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Autore: Ink Voice    11/09/2014    8 recensioni
Raccolta di one shot appartenenti all'universo dei Soulwriters Team, seguito di quelle di Andy Black e Barks.
1. ESCAPE. Frammenti di ricordi la svegliarono nel cuore della notte anche quella volta.
2. COLLAGE. Frammenti di sentimenti. Sentimenti forti, che mai vogliamo condividere con il prossimo.
3. RUINS. Frammenti. Stavolta di paure, intimi segreti e timori nascosti, che ci domandiamo se riusciremo mai a superare… forse con l’aiuto di qualcun altro sarebbe più semplice.
4. AGAIN. Frammenti del passato. Del passato che fa male, che ci tormenta con i suoi fantasmi. [...] C’è un modo per dimenticare? Cosa faremmo se il doloroso passato ci si ripresentasse davanti all’improvviso? E ancora… se decidessimo noi di affrontarlo?
Buona lettura e buon proseguimento del vostro cammino nelle opere dei Soulwriters.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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2. COLLAGE
Frammenti di sentimenti. Sentimenti forti, che mai vogliamo condividere con il prossimo. Forse per paura di essere giudicati, di essere messi a nudo, di venir presi in giro, di essere messi in imbarazzo.

Helen detestava mostrarsi timida o non all’altezza della situazione, ma ancora di più cercava di farsi vedere sempre indifferente e s’impediva in ogni modo di arrossire. Sean invece era più spigliato e a suo agio con quello che provava, non se ne faceva una colpa come la ragazza, sempre timorosa di mostrare troppo di sé stessa.
Ed aveva timore di Sean, che le faceva provare sentimenti talmente intensi da mozzarle il respiro, farle girare la testa o chiuderle lo stomaco in una morsa fastidiosa.
Quei suoi occhi blu che spegnevano il fuoco dentro di lei la mettevano in soggezione, e quindi a disagio. Il suo sguardo in cui si rifletteva tutto l’oceano bastava a farla pensare a lungo, a farla distrarre, lo rincontrava nei suoi sogni e la faceva svegliare di soprassalto con l’amaro in bocca.
Perché lei, sicura di non essere alla sua altezza, si allontanava da quel ragazzo prima ancora di provare. Provare a stargli vicino, a vedere se i suoi sentimenti erano ricambiati.
Cercava il suo sguardo e quando lo otteneva distoglieva il suo, nuovamente timorosa.
Dal canto suo, Sean non sapeva bene come comportarsi con quella ragazza. All’inizio non l’attraeva oltre la semplice amicizia proprio per il suo essere così schiva, riluttante ad avere un confronto con gli altri, riservata, chiusa.
Ma non poteva fare a meno di desiderare di poterle scrutare nel profondo senza alcuna barriera da lei stessa posta, per capire cosa la bloccasse.
Helen non sapeva cosa fare. Aveva paura di aprirsi, di essere giudicata, e conoscendosi non avrebbe sopportato alcuna critica su di sé. Si sarebbe subito giustificata, o avrebbe liquidato il tutto con un secco, glaciale “Lasciami perdere”.
I due parlavano solo di argomenti superficiali, non si conoscevano nel profondo e per questo Sean non se la sentiva di definirla una cara amica, per quanto non riuscisse a considerarla solo una semplice conoscenza. Ancora non sapeva che quel sentimento di sincera amicizia sarebbe cresciuto a dismisura fino a ricambiare l’amore che provava Helen.
Amore? La ragazza quasi si rifiutava anche solo di pensare a quella parola. Esagero di sicuro, si diceva. L’amore a cui lei si riferiva era un altro. Quello tra due veri innamorati, che sarebbe stato reso sincero e veramente reale solo con un matrimonio o con dei figli. E l’altro amore a cui pensava era quello di cui si era sentita privata alla separazione dei genitori.

Passò più di un anno prima che la situazione tra i due giungesse ad un punto decisivo. Helen lentamente abbassava le sopracitate barriere che costruiva intorno a sé per farsi conoscere da Sean, il quale a poco a poco ricomponeva quel grande, complicato puzzle che era la sua mente, i suoi pensieri, il suo animo, il carattere, i ricordi e ancor più tardi… le emozioni, i sentimenti, le paure.
