Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: Maty66    11/09/2014    7 recensioni
E’ passato un anno dai fatti di Berlino che hanno trascinato i nostri due eroi nell’incubo peggiore della loro vita.
Tutto sembra scorrere di nuovo nei binari della normalità.
Ma verità mai dimenticate e desideri mai sopiti di vendetta minacciano di nuovo un rapporto che sembrava inossidabile.
Orgoglio e paura, fiducia incondizionata e piccole ripicche, passioni violente e desideri di vendetta si alterneranno in questa storia, sino al finale drammatico che rischia di mettere la parola fine ad una amicizia profonda e capace, sino ad ora, di superare ogni ostacolo. Nella buona come nella cattiva sorte.
Questa FF è il seguito di "Incubo".
E’ consigliabile, ma non indispensabile, leggere la prima parte.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quel che non sei
 
Victor Klones stava seduto alla piccola scrivania ed era sempre più agitato.
Aveva saputo dai giornali della morte di Tanja, ma non ne conosceva i particolari, visto che  riportavano la notizia semplicemente come avvenuta durante una operazione di polizia, senza alcun indizio ulteriore.
Sentiva che il piano che aveva organizzato,  quello che doveva garantirgli il potere, la cosa che aveva desiderato per tutta la vita, si stava sgretolando. Anzi era già andato in pezzi.
Ma aveva ancora una via di uscita, quanto meno per garantirsi la libertà.
Poi con il denaro dei conti segreti che aveva in Giamaica poteva ricominciare.
Doveva solo aspettare un altro po’, in modo  che i  poliziotti fossero disperati e pronti a tutto pur di prendere El Marough.
Poi avrebbe barattato le informazioni che solo lui aveva con la sua libertà. E poteva ricominciare tutto.
    
“Dov’è Klones? Quante persone ci sono in casa oltre a te?” chiese Semir sempre puntando la pistola contro l’uomo.
Ma questi rimaneva immobile senza emettere un fiato.
Semir era sempre più nervoso.
A stento, nella concitazione, notò lo sguardo che l’uomo lanciava verso la sua sinistra.
Giusto in tempo per vedere una figura alta vestita di nero che impugnava una pistola.
Fulmineo, con il cuore a mille, sparò in quella direzione e l’uomo cadde a terra, tenendosi la gamba sinistra.
A quel punto anche l’uomo che aveva aperto la porta cercò di raggiungere la pistola che aveva nella fondina sotto l’ascella.
Ma anche stavolta Semir fu più lesto.
Con un colpo secco alla nuca lo tramortì. 
Poi  prese le pistole dei due e si avviò guardingo al piano di sopra.
 
Victor Klones udì lo sparo al piano di sotto e si alzò di botto dalla scrivania.
Veloce si diresse verso la porta, ma rimase nascosto, ansimando e sudando per la paura, sino a che non vide una figura piccola imboccare il corridoio.
Non lo aveva mai visto… ma sapeva che stava cercando lui.
Aspettò che entrasse ad ispezionare la prima stanza e poi veloce cercò di imboccare le scale. Ma non era arrivato neppure al primo gradino che sentì il freddo della canna di una pistola sulla nuca.
“Dove credi di andare tu?” disse una voce alle sue spalle.
 
