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Autore: Frytty    28/09/2008    2 recensioni
Mi manchi. E sembra strano, ma la mia vita senza di te non vale molto...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutte! Mi dispiace, come al solito, per il ritardo ma l'ispirazione per terminare questo capitolo, proprio non ne voleva sapere di farsi avanti, perciò ho penato un po' per finirlo, quindi, vi prego, non ammazzatemi XD. Ovviamente, ringrazio tutti coloro che leggono, quelli che hanno inserito la mia ff tra i preferiti e ovviamente le mie due lettrici accanite XD:

mcr_girl: Grazie mille per i complimenti, che non sono ancora convinta di meritarmi appieno e grazie per le tue recensioni sempre presenti, spero che questo capitolo non ti deluda, un bacio! ^^

Elyrock: Ma sei tu che mi porti alle lacrime, socia! ç.ç sono sempre più scioccata del fatto che tu riesca in modo magistrale ad afferrare tutto quello che voglio dire, o far provare, perché alla fine, non mi sembra di riuscire a descrivere le sensazioni così bene. Più che altro mi affido alla mia memoria visiva. Scrivo avendo delle immagini in testa, tipo un film, le butto giù al computer e per me è sufficiente. Il mio intento è vero, è quello di far provare emozioni a chi legge, come quasi ogni scrittore credo, ma più che altro, tengo in particolar modo a far ripercorrere la storia che metto in atto attraverso delle immagini e mi sorprende sempre vedere che riesco a farlo con qualcuno che le mie parole non si limitino in quello spazio bianco. Ok, sto tergiversando XD stavo dicendo, cavolo! Mi fai davvero sciogliere come un budino al sole *.* e poi io addovvo le tue recensioni *.* ti voglio un mondo di bene socia, tienilo a mente! Grazie mille, un bacio e un abbraccio *.*! ^^

Ed ora, eccovi a voi il 21° capitolo

Imbraccio piano la mia chitarra bianca.
Non voglio svegliarla.
Inizio a suonare qualche nota.
Sembra strano come ogni volta che prendo in mano la chitarra mi sembra come se non la toccassi da una vita.
Le mie mani sembrano acquistare quella vecchia familiarità solo dopo qualche minuto.
Eppure adoro la sensazione delle corde sotto le dita.
Scivolare piano da un tasto all'altro, producendo quel suono che non è una vera e propria nota, né una melodia.
Eppure mi fa stare incredibilmente bene.
Buffo.

Socchiudo gli occhi quel tanto che basta per inquadrare e mettere a fuoco gli oggetti che mi circondano.
Sorrido quando incrociano il viso di Frank concentrato sulla sua chitarra.
Mi stropiccio piano gli occhi con il dorso di una mano.
Adoro osservarlo di nascosto, senza che lui mi noti e vorrei farlo anche adesso se solo uno sbadiglio non mi tradisse.
Si volta verso di me di scatto, come se l'avessi in qualche modo spaventato.
< Scusa, non avrei voluto svegliarti. > Sussurra sorridendo.
< Non preoccuparti. > Gli avvolgo le braccia intorno al collo, abbracciandolo brevemente per poi baciarlo dolce su una guancia.
< Colazione? > Mi chiede, mettendo da parte lo strumento e alzandosi prendendomi per mano.
< Colazione. > Approvo lasciandomi aiutare.

< Cosa credete di fare, voi due? > Per poco non lancio un urlo quando la voce di Mikey mi raggiunge le orecchie appena entriamo nell'angolo cottura del nostro tour-bus.
< Cavolo Mikey! Vuoi farci morire?? > Mi porto la mano all'altezza del cuore.
Lascio la mano di Mel che sorride per poi raggiungere Mikey e dargli il buongiorno con un sonoro bacio sulla guancia, mentre io mi avvicino alla macchinetta di caffé, riempiendo la mia tazza circa a metà di quello strano liquido ambrato.
< No, voglio solo impedirvi di demolire la cucina! > Scherza lui mentre Mel praticamente gli toglie dalla mani la sua tazza di caffè e latte.
Mi sento stranamente in imbarazzo con Mikey.
E non era mai successo prima.
Voglio dire, non siamo mai stati grandi confidenti ma siamo amici e come spesso accade tra di noi condividiamo tutto.
Mi sento stranamente un terzo incomodo.
Sono incredibilmente intimi tra di loro.
E non mi riferisco al significato della parola in senso stretto, no.
Sanno comunicare con un semplice sguardo, non hanno bisogno di parole.
Sorridono, si guardano, si studiano a vicenda per un po' e ciascuno dei due è perfettamente consapevole di ciò che l'altro ha in mente.
Lo so, è sempre stato così, fin dal primo istante e non ne sono geloso.
Non più ormai.
Ma fa comunque uno strano effetto.
Sorrido dal bordo della mia tazza rossa mentre li vedo scherzare e chiacchierare.
Sono come avvolto in una bolla, osservo la scena da lontano ma non per questo me ne sento escluso.

