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Autore: Sakyo_    11/09/2014    3 recensioni
[Dal quinto capitolo]
Eloise stava tremando.
Il guinzaglio di Demon scivolò via dalle mani di Castiel come conseguenza naturale dell’emozione appena nata in lui, e le sue mani si posarono così piano sulle esili spalle della donna, che tutto parve capovolgersi.
Quasi a chiedere permesso.
Quasi a voler esplorare l’inaccessibile.
Lei rimase inerme. Lui l’abbracciò da dietro. Più che un abbraccio, era un tocco leggero. Solo per farle avvertire la sua presenza.
Lei, così piccola e indifesa che non pareva possibile fosse proprio la professoressa.
In quel momento, in quel luogo avevano dato vita a qualcosa.
Qualcosa che non sarebbe dovuto essere.
Ma qualcosa che ormai, c'era.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Lysandro, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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5. Permesso

«Che gusti prendi?»
Anne trotterellava entusiasta da una parte all’altra dell’enorme vetrina dei gelati, gli occhi guizzavano tra le varie vaschette piene di gusti di ogni tipo e colore.
«Vuoi stare un po’ ferma?!»
Castiel la prese per un braccio costringendola a bloccarsi.
«Dai, ce ne sono così tanti che è impossibile scegliere!»
«Sei troppo esaltata, marmocchia. Mettiti in fila»
La moretta lo guardò storto. «Com’è che fuori da scuola ti viene voglia di rispettare le regole?»
Castiel non rispose. Pensava piuttosto a come fosse possibile che un semplice gelato li avesse fatti riappacificare dopo giornate trascorse nel silenzio più totale. Era la stessa cosa che si chiedeva Anne, ma in fin dei conti che importava arrovellarsi in quel momento? Aveva passato nottate intere a sperare che tutto tornasse alla normalità e quasi si era arresa all’idea che non avrebbe più parlato con lui. E invece, eccoli lì, i due amici di sempre. Nella loro gelateria preferita, a prendersi in giro come se nulla fosse accaduto.
«Allora, hai deciso?»
«Caffè» annunciò il rosso con aria solenne e soddisfatta.
«E...?»
«E cosa?»
Anne strabuzzò gli occhi. «Hai a disposizione cinque gusti omaggio e prendi solo caffè?»
«Non sono vorace, io. Immagino sceglierai qualcosa tipo cioccolato, fragola, crema...»
«...vaniglia e crème caramel» concluse la ragazza, indispettita.
Castiel schioccò la lingua. «Mi viene la nausea solo ad immaginarli tutti insieme su un cono»
Si sedettero a un tavolino, l’uno di fronte all’altra, e in men che non si dica cominciarono a parlare di tutto quello che avevano fatto, visto, scoperto in quei giorni. Eppure quella volta i loro discorsi erano scialbi, sembrava mancassero di qualcosa...
In realtà entrambi sapevano da cosa derivasse quella sensazione.
Mancavano di lei, nella monotonia del suo quotidiano.
Mancavano di lui, nello sconforto del suo amore.
«Hai un dipinto sul naso»
«Eh?»
Anne si toccò la punta del naso accorgendosi che era sporco di gelato.
Imbarazzata cercò di pulirsi con il dito ma peggiorò soltanto la situazione. Castiel ghignò, facendola inalberare.
«Sai che odio quella tua smorfia strafottente!»
Detto ciò prelevò una quantità abbondante di cioccolato dal suo cono e la spalmò ben bene sul naso dell’altro, che rimase imbambolato e con la bocca aperta.
«Così va meglio!» disse Anne ridendo, ma questo provocò un’altra reazione inaspettata, perché anche il rosso scoppiò in una clamorosa risata.
«Hai tutti i denti sporchi di cioccolato, sei inguardabile!»
In un primo momento Anne si coprì la bocca con le mani, nel panico più totale. Poi vide che il ragazzo di fronte a lei non la smetteva di sbellicarsi e fu inevitabilmente contagiata.
Quella risata era talmente rara da essere considerata un dono prezioso.
Sapeva di essere l’unica a cui lui lo concedeva, per questo non poteva che sentirsi irrimediabilmente felice.
 