 
Semir afferrò Klones per il bavero della giacca e lo trascinò letteralmente per le scale, scaraventandolo sul pavimento.
L’uomo che aveva tentato di sparare stava lì, immobile e sudato, cercando di fermare l’emorragia alla gamba con le mani.
Ma Semir non ci faceva caso.
“Non farmi ripetere questa domanda. Dove sono El Marough ed i suoi uomini? Quando e come agiranno alla stazione?” chiese con voce dura.
“Chi cazzo sei tu?” chiese Victor ansimando.
“Quello che ti spedirà diritto all’inferno se non parli” rispose Semir fissandolo negli occhi.
“Allora?? Sto aspettando una risposta…” continuò.
“Sei della polizia giusto? Bene  io ho le informazioni che vuoi, ma non ve le darò certo gratis… e non parlo con i pesci piccoli. Voglio parlare con il capo delle operazioni e con il Procuratore” rispose Klones beffardo.
“Chi ti dice che io sia della Polizia?” Semir guardò disgustato Klones che riprese a sudare.
“Te lo ripeto per l’ultima volta:  dove  è El Marough e  come e quando colpiranno alla stazione?” disse con voce sempre più dura.
Klones rimase muto.
Preso da una furia incontrollabile Semir  gli mollò un calcio violentissimo nello stomaco e poi alle costole.
“Ti avverto, non scherzare con me… non avrò nessuno scrupolo a mandarti all’altro mondo. Anzi a dir la verità non aspetto altro” sibilò.
“Quelle informazioni sono il mio salvacondotto. Voglio parlare con il Procuratore” balbettò Klones, contorcendosi per il dolore.
Semir gli mollò altri due calci nello stomaco a Klones che si contorse ancora sul pavimento urlando di dolore.
Poi il piccolo turco lo sollevò con una mano per il bavero e gli puntò la pistola giusto in mezzo agli occhi.
“Ho perso la pazienza bastardo… dimmi quello che sai…” fece con il dito che premeva sempre più forte sul grilletto.
 
“Gerkan!! Getti subito a terra quella pistola!!”
La voce della Kruger alle sue spalle lo fece trasalire, mentre decine di agenti invadevano la villetta.
 
“Dovrei farla arrestare, questo lo sa giusto?”
La voce della Kruger era furibonda.
Era seduta a fianco a lui nell’auto si servizio.
“E’ in possesso di un’arma  di cui preferisco non  sapere la provenienza, e poi violazione di domicilio, lesioni gravi, sequestro di persona, minacce… vuole che continui?” sibilò.
“Mi faccia arrestare allora, perché è l’unico modo che ha per fermarmi…” disse Semir quasi in tono di sfida.
“Non mi provochi Gerkan. Cosa crede di fare? Non pensa alla sua famiglia? Andrea è terrorizzata…”
Semir rimase in silenzio per un po’.
“Come fa a non capire? Io devo prenderli…” scandì furibondo.
“Perché crede che io invece non voglia prenderli? Maledizione Gerkan non crede che  anch’io non fossi affezionata a Jager?”
“Sì, ma per me è diverso Commissario” si limitò a rispondergli il piccolo turco.
“Non si muova di qui” gli intimò Kim, mentre scendeva dall’auto per andare incontro a Burke che era appena uscito dalla villetta.
 
Semir stava a guardare dal finestrino la Kruger e Burke che parlavano fitto.
Si vedeva lontano un miglio che la Kruger era adirata e discuteva animatamente con Burke.
Colto da un  pessimo presentimento e nonostante quello che gli era stato ordinato Semir scese dall’auto e si avvicinò ai due.
“Cosa potevo fare? Quelle informazioni ci servono, ne  va della vita di  migliaia se non centinaia di persone…” Burke era imbarazzato, ma anche deciso.
“E così gli garantiamo l’impunità?? Maledizione Mathias quello schifoso era d’accordo con la Marcus… è responsabile quanto lei di quello che è successo Jager!!”
“Credi che non lo sappia? A me dispiace quanto a te…”
“Ma come potete?? Come potete barattare le informazioni con l’impunità per quell’essere disgustoso? Vi rendete conto di quello che ha fatto?” urlò furibondo Semir mentre si avvicinava.
“Gerkan le avevo detto di restare in auto!” gli fece di rimando Kim, ma Semir si era già avventato contro Klones che stava salendo  in un’auto di servizio scortato da due agenti.
“Questo è un folle. Io pretendo di essere difeso da questo pazzo…” balbettò Klones vedendolo arrivare.
Subito due agenti bloccarono Semir impedendogli di avventarsi contro Klones ma non poterono impedirgli di urlare.
“Non ti illudere. Io ti vedrò morto! Dovunque andrai, non riuscirai a sfuggirmi!”
“Gerkan la smetta immediatamente!” ordinò la Kruger,
“Voi portatelo via…” ordinò poi agli agenti che stavano facendo salire Klones in auto.
“Dove lo portate eh? In una bella casa protetta? Dopo quello che ha fatto?” chiese furibondo Semir.
“No, per ora va al penitenziario regionale. Ma se le informazioni che ci ha fornito sono esatte…”
“Il procuratore lascerà cadere le accuse, giusto? E’ incredibile…” fece velenoso il piccolo turco. 
“Semir mi dispiace, ma…”
“Non creda che io mi arrenda. Non mi arrenderò mai… fino a che…”
“Gerkan basta!! Ora la faccio accompagnare a casa e lei resterà lì sino a che io non le dirò il contrario. E se scopro che ha messo anche solo l’alluce del piede fuori della porta di ingresso le giuro che la faccio sbattere in galera. Ci siamo intesi??” Kim era diventata paonazza,
“Bonrath… accompagni immediatamente Gerkan a casa sua e non si muova di lì sino a che non avrà il cambio per la sorveglianza” ordinò poi il Commissario.
A Semir non restò altro che salire sull’auto di Dieter, mentre ancora ribolliva di furia cieca.
 