Aspettando che i ragazzi inizino a provare, prendo posto su un amplificatore accanto alla batteria, di quelli grandi, neri e posizionati lateralmente.
Mi ci isso su con la forza delle braccia e inizio a dondolare i piedi, i palmi appoggiati sulla superficie già calda dell'amplificatore, guardandomi intorno.
I tecnici lavorano quasi febbrilmente, sistemando i cavi, provando i microfoni, ritoccando anche i dettagli sfuggenti.
Quando ti rechi ad uno show, non immagineresti mai il lavoro che sta dietro il prepararlo, facendo in modo che tutto sia come la band ha richiesto e come il pubblico si aspetta.
Sembrano quasi scontati quei ringraziamenti che i musicisti fanno alla fine di uno show, rivolti ai tecnici, ai truccatori, ai parrucchieri, ma bisognerebbe stare seduti come me su quest'amplificatore e guardare loro che lavorano per rendersi conto che non è così.
< Ehi! Ti godi il dietro le quinte, eh? > Alex mi affianca, sedendosi sull'amplificatore di fianco al mio e osservando come me il via vai frenetico delle persone che ci passano davanti come se fossimo invisibili.
La osservo per un breve momento e sorrido.
< Si. Non ci si capisce molto ma è rilassante. > Rispondo continuando la mia perlustrazione con lo sguardo.
< E' vero, ne sono convinta anche io. >
< Allora, che mi dici di bello? > Le chiedo, voltandomi verso di lei senza abbandonare la mia posizione.
< Solite cose... > Risponde vaga, cercando di farmi desistere. Ma io sono brava a scovare le bugie.
< E... Gerard? > Le suggerisco quasi involontariamente.
Arrossisce. Bingo!
Abbassa lo sguardo cercando di nascondere quell'innaturale rossore che le colora le guance.
< Al solito. > Risponde alla fine.
< Come sarebbe a dire al solito? >
< Proprio quello che ho detto. Al solito. >
< Cioè vuoi dire che tra voi non è ancora successo nulla? > Le chiedo sorpresa.
< E come potrebbe essere altrimenti? Mi vede ancora come la sua compagna di banco, a scuola, quella con cui riesce a parlare di tutto e niente, quella con cui può rimanere in silenzio ore sapendo che saprò in ogni caso cosa pensa... insomma, quasi una sorella per farla breve. >
< E tu non hai mai provato a dirglielo, quello che provi per lui? >
< Oh, dannazione! Si vede così tanto? >
Annuisco, comprensiva.
Si porta una mano alla fronte per poi portarsi indietro i capelli, poi sospira piano.
< In verità no. >
Non mi è mai capitato di trovarmi in una situazione simile prima d'ora, perciò non saprei davvero cosa dirle.
Rimango in silenzio perdendomi nella confusione del backstage.
< Voglio dire, tu e Frank siete semplicemente perfetti. >
Rido.
< Grazie, ma non credo sia così, insomma siamo umani, anche noi litighiamo, anche noi non andiamo d'accordo alle volte, sbagliamo ma sappiamo riconoscere i nostri errori. Non credo siamo perfetti in ogni caso. >
< Dico davvero! Lui ti ama, come vi guardate... Dio! vorrei essere come voi, sul serio! > Spalanca gli occhi nella speranza di farmi ricredere sulle sue parole.
< Devi solo provare a mostrargli ciò che provi. Magari all'inizio sarà difficile, ma vedrai che alla fine vi capirete. >
< Non sono mai stata una persona coraggiosa. > Abbassa lo sguardo, osservandosi i piedi che dondolano leggeri.
< Se vuoi vado a dirglielo io! > Scherzo spingendola di lato.
Sorride.
< Grazie. > Mi dice dopo qualche istante di silenzio.
< Di che? Avanti! Potrebbe essere la tua serata questa! > La aiuto a scendere dall'amplificatore, abbracciandola poi.