-Helen…- Sean si fermò di colpo a chiamare l’altra durate una delle solite passeggiate sul molo di Olivinopoli, che però in quel momento smise di promettere normalità. La ragazza lo imitò e si girò verso di lui, interrogativa.
-Cosa c’è?- chiese infatti.
-Per favore, dimmi sinceramente perché sei così… schiva. Rancorosa. Chiusa in te stessa…- mormorò lui, fissandola negli occhi. Sospirò non appena lei distolse lo sguardo all’orizzonte e, prontamente, le afferrò il polso per impedirle di andarsene.
-Sean, non voglio parlarne.
-Dovresti invece! Sarebbe d’aiuto per te e per chi ti conosce, chi ti vuole bene!
-No!- esclamò lei infiammandosi. -Non sai cosa ho provato quando papà se n’è andato da quell’altra donna! Ha lasciato mia madre sola e l’ha condotta alla follia che poi ha spinto me a scappare…
-Helen, non fare la stupida!- ribatté il ragazzo. L’altra lo guardò nuovamente negli occhi. Non sapeva cosa pensare e di nuovo temeva di aprirsi, di essere giudicata impulsiva per ciò che aveva fatto. Aveva paura che quegli occhi suoi, cremisi, ardenti, vendicativi, la tradissero e riversassero in quelli profondi, espressivi e dolci di Sean tutti i suoi ricordi troppo violentemente. Se avesse voluto aprirsi a qualcuno, l’avrebbe fatto da sola e scegliendo cosa rivelare e cosa no. Non avere il controllo su di sé la disorientava e la spaventava.
-Non faccio la…
-È ovvio, non so cosa provi perché a me non è successo, ma proprio per questo non voglio giudicarti! Voglio solo conoscerti perché ci tengo molto a te, lo capisci o no?
Helen si bloccò. Sgranò gli occhi leggermente a mandorla mentre il cuore impazziva. Temeva di essere soffocata dalla valanga di emozioni che una semplice espressione le aveva liberato nel petto.
“Ci tengo a te.”
-Io, anche io… tengo a… a te- balbettò mentre si girava, liberandosi senza sforzo dalla presa dell’altro, cercando di nascondere l’evidente, imbarazzante rossore che le aveva invaso il volto.
Sean sorrise. Intenerito. -Dai, Helen, a me puoi dire tutto. Voglio davvero conoscerti bene…
La ragazza non sapeva che fare. Voleva confessargli ciò che provava ma qualcosa la bloccava. Voleva spiegargli perché era fuggita senza dare una spiegazione sommaria, ma non sapeva da dove cominciare. Voleva parlargli di sé ma, nonostante le rassicurazioni, aveva ancora paura di essere criticata…
-Sean, davvero, non me la sento- mormorò, la testa bassa.
L’altro era stranito. Certo, capiva il suo timore ad aprirsi, finalmente, a qualcuno interessato alla sua situazione, ma allo stesso tempo non riusciva a comprendere perché non lo facesse con una persona con cui addirittura conviveva. -Non devi avere paura.
Helen sospirò. -Le cose da dire sono tante, ma non riesco nemmeno a cominciare, capisci?- Sean restò in silenzio, così da spingerla a parlare. -Ho scoperto troppo presto cos’erano l’odio e il rancore, che adesso… provo… per mio padre. Non vorrei dirlo, è comunque un mio genitore, ma per colpa sua mia madre è praticamente impazzita, mi ha soffocata e mi ha tolto un sacco di libertà… Sean, io dentro di me sento il fuoco. E il fuoco non può essere limitato, perché tanto poi si libera e invade e distrugge tutto ciò che lo circonda.
-Hai distrutto qualcosa?- riuscì a chiedere semplicemente Sean.
Helen fece un mezzo sorriso. -Mia madre, penso.
-Come si chiamavano?
-Robert e Miriam. Lui era un bell’uomo, con gli occhi un po’ a mandorla come i miei… entrambi avevano la pelle chiara come me, da mia madre ho ripreso il castano dei capelli e degli occhi… però i miei sono anche rossi, non ho mai capito perché- fece Helen.
-Forse per il fuoco- replicò Sean sorridendo.
