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Autore: _AnnabeThalia_    10/09/2014    8 recensioni
A causa di un incidente d'auto avvenuto in macchina con la famiglia, Annabeth rimane ferita, gravemente. I giorni del coma sono sfocati e bui, finché un giorno, la voce familiare di un ragazzo, non arriva ad illuminarli. I racconti dei ricordi perduti, quelli vissuti con intensa emozione giorno dopo giorno. Gli amici, la famiglia, l'amore.
Quarantacinque giorni in cui Annabeth riscopre la sua vita, mentre tutti pensano che la vita, invece, l'abbia già perduta.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Percy/Annabeth
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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DAY ONE.
VECCHIE CONOSCENZE.

 
18 Giugno.
Annabeth.
Da quando qualche tempo fa (non so ben definire quanto, senza un orologio) ho sentito la voce di quel ragazzo, non ho potuto far a meno di cercare di capire chi fosse, e soprattutto, perché ci tenesse tanto a farmi rimanere in vita.
Ripenso alle parole, che anche se con inesattezza, sono rimaste impresse nella mia mente.
“Le riassumerò le emozioni più forti e le parlerò delle persone che la circondano. Un ricordo, un giorno “  
Perché mai un estraneo vorrebbe rammentarmi parti della mia vita che non posso più ricordare o rivivere? Forse non è un estraneo. Magari è un cugino, uno zio o qualche altro parente.
Ma ancora una volta, se fosse un cugino o uno zio, perché non fa lo stesso con mio fratello?
Mille domande si accavallano nella mia mente, mentre passeggio per la mia stanza buia.
La cosa utile di essere mezzi morti, in uno stato di coma assoluto? Hai tempo per pensare, e tanto, direi.
Non so perché, ad esser sincera, ma anche l’idea di riflettere mi attira; forse nella mia vecchia vita trovavo utile questa azione. Magari mi piaceva farlo…
Dio, che confusione. Pensare mi piace, in questo momento, ma non ho le fonti necessarie per farlo. Non ho informazioni. E credetemi, se dico che le informazioni sono tutto ciò che più desidero, in questo momento.
Per la prima volta, da quanto ricordo, una strana emozione si fa largo dentro di me: il desiderio di conoscere.
Momentaneamente, spero solo che il ragazzo mantenga la sua promessa, che arrivi e mi racconti della mia vita, delle vicende che non ricordo più.
E quasi come se controllassi il mondo con la mia mente mezza addormentata, la porta si apre e richiude.
Il rumore di qualche passo incerto e poi una botta, accompagnata da una sonora imprecazione.
“Ahià! Porca miseria, che dolore. Il mignolo. Proprio il mignolo? Con tutte le dita dei piedi che ho, proprio il mignolo? “ il suo tono buffo mi fa quasi ridere… Se solo ne fossi capace.
Sento il suono di una sedia e poi un formicolio leggero alla mano; probabilmente la starà stringendo.
Una strana emozione prende il sopravvento su di me, quando inizia a parlare. Mi rendo conto forse per la prima volta, di quanto sia bella la sua voce, e di quanto suoni calda e familiare.
“Bene, bene, Sapientona. Pensavi che non sarei venuto alla fine, eh? “ lo sento ridacchiare.
“Avrei tanto voluto arrivare prima, tesoro. Perdonami, ma il grande capo mi ha ordinato di mettere a posto la stanza, prima. Dice che tu mi obbligheresti ad essere più preciso, se potessi parlarmi…
Già, sei una piccola dittatrice, Annie.  “ immagino che in condizioni normali, riderei, e probabilmente, lo obbligherei a chiedermi perdono in ginocchio.
Okay, forse, e dico forse, sono una piccola dittatrice. Ma, ehi, che ci posso fare io?
Sorrido all’impatto della sua risata, sentendomi io stessa un po’ più leggera.
Che sensazione strana… Che cos’è?
Non riesco a collegare tutti i tasselli, ne mancano ancora troppi.
