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Autore: cold_fire    11/09/2014    3 recensioni
Mia madre era morta, mio padre si era risposato con una strega, il mio ragazzo mi aveva tradita con la mia migliore amica, avevo conosciuto un nuovo ragazzo a danza, ci eravamo fidanzati, Matteo lo aveva picchiato, poi avevo pensato che Filippo mi tradisse con Ines, la mia amica di danza, ma mi sbagliavo, il giorno dopo che ci siamo rimessi insieme lui si è dovuto trasferire e si era dimenticato di dirmelo, così me lo ha scritto e non mi ha nemmeno dato il suo nuovo numero. In più la mia ex migliore amica è incinta del mio ex fidanzato, che prima che lui mi tradisse con lei era il suo ex fidanzato. Un po’ ingarbugliato in effetti, ma totalmente meritato. E da quattro mesi io avevo smesso di vivere.
***
sequel di "una vita sulle punte". per leggere questa FF è consigliato leggere l'altra
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 17

Small bump


You’ll might be left with my hair, but you’ll  have your mother eyes
I’ll hold your body in my hands as gentle as I can,
An now your scan on my unmade plans
With a smile like hers and a dimple beneath your chin,
Finger nails the size of a grain of rice and eyelids closed to be soon opened wide
(Small bump – Ed Sheeran)


Roberto Pov


00.54

In alto, sulla parete della sala d’aspetto, c’è un orologio. Molto semplice. Rotondo, bianco con i numeri, le frecce e la cornice neri. Ho chiamato Claire circa un’ora fa appena Elisa è entrata in travaglio, ma adesso il tempo passa inesorabile e ci avviciniamo sempre di più al gran momento.

Per fortuna Elisa era già in ospedale da qualche giorno o sarei di sicuro andato in panico all’inizio del travaglio e non sarei riuscito a chiamare nessuno. Sette mesi, poco meno di otto… che fretta ha di venire al mondo, quel bambino?! O bambina… oddio, sarà maschio o femmina? E il nome? Oddio non abbiamo scelto il nome maschile, Kevin o Kevan?! E se è femmina??? Bè quello abbiamo scelto Angela, ma le ecografie dicono che sarà maschio e le ecografie non sbagliano mai. No un secondo… tutti pensavano che mia sorella Andrea sarebbe nata maschio invece è nata femmina, e dalla confusione è saltato fuori un nome che andava bene sia maschile che femminile, ma Kevan non va bene al femminile come Angela non va bene al maschile! Bè possiamo sempre chiamarlo Angelo… oddio no devo calmarmi penso dirigendomi verso un distributore d’acqua, anche se non ho sete, solo per muovere un po’ le gambe.


00.58

Sto aspettando l’arrivo dei miei genitori. Mario e Laura, i genitori di Elisa, sono già arrivati e si tengono forte la mano, in silenzio, sulle sedie della sala d’aspetto. Non dicono una parola. Niente. Zero di zero.
Mi lasciano da solo a combattere il silenzio caotico che c’è nella mia testa. Anche Ines, Chris e Anna sono seduti su delle sedie e non dicono niente, ma i loro sguardi mi seguono preoccupati.


01.06

Sento dei passi affrettati in corridoio. Mi volto e vedo mia sorella che mi corre incontro e mi abbraccia. Io, colto alla sprovvista, impiego un po’ a ricambiare “ehi! Dove sono mamma e papà, Andrea?” “sono appena scesi dall’aereo, stanno prendendo un taxi. Mi hanno avvisata solo mezz’ora fa e sono venuta qua correndo perché il motorino ce l’ha Marisa quindi non sono riuscita a fare in fretta e scusa se ti ho fatto aspettare da solo, mi dispiace!” dice in preda alla disperazione. Avrà anche quindici anni ma si sconvolge facilmente “ehi tranquilla, fa niente, adesso sei qui e fra un po’arrivano mamma e papà. Però mi dispiace di aver interrotto il loro viaggio di lavoro in Francia…” “che cazzo dici Roberto?! Erano comunque già in aeroporto per tornare a casa e stavano per salire sull’aereo quando li hai chiamati. Stai per diventare padre e ti aspetti che loro se ne stiano in Francia per un misero incontro lavorativo?! Ehi… uhm… tutto okay? Perché sei così agitato? Oh… già… la parola con la P… Uhm… siediti e respira, stai calmo… ci sono novità?” faccio segno di no con la testa.