La ragazza ridacchiò. -Sì, penso proprio di sì… Comunque, non so se riesci a capire il perché di quello che ho fatto- tornò seria. -Ammetto che è stata una cosa impulsiva, ma mi sono sentita tradita nel profondo da mio padre e soffocata da mia madre. Non la sopportavo più. Non potevo fare niente che pensava fosse rischioso o che altro, invece papà…- quella parola così affettuosa, come “mamma”, le suonava strana. -L’ho detto, ci ha lasciate sole. E mamma è andata fuori di testa, sia per la sofferenza che per una situazione economica difficile…
-Come? Era disoccupata?- Sean non se lo aspettava. Era in una situazione di insopportabile disagio, come se si sentisse in colpa per il benestare della famiglia.
-No, ma non stavamo messe tanto bene senza papà. Comunque…- Helen riordinò i pensieri -Per farti un esempio della situazione con mamma, mi diceva di pensare a studiare e non ai Pokémon. A undici anni! Ti rendi conto? Capisco adesso che ne ho dodici e più, ma anche ora è ancora presto, non credi?- Sean annuì, mentre lei proseguiva: -Io volevo solo allenarmi almeno un po’ ogni giorno con Houndour e Larvitar, ma potevo farlo solo di nascosto.
-Hel, sai che dimostri più di dodici anni?- fece Sean quasi ammirato dopo qualche istante di silenzio.
L’altra si stupì e lo guardò interrogativa. Il ragazzo continuò: -Sì, sia per come parli, che per come ti comporti… anche il tuo viso sembra più di una quattordici o quindicenne, ma soprattutto il tuo modo di parlare e i tuoi atteggiamenti sono davvero maturi.
-L’ho detto ogni tanto… la situazione di mamma e l’abbandono di papà mi hanno fatta crescere velocemente. Forse anche troppo- bisbigliò Helen.
I due, ora, erano seduti sul molo di Olivinopoli. Altra gente passeggiava beandosi degli ultimi raggi di sole morente, bassi ma caldi. Helen era seduta a gambe incrociate mentre Sean sperava di riuscire a toccare con le dita dei piedi l’acqua del porto, senza ottenere molto successo data l’altezza del molo.
-Sean, sei un tipo marino…- constatò la ragazza, gli occhi cremisi vitrei mentre seguivano l’oscillare delle gambe dell’altro.
-Sì. Mi piace l’acqua. Mi piace nuotare, i Pokémon d’Acqua, mi sento a mio agio con il mare- replicò lui spensierato. Un sorriso si era dipinto sulle sue labbra. Amava l’argomento.
-L’acqua spegne il fuoco…
-Come?- Sean era disorientato. Helen aveva pronunciato quelle parole con una strana espressione sul volto e con uno strano tono di voce. Incantato, poco presente…
-Niente. Però è quello che fai anche tu con le mie emozioni più… come dire, oscure, cattive.
Il silenzio calò tra i due. Per Sean, la conversazione stava prendendo una piega indesiderata. Non era sicuro di amare Helen, o comunque di farsela piacere.
-Hel…
-Lascia stare, scusami- sussurrò lei. -Io vado a casa, ti aspetto.
-No, no!- lui si alzò in piedi di scatto, afferrandole di nuovo il polso. -Senti, dammi un po’ di tempo per pensare, per favore. Sono confuso.
-Cos’hai capito?
-Io…- un groppo in gola impedì a Sean di proseguire.
Quello che Helen aveva stretto da tempo si sciolse improvvisamente. -Ti amo, Sean.

Sean, sulle prime, non seppe come reagire. La ragazza sfiorò velocemente le labbra dell’altro con le sue, di quel magnifico color rosso intenso, sottili. Poi però si scostò subito e girò i tacchi, correndo via mentre lui, ripresosi dalla momentanea paralisi, gridava il suo nome con angoscia e preoccupazione.
Cosa doveva risponderle? Se l’avesse rifiutata, probabilmente si sarebbe chiusa ancor di più in sé stessa, e gli sforzi fatti fino a quel momento sarebbero stati una passeggiata in confronto a quelli per riallacciare i rapporti. Se invece avesse deciso di accettare di stare con lei, forse avrebbe fatto un torto a lui stesso: non era certo di ricambiare ciò che Helen provava per lui.
Doveva decidersi, e in fretta. Non voleva che scappasse di nuovo, e stavolta per colpa sua.
Ma lui già stentava a credere che una dodicenne - così come i ragazzi della sua età - potesse afferrare il vero concetto di amore e riconoscerlo da una semplice cottarella, nemmeno lui era sicuro di sapere cosa fosse il vero amore.