Semir entrò in casa e fu subito colpito dallo strano silenzio che vi regnava.
Ormai era giorno fatto, ma non vedeva nessuna delle attività che di solito caratterizzava la casa alla mattina.
Non c’era il vociare delle bambine che si preparavano ad andare a scuola, né i richiami di Andrea a sbrigarsi o il rumore tipici dell’ora della colazione.
Nulla, il silenzio assoluto.
Solo allora a Semir tornarono in mente le minacce della moglie.
“Non ci troverai più qui…”
Il cuore di Semir ebbe un balzo.
Iniziò a girare per la casa con il fiato corto, sino a che non vide sua moglie, seduta al tavolo della cucina.
“Dove sono le bambine?” chiese Semir con un filo di voce.
“Da mia madre e per ora resteranno lì” rispose la donna continuando a fissare la tazza di caffè che aveva davanti.
Semir si sedette anche lui al tavolo, ma non ebbe il coraggio di dire nulla.
I due rimasero in silenzio per un bel po’ prima che Andrea si decidesse a parlare di nuovo.
“Cosa ne sarà di noi?” chiese con un soffio di voce  la donna.
“Io ti amo Andrea” bisbigliò il marito.
“Ma non abbastanza da rinunciare alla tua folle vendetta…”
Semir guardò sua moglie negli occhi e vi scorse paura, paura e dolore.
“Come puoi chiedermi di dimenticare tutto quello che è successo ed andare avanti? Come puoi chiedermelo? Contava così poco per te?” chiese fissando a terra.
La frase piombò nella stanza come un macigno.
“Come ti permetti? Credi che solo tu gli fossi affezionato?? Come credi che stia io? E le bambine? Sono io che ho dovuto dire loro la verità, mentre tu inseguivi i tuoi folli propositi…”
“Voglio solo giustizia…” si inalberò Semir.
“Giustizia o vendetta? Quando ti fermerai? Quando saranno morti tutti? Credi che questo lo farà tornare? O credi di sentirti meno in colpa per non essere andato da lui quando  aveva bisogno di te?” Andrea aveva una voce dura, scandiva ogni parola.
Semir rimase per un momento a bocca aperta per lo stupore.
“Questo è davvero un colpo basso” mormorò stupito ed addolorato.
“E’ la verità Semir. In realtà tu sti facendo tutto questo per punirti. Per punire te stesso. Solo che in questa tua ansia, in questo tuo desiderio di porre rimedio a quello che ormai non può più essere riparato ti stai trascinando nella rovina. E stai trascinando anche noi. E io questo non posso permetterlo. Per le bambine soprattutto”
“Tu e le bambine siete la cosa più importante”
“Non è vero… altrimenti non mi costringeresti a dover spiegare, un giorno,  perchè il loro padre è diventato un assassino”
Andrea si alzò  e si avviò fuori.
“Io e le bambine resteremo da mia madre per un po’. Mi spiace, non vorrei farlo, ma forse se capisci che puoi perdere anche qualcos’altro oltre quello che hai già perso…” disse mentre si avvicinava alla porta di ingresso.
“Ovviamente puoi vedere le bambine quando vuoi… se vuoi vederle” fece amara.
“Andrea…” disse Semir, ma non tanto forte da farsi sentire dalla moglie che salì sulla sua auto allontanandosi veloce.
 