01.12

Un dottore esce dalla sala parto e chiama il mio nome. Io mi alzo e gli vado incontro. Il dottore mi dice qualcosa ma non lo ascolto attentamente. O meglio, lo ascolto senza capire. Sono abbastanza stordito e… non capisco. Non ci sto capendo più niente. Mia sorella mi prende per le spalle e dice “Chris? Ehi Chris! È tutto okay, davvero, è tutto okay. Non è niente di grave. Anche la mamma ha fatto il cesareo con me, non è niente di strano è tutto normale. Andrà tutto bene okay?” non la ascolto “voglio vederla” dico fermamente “mi dispiace signore ma durante l’operazione e durante il parto non è possibile visitare…” “devo vederla.” Dico incamminandomi verso la porta ma il dottore mi blocca, proprio mentre si sente un urlo provenire dalla sala. Il sangue mi si gela nelle vene e un’infermiera esce per chiamare il dottore che rientra veloce in sala, senza dimenticarsi di lanciarmi un’ultima occhiata eloquente. Non posso entrare. Mi rassegno e mi lascio andare su una sedia.


01.24

Altri passi in corridoio. Sono Claire e Matteo.
Mi dimentico persino della discussione di poco prima, mi alzo e abbraccio Claire. “novità?” chiede lei ansiosa di risposte “le faranno il parto cesareo. Da quello che ho sentito, dato che non ci ho capito molto, il bambino è troppo piccolo e rischia di diventare troppo doloroso sopportare un parto naturale. Rischierebbe persino la morte. Non ho capito bene chi dei due…” sospiro e rabbrividisco allo stesso tempo. Lei annuisce, come se se la fosse aspettata.
Restiamo in silenzio, non abbiamo niente da dire.


01.36

Altri passi in corridoio e anche delle voci agitate, una maschile e una femminile. Mamma e papà. Quando li scorgo con la coda dell’occhio gli corro incontro per
abbracciarli. Non fanno altro che dire parole agitate, chiedermi novità, stupirsi, agitarsi di più, farmi agitare come se già non lo fossi abbastanza. Quando finalmente pensano di aver avuto tutte le informazioni possibili da me sembrano notare i genitori di Elisa e si siedono davanti a loro, per poi iniziare a parlare sommessamente. Non voglio sapere cosa stanno dicendo, non mi importa. Ho bisogno di stare solo a pensare.
Non solo ad Elisa, ma anche a mio figlio… o figlia.

Secondo la genetica nascerà biondo, ma avrà i miei occhi o quelli di sua madre? E i lineamenti? Gli zigomi? E il suo nasino? E il carattere? Sarà più come me o come sua madre? Oddio… presto saremo madre e padre… Ce la caveremo? Cioè, le nozze sono fissate per il 17 maggio, ma dopo la nascita del bambino? Dopo le nozze? Dovrà ripetere l’anno scolastico e io mi prenderò un anno sabbatico prima di vedere o no se andare all’università e nel frattempo impegnarmi nel lavoro per mantenerci. Le nostre famiglie ci aiuteranno, o almeno così hanno detto. Abbiamo già visto anche alcuni piccoli appartamenti in centro, ma dobbiamo impegnarci nel lavoro per permettercene uno. Poi dovremo pensare alle cose per il bambino… e poi ci saranno i pianti, le notti insonni, i pannolini… oddio i pannolini, non oso nemmeno pensarci… e tutti i vestiti? E la cameretta? E quando inizierà l’asilo? Chi si prenderà cura di lui? Chi farà da mangiare? E tenere pulita casa? Chi lo farà quando noi saremo al lavoro o a scuola? E i nostri sogni, i nostri desideri? Non usciremo più a divertirci, o almeno non con la stessa frequenza. E il primo anno di matrimonio, quello che dicono sia il più difficile? Litigheremo o saremo una coppia pacifica e fra noi andrà tutto bene? E le scelte importanti? Vorremo fare di testa nostra o continueremo a fidarci l’uno dell’altra? Oddio sembra tutto così troppo vicino quando invece abbiamo appena iniziato quest’avventura.