< Siete dei nostri, allora? > Ci chiede Mikey diffondendo nei dintorni una sostanza che avrebbe voluto essere un profumo.
Guardo Mel al mio fianco, che sorride.
Sembra non riuscire a fare altro in questi giorni.
E la sua allegria e la sua ritrovata spontaneità sembra dare a tutti una marcia in più.
< Ok. > Rispondo anche per lei.
Le strade di Toronto sono fredde eppure bellissime.
Le prendo la mano, facendo intrecciare le nostre dita e lei si stringe appena di più a me.
Le sorrido mentre ci perdiamo nei colori e nelle luci delle vetrine dei negozi del viale, già addobbate per le feste natalizie ormai prossime.
Quasi non ci accorgiamo di esserci distanziati dagli altri.
Mel si ferma ad ogni vetrina, sbirciando all'interno dei piccoli caffé rustici, caldi e accoglienti, sorridendo come una bimba ed io la assecondo.
Sembra divertente scrutare le persone da fuori, separato da un vetro su cui lasci l'alone del tuo respiro e le impronte delle tue dita fredde.
< Dovremmo aspettare gli altri. > Dice ad un tratto, guardandomi e prendendomi per un braccio.
< Già. > Rispondo, avvicinandomi e accarezzandole le poche ciocche di capelli che sfuggono al controllo del berretto di lana grigio e rosa.
Le accarezzo la punta del naso, rosso e gelido a causa del freddo, sorridendo divertito, rendendomi poi subito conto che potrei trovarmi anch'io nella sua stessa condizione: con un naso da pagliaccio freddo.
La bacio, circondandola in un abbraccio.
< Ti amo. > Mi sussurra in un orecchio quando poggia la testa sulla mia spalla, ricambiando la stretta e baciandomi l'attimo dopo una guancia.
< Anch'io. Tanto. > Le rispondo, allontanandola appena da me.

Quando gli altri ci raggiungono io sono completamente persa nella contemplazione di questo grazioso caffè.
Spio tutto dal vetro con il nome del locale impresso sopra, di color verde muschio.
Le pareti sono in legno scuro e i tavolini di pietra lavorata sembrano donare al tutto un aspetto quasi antico.
< Sembri una barbona, lo sai Mel? > Mi spavento al suono della voce di Mikey e mi scosto dal vetro trattenendo appena il respiro, le mani ancora incollate al vetro e l'alone del mio respiro che piano piano svanisce.
< E' più divertente così. > Rispondo sorridendogli e affondando l'attimo dopo le mani nelle tasche del mio cappotto pesante.
< Che ne dite di una cioccolata calda? > Propone a tutti, alzando appena la voce.
Annuiscono tutti entusiasti ed io non faccio altro che precederli in questo caffè dall'aspetto rustico e simpatico.
Non sembra essere un posto molto frequentato.
I tavolini sono quasi tutti vuoti, fatta eccezione per una coppia che sembra divertirsi di fronte alla loro tazza di cioccolata fumante e una mamma con la sua bambina in braccio che sorseggia un caffè e nel contempo cerca di far addormentare la piccola.
Due uomini danno le spalle ai tavoli, seduti al bancone, chiacchierando allegramente.
Il barista, un bel ragazzo biondo, sembra assorto, assorbito dalla loro conversazione.
Prendiamo posto in un tavolo in fondo, l'unico abbastanza spazioso per farci accomodare tutti e sospiriamo di sollievo al caldo dell'ambiente mentre ci liberiamo degli indumenti pesanti.
Dopo qualche minuto la cameriera ci raggiunge con il classico blocchetto delle ordinazioni in mano e una penna, rigorosamente blu.
< Cosa vi porto, ragazzi? > Sorride. Mastica una caramella a molla.
< Cioccolata calda per tutti, grazie. > Risponde Gerard, seduto accanto ad Alex che sorride.
Intercetto appena il suo sguardo e le faccio l'occhiolino.
La cameriera si allontana a passi lenti e cadenzati mentre gli altri riprendono a parlare.
Abbandono la schiena sulla spalliera della sedia, guardandomi intorno ancora un po'.
E' come se fosse un posto che avessi già visto, da qualche parte, come quelle foto in bianco e nero che nonostante abbiano il doppio dei tuoi anni, sembra sempre che ti rimandino a qualcos'altro ed è quello che sta succedendo a me ora.
Frank la testa poggiata sulle braccia incrociate sul tavolo, mi osserva.
< Cosa c'è? > Gli sussurro, avvicinandomi per scompigliargli i capelli.
Scrolla le spalle in un movimento che nella posizione in cui si trova, risulta alquanto buffo, e sorride.
< Voglio tornare al bus. Sono stanco morto. > Sussurra dopo un momento, così piano che devo avvicinarmi ancora per sentirlo.
Chiude appena gli occhi e le vedo le sue palpebre farsi pesanti.
< Hai tutto il tempo per dormire. > Lo prendo in giro, scuotendolo per svegliarlo, nonostante sono consapevole che non sta dormendo sul serio.
Eppure non ha intenzione di aprire gli occhi, così lo scuoto più forte.
Certo, il tepore del locale non gioca a suo favore, soprattutto dopo aver trascorso un'oretta al freddo esterno a passeggiare.
Gli bacio una guancia, nel momento esatto in cui la cameriera ritorna con le nostre sette cioccolate calde, ancora fumanti.
Afferro la mia tazza con entrambe le mani non appena mi viene messa davanti, soffiandoci sopra per farla appena raffreddare.
Frank si stiracchia mentre lo osservo di sottecchi portare in alto le braccia e sbadigliare come se si fosse appena svegliato.
Giocherella svogliatamente con il cucchiaino all'interno della sua tazza di cioccolato caldo, per poi prenderla tra le mani e iniziare a sorseggiarla.
< Il richiamo degli zuccheri... > Lo canzono, sorridendo dal bordo della mia tazza giallo limone.
In risposta mi fa una linguaccia, avvicinandosi nuovamente al bordo della sua tazza.
Sorrido, volgendo lo sguardo ancora intorno nel locale.
Sono ancora le stesse persone di quando siamo entrati, ma stranamente non mi sento annoiata nell'osservarli.
Adoro osservare le persone intorno a me.
Mi piace pensare di poter essere in grado di ascoltare i loro pensieri, che vorticano nella loro mente, frenetici.
Mi piace osservare i loro occhi, perché gli occhi, ho sempre pensato potessero raccontarti tutto di una persona.
E quelli che incontro ora, sono così simili ai miei che rimango incantata a scrutarli, gli occhi vacui.
< Ehi! Cosa c'è che non va? > Mi chiede Frank, ma la sua voce è troppo lontana.