Semir stava seduto sul divano fissando il vuoto.
Accanto a lui Dieter russava sonoramente, tenendo ancora in mano l’unica bottiglia di birra che aveva preso dalla confezione.
Il resto se le era scolate tutte Semir, ma questo non era bastato a stordirlo.
Era rimasto perfettamente lucido  pensare alla sua vita che nel giro di pochi giorni era stata completamente distrutta.
Pensava in continuazione al volto, addolorato e al tempo stesso furioso, di sua moglie mentre lasciava la sua casa, allo sguardo terrorizzato di Aida quando l’aveva visto puntare la pistola contro la madre, al silenzio di quella casa vuota, rotto solo dal russare di Dieter, messo lì a fargli da cane da guardia. E a come l’avrebbe guardato Ben se fosse stato lì ora.
Non bene di certo, avrebbe messo su quell’aria da  bambino indispettito ed addolorato che aveva sempre quando si arrabbiava.
“Che stai facendo Semir? Che stai facendo?” si disse.
La tv rimandava il solito chiacchiericcio monotono e Semir non ci faceva neppure tanto caso, sino a che sullo schermo non comparvero le immagini di alcuni uomini, con evidenza arabi, che venivano portati via in manette.

Con il cuore in gola Semir alzò il tono del volume.
“La cellula terroristica, con a capo il cittadino yemenita El Marough, che vedete nelle immagini mentre viene arrestato dagli agenti della squadra Delta dopo essere stato scovato nel suo rifugio di Norimberga, secondo fonti accreditate  aveva in programma un attentato con armi biologiche presso la stazione di Colonia. Il piano era in avanzata fase di realizzazione ed è stato sventato solo grazie alle informazioni di un cittadino tedesco, coinvolto anch’egli nel piano, che subito dopo l’arresto si è pentito fornendo agli investigatori le informazioni decisive. Non ne è stato diffuso il nome ma si pensa che…”
La voce dello speaker  scorreva monotona mentre sullo schermo  sfilavano le immagini di El Marough trascinato in manette  da Burke, con aria meno spavalda del solito.
 Per la prima volta Burke rispondeva con un laconico “no comment” alle domande della stampa,
In Semir iniziò a montare di nuovo la rabbia.
Le informazioni di Klones erano esatte, avevano catturato i terroristi e sventato l’attentato.
Ora il procuratore gli avrebbe concesso l’immunità.
E dopo il processo sarebbe  andato via impunito, dopo quello che aveva fatto.
Non poteva permetterlo.
Lo doveva a Ben.
 
 
Semir rimase un attimo indeciso su quello che poteva fare.
Guardò Dieter che continuava a dormire sul divano, russando sonoramente.
Il più lentamente possibile sfilò la pistola dalla fondina che l’uomo aveva sul fianco.
Per un attimo pensò con rimorso al fatto che questo l’avrebbe messo nei guai seri per essersi fatto sottrarre l’arma, ma scacciò subito il pensiero dalla mente.
Così silenzioso uscì dalla porta e poi salì in auto per andare incontro al suo destino.
 