***
 
La sala delegati non era un posto che le piaceva particolarmente. Qualsiasi cosa riguardasse quel luogo rimandava inevitabilmente anche al ragazzo che vi lavorava come segretario, e Anne sapeva bene quanto questo argomento fosse pericoloso quando nei paraggi c’era Castiel.
Proprio perché l’ultima cosa che voleva era alterare l’umore dell’amico, avrebbe cercato di sbrigarsela velocemente con Nathaniel, che le aveva fatto riferire da una compagna di classe di raggiungerlo lì il prima possibile.
«Avevi bisogno di me?» esordì non appena entrò nell’ufficio.
«Credo sia il contrario» rispose il biondo con un sorriso meccanico.
Anne, curiosa ma titubante, si avvicinò alla scrivania, mentre il ragazzo frugava nella cassetta degli oggetti smarriti.
«Ecco qui»
Quando ne estrasse un portafogli dalla decorazione floreale, Anne non poté trattenere un’esclamazione di sorpresa. «Ma allora era qui!»
Lo prese dalle mani di Nathaniel tese verso di lei e sorrise. «Temevo di averlo perso, grazie!»
«Non dovresti ringraziare me, ma la professoressa Laurent» spiegò il segretario.
Ripensando al giorno precedente, capì di averlo perso dopo l’incontro con la sua insegnante.
Salutò il ragazzo e uscì dalla stanza.
“Devo stare più attenta” pensò tra sé e sé. Mentre guardava il portafogli si accorse che un pezzetto di carta bianco sporgeva all’infuori rispetto a tutto il resto. Prendendolo, capì che non era un pezzo di carta.
Era la foto che ritraeva lei e Castiel da piccoli mentre giocavano in un parco vicino casa.
Non poté che sorridere alla vista di quel Castiel così piccolo e scorbutico.
Inserì bene la foto nel piccolo scompartimento dov’era riposta e si riavviò verso l’aula con uno sguardo luminoso.
I ricordi del passato sembravano proiettarsi vividi davanti ai suoi occhi, come le scene di un vecchio film mai dimenticato.
 
***
 
La notizia giunta in quel momento alle orecchie – semi ovattate di sonno – di Castiel non avrebbe potuto essere più drammatica.
Di lì a quattro giorni lo attendeva una verifica di storia che avrebbe deciso le sorti del suo futuro. Nello specifico, il futuro delle sue vacanze invernali.
La questione era molto semplice: prendere la sufficienza equivaleva a ‘trascorrere le vacanze in completa tranquillità’, il che significava accumulare la quantità giusta di energia vitale per poter svolgere attività quali dormire sul letto, suonare la chitarra sul letto, mangiare sul letto, vedere film stravaccato sul letto, giocare con Demon sul letto.
Al contrario, non passare la verifica significava dover obbligatoriamente frequentare i corsi di recupero.
«Assurdo» se ne uscì di colpo il rosso. I nuvoloni neri carichi di pioggia fuori dalla finestra non potevano competere con il suo umore.
«Cosa c’è di assurdo in una verifica?» chiese Anne, sarcastica.
«Abbiamo verifiche di tutte le materie, la prossima settimana» dichiarò Lysandre.
Castiel lo fulminò.
«Non rigirare il coltello nella piaga» disse tra i denti.
L’amico fece spallucce.
«Lysandre ha ragione, perché ti preoccupi solo di storia?»
«Forse perché quella lì mi odia?» rispose Castiel con l’atteggiamento di chi deve spiegare un concetto semplice a qualcuno duro di comprendonio.
«Anche io ti odierei, se fossi un’insegnante» asserì Anne, categorica.
«Non mi sembrava avessi paura di lei, amico»
Castiel si portò le dita alle tempie, come per tentare di rimanere calmo.
«Questo non ha niente a che vedere con la paura. Voglio solo non dover passare ogni pomeriggio delle mie vacanze a scuola»
«Allora ho la soluzione al tuo problema...» Anne riuscì a catturare tutta l’attenzione del rosso, che le rivolse uno sguardo interrogativo. «Studia!»
«Dannazione Anne, non so nemmeno che titolo abbia il libro di storia!» sbottò.
La verità in tutta la sua schiettezza uscì fuori dalla bocca di Lysandre.
«Io invece credo che tu sia talmente orgoglioso da non riuscire a chiedere ai tuoi migliori amici un aiuto per studiare»
Castiel si rabbuiò di colpo. Sapeva di non poter ribattere.
«Colpito e affondato!» esclamò Anne.
 
