocca, incerta se urlare o scoppiare a piangere, ma il diciottenne mi atterrò prontamente. Sentii il calore di una fiammata sul volto, poi rotolammo via insieme. Mi alzai velocemente, estraendo Gioiosa dal fodero. La spada dello Stige di Nico roteò a qualche centimetro dal mio volto.

<< Non tagliate le teste! >> Sbraitò Adrian, prima di nascondersi dietro al masso dove era seduto. Improvvisamente capii di fronte a cosa ci trovavamo.

Era un’Idra. Il drago a sette teste che Ercole era riuscito a sconfiggere. Il drago che in quel momento ci stava ruggendo contro, e di certo non stava tentando di avere con noi una conversazione amichevole. Lux riuscì a mirare all’occhio di una delle teste, mezzo accecando quel mostro orribile. In tutta risposta l’Idra sputò una vampata di fuoco, che la figlia di Lete riuscì a schivare soltanto per un pelo. Cercai disperatamente di portare a galla le poche cose che avevo studiato sulla letteratura greca. Come aveva fatto Ercole? Fuoco, serviva del fuoco. Avremmo dovuto bruciare i moncherini delle teste, altrimenti ne sarebbero ricresciute due, e allora la situazione si sarebbe fatta davvero disperata. Il problema principale era che non avevo idea di come saremmo riusciti ad accendere un fuoco di notte, nel bel mezzo del deserto.

<< Dobbiamo scappare. Raggiungiamo Lux ed Adrian, poi vi porto al campo. >> Comunicò Nico. Evidentemente era giunto alla nostra stessa confusione. Provai a fare un passo in direzione dei due, ma un muro di fuoco si frappose tra noi. L’Idra non aveva alcuna intenzione di lasciarci andare. Vivi, perlomeno. Non potevamo ucciderla, non potevamo fuggire… E allora cosa avremmo fatto? Improvvisamente mi venne un’idea. Era un piano folle e suicida, ma dovevo tentare.

<< Distraetela! >>

<< Devo riuscire a raggirarla senza che mi veda! >> Sbraitai poi, e partii di corsa. Sentii Nico imprecare in una lingua a metà tra il greco antico e lo slang del Bronx, lanciandosi al mio inseguimento. Fui tentata di tirargli in testa la spada, ma evitai. Adrian cominciò a mulinare le braccia, attirando l’attenzione del mostro, mentre dalla direzione di Lux cominciava a partire una raffica di frecce dall’aria piuttosto letale. Schivai per un pelo la coda dell’Idra, che mi avrebbe certamente mozzato la testa, e continuai la mia corsa.

<< Cosa vuoi fare!? >> Gridò il figlio di Ade, allontanando con un fendente l’enorme zampa del drago, che stava per spiaccicarlo come una frittella. L’Idra ruggì di dolore, arrabbiandosi ancora di più.

<< Fidati di me! >> E poi arrivai di fronte al mostro. Avevo il cuore che batteva a mille, e sentivo che sarei potuta svenire da un momento all’altro. Lascia cadere Gioiosa sulla sabbia, deglutendo. Poi urlai, con voce acuta. Il drago si bloccò, abbassando lo sguardo su di me. Mi trovai di fronte un’enorme testa squamosa, e un paio di occhi gialli dalla pupilla allungata. Occhi incantatori, brillanti.

<< Fermati. Io ti ordino di fermarti. >> Dissi, con tono deciso. L’Idra emise uno sbuffo dal naso, confusa. Incatenai i miei occhi con i suoi, sentendo il mio potere fluire verso il mostro. Riuscivo a vederlo, come una leggera brezza fresca che mi faceva rizzare i peli delle braccia, quasi fosse elettricità statica.

<< Non essere il mostro che vogliano tu sia. >> Continuai, con voce più dolce. Il drago socchiuse i grandi occhi, prorompendo in una specie di lamento. Con un tonfo fragoroso si sedette a terra. Sentivo tutti gli occhi di tutte le teste fissi su di me. Io stavo di fronte alla più grande, quella velenosissima. Riuscivo perfettamente a vedere le file di denti affilati, che avrebbero potuto dilaniare la mia carne in qualche secondo. Allungai una mano verso il muso del drago, tremando.

<< Sei meglio di così. Io ti tratterei bene. >> Sussurrai, mantenendo il contatto visivo.

Poi accadde l’impossibile. L’Idra diede un buffetto alla mia mano col naso enorme, poi chinò la testa, toccando terra. Accarezzai la pelle brillante e squamosa, non riuscendo a credere ai miei occhi. Avevo appena addomesticato un drago gigante. Nemmeno Ercole ci era riuscito. Un lampo di inquietudine mi fece stringere il cuore. Avevo domato un mostro. Forse ci ero riuscita perché non eravamo poi così diversi. Perché forse c’era anche dentro di me, quel mostro.

<< Per gli dei.. >> Mormorò Adrian, mentre io mi lasciavo cadere accanto al mostro, dando buffetti sul collo lungo e viscido.

<< Allora. >> Cominciai.

<< Chi vuole un passaggio per New York? >>

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE AUTRICE

Ta-daaaaan! Allora, innanzitutto mi scuso per il ritardo, ma sono stata molto impegnata. Lunedì inizia la scuola e io voglio scappare in Perù. Giuro che lo faccio. Non voglio ricominciare a studiare, non sono psicologicamente pronta. Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto, lasciate una recensione! Grazie mille e bacioni-oni :3

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: ChildOfTheDeath