< Voglio uscire. > Mi dice in preda al panico.
Mi guardo intorno come se non sapessi bene cosa fare, e so che dovrei solo prenderla per mano e portarla via proprio come mi ha chiesto, anche se indirettamente, ma stranamente non ci riesco.
< Perché? > Le chiedo invece come un perfetto idiota.
E' solo che non mi sembra ci sia niente di strano qui.
< Voglio solo uscire. > Continua a supplicarmi con lo sguardo ed è proprio per i suoi occhi, che minacciano di soffocare di lacrime da un momento all'altro, che mi alzo prendendola per mano e portandola via.
Sento gli sguardi degli altri perforarmi la schiena.
Ci fermiamo qualche negozio più avanti.
Lei appoggia la schiena contro il muro e respira forte come se avesse corso.
< Mi dici che succede? > Le chiedo costringendola a guardarmi negli occhi.
< Era mio padre. >
< Chi? > Chiedo guardandomi intorno anche se non c'è nessuno.
< Nella caffetteria, seduto al bancone. > Continua.
< Sei sicura? > Le chiedo accigliandomi.
Annuisce piano.
< Mi ha guardata. >
< Credi ti abbia riconosciuta? >
< Non lo so, insomma, è passato così tanto tempo! Quasi non me lo ricordavo nemmeno io! > Sbotta, un misto tra rabbia, delusione e tristezza.
Mi avvicino e la abbraccio accarezzandole i capelli.
< Andrà tutto bene. > Le sussurro. Lo so che sembra stupido.
Mi sento quasi uno di quegli eroi improvvisati dei film d'azione, quello che alla fine anche se non ci sta capendo niente e anche se non ha un vero piano in mente, abbraccia la controparte femminile e le sussurra che andrà tutto bene, quando non ne è sicuro neanche lui.
Si aggrappa alla mia felpa ma non piange.
< Cosa pensi di fare? >
< Voglio andare via. > Mi sussurra tanto che faccio fatica a capirla.

COMMENTATE?!? ^^

   
 
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