Sean teneva a Helen, ma forse più come ad una sorella o ad una migliore amica piuttosto che a una… fidanzata, o qualcosa di simile. Le aveva chiesto tempo per pensare, ma non gli sembrava chiaro se lei gliene avesse dato o no. Come al solito aveva agito d’impulso, si era confessata a lui e poi era scappata intimorita.
“Perché?! Perché ora?” erano le due domande che Sean continuava a gridare nella sua mente. Intanto si era di nuovo seduto sul bordo della passerella di legno del molo e aveva liberato dalle loro sfere Horsea e Kirlia, mentre una terza Pokéball restava al suo posto nello zainetto abbandonato a terra. Il primo si tuffò subito in acqua in cerca di qualche compagno di gioco o di lotte mentre l’altra guardava apparentemente distratta l’orizzonte. Ma Sean era sicuro che riuscisse a leggere le sue emozioni grazie ai suoi incredibili poteri.
-Dai, facciamoci un giro- decise infine. Kirlia si voltò di scatto verso di lui e Horsea riemerse a guardare la Pokéball che il ragazzo aveva preso.
-Mi sembra una vita che non ci vediamo- sorrise, rivolto alla sfera. Pigiò il bottoncino e in acqua liberò un magnifico esemplare di Lapras. Il grosso, bellissimo Pokémon gorgogliò felice al sentire l’acqua che fendeva con le sue pinne e il venticello della sera soffiargli appena addosso, poi rivolse i suoi grandi occhi scuri e profondi a Sean. Questo lo salutò come fosse un caro amico, e sicuramente lo era.
Lapras si avvicinò al bordo della passerella e Sean gli salì sulla schiena. C’era molto spazio e lui non ne occupava nemmeno la metà. Prese in braccio Kirlia per farla scendere e la fece sedere dietro di lui, poi chiamò Horsea. Il Pokémon voleva nuotare ma non sarebbe mai riuscito a stare al passo con quel grande Lapras, quindi anche lui fu preso in braccio, stavolta per rimanerci, da Sean.
-Andiamo, Lapras, sgranchisciti un po’ le pinne- sussurrò il ragazzo con voce gentile e calma al Pokémon. -Portaci dove vuoi, facciamoci un bel giro, ok?
Lapras esclamò felice e si allontanò dal molo, nuotando placidamente.

A sera, Sean sapeva di essere in tremendo ritardo, ma tanto in casa c’era solo suo nonno. E ovviamente Helen.
Si era chiusa nella stanza che era diventata sua dopo un po’ di lavori di ristrutturazione per ospitarla, a detta del nonno a giocare con Houndour, Larvitar e Quilava.
Aspettò un po’ per bussare alla sua porta, mentre il nonno, dopo avergli fatto qualche domanda disinteressata su dove fosse stato, si era ritirato in qualche altra parte della casa. Prima prese un respiro profondo, ripensando a tutto ciò a cui era arrivato ragionando sulla situazione e su come si doveva comportare, ma soprattutto esplorando e cercando di capire i suoi sentimenti.
O almeno, ci aveva provato. Era ancora insicuro su ciò che provava e voleva ancora tempo per pensarci, nonostante fosse consapevole del fatto che Helen sicuramente non avrebbe aspettato a lungo, piuttosto l’avrebbe scacciato come era solita fare… con un po’ tutti.
Bussò senza rendersene conto, stupendosi della sua stessa azione. Da dentro, Helen chiese chi fosse.
-Io- rispose semplicemente Sean.
-Che vuoi?- domandò ancora lei, schiva, ma la sua voce si era fatta più vicina. Si era spostata dietro la porta.
-Parlarti…
Helen tremava. Aveva paura di quello che Sean le avrebbe potuto dire, paura di confrontarsi con lui dopo tutto quello che era successo.Ma aprì ugualmente la porta, dopo aver inspirato profondamente cercando di darsi un contegno accettabile, che non tradisse alcuna emozione fastidiosa o sconveniente.
-Cosa mi devi dire?
Anche Sean fece un respiro profondo prima di parlare. -Helen, io ci ho pensato a lungo. Come dire… forse se non avessi pensato che tu mi amassi non me ne sarei accorto nemmeno io- il cuore della ragazza mancò di un battito -ma è così. Sentirti dire quelle parole mi ha sì scombussolato, ma mi ha anche dato una svegl…
Il resto della frase fu soffocato dall’improvviso abbraccio di Helen. Sean si stupì, ma poi liberò una risata sollevata, leggera, non divertita che contagiò anche l’altra. 