***
 
La pista da jogging che delimitava il quartiere non era poi tanto male, anzi, avrebbe osato definirla addirittura utile per chi, come lei, soffriva d’insonnia.
Eloise correva ormai da quaranta minuti. La fatica iniziava a farsi sentire nei polpacci, ma non aveva ancora intenzione di fermarsi. Era da tempo che non si sentiva così bene.
La treccia in cui aveva legato i lunghi capelli sobbalzava ad ogni suo passo veloce, come a tenere il ritmo di quella marcia adrenalinica. La felpa grigia le faceva sentire un gran caldo, ma se l’avesse tolta l’influenza non avrebbe perso tempo ad arrivare.
Nei pressi della fontana della zona centrale, decise che era il momento di fare una pausa.
A quell’ora del mattino la città cominciava a svegliarsi, in giro non c’era molta gente. Poggiò le mani sulle ginocchia per ritrovare un respiro regolare, poi riempì con acqua fresca la borraccia che aveva portato con se e bevve tutto d’un fiato.
«Faccia attenzione, non fa bene bere così velocemente», una voce sconosciuta la costrinse a voltarsi.
Un uomo sulla quarantina vestito in giacca e cravatta era fermo vicino a lei e sorrideva gentilmente.
Eloise fece un cenno, richiuse la borraccia e si preparò a riprendere la sua corsa.
«Non crede sia meglio fare un po’ di stretching, prima di continuare?»
L’uomo le si era parato davanti bloccandole la strada.
«Mi scusi?»
«Il fisico non deve essere sottoposto a uno stress continuo, bisogna prendersene cura in modo equilibrato» il sorriso non abbandonava quel volto così anonimo.
Eloise non capiva dove volesse andare a parare, o forse si. La sua strana gentilezza cominciava ad irritarla.
«Vede, ad esempio...»lo sconosciuto si avvicinò ancora di più e senza che lei potesse impedirlo le bloccò un braccio con una stretta salda e decisa. «Qui ci vorrebbe un po’ di allenamento...» Con l’altra mano prese a tastarle intensamente il braccio, fino ad arrivare alla spalla. Lo sguardo, che da cortese si era trasformato in languido, non lasciava presagire nulla di buono.
 
