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Autore: formerly_known_as_A    11/09/2014    1 recensioni
Il primo Natale di Sousuke e Momotaro.
{Prequel di "Get well soon!", ambientato qualche anno prima di quella.}
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Momotarou Mikoshiba, Sosuke Yamazaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Quattro gradi di unione'
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Momo arriva all'appuntamento con un ritardo di dieci minuti -del tutto atteso- e una macchia di fango sul cappotto. Sousuke la osserva abbastanza a lungo per farlo arrossire e il ragazzo si nasconde meglio nella sciarpa.

"Mi sono perso e per arrivare in tempo sono scivolato." borbotta il rosso, allungando la mano verso la sua. Sousuke la prende ed intreccia le dita, com'è abituato a fare.

"Non era il caso. Sei gelido. E sei comunque in ritardo." gli fa notare, nascondendo le mani nella tasca del cappotto. Momo ha un piccolo sussulto, prima di avvicinarsi per stare più comodo.

È qualcosa che hanno preso a fare da un po' di tempo, camminare così vicini da nascondere le mani nel cappotto, ma non sembra riuscire ad abituarcisi. Momo detesta i guanti almeno quanto ama la sciarpa lunghissima che Sousuke gli ha regalato all'inizio dell'inverno e per la maggior parte del tempo ha le dita gelate ed arrossate al punto che all'altro ragazzo fanno male le proprie.

Ha una tasca del cappotto sformata a testimoniare quell'abitudine, qualcosa che lo rende stupidamente fiero.

Non oggi. Oggi Momo non parte a parlare a macchinetta, non si imbroncia per avergli fatto notare che è arrivato in ritardo, si attacca al suo fianco e lo segue all'entrata del Luna Park e anche se si sforzasse di farlo, Sousuke sarebbe comunque troppo teso per ascoltarlo.

La tensione tra loro è quasi palpabile, nel silenzio denso che si instaura, nel bisogno del più grande di sentire la sua voce in sottofondo, almeno.

"Cosa vuoi fare per primo?" domanda, alla fine, i passi che li hanno portati fino ad un'attrazione che potrebbe piacere al rosso, una sorta di casa fantasma che non promette nulla di buono. Al secondo piano un'ombra scura si muove tra le finestre, un coltello in mano, i vetri pieni di impronte insanguinate. Una casa di legno come nei peggiori film horror, qualcosa che il ragazzo adora.

"Non lo so, possiamo camminare?"

Si volta verso Momo, le palpebre che sbattono appena come se volesse svegliarsi ad ogni costo, sorpreso. Camminare non fa parte delle attività che costituiscono i loro appuntamenti. Camminare significa farsi trascinare qui e lì tra le vetrine, seguire i suoi discorsi sempre più veloci su uno o l'altro oggetto, non Momo che lo aspetta, lo sguardo basso, dandogli la possibilità di decidere.

A Sousuke non piace decidere cosa fare agli appuntamenti, visto che sono qualcosa di relativamente nuovo, per lui. Anche dopo quasi cinque mesi -o forse un poco di più, ora che ci pensa- non è abituato a dover pianificare dove andare con una persona, non è abituato a dover pensare. Gli piace farsi trascinare, in fondo, gli piace ascoltarlo ed essere vittima della sua vicinanza eccessiva.

"Andiamo lì." propone, camminando verso l'entrata della casa fantasma. Momo sembra sorpreso, ma non protesta. Si lascia trascinare.

Sousuke si sente frustrato per la sua mancanza di entusiasmo e si ritrova a chiedersi se anche lui sia così, se anche Momo vorrebbe dirgli di ridere e rilassarsi.

Si siedono uno accanto all'altro sul vagone ed aspettano. Devono prima uscire altre persone, poi sarà il loro turno. Il silenzio è estenuante.

"Soucchi, non è il tipo di cosa che si fa a Natale, questa." mormora Momo, alla fine. C'è un piccolo sorriso sul suo volto, mentre appoggia la guancia alla sua spalla e chiude gli occhi.

"Non ti piace?"

"Onestamente, sei troppo gentile con me." gli risponde il ragazzo, con un sospiro. Non sembra contento della sua gentilezza e Sousuke vorrebbe chiedergli perché. È stato Momo ad insistere per andare al Luna Park, in qualche modo deve interessargli, altrimenti non avrebbe mai proposto il luogo.

Apre la bocca per chiedergli cosa intenda, ma il veicolo parte con uno scatto in avanti e Momotarou smette di guardarlo.


Dopo la casa fantasma sembra più rilassato. Ride della sua paura, della sua reazione esagerata al tocco di una mummia, ma Sousuke è troppo sollevato per lamentarsi. Momo sembra più caldo, ora, le guance e il naso arrossati, ma la mano che ancora stringe la sua che ora si muove davanti al suo viso mentre gesticola e parla animatamente.