I primi tempi fu tutto un gioco, forse Sean non era tanto sicuro di ricambiare totalmente i sentimenti di Helen; la cosa fu dovuta sicuramente alla giovane età che permetteva loro di fare un po’ come pareva ad ognuno, senza preoccuparsi di mantenere un rapporto di totale rispetto e fiducia perché pensavano, intimamente, che la cosa non fosse poi tanto seria.
Ma lo divenne dopo un anno o due. Esploravano nuovi orizzonti insieme, facevano esperienze che li legavano più che mai, finché il tutto non sfociò nel vero amore. Capirlo fu un impatto forte, che per qualche tempo li allontanò per farli ragionare. Si chiesero se erano pronti per intraprendere strade a loro precedentemente chiuse ma soprattutto se volevano farlo insieme.
Prima uno e poi l’altra decisero che sì, lo volevano. Non limitarsi a prendersi per mano e a scambiarsi qualche bacio più o meno lungo e intenso, ma dopo altro tempo, quando si sentirono entrambi pronti, unirsi nel fare l’amore.
E crescere nella stessa casa, per i due, fu una cosa che ebbe alti e bassi.
Non era difficile trovare il tempo per stare insieme, ma forse proprio lo stare troppo tempo attaccati li costringeva a desiderare un po’ di tempo da passare da soli, liberi. A volte la comprensione, però, era sostituita da gelosia - in particolare da parte di lei - o dalla preoccupazione - per quanto riguardava Sean - e questo li mandava in crisi per un po’. Niente di serio, sicuramente, ma lui doveva impegnarsi per far tornare il sorriso sulle labbra di quella difficile, complessa ragazza.
Helen si buttava giù spesso perché temeva di non essere all’altezza dell’altro. La gelosia prima la faceva arrabbiare e poi la intristiva, vedere qualche amica di Sean la obbligava a ricercare suoi pregi e difetti e quindi paragonarli ai suoi. L’altro si impegnava a farle capire che stava bene così, con lei, e nonostante a volte si chiedesse come facesse a sopportare i suoi complessi non poteva fare a meno di cercare di aiutarla. La cosa, stranamente, non lo infastidiva come avrebbe creduto normalmente.
Sean invece si divertiva a farsi perdonare con un bacio quando la faceva ingelosire o la stuzzicava apposta, ed Helen non poteva fare a meno di scusarlo. Anche se lo nascondeva, pure lui era molto protettivo e segretamente possessivo nei suoi confronti, e vederla scambiare qualche parola con altri ragazzi lo faceva inevitabilmente incupire.
Forse questa sorta di possessività che entrambi provavano li faceva stare più uniti che mai. Non rischiavano di perdersi o di lasciarsi per qualcun altro, stavano bene così.
Lui a consolarla nei suoi momenti peggiori con parole dolci e affetto più o meno innocente, lei a ricambiarlo con radi, quasi unici, ma meravigliosi sorrisi sinceri che quasi solo a lui riservava. E Sean sapeva che questo era davvero tanto.

Helen univa i ricordi della loro relazione alla rinfusa, un meraviglioso disordine in cui le piaceva perdersi.
Creava nella sua mente un bellissimo collage di emozioni e ricordi che condivideva solo con Sean.
Perché loro due, insieme, non avevano bisogno di niente, se non della presenza dell’altro.



Angolo ottuso di un'autrice ottusa
Ok, poco ci mancava che mi dimenticavo di aggiornare Frammenti. Eh, dura vivere senza telefono... :c
Cooomunque. Prima storia d'amore. Cioè, è la prima volta che scrivo qualcosa di romantico e boh... che imbarazzo ahahahah
Spero vi sia piaciuta c: Non ho molto da dire stavolta, ma continuate a seguire i Frammenti d'amore (?) anche dagli altri Soulwriters.
Andy Black ha pubblicato il 1° e Barks il 6. Poi ci sono stata io oggi, e il prossimo è 
Son of Mumford il 16. Dopodiché abbiamo Levyan il 21 e AuraNera_ il 26.
Alla prossima!
  
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