“Uh con grande capo non intendo proprio il ‘Grande Capo’, quello con la G maiuscola… E anche con la C, suppongo. O con la D? Oh, Cielo, sto facendo confusione.
Ripartiamo.
Voglio dire, mia madre- Sally, ti ricordi di lei? (Quella che fa i biscotti blu, io li adoro e anche a te piacciono tanto!) – mi ha ordinato di sistemare la stanza, che era un po’ incasinata. Beh, forse un po’ tanto, ma sono dettagli”
Cerco di immaginare la sua espressione confusa, ma il suo volto non riesce a prendere alcuna sembianza. La voce, però, quella sì che la percepisco. Capisco di averla ascoltata con attenzione tante e tante volte.
Improvvisamente, l’immagine di una donna con una teglia di biscotti blu in mano, balena nella mia mente.
Ha caldi occhi castani e lunghi capelli scuri, con qualche filo argenteo, ma non è affatto anziana. Il suo sguardo trasmette amore. Indossa un’uniforme rossa-bianca-e-blu con su scritto “Sweetness of America”, probabilmente il negozio in cui lavora.
Mi chiedo se il ragazzo le assomigli, in qualche modo. L’immagine della donna è ancora impressa nella mia mente, quando una voce dolce alla mia destra prosegue- o meglio, inizia- con il racconto.
Presto la massima attenzione a ciò che dice, desiderosa di assimilare quanto più posso, considerate le mie precarie capacità di memoria.
“Da cosa potrei iniziare? Uhm… Magari presentandomi, perché no.
Sono un ragazzo super-figo con splendidi occhi e verdi e capelli neri. Ci conosciamo da un sacco di anni e tu in segreto mi hai sempre amato, il tuo è stato… Come dire? Un vero e proprio colpo di fulmine.
Mi hai visto… E sbam! Sei rimasta folgorata…”
“Ecco perché sono mezza morta, spiegazione interessante” ribatto mentalmente, sarcastica.
“…A tal punto che non hai resistito oltre, e dopo qualche tempo di attesa, hai attirato la mia attenzione, e mi hai confessato il tuo infinito amore nei miei confronti “ rimango scettica a questa parte del racconto, anche a quella prima, a dire il vero, tuttavia, sorridendo tra me e me per l’interessante storiella.
Non crederei di essere così frivola neanche in condizioni di piena memoria, figurati con un piede nell’aldilà.  
“Oh, Percy. Piantala, non puoi manipolarla, caspita. È la tua ragazza, non sarebbe moralmente corretto! “ lo sento borbottare tra sé e sé.
Percy.
La tua ragazza.
Due tasselli piuttosto grandi si uniscono a quella sottospecie di roba che ho egregiamente soprannominato “puzzle mentale”.
Ecco perché il ragazzo non è andato da mio fratello, ecco perché sta parlando a me.
La verità mi risveglia come una secchiata d’acqua: sono la sua ragazza.
Inizio a cercare mentalmente una piccola immagine di noi, ma non riesco a ricordare nessun attimo totalmente o minimamente nostro.
Neppure uno. 
“Sappi che faccio questo solo perché altrimenti, una vola sveglia mi tortureresti nel modo più crudelmente immaginabile “ rido nella mia camera buia.
“Dovevamo avere un rapporto meraviglioso “, penso.
 “Bene, chiarito questo, oggi ho deciso di ricordarti una parte fondamentale della tua vita; quando eri una bambina. Una innocua, piccola, graziosa mini-dittatrice. Quello lo sei ancora, ma crescendo, hai raggiunto il ruolo di ‘dittatrice piena’. Ritieniti fortunata.
Ad ogni modo, ti racconterò del Campo, del giorno in cui ci siamo conosciuti” la voce del ragazzo si fa improvvisamente seria, quando parla. Quasi malinconica, triste.