 
 
Semir arrivò al penitenziario regionale e preparò mentalmente il discorso, sperando che non fosse già troppo tardi e che Klones non fosse stato trasferito.
Con aria decisa si avvicinò alla guardiola di ingresso.
“Buonasera, Gerkan Polizia Autostradale. Ho il compito di scortare il signor Klones in una casa protetta” disse al giovane poliziotto all’ingresso.
Con aria scettica il giovane iniziò a consultare il data base e Semir pregò che la sospensione dal servizio non fosse già stata registrata negli archivi.
I pochi secondi che passarono sembrarono a Semir secoli, ma finalmente  il poliziotto gli fece un  mezzo sorriso. Evidentemente aveva trovato le sue credenziali.
“Non ci hanno avvertito…” disse.
“No, il trasferimento deve avvenire nella massima segretezza. Il Signor Klones è l’unico testimone  per incastrare pericolosi terroristi”
“Questo lo so…” fece un po’ stizzito il ragazzo.
“Bene, aspetti nella sala d’attesa tre… lo portiamo lì e poi ci dirà come vuole procedere”
 
Semir non  riusciva a  stare fermo un secondo mentre aspettava che Klones arrivasse.
La sala era isolata, e questo era un bene, ma non vi erano vie di fuga.
Ma a Semir questo non interessava. Sapeva che dopo quello che aveva in mente di fare avrebbe trascorso, nella migliore delle ipotesi, molti anni in galera.
Ma non gli importava.
Lo doveva a Ben.
 
La porta si aprì con un rumore sordo metallico e  un trionfante Klones comparve sulla porta.
Il sorriso gli morì sulle labbra quando vide Semir.
“Ehi… ehi!! dove andate questo è un pazzo… non mi potete lasciare con lui…” disse, ma la guardia che l’aveva accompagnato se ne era già andata.
Semir guardò Klones come si guarda un insetto.
“Cosa vuole da me? Burke mi ha promesso l’immunità. Vi ho fatto prendere El Marough.  Ho salvato migliaia di persone…” balbettò Klones.
“Salvato migliaia di persone… lei e la Marcus avevate intenzione di farle uccidere tutte quelle persone…  ed avevate intenzione di arricchirvi su di una malattia terribile…” sibilò Semir.  
“Io ho avuto la promessa di  immunità, lei non mi può fare nulla… qui ci sono le telecamere di sorveglianza…” balbettò Klones sempre più spaventato.
“Ma chi sei tu? Che vuoi?” continuò.
“Il nome Ben Jager ti dice niente?” fece Semir con la rabbia omicida negli occhi.
“Jager? Quello della Delta?  Quindi sei l’amichetto turco del passatempo di Tanja?” lo sguardo di  Klones tornò beffardo.
 
“Sono quello che ti spedirà all’altro mondo” rispose,  mentre gli sferrava un pugno. 
 

“Bonrath, che vuol dire che non lo trova più? E quando è uscito?”
La voce di Kim Kruger era alterata dalla rabbia.
Chiuse la telefonata con un gesto secco.
“Gerkan è  sparito da casa sua e ha preso l’arma di Bonrath” disse poi a Burke, che del resto aveva già immaginato tutto.
“Beh, comunque sappiamo dove trovarlo…”  rispose lui salendo in auto.

 
Klones ansimava sul pavimento.
“Hai ucciso tu Holmes… l’hai fatto uccidere tu… giusto? Ti sei servito di lui e poi l’hai eliminato. Facevate così tu e la Marcus… vi servivate delle persone e quando non servivano più le facevate fuori…” fece Semir sferrandogli un calcio.
“Qualsiasi cosa io abbia fatto ho l’immunità. Tu non puoi…”  disse con un filo di voce Klones.
“L’immunità che ti hanno promesso non mi riguarda”
La voce di Semir era dura e sprezzante.
“Fai quello che devi fare… uccidilo. E’ un assassino, merita la stessa fine” disse la voce nella sua testa.
Semir tirò fuori la pistola che aveva sottratto a Dieter e la puntò direttamente alla fronte di Klones, che si bloccò all’istante.
Il terrore passò negli occhi dell’uomo che iniziò ad ansimare  e sudare.
Il dito di Semir premeva sempre più forte sul grilletto.
 