01.38

Quando le avevo chiesto di sposarci eravamo a casa sua, seduti sul divano abbracciati a guardare la tv, e di punto in bianco le parole mi erano uscite di bocca senza nemmeno che le stessi pensando; “sposiamoci” avevo detto e lei mi aveva guardato ridendo. Poi di colpo aveva visto che ero serio. Aveva smesso di ridere. E mi aveva baciato. Così, un bacio a stampo, veloce. Si era staccata e aveva detto di sì. E poi avevamo ripreso a baciarci. E il giorno dopo ero andato a prenderle un anello. In argento, normalissimo, con una pietra azzurra al centro a forma di rosa. Ero tornato a casa sua per dire ai suoi della nostra scelta, e quando aveva aperto la porta ero entrato come niente fosse. L’avevo abbracciata e avevamo parlato con i suoi che erano stati molto felici della cosa e avevano iniziato a parlare di progetti e dettagli, e cerimonie e varie cose che mi facevano venire il mal di testa. Poi l’avevo presa in disparte un secondo e le avevo dato l’anello come se fosse la cosa più naturale del mondo. Lei si era guardata la mano confusa e poi si era illuminata come una candela. Un bagliore seppur tenue, in grado di rischiarare il buio e di scaldare. Un bagliore così potente da poter accendere un fuoco. Un incendio.
Era stato questo suo calore ad avermi fatto capire che la amavo, che stavo facendo la cosa giusta.
Dio quanto l’amo.


01.46

Non ho idea di cosa fare, mi sto annoiando a morte. Questo posto è così bianco e silenzioso, così… inespressivo. Non ho voglia di parlare con qualcuno ma non so cosa dire. L’attesa è snervante. Mia moglie è la dentro e sta per partorire. Non so cosa fare. Spero solo che non stia soffrendo anche se sotto anestesia. Non deve essere facile. Mi sento così maledettamente impotente.
Vorrei fare qualcosa, qualsiasi cosa.


02.13

Dovrebbe mancare poco. Hanno iniziato l’operazione circa un’ora fa. La mia pelle è come elettricità


02.26

Delle infermiere sono uscite di corsa dalla sala parto. Cosa è successo? In mano avevano una salvietta azzurra. Ho sentito un suono… come un bambino che piangeva.
È stato come se il mio cuore avesse riiniziato a battere.
Mi alzo di scatto dalla sedia. Un’infermiera si gira a guardarmi e mi sorride “lei è Roberto?” chiede con tono gentile e pacato “sì… sì sono io… quello o quella è…” la voce mi si strozza in gola. L’infermiera mi sorride “sì, sì quello è suo figlio. È un maschio. Complimenti, è diventato padre” dice sorridente.
Mi giro e noto che tutti nella sala d’aspetto si sono alzati. I primi ad abbracciarmi sono i miei genitori e mia sorella. Mi dicono anche qualcosa, delle congratulazioni presumo. Non ci sto capendo più niente. Sento come un peso che si toglie dal mio cuore.
Poi arriva Claire che mi stringe forte e poi anche Ines e Chris mi da una pacca sulla spalla. Per un attimo mi dimentico delle nostre avversità e stringo la mano che mi porge Matteo, facendomi le congratulazioni. Il padre di Elisa mi da una pacca sulla spalla mentre sua mamma mi da due baci sulle guance, evidentemente commossa.


D’un tratto mi giro verso l’infermiera che è ancora dietro di me.
Una domanda mi attraversa la mente “dove lo state portando?” chiedo “oh non si preoccupi. Il bambino è prematuro e debole, inoltre pesa solo un chilo e mezzo. Dovremo tenerlo un po’ sott’occhio nell’incubatrice. Poi passerà alle culle termiche e infine a dei normali lettini. Ci vorrà un po’ prima che possa andare a casa, ma sarà una durata di tempo dell’arco di un mese massimo. Fra quattro o cinque giorni potrà anche prenderlo in braccio… non si preoccupi, so che è appena diventato padre e vorrebbe davvero abbracciare suo figlio, ma per la sua salute è meglio di no. Sua moglie è ancora in sala parto. Le stanno pulendo e ricucendo la ferita dovuta al parto cesareo ma fra un po’, se non sarà troppo stanza, potrà entrare e scambiare qualche parola. Adesso se vuole, anche se so che la risposta è scontata, potrebbe venire a dare un occhiata a suo figlio…” dice in tono pacato lei, sorridendo gentile. Cerco di stare fermo immobile e di non farmi prendere dall’ansia. È una cosa normale, mi dico, accade alla maggior parte dei bambini nati prematuri. Starà bene.