"Andiamo nella casa degli specchi!" esclama, trascinandolo senza che neppure possa protestare. Non lo farebbe, il suo entusiasmo contagioso che se lo trascina dietro, la scia di una risata che fa girare i passanti.

"Facciamo una gara!" dice, lasciandogli la mano. Scatta in avanti per riprenderla, la risata che si spegne, lasciando posto ad un sguardo sorpreso. Gli da' le spalle quando entrano mano nella mano, quando la sua faccia impatta contro il primo vetro e quando, dopo quell'incidente, sembra trovare la strada per l'uscita per istinto.

Sousuke ha bisogno di guardarlo, ma non riesce a dirglielo. Ha bisogno del suo sguardo addosso, oltre che la mano stretta, ma il più delle volte Momo lo osserva di sfuggita, nascosto dietro la sciarpa, lo sguardo felino che si posa un momento solo nel suo, prima di ricominciare a correre verso l'uscita.

"Pausa." decreta, portandolo ad una panchina senza aspettare una risposta. Stare in un posto così piccolo, privo di uscita, insieme al suo ragazzo dovrebbe essere divertente, forse anche fargli fare cose stupide, invece mentre pensava di fargli sbagliare strada e baciarlo in un vicolo cieco del labirinto, il petto non smetteva di fargli male.

"Vado a prendere dei pop corn!" esclama Momo, lasciandogli di nuovo la mano. Resta a guardarla, vuota ed inutile, abbandonata in grembo e anche se riesce a vedere la sua schiena mentre ancora gesticola per avere un sacchetto di pop corn enorme, gli sembra distante un milione di chilometri.

Si chiede quale sarebbe la sua reazione, se dovesse alzarsi ed andarsene ora.

Temendo la sua indifferenza, sta attento a non muoversi di un millimetro, concentrandosi persino sul proprio respiro.

"Soucchi!"

Torna in sé in tempo per vedere il ragazzo sedersi pesantemente accanto a lui sulla panchina. Tende la mano automaticamente e vede lui porgergli i pop corn. Non gli interessano quelli, ma esita e ne prende uno.

Sono al caramello e il contrasto di dolce e salato gli da' la nausea, quindi preferisce starsene a guardare il suo ragazzo che mangia e mormora una canzone incomprensibile come fa sempre quando è di buon umore.

"Dove vuoi andare, dopo?" domanda Sousuke, azzardando a sfiorargli la mano. Momo alza lo sguardo verso di lui, sbattendo le palpebre e gli sembra di vedere un'ombra passare dietro ai suoi occhi, per un momento.

"Ah, Soucchi, perché sei così gentile con me?"

Perché sei la persona che amo. Questo vorrebbe rispondergli, ma le parole rimangono bloccate in fondo alla gola, troppo pesanti per pronunciarle davvero. Momo è la persona che ama, ma è complicato ammetterlo, abbassare le difese e rendersi conto di avere davvero bisogno di lui, nonostante tutto.

"Non dovrei?" chiede infine, sfiorandogli il polso con l'indice e sorridendo appena quando riesce ad intrappolare la mano nella propria. Quello è un gesto giusto, uno di quelli che gli fanno battere forte il cuore fino a rendere quel sentimento insopportabile, ma non possono farlo smettere di sorridere.

Momo lo guarda con le sopracciglia corrucciate, esitante. Sembra arrabbiato e triste, ha l'espressione di una persona a cui si è appena spezzato il cuore, ma abbandona i pop corn accanto a sé per affondare con il viso nel suo cappotto.


C'è sempre un'ombra dietro gli occhi di Momo e Sousuke non può fingere di non saperne il motivo. Ma tiene la sua mano stretta mentre ancora girano per il Luna Park, quando provano tutte le attrazioni e Momo grida così tanto per un peluche di una lontra gigante che non può fare a meno di spendere tutti i suoi risparmi per provare a vincerglielo.

Non ci riesce, si impunta fino alla frustrazione, ma Momo gli dice che non importa davvero.

Si avvia verso la stazione del treno con un senso di vuoto in fondo al petto che non si addice ad un appuntamento. Lo guarda allontanarsi per saltare tra le pozzanghere, il viso leggermente sollevato per intercettare meglio le gocce di pioggia, ma quando comincia a piovere davvero forte lo copre fino alla stazione.

Si rifugiano sotto la pensilina, lo scrosciare furioso che rende inutile qualsiasi tentativo di conversazione. Resta a fissare il suo profilo e, quando si toglie l'anello che porta all'anulare sinistro, non sente il suo nome pronunciato con l'espressione di chi ormai si è rassegnato.