***
 
Potevano dire tutto su di lui, ma non che non fosse un uomo di parola. Insieme ai suoi amici aveva stabilito di vedersi alle otto a casa sua per iniziare un mega ripasso di tutte le materie e lui, quella domenica alle sette di mattina era in giro per la città con Demon mentre aspettava l’orario dell’appuntamento.
Continuava a sbadigliare ogni tre per due, ma il suo senso di responsabilità era più forte del sonno. Quella mattina, almeno.
Per non dormire in piedi, si concentrò sul pensiero del pranzo che avrebbe preparato Anne per tutti e tre. Quella ragazzina aveva un milione di difetti, ma con la cucina ci sapeva fare.
Il suo frigo pullulava di scatolette e roba surgelata. Ormai lo stomaco si rifiutava di continuare a ingurgitare solo quelle cose. Da quanto non mangiava un pasto decente?
Con queste riflessioni arrivò in centro e si stupì di come il mondo fosse tranquillo, a quell’ora.
Non ci fu tempo per altri pensieri, perché improvvisamente Demon prese ad abbaiare in modo feroce.
Seguendo con lo sguardo la direzione che il cane avrebbe voluto prendere, intravide due figure nascoste tra i cespugli vicino a una fontana.
«Che hai da abbaiare, tu?»
Demon non la finiva di ringhiare e la cosa lo insospettì. Accorciò di poco la distanza che lo separava da quel punto e riconobbe nella figura femminile la professoressa Laurent. Il tipo vicino a lei la teneva per un braccio, sembravano in un atteggiamento intimo.
“Sarà il suo uomo” pensò, guardandola. Ma qualcosa non tornava.
“Perché ha quella maledetta espressione scocciata anche con lui?!”
Senza ragionare affrettò il passo e si fermò solo quando fu sicuro di poter sentire cosa stessero dicendo.
«Ti do un secondo per togliere quella sudicia mano dalla mia spalla»
L’atteggiamento fermo della donna ricordò a Castiel l’incontro nello sgabuzzino. Una nuova sensazione di sconfitta si fece largo dentro di lui, come quella volta.
Nonostante fosse pronto ad aiutare la donna, era consapevole del fatto che non sarebbe servito a niente. Perché Eloise se la sarebbe cavata egregiamente, contro quel depravato.
L’avvertimento di lei non fece demordere l’uomo che, forte della sua superiorità fisica alzò la mano con l’intento di posarla sul viso della donna.
«Uno.»
Eloise fu decisamente più veloce. Prese il braccio dell’aggressore e lo rigirò con una tale potenza da fargli emettere un forte gemito di dolore. Così si mise alle sue spalle e, tenendolo ancora in pugno, alzatasi in punta di piedi gli sussurrò nell’orecchio «Ti è andata bene, sai? Oggi è una bella giornata, e non intendo rovinarmela per colpa tua»
A quel punto Castiel fece il suo ingresso in scena insieme al suo enorme scagnozzo.
La vista di quei due convinse l’uomo che la decisione più saggia fosse andare via di lì il più velocemente possibile.
Soli, nello sprazzo d'erba che circondava la fontana, Castiel ed Eloise si guardarono negli occhi.
Un qualcosa di indecifrabile passò dallo sguardo di lei a quello di lui, e viceversa.
Era come se i loro corpi fossero solo due sagome vuote in un contesto atemporale.
«Tutto bene?»
La donna tornò in sé e distolse gli occhi dal rosso.
«Non... Non dovresti essere a casa a ripassare?»
Castiel non comprese come, dopo quello che era accaduto, potesse rivolgergli una domanda del genere.
Senza aspettare risposta, si mise il cappuccio della felpa in testa e si abbassò per prendere la borraccia che era caduta.
Ma un particolare poco trascurabile non passò inosservato agli occhi indagatori di lui.
Eloise stava tremando.
Il guinzaglio di Demon scivolò via dalle mani di Castiel come conseguenza naturale dell’emozione appena nata in lui, e le sue mani si posarono così piano sulle esili spalle della donna, che tutto parve capovolgersi.
Quasi a chiedere permesso.
Quasi a voler esplorare l’inaccessibile.
Lei rimase inerme. Lui l’abbracciò da dietro. Più che un abbraccio, era un tocco leggero. Solo per farle avvertire la sua presenza.
Lei, così piccola e indifesa che non pareva possibile fosse proprio la professoressa.
In quel momento, in quel luogo avevano dato vita a qualcosa.
Qualcosa che non sarebbe dovuto essere.
Ma qualcosa che ormai, c’era.


 
 Note dell'autrice:
Niente.
Solo "perdono". A chi segue questa storia che prosegue a ritmo di tartaruga.
Se mi avete abbandonata, vi capisco.
Se non l'avete fatto, vi amo.
A presto (si fa per dire) <3

Sakyo
  
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