“Faccio una premessa; ogni Estate che si rispetti, deve essere passata al ‘Campo Mezzosangue’, e per noi è una specie di tradizione, suppongo. Ci andiamo tutti gli anni. Si chiama così perché è stato fondato dal Signor D. (non chiedermi perché si faccia chiamare così, il suo vero nome non l’ha mai svelato) e mettiamola in questo modo: è un vero fissato con i miti e le storie degli antichi greci. Ha assunto al campus anche il signor Brunner, ma fa in modo che tutti lo chiamino ‘Chirone’, così l’idea suona più realistica”
Improvvisamente, un’immagine si proietta nella mia mente: un uomo su una sedia a rotelle, con una giacca di tweed, capelli castani, radi e barba incolta. Tiene in mano un bicchiere da cappuccino dello “Starbucks”, che emana un piacevole odore di caffè.
Vorrei gridare di gioia, sto iniziando a ricordare.
Alla sua destra, l’immagine di un uomo con una camicia hawaiana tigrata, pantaloncini color kaki, e una bottiglia di vino in mano, che protesta per avere più alcolici, perché per tre mesi, una bottiglia non basta affatto.
La voce del ragazzo, intanto, continua a parlare e mi ritrovo piacevolmente sorpresa dalla marea di ricordi che lo leghino a me.
“La prima volta che sono arrivato al campo, mi ha aggredito l’alano del Signor D., prendendomi per un maniaco solo perché urlavo ‘Che cucciolone che sei! ’ ‘Ma che bel maschietto! ’… Ti chiederai cosa ci sia di male, perché sia stato rincorso per metà del campo, e infatti ora te o spiegherò in modo molto chiaro: era una femmina. “ scoppio a ridere mentalmente, mentre cerco di raffigurarmi la scena.
“Però, parliamone: quale padrone sano di mente, chiamerebbe ‘Minotauro’ il suo cane? Che per giunta, è pure una femmina! Il mio era un più che valido motivo per chiamarlo maschietto, mi sembra “
Quel ragazzo è simpatico. E imbranato, a quanto pare.
Mi piace.
“È stata la prima volta che ti ho visto, tu te ne stavi lì, a braccia incrociate e ridevi di gusto, mentre il cane mi rincorreva per tutto il campo. Ti ho notata subito, avevi due splendide codine arricciolate, e una maglia arancione del campo. Mi sono distratto nel guardarti, e sono scivolato su un sasso, sbattendo la testa “
Cerco di immaginare quella bambina, ma non ci riesco. È come se ascoltassi la vita di un’altra persona, composta da persone che non posso ricordare o immaginare semplicemente perché non le conosco.
“Era esasperante aver fatto la completa figura dell’idiota con te, sai? Soprattutto perché dopo quel momento, hai continuato a trattarmi proprio come un idiota “ la sua risata serena mi inebria le orecchie.
“Mi sono risvegliato in un lettino dell’infermeria, con il tuo volto disgustato che mi fissava. Ti ho guardato innocentemente, non capendo il motivo di tanto fastidio nel tuo sguardo, quando te ne sei uscita con un ‘quando dormi, sbavi ‘ che mi ha fatto abbassare gli occhi, notando l’enorme gora bagnaticcia sulla maglia. Non mi sono mai vergognato così tanto “
Un ricordo vivido mi attraversa di colpo la mente.
Una sedia accanto ad un lettino, e un bambino che dorme angelicamente.
No, non così tanto angelicamente.
Il mio sguardo si avvicina all’immagine del bambino: è a pancia in su con la bocca aperta, e sta sbavando come un lama. Ha i capelli neri tutti spettinati, e un bernoccolo violaceo sulla fronte. Lo vedo girarsi, stropicciarsi il viso e voltarsi verso di me; ha due meravigliosi occhi verdi.
La mia visuale si allontana mentre osservo i due bambini; la ragazza seduta ha due grandi occhi grigi, e una faccia un po’ schifata, in effetti. Un’altra icona appare nella mia mente: i due stessi ragazzi, leggermente più cresciuti, si tengono la mano sulla spiaggia; la ragazza ride, e il ragazzo, sostanzialmente più alto di lei, la abbraccia ridendo.