"Volevo passare il Natale con te, come una vera coppia, Soucchi. Volevo fossimo felici un'ultima volta. Non ha funzionato, eh?"

Il suo sguardo scivola sulla sua figura rannicchiata, le dita protese in avanti per un momento, come se lo interessassero moltissimo. È la mano priva dell'anello a colpirlo, il segno impresso su di essa, ma vuota della sua presenza.

Lo stringe nel palmo, poi apre per guardarlo. All'interno è annerito ed è quello il segno che ha lasciato su Momo. Un'ombra scura di un anello comprato a poco, con una pietra che è palesemente vetro o plastica. È qualcosa che Momo ha voluto, però, qualcosa che ha fatto cedere Sousuke perché non è possibile essere tanto adorabili e non ottenere nulla in cambio.

"Lo so che ti sembrerà stupido, ma sai, ho sempre pensato a quanto sarebbe stato bello andarcene in giro sotto la neve, tenerci per mano e guardare le vetrine e le luci. Invece ha piovuto e per terra c'è solo fango. Fa troppo freddo per essere felici, Sousuke."

L'ultima parte la sente, soffocata dalla sua sciarpa, il viso basso mentre Momo si abbraccia e si nasconde meglio. La sente come un singhiozzo, il proprio nome appena sussurrato, come se fosse proibito pronunciarlo.

È raro che Momo lo chiami così. È un nome troppo serio, troppo triste, pronunciato da lui.

Si chiede se possa fare qualcosa, tornare indietro e mentirgli, dirgli cose a metà. Essere sincero l'ha portato a questo, ma questo non è quello che desiderava davvero.

Allunga le dita verso la sua testa, ma Momotarou le respinge. Il suo sguardo è lucido di lacrime, stupito, furioso. Lo capisce, ma vorrebbe tenerlo ancora stretto a sé, ancora un poco.

Tutta quella giornata l'ha vissuta in previsione di questo momento, si dice, è normale che non sorridesse come al solito. Non ha sorriso da quando gliel'ha detto.

È crudele. Pensare di avere una possibilità di amare Rin, ma perdere Momo.

Non è uno scambio equivalente, fa troppo male per esserlo. Sente il petto bloccato, come se non gli fosse più consentito respirare.

Dagli altoparlanti, una voce femminile annuncia l'arrivo del treno che Momotarou deve prendere. Lo osserva alzarsi e automaticamente fa lo stesso, il cuore che sembra essersi fermato, ogni battito che riesce a sentire risulta come una coltellata al petto. Stringe l'anello come se potesse dargli un appiglio, ma è peggio.

“Momo.” lo chiama, ma lui non si volta, la pioggia che ancora sovrasta ogni suono, anche quello del treno sui binari.

Dirgli che ama Rin, anche se in misura minore a quanto ama lui, è stato così stupido che si chiede per un momento se non possa saltare sui binari e farla finita.

Ma l'amore non è un motivo per sacrificare la propria vita, per Sousuke e quasi se ne dispiace.

“Smettila di essere gentile con me, quando ami Rin.”

La frase, improvvisamente chiara sopra il frastuono, lo gela sul posto. Lascia cadere la mano che aveva teso verso di lui, lascia che il treno arrivi ed apra le porte.

Ama Rin. Rin è disposto ad amarlo. Ma Momo c'è sempre, ad occupare una parte importante del cuore, a farglielo battere all'impazzata.

“Momotarou!”

Momo si blocca, ma gli da' le spalle. Sembra minuscolo, affondato così nel cappotto e la sciarpa e Sousuke vorrebbe riuscire a fare i tre passi che li separano per avvolgerlo tra le braccia.

“Sei... Sei sempre stato il primo.” riesce a dire, consapevole che non sia abbastanza, che una gran parte di quei sentimenti non riusciranno mai ad esprimersi attraverso la sua voce.

Momo si volta, gli occhi colmi di lacrime, l'espressione rassegnata mentre scuote la testa e stringe gli occhi. Sorride, ma non c'è nessuna felicità sul suo viso rigato dalla tristezza.

“Bugiardo.” mormora, il sorriso che cede quando torna a dargli le spalle e sale nel treno.

Sousuke lo guarda allontanarsi, sotto la pioggia, il freddo che gli scava nelle ossa solo quando vede Momotarou cadere in avanti, rannicchiarsi nel vagone vuoto e singhiozzare.

Lo lascia andare. Lascia che quella sia l'ultima volta che si rivolgeranno la parola, lascia che Momo metta fine a tutto quanto.

Ha l'impressione che il suo cuore si sia ghiacciato, scosso dai tremiti com'è e, quando finalmente si rende conto di quanto sia diventato freddo, quando si rende conto della neve che cade tutt'intorno a lui, non può fare a meno di crollare su uno dei sedili e piangere.

   
 
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