E poi  all’improvviso quasi se lo vide davanti, quel giorno nell’ospedale di Berlino, quando gli aveva confessato di  aver mentito a Bohm e di non ricordare cosa era avvenuto nel magazzino.
“Tu non sei un assassino, qualsiasi cosa sia successa quel giorno tu non sei un assassino…”
La voce di Ben risuonò più volte nella sua testa.
“Io lo so, tu non sei un assassino, non lo sarai mai…”
Invece era proprio quello che era diventato, che stava diventando.
Un assassino.
“Tu non sei in assassino…”
 
Lentamente Semir abbassò la pistola, proprio mentre Burke e la Kruger facevano irruzione nella stanza.
 
“Quel pazzo mi ha aggredito… mi ha picchiato selvaggiamente e poi mi ha puntato la pistola alla testa… è un pazzo, pretendo che venga arrestato” urlò Klones mentre si  teneva ancora le costole doloranti.
Burke e la Kruger lo guardarono.
“Signor Klones…” iniziò Burke.
“Ho avuto l’immunità, quell’uomo non aveva il diritto di aggredirmi, l’aveva già fatto.  Ci sono le telecamere, visionate i filmati, vedrete che mi ha  colpito e poi mi ha puntato la pistola alla testa”
“Controllerò meglio,  ma ho paura che le telecamere non fossero in funzione, signor Klones” fece Burke, mentre Kim lo guardava incredula.
“Co… cosa? Ma mi ha aggredito… avete visto anche voi quando siete entrati, mi stava puntando la pistola alla testa… porto ancora i segni dei colpi che mi ha dato”
“Signor Klones… quello che io ho visto  è che lei è caduto dalla sedia. Forse è un po’ stanco, provato dalla situazione…” gli rispose Mathias con un mezzo sorriso sul viso.
Kim si limitò ad annuire stupita.
“Bastardi… vi state tirando indietro… mi avete promesso l’immunità… non potete tirarvi indietro…” urlò Klones spaventato.
“In effetti signor Klones quello che io le ho ‘promesso’ è che il Procuratore distrettuale avrebbe dato il suo parere favorevole sulla concessione della immunità. Il che è avvenuto, ma come lei sa è il giudice che decide in ultima istanza. E il giudice non è d’accordo…  mi spiace” Burke sorrise in modo ironico mentre parlava.
“Bastardi…non potete farlo, vi serve la mia testimonianza al processo…” balbettò terrorizzato Klones.
“Beh, a  dire la verità abbiamo già tutte le informazioni che ci servono per condannare El Marough e quelli della sua cellula terroristica. Ed anche per condannare lei signor Klones…” intervenne Kim.
“Maledetti vi siete serviti di me…” fece Klones accasciandosi sulla sedia.
“Come mi ha detto lei stesso quando l’abbiamo arrestata, il fine giustifica i mezzi” concluse Burke mentre usciva dalla stanza con Kim.
 
All’esterno della prigione mentre risalivano in auto Burke tirò fuori due piccoli dvd dalla tasca interna della giacca.
“Questi li ho recuperati dal sistema di sorveglianza interna. Decidi tu cosa vuoi farne”
Mentre saliva al posto di guida Burke guardò di nuovo Kim.
“Mi spiace per Ben, Kim. Mi spiace davvero tanto” disse con un filo di voce.
   