Mi giro verso i miei amici, la mia famiglia, e la mia famiglia acquisita. Claire, Ines, Chris e Matteo mi guardano sorridenti mentre Laura, Mario e i miei genitori mi guardano come per dire “sei tu il padre, vai prima tu”. Mi volto verso l’infermiera, annuisco nervosamente e quando si incammina per il corridoio la seguo.
Prendiamo l’ascensore e andiamo al piano inferiore, nel reparto di patologia neonatale. Attraverso una finestra riesco a vedere, delle infermiere che tengono in braccio e puliscono un piccolo bambino, grande quanto un bambolotto, avvolto in un asciugamano azzurro. Ha pochi capelli, tutti biondi. Gli occhi sono azzurri come quelli di Elisa, con una piccola sfumatura verde. Anche la cornea è leggermente azzurra, come in tutti i neonati.


Quello è mio figlio.
Mi sento come se stessi camminando a tre metri da terra, senza però aver paura di poter perdere l’equilibrio o cadere. Senza pensare al futuro. Sto semplicemente volando e penso al fatto che quello è mio figlio, che è il frutto dell’amore incondizionato e inarrestabile che provo per sua madre. Sento un nodo allo stomaco, ma non è scomodo. Anzi sono quasi felice che ci sia. Penso che qui non sto più giocando, che dovrò prendermi cura di quella persona. Penso al fatto che sto vivendo la mia vita in prima persona, che ora tocca a me. Che d’ora in poi avrò delle responsabilità. E ne sono felice.
Non so se devo ridere o piangere e sono così felice che nemmeno mi accorgo di star già facendo entrambe le cose.
Quello è mio figlio.

 
02.33

Sto risalendo al piano superiore, da solo. Dire che sono in estasi è dire poco.
Busso piano alla porta della stanza dove Elisa sta riposando. Non ricevo risposta ed entro.
Elisa ha gli occhi socchiusi ma quando mi vede entrare li apre di scatto “ehi…” le dico con le lacrime agli occhi. Lei sorride e stende le braccia. Senza dire niente, l’abbraccio, felice che lei sia li con me. “ehi” sussurra lei piano. È decisamente stremata, quindi non cerco di iniziare una conversazione. Lei si limita a guardarmi sorridendo mentre le accarezzo i capelli. Quando si sta per addormentare, qualcuno bussa alla porta “avanti…” sussurro. Entra un’infermiera, che sorride quando ci vede “scusate se vi interrompo, ma prima ci siamo scordati di chiedere una delle cose più importanti” “ovvero?” chiedo confuso “ehm… il nome del bambino… qual è?”. Io mi irrigidisco. Merda. Guardo Elisa in cerca di aiuto. Lei fa un debole tentativo di alzare gli occhi al cielo, e prima di chiudere gli occhi sussurra con aria rassegnata “Kevan”. Io sorrido. Me l’ha data vinta, questa volta.
Ripeto a voce più alta il nome all’infermiera, che sorride ed esce dalla stanza, mentre io sto lì fermo a guardare la mia futura moglie.
 

 
 
Okay andrò a punti:
1) Amo questo capitolo
2) Scusate se ho aggiornato così tardi ma volevo aggiornare l’11
3) Oggi è un anno che sono iscritta a EFP!
4) Questo è il penultimo capitolo
5) Ho voluto approfondire una coppia di cui non ho parlato molto nel resto della storia, e spero che il capitolo vi sia piaciuto
6) Chiedo a scusa a booksmydrug se le ho fatto pensare che alla fine del capitolo il bambino sarebbe morto per un malore. Ho provato a darti un indizio riguardo al tema del capitolo e ti ho fatto pensare che sarebbe finito male. In realtà avevi ragione te, il capitolo parlava solo del bambino e non del fatto che sarebbe morto. Ti voglio bene <3
7) Questo capitolo è dedicato a: Alice, Denise, Amanda, Catherina, Elena, Samantha, RiccioLilli, Booksmydrug, Anna e Marika. Vi voglio bene, a tutte voi. Chi più chi meno. Grazie di tutto
8) Grazie a chi tiene la mia storia tra preferite / ricordate / seguite, a chi la recensisce costantemente sin dal primo capitolo (Controcorrente, grazie di tutto), alla nuova arrivata (booksmydrug) e alla solita rompipalle scassacoglioni a cui voglio un mondo di bene (RiccioLilli).
 

Be è tutto, ci vediamo all’epilogo… spero di non farvi incazzare sul finale.
Un bacione
Mara
<3
  
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