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Autore: Impossible Prince    12/09/2014    2 recensioni
«Il vuoto è misterioso. Se tu guardi dentro il vuoto, il vuoto poi guarda dentro di te e ti consuma»
Dream è un giovane di venticinque anni con una grandissima carriera di allenatore alle spalle e un presente da giornalista per il più importante quotidiano nazionale.
Sfiduciato e poco stimolato dal mondo degli allenatori, Dream si ritrova in poco tempo, senza opporre resistenza, in balia di party aristocratici, Campioni incompetenti e amici incapaci di stimolare e risollevare la sua vita dalla noia, che ormai è diventata le fondamenta su cui si basa la sua esistenza.
Il ragazzo dovrà destreggiarsi così in un contesto politico precario, dove il Presidente del Consiglio Giovanni porta avanti politiche sempre più autoritarie e liberticide e ricordi di un passato apparentemente invalicabili che costituiscono una pesante ombra sul suo futuro.
Tutti i capitoli sono stati oggetto di una profonda riscrittura.
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Giovanni, N, Nuovo personaggio, Red, Team Rocket, Vera
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Videogioco
Capitoli:
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Capitolo 14 – L’inizio
 
Blaine entrò in classe scuro in volto. Posò i pesanti faldoni sulla cattedra, batté con forza la mano destra sul piano poi e indicò Dream con una ferocia fuori dal comune: «Tu, dal preside, ora!». Era così furioso che per un momento gli occhi sembrarono uscire dalle orbite. Per Dream fu come ricevere una scarica di proiettili addosso. Se c’era uno studente che poteva vantare di non venir mai richiamato all’ordine, quello era proprio lui, sebbene più di una volta avesse avuto comportamenti sopra le righe e non propriamente corretti. Eppure, nelle ultime due settimane, per lo meno, era sicuro di non aver commesso infrazioni di qualche tipo, aveva smesso anche di parlare con persone al di fuori del gruppo classe. Che cosa aveva combinato, quindi, per dover esser chiamato dal preside? La sua voce gli si bloccò in gola. In un’altra situazione avrebbe fronteggiato il docente, gli avrebbe chiesto perché. Ma quella volta fu così preso alla sprovvista che fu come se qualcuno gli rubò la voce o la capacità di parlare. Il volto impallidì e le mani diventarono di ghiaccio.
L’intera classe cadde nel silenzio più profondo e tutti gli occhi si posarono sul compagno che aveva cominciato a dirigersi verso l’uscita della classe. Nonostante la tensione aveva cominciato a bombardargli la testa di una serie di pensieri che lo portarono mentalmente lontano dall’aula, riuscì a sentire alcuni compagni che bisbigliavano tra loro: «Chissà che cos’ha combinato» che vennero messi immediatamente a tacere dallo sguardo congiunto di Blaine e di Dream.
Era insolito che un alunno fosse mandato dal preside: la Scuola Per Allenatori era infatti nota per la sua rigida disciplina impartita a tutti i suoi studenti. Non era semplice partecipare alle lezioni dell’istituto e che fosse un privilegio veniva ricordato quasi quotidianamente.
Per diventarne studenti, gli alunni alla tenera età di cinque anni dovevano sostenere un esame di logica con l’ausilio di piccoli giocattoli. Se si superava il test, durante il corso del primo anno i bambini dovevano dimostrarsi educati e attenti alle regole, viceversa sarebbero stati espulsi. Moltissime erano le famiglie che si vedevano la richiesta respinta; per loro l’alternativa era la scuola dell’obbligo sul modello statunitense.
Era Giugno 2001, l’anno scolastico era quasi terminato, mancavano una manciata di giorni, utili esclusivamente a passare gli ultimi momenti con i propri compagni di classe prima di incamminarsi ciascuno per il proprio viaggio di allenatore di pokémon.
Dream percorse il breve corridoio dalle mura gialline e arrivò nel grande atrio della scuola. Procedette di qualche passo avanti e poi imboccò le scale a chiocciola alla sua sinistra, che portavano agli uffici burocratici. Percorse lo stretto corridoio che si presentava una volta superata la segreteria osservato dagli adulti, curiosi per la visita di quel ragazzino; arrivò davanti ad una porta in legno con scritto “Presidenza – Bruno Fogli”, fece un gran respiro e poi bussò.