Kim Kruger si sedette davanti a Semir nella stanza degli interrogatori al Distretto.
“Il giudice non ha concesso l’immunità a Klones. Gli daranno l’ergastolo. Passerà  il resto della vita in galera” disse piano.
“Bene, ma questo non farà tornare Ben…” balbettò Semir dopo alcuni secondi di silenzio.
Kim lo guardò  lungo.
“Neppure quello che aveva in mente lei l’avrebbe fatto tornare…”
Semir annuì.
“Sì, lo so… ma… ma…”
Kim gli mise davanti sul tavolo i dvd che le aveva consegnato Burke.
“Sono i dvd del sistema interno di sorveglianza del penitenziario. Sono le sole copie…”
“Cosa intende fare Commissario?” chiese Semir, ben consapevole delle conseguenze di quello che aveva fatto.
“Per ora nulla. Ma lei si deve far aiutare Semir. Andrà da uno psicologo almeno due volte a settimana.  E  solo quando mi diranno che è pronto potrà rientrare in servizio. Ma se non sottostà a queste condizioni non esiterò un momento a farla sbattere in galera”
“Io non voglio che lei si esponga per me…” disse piano il piccolo turco.
“Quel che faccio è nell’interesse di questo Distretto. Voglio credere e pensare che quello che lei ha fatto è stato dettato dall’emozione del momento particolare. Ed io non voglio perdere uno dei miei ufficiali migliori…”
“Un altro” stava per aggiungere, ma si trattenne.
“Io non so se ce la faccio” balbettò Semir.
“Lei ce la farà, ne sono sicura” gli sorrise Kim alzandosi.
 
Semir rientrò in casa e fu accolto di nuovo da un assordante silenzio.
Silenzio.
Non c’erano le voci allegre delle sue bambine.
I rumori dei loro giochi infantili, le risate e quella confusione tipica delle case in cui ci sono bambini.
Non c’era la voce di sua moglie, i suoi richiami alle bambine, le sue richieste per l’organizzazione di ogni giorno.
Silenzio, solo silenzio.
Ed in silenzio Semir vide Andrea che scendeva le scale con un grosso borsone.
“Ti prego , Andrea” le disse  quando fu ai piedi delle scale.
La donna lo guardò triste.
“Semir… mi spiace ma…”
“Vuoi andare via così? Senza dire nulla?”
Andrea posò il borsone a terra e guardò il marito.
“Quello che ti dovevo  dire l’ho detto. Ma tu non sei stato a sentire… E sai cosa  mi fa più male? Che hai considerato la tua vendetta più importante della tua famiglia. Non ti sei fermato quasi davanti a nulla…Dio sa cosa ha bloccato la tua mano all’ultimo secondo”
“Cosa dovevo fare? Dimenticarmi di lui? Come se non fosse mai esistito?”
Andrea lo guardò quasi furibonda.
“Credi che io voglia dimenticarlo? Io non potrò mai dimenticare. E’ come se fosse successo a mio  figlio, maledizione…”
“Allora mi puoi capire…”
“No Semir non posso. Quello che ho  avuto davanti  in questi giorni non è la persona che ho sposato. E’ una persona spietata e vendicativa,  disposta a tutto e a qualsiasi costo. Mi fa paura quella persona, che però è lì, è dentro di te…”
“Mi farò aiutare se è questo quello che vuoi…” bisbigliò Semir.
“Questo è quello che dovresti volere tu!” urlò la donna mentre riprendeva il borsone e si avviava alla uscita.
“Un periodo di separazione ci farà bene Semir. Io e le bambine staremo da mia madre. Mi auguro davvero che tu capisca, che ti faccia aiutare. Se non vuoi farlo per te stesso o per noi, fallo almeno per Ben. Lui non avrebbe mai voluto  vederti ridotto così” disse mentre si avviava fuori.
Semir rimase a guardare l’auto della moglie che si allontanava portando con sé tutti i suoi ultimi sogni e le speranze per il futuro.
 
 
Dunque alla fine l’unico in grado di fermare davvero Semir è stato… Ben.
Domani pubblicherò l’ultimo capitolo.
Ci sono lettere da leggere e canzoni da ascoltare.
E qualcosa di importante da chiarire.

Sin d’ora voglio ringraziare tutti quelli che hanno seguito la storia chi ha recensito e soprattutto la mia beta.
La storia è un po’ triste, forse anche più triste di quanto avevo in mente all’inizio, ma spero vi sia piaciuta lo stesso.

 
 
 
  
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