Un senso di felicità mi opprime il petto: sono davvero io, quella ragazza così spensierata?
“Il primo giorno è stato decisamente memorabile, diciamo. La sera ho fatto la mia seconda figura dell’idiota. Ogni prima sera al campus che si rispetti, i ragazzi si dividono in due squadre per la Caccia alla bandiera, una specie di caccia al tesoro dove bisogna trovare la bandiera avversaria prima che sia la squadra avversaria a farlo. Ero spaesato nell’ammasso di ragazzi, e conoscevo solo te (beh, più o meno, sì…), ma eri occupata a sbavare dietro a Luke come un obeso dietro ad una montagna mobile di cupcake. Io ti osservavo incuriosito, e lo ammetto, anche leggermente infastidito da tutte le attenzioni che riservavi a lui. Dopo, mi hai scelto nella tua squadra, presentandomi a Thalia, (credo sia la tua migliore amica) e a Silena.
Ero così felice che tu mi avessi fatto più o meno integrare con gli altri, così tanto che nel giro di un quarto d’ora sono finito nel laghetto delle anatre.
Si sono messi tutti a ridere, proprio mentre tu tornavi con la bandiera azzurra. Mi hai guardato quasi dolcemente, ma poi non hai trattenuto le risate. Credici o no, è stata la giornata più lunga della mia vita! “ rido fino alle lacrime nella mia stanza buia, ricordando ogni attimo con estrema enfasi.
Una ragazza mora con enormi occhi blu mi sorride, camminiamo a braccetto verso il boschetto.
Un ragazzo biondo, piuttosto carino che mi porge un foglietto mentre arrossisco, e infine Percy, che nuota verso la riva del laghetto, spaventato, confuso e divertito allo stesso tempo.
I suoi occhi verdi trasmettono pura innocenza.
Tutti questi ricordi trovano il loro posto nella mia mente, proiettandosi nella mia testa l’uno dopo l’altro. È una sensazione strana, ricordare. Ma per il momento, è la cosa più bella che possa fare.
La porta si apre e richiude, permettendo ad una voce squillante di entrare: “L’ora del passo è terminata! La prego di uscire “
Percepisco lontanamente la mano calda di Percy sulla mia guancia, che lentamente, rilascia una morbida carezza.
“A domani, Annie “ sorrido teneramente, mentre ancora una volta la porta si spalanca e in seguito si accosta.
Il suono accanto a me aumenta inesorabilmente, e intanto, le scene ricordate, si riproducono nella mia mente in sequenza.
Prima di addormentarmi, un semplice pensiero si formula nella mia testa; la sua mano calda e la sua voce dolce. E non posso fare a meno di sperare, che l’indomani arrivi presto.
 
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Il mio angolino:
Ehilà! :3
Allora, parto dicendo un enorme “Grazie” a tutti coloro che hanno recensito, inserito la storia tra le seguite, ricordate e preferite, o anche solo letto il prologo; mi avete reso molto felice!
Sono rimasta davvero colpita dalle cinque recensioni, ero una bomba di felicità, ahahah
Perciò grazie, grazie, e ancora grazie!
Ad ogni modo questo è il primo capitolo effettivo, mi sono divertita molto a scriverlo, e spero veramente che vi sia piaciuto! Sarei molto felice se mi faceste sapere la vostra opinione con una recensione, per me è molto importante sapere cosa ne pensate! ^^
 Come si può ben intendere da testo, nessuno di loro è un semidio o ha a che fare con il mondo divino; il Campo è semplicemente una specie di campus estivo, che sarà scena di molti dei ricordi principali di Annie.
Prima che mi dimentichi: aggiornerò una volta a settimana, che dite, va bene? :)
Grazie mille per aver letto, intanto.
Un abbraccio!
 Mad. <3
  
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