«Avanti» disse una voce al suo interno.
Dream aprì la porta e se la chiuse dietro.
C’era un piccolo stanzino, poco illuminato adiacente ad una stanza molto più grande, il ragazzo vi entrò e alla sua destra vide la grande scrivania in mogano con il preside seduto.
Era un uomo quasi completamente calvo, i pochi capelli che aveva sul capo erano sul fondo della nuca, grigi. Vestiva molto elegantemente, con una camicia bianca, una cravatta nera e una giacca, nera anch’essa. Sul naso portava dei piccoli occhiali da vista, quasi invisibili.
«Dream, giusto?» chiese con un sorriso caldo, volto a mettere il ragazzino a proprio agio.
 Dream annuì.
«Siediti prego» disse indicando un cenno la sedia davanti alla sua scrivania. La sua pronuncia era imperfetta, la “s” veniva emessa come se fosse sempre una “sh”.
Il ragazzo si sedette su una delle due sedie. Era pronto a sentirsi una ramanzina su un qualche comportamento scorretto tenuto con qualche compagno, come aver ricordato ad alcune persone che la loro famiglia era invischiata nelle vicende giudiziarie del Team Rocket, su cui la magistratura stava investigando in quel periodo.
«Allora Dream, ho ricevuto oggi questa busta dalla Lega Pokémon – disse prendendo in mano una busta gialla aperta - Ogni anno, la Lega Pokémon, regala a tutti voi studenti delle classi finali un Pokémon con cui iniziare la propria avventura. In genere si tratta di un Rattata, un Sentret, un Pidgey o un Hoothoot. Quindi pokémon di tipo Normale o Normale-Volante.
Però, c’è un però. Per tre studenti non è così... Oh no, no, no, no – disse scuotendo la testa con fare buffo, somigliando più ad un Growlithe che tentava di asciugarsi dopo essersi bagnato con dell’acqua piuttosto che ad un adulto serio – per tre studenti, i più meritevoli, i più bravi, quelli che si sono distinti meglio, ci sono alcuni pokémon che mi viene da definire... “speciali”. Il loro tipo non è né Normale né Volante e ne tantomeno una loro combinazione, ma di tipo Acqua, Fuoco o Erba. Questo tipo di pokémon vengono propriamente definiti pokémon iniziali e ti starai chiedendo: “Ma come? Gli altri non sono iniziali?” Ma certo che lo sono, certo che lo sono. Ma questi sono più iniziali degli altri, già, già. D’altro canto bisogna premiare i più meritevoli, eh già – disse annuendo leggermente, con gli occhi sempre bassi e un sorriso di auto-compiacimento per quello che stava pronunciando – e ogni regione ha i propri pokémon iniziali. Noi a Johto abbiamo Totodile, Cyndaquil e Chikorita. Tutto chiaro?».
Dream annuì con un’espressione assente. Aveva forse capito dove il preside volesse arrivare, ma improvvisamente si era ritrovato a diventare dipendente dalla voce e dalle parole dell’uomo. Pendeva dalle sue labbra.
«Bene, è un mio grandissimo piacere annunciarti – disse il presidente con un ampio sorriso sulle labbra – che sei stato valutato come il migliore studente della nostra sede e uno dei tre migliori della Scuola per Allenatori di Johto! Per decidere quale pokémon dovessi tu ottenere i vostri tre nomi sono stati inseriti in un’urna e poi sono stati pescati. L’ordine di assegnamento è stato quello del Pokédex numerico, ovvero il primo ha preso lo starter d’erba, il secondo quello di fuoco e il terzo quello d’acqua. E tu otterrai un esemplare di Totodile!».
Dream spalancò leggermente la bocca, strabuzzando gli occhi. La voce faceva fatica ad uscire dalle sue corde vocali, tentennava, era insicura.
«D-dice davvero?! Io?!».
L’uomo annuì contento, poi si sporse in avanti e fece cenno al ragazzo di avvicinarsi, che obbedì: «Gliel’abbiamo fatta a quelle bestie di Violapoli. Volevano primeggiare anche quest’anno, portare tre loro studenti ma no, niente da fare. Volevano sbeffeggiarmi dicendo che sono un pessimo preside incapace di sfornare allenatori in gamba, e invece, ecco qui, il migliore dei tre viene dalla mia scuola. Avrei voluto vedere quel loro sorrisetto sui loro volti quando hanno visto che la loro busta conteneva solo due nomi!
Che sia di lezione a quelle bestie! Pensa, sono uscite delle registrazioni della videosorveglianza sul telegiornale di alcuni ragazzi, appartenenti alle scuole superiori di Violapoli, che hanno utilizzato lo scivolo dei disabili della Scuola per Allenatori per fare le gare con i motorini. Ma ci rendiamo conto di come è lasciato allo stato brado quell’istituto?! E il loro preside non ha detto nulla, pure di fronte alle registrazioni, ha negato che ci siano falle di sicurezza! Certo, è colpa delle bestie, degli animali, mentre il loro preside era e per sempre sarà un cafone, sempre con quel sorrisetto sul volto...
Per non parlare del graffito apparso su uno delle mura del loro istituto?» Bruno alzò alcuni fogli alla ricerca di una fotografia che tirò su facendola vedere a Dream, come se Dream fosse un giornalista e il preside fosse un politico che faceva campagna elettorale attaccando lo schieramento avversario. La fotografia mostrava un muro con una gigantesca Pokéball disegnata con della vernice, «Ma guarda qua cosa hanno fatto Dream! Questa è stata una ragazza! Sempre delle scuole superiori, una bestia! Una animala! Questa signora finirà poi nelle strade della prostituzione! E il preside? Non fa niente, non la mette una recinzione, non rilascia qualche intervista parlando della bomba sociale che è sotto ai loro piedi, un cafone, Dream, un cafone. Se potessi incontrarlo, lo accompagnerei nelle fogne di Violapoli, gli infilerei di nascosto del formaggio nelle tasche dei pantaloni e poi aspetterei che i Raticate corrano ad attaccarlo.
Prima che io diventassi Preside di questa scuola, in uno dei corridoi del primo piano, quello che conduce ai laboratori c’era una finestra rotta che si apriva da fuori e alcuni criminali entravano e rubavano le Pokéball. Io… IO ho fatto risparmiare soldi ai contribuenti, mentre quell’imbecille poco ci manca che favorisca lo sfruttamento della prostituzione.
Non ti fidanzare con una ragazza di Violapoli, Dream, ti attaccherà tutte le malattie che con il tempo imparerai a conoscere».

Lo sguardo di Dream si fece perplesso e cominciò ad osservare l’orologio sperando che l’uomo si potesse accorgere che quel colloquio era andato anche fin troppo oltre, non solo nelle tempistiche, ma anche nei contenuti.
«Bene, bene mio caro, puoi tornare in classe. Ma mi devi promettere che arrivi alla Lega Pokémon, così gliela faccio vedere a quell’imbecille di Violapoli! “Quello” perché definirlo essere umano è uno sfregio alla biologia, è un insulto a noi due. Non conosce l’utilizzo della grammatica, non è a conoscenza della differenza tra una Ultra Ball e una Poké Ball, i suoi pokémon quando vengono chiamati in campo corrono via sapendo che verranno distrutti. Ma puoi mai mettere un ignorante così formidabile, un ignorante... sia chiaro, ignorante perché ignora, di tali proporzioni a capo di una scuola? Ma è un imbecille...».
«Perché imbelle?» interruppe Dream scherzoso, sorridendo.
Il preside si fermò un attimo turbato, poi cominciò a sorridere: «Anche tu hai l’ironia, il sarcasmo nel sangue e bravo, bravo. Attento però al sorrisetto, prima che ti si paralizzi e diventi come gli animali di Violapoli! Dai, torna in classe, e mi raccomando Dream, mi raccomando, facciamogliela vedere...» provò a finire Bruno venendo interrotto ancora da Dream: «A quell’imbecille di Violapoli».
«Così mi piaci» disse ridendo, salutando il giovane con un cenno.
 
La sveglia suonò e Dream la spense tirando una pacca sulla testa del piccolo oggetto a forma di Hoothoot. Si alzò dal letto e osservo il cielo attraverso le tende della finestra sulla sua sinistra. Scostò leggermente la tenda per osservare il tempo e il paesaggio. Borgo Foglianova era soleggiata come sempre. La città natia di Dream diventava una meta obbligatoria nei primi giorni di settembre quando una serie di tempeste tropicali si abbattevano sull’intera costa Ovest causando grandissimi disagi e danni di vario tipo. Le strade di città come Fiordoropoli si tramutavano in piccoli torrenti, mentre il cielo veniva costantemente ferito da squarci luminosi seguiti da tuoni potenti come i motori di un aereo militare. Il trasporto metropolitano veniva sistematicamente chiuso, a causa dell’allagamento della metropolitana e il traffico aereo veniva dirottato tra il piccolo aeroporto di Ebanopoli e il più grande polo di Zafferanopoli.
Dream, che ne aveva la possibilità, approfittava sempre della casa dei genitori per lasciare la Capitale per quei giorni e tornarci una volta che gli uragani avevano fatto i loro corso.
Scese le scale rapidamente e trovò solo sua madre, seduta sul divano a giocare al tablet. Era curioso, si potevano contare sulle dita di una mano le volte che trovava qualcuno in casa quando si svegliava.
«Ciao...» salutò andando in cucina, guardando la madre.
«Ciao... a che ora sei arrivato ieri?» chiese lei non distogliendo gli occhi dall’aggeggio elettronico.
«Alle undici, dormivate tutti».
Dream aprì la credenza di legno con un vetro smerigliato color smeraldo, tirò fuori una piccola tazza con dentro dello zucchero e un cucchiaino d’argento e una piccola bustina di English Breakfast.
Raggiunse poi un’altra credenza dove tirò fuori un piccolo pentolino che riempì d’acqua e posò sul gas.
«Come va?» chiese il ragazzo sedendosi e osservando la donna.
«Bene, bene, ma il lavoro...» rispose la donna con voce sconsolata.
«Neanche colloqui?»
«No, niente» scosse lei la testa.
«Ma li mandi in giro i curricula?» chiese il ragazzo alquanto dubbioso su quanto stesse affermando la madre.
Erano ormai due anni che si trovava disoccupata e sebbene l’economia e l’occupazione fossero ripartiti con dati consistenti, lei rimaneva ancora senza un posto di lavoro. I due genitori campavano con il solo stipendio del padre, che aveva rinunciato ad andare in pensione a causa della mancanza di lavoro della donna.
«No, beh, sono iscritta alle agenzie di collocamento, ma niente, non c’è niente...» continuò lei con un tono sconsolato.
«Pensa un po’ – ricominciò a parlare la donna con una incredibile dose di ritrovata allegria e gioia – sono su questa chat e ci sono due che stanno litigando... – aprì la bocca sorpresa – oh sono arrivati alle parole grosse! Vieni a guardare, vieni a guardare...».
Dream si alzò e andò verso i fornelli a prendere il pentolino con l’acqua che stava bollendo, versandolo all’interno di una tazza bianca. Poi prese la bustina di the e la immerse nell’acqua fumante.
«Perché non la smetti di stare dietro a quelle puttanate e non ti trovi un hobby, se proprio non riesci a trovare un lavoro?» disse Dream con un filo di rabbia nella voce.
«Oh, che palle, non fare come tuo padre che sta sempre a lamentarsi ogni volta che uso l’iPad» rispose la donna seccata.
«E avrà ragione, ogni volta che vengo qui sei sempre attaccata o al telefono o quel coso. Avessi mai visto un curriculum per ‘sta casa».
La donna per la prima volta guardò il figlio e poi, alzando la voce disse: «Oh ma se non si trova lavoro, cosa ci posso fare?».
«Tutti trovano lavoro tranne te. E tutti queste persone non passano la propria esistenza davanti ad un computer o davanti un telefono o un tablet. Fattele un paio di domande, mamma».
«Ma vieni qui per rompere? Non hai un impegno? Smammare, coraggio, fai tardi!» gridò lei con voce strozzata.
 
Camminando per le vie della cittadina non poté non venir investito da quello che in un primo momento pensò trattarsi della nostalgia. Ogni centimetro della strada era stato marchiato dai ricordi della sua infanzia; e questo non faceva altro che amplificare le parole di Vico di qualche settimana prima. I bombardamenti di Michael e dell’anziano avevano sortito i loro effetti e la memoria non faceva altro che andare alle ore passate saltellando sui muretti e tra l’erba del parco nei pressi di casa sua, quando, con gli amici, giocava a far combattere pokémon immaginari. Lui che trionfante annunciava di poter far combattere Mewtwo per combattere i cattivi del Team Rocket impersonati dai suoi compagni. Ed è curioso pensare che anni dopo combatté per davvero il Team Rocket e catturò realmente Mewtwo.
Però poi cominciò a riflettere e si rese conto che non aveva nostalgia di quando era piccolo e viveva a Borgo Foglianova. Aveva nostalgia delle cose che faceva quando era partito dalla sua città natale. Non gli era mai andato a genio vivere nella città confinante con Kanto. L’aveva sempre trovata opprimente, piccola per lui e accettabile solo nei casi d’emergenza, come quando l’estate terminava. Odiava Borgo Foglianova e odiava tornare a casa dai propri genitori, che per quanto provarono, mai riuscirono a capire il proprio figlio, anche a causa dell’eccentricità del ragazzo stesso.
 
Arrivò con leggero anticipo davanti al teatro, dove sostavano numerosi giornalisti e fotografi.
«Hey Dream!» gridò una voce femminile familiare.
Dream si girò in direzione della persona che aveva parlato e trovò, con sua enorme sorpresa, Annabelle assieme al suo fedelissimo cameraman.
«Oh, Annabelle, che ci fai qui?» chiese Dream avvicinandosi alla collega.
«Pieno di politici oggi. Dopo il caos con Kalos sarebbe carino se si facessero avvicinare per qualche domanda. Ma niente, non mi fanno entrare nel teatro» concluse la giornalista seccata, «Tu hai il pass?».
Dream si infilò una sigaretta in bocca e annuì con il capo. Se la accese, respirò a pieni polmoni e poi buttò fuori tutto il fumo: «Sì, me lo han dato. Cioè, sono stati obbligati a darmelo, ma non per mia scelta e non sono qui neanche come giornalista... Chi dev’esserci?».
«Giovanni e Archer» disse sicura di sé.
«Uh, la merde de la merde».
«Pensi di avvicinarli?».
«No, guarda, stai tranquilla che non ho intenzione di rubarti il lavoro... preferirei iniettarmi del plutonio in endovena piuttosto» disse gettando a terra il mozzicone, poi si congedò, raggiungendo l’edificio.
 
Dream si presentò all’ingresso del salone e mostrò il pass ricevuto qualche giorno prima: «Categoria?»
«Allenatore pokémon» rispose prontamente il ragazzo.
Il poliziotto diede una rapida occhiata al foglio che teneva in mano, poi sorrise aggiungendo: «Prego. Per voi allenatori la file sono la 8 e 9».
Il teatro non era di grosse dimensioni, conteneva meno di cinquecento posti, ecco perché la selezione delle persone all’ingresso fu resa necessaria e obbligatoria. Non possedeva fronzoli decorativi di alcun tipo, era piuttosto sobrio, così come lo era il palco. Un leggio, con microfono e alcune sedie di plastica sul fondo. Tre per gli allenatori che avrebbero ricevuto Chikorita, Cyndaquil e Totodile e altre sedie per il Presidente del Consiglio, Giovanni, Il Governatore di Johto, Archer, il Professor Elm e dirigenti delle scuole di Violapoli e Borgo Foglianova.
Le prime file, invece, erano occupate dai ragazzini non sufficientemente bravi da ottenere uno di quei tre pokémon e sarebbero stati chiamati tutti assieme sul palco.
Le poltrone erano di color rosso, molto comode e soffici. Dream si sedette e cominciò a osservare nervosamente il telefono in attesa che le ore nove arrivassero, ogni tanto lanciò anche qualche occhiata attorno, alla ricerca di un volto familiare, qualche vecchio compagno di classe con cui parlare, ma non riconobbe nessuno.
Era inquieto, sì, e non si sapeva spiegare il perché. Era forse la paura di ricordare arrivato in quel momento così delicato in cui stava combattendo una guerra senza quartiere contro il suo Io?
Il teatro lentamente si riempì e alle nove precise, sul palco apparvero i tre ragazzini, le autorità e il Professor Elm.
Ci fu un lungo applauso e poi il Professore raggiunse il microfono pronto per il suo discorso che teneva annualmente: «E’ sempre un onore per me presenziare a questo evento.
Pochi, ogni anno, si rendono conto della portata storica di questo evento, qui non solo diamo la licenza ai nostri ragazzi di essere degli allenatori di pokémon, no. Noi, in questo giorno riconosciamo al futuro un ruolo cruciale per la nostra esistenza e lo sviluppo della nostra nazione! E lo riconosciamo in maniera così forte che in questo stesso momento nelle altre regioni, i miei colleghi Professori stanno consegnando a voi giovani promesse gli strumenti per affrontare l’avvenire. Una parola che contiene un qualcosa di mistico ma al contempo di misterioso e come ogni cosa misteriosa, incute un po’ di timore.
Ma non dovete aver paura fino a che i vostri pokémon sono con voi al vostro fianco.
E’ una sfida per voi, lo so bene, ma è una sfida anche per noi. Nelle aule scolastiche, noi formiamo la classe dirigente del futuro. E oggi abbiamo qui persone che ne sono la testimonianza vera e propria, il Presidente del Consiglio, Giovanni, a cui dedicherei un grande applauso – tutto il pubblico in sala si alzò in piedi ad applaudire eccetto Dream che osservò nauseato la scena – è stato alunno della Scuola per Allenatori della città di Smeraldopoli, e anche il nostro Governatore Archer, alunno della scuola di Violapoli.
Quindi, miei ragazzi, che voi riceviate un Totodile o un Rattata non pensiate che questo sia un atto di puro formalismo, noi vi consegniamo oggi il futuro della nostra Repubblica.
E ora, accogliete con un grande applauso il primo studente, Max, che riceverà oggi il pokémon Chikorita!».
 
Dream muoveva nervosamente la gamba in maniera vistosa.
Non apprezzava esser al centro dell’attenzione ed essere su quel palco illuminato dai fari lo metteva non poco a disagio.
«Dai, stai tranquillo, andrà tutto bene» gli disse sottovoce il suo vicino. Si chiamava Oro, aveva uno sguardo vispo e sembrava molto tranquillo, a differenza di Dream. Indossava un cappellino da baseball color giallo e nero, con un piccolo ciuffo capelli che scendeva sulla fronte.
Gli occhi erano color nocciola e aveva un naso alla francese di piccole dimensioni.
«Accogliete ora con un grande applauso la prima studentessa, Kristy, che riceverà oggi il pokémon Chikorita!» disse il professor Elm.
La ragazzina seduta affianco ad Oro si alzò in piedi. Aveva i capelli sciolti di color azzurro. Dream la notò solo in quel momento, non ci aveva fatto caso prima.
Era anche lei molto emozionata, impacciata, rischiò di cadere quando si avvicinò al leggio, scatenando l’ilarità del pubblico. Il suo Chikorita sembrava piuttosto estroverso e rimase a guardare il pubblico in maniera estasiata, non ascoltando la sua allenatrice che lo richiamava. Dovette prenderlo in braccio per far proseguire la cerimonia.
«E ora è il turno di Oro, con il suo pokémon, Cyndaquil!» annunciò il Professor Pokémon.
Oro si alzò in piedi e sicuro di sé e andò verso il professore. Gli diede in mano la pokéball e lo invitò a lanciarla. Un piccolo Cyndaquil shiny uscì dalla sfera. Rimasero tutti sorpresi dall’insolita colorazione del pokémon che tendeva più al marrone che al nero. Ma l’attenzione di Dream ricadde più che sul pokémon Fuoco, sulla scioltezza che il giovane allenatore mostrava già avere. Lo invidiava, in un qualche senso. Ne era anche forse un po’ geloso, perché era pienamente cosciente di non poter fare una grande figura come la stava facendo lui.
«Ultimo ma non per importanza Dream, con il suo Totodile!».
Per un attimo il ragazzino pensò di aver sentito il proprio cuore smettere di battere. Fece un respiro profondo e poi si alzò in piedi e lentamente raggiunse il microfono.
Sentiva il collo completamente irrigidito e faceva fatica anche a muovere le braccia verso il professore che gli stava porgendo la sua pokeball. Sembrava come se fosse immerso nel cemento a presa rapida e lentamente stava perdendo la capacità motoria.
«Ecco a te! Coraggio, lanciala!».
Rimase per un attimo fermo sul palco, in silenzio e immobile. Non si ricordava quello che doveva fare e poco ci mancava che dimenticasse anche il suo nome e chi fossero i propri genitori.
Dal pubblico si sollevò qualche brusio, mentre il Professor Elm cominciò ad osservare dubbioso i suoi assistenti, interrogandoli con lo sguardo sul da farsi.
Dream guardava in maniera spenta la pokéball. La testa era leggera, i pensieri altrove, lontani. D’improvviso, la sfera poké si destò da sola e il ragazzino tornò a ragionare.
Non poteva fallire ora. Non poteva fallire proprio nel momento della sua prima incoronazione dopo che aveva passato cinque difficili e lunghi anni a dare il meglio di sé. Non poteva e non voleva fare la figura del miracolato, di quello promosso solo perché altrimenti nessuno avrebbe ricevuto il terzo pokémon iniziale. Sarebbe stata un’onta troppo grave anche a 10 anni.
L’irrigidimento terminò di colpo, gli occhi brillarono e cominciò a sorridere e poi, lanciò la sfera gridando: «Vai, Totodile!».
Il pokémon Mascellone uscì dalla sua sfera e rimase un attimo stordito dalla rumore degli applausi. Si girò verso Dream e i due cominciarono a guardarsi attentamente. La coda del pokémon Acqua sbatteva delicatamente sul legno del palco, scandendo involontariamente la fine degli applausi. In un attimo, Totodile cominciò a correre verso il proprio allenatore con uno sguardo entusiasta e arrivato abbastanza vicino gli saltò addosso venendo abbracciato da Dream.
 
La cerimonia terminò un’ora e mezzo dopo. La maggior parte dei ragazzini rimase assieme ai propri parenti in inusuali abbracci continui e costanti, coscienti che di lì a poco si sarebbero dovuti dividere.
Erano pochi coloro che partirono subito, ed erano ancora di meno quelli che non sarebbero tornati a casa prima di una settimana.
Dream fu uno di quelli. Non importava quante scuse provò ad utilizzare la madre, quante promesse di regalo gli arrivarono se si fosse fermato a casa per un’ultima notte. Non c’era modo di fargli cambiare idea.
Erano passati quindici interminabili anni da quel momento eppure dentro di sé tutto era scolpito in maniera indelebile, come se fossero passati solo pochissimi giorni.
Si guardò attorno uscendo dal teatro e seguì la massa che si dirigeva nel giardino sul retro dell’edificio. Si sentì un pesce fuor d’acqua: lui, l’allenatore più titolato della storia trasformato nell’incarnazione umana dell’indifferenza nei confronti della stessa carriera di allenatore in mezzo ad un party di giovani promesse che sognavano almeno segretamente di poter diventare proprio come lui, conosciuto come un simbolo, non come una persona.
Erano ammassati nella coda quando qualcuno lo chiamò.
«Tu sei Dream, vero?» chiese un bambino affianco a lui, osservandolo con due occhi sgranati e una voce tremante.
«Riccardo, non parlare agli sconosciuti» lo riprese il padre davanti a lui, osservando con sospetto Dream, che gli sorrise imbarazzato.
«Ma papà! E’ Dream, l’ex allenatore! – fece notare il piccolo, che si voltò poi nei confronti del ragazzo – ci possiamo fare un selfie?». Non appena la domanda fu terminata, si ritrovarono in un immenso giardino gremito di persone.
«Che cosa vorresti, scusa?» chiese Dream avvicinandosi lievemente al bambino, osservando con la coda dell’occhio lo sguardo del genitore.
«Un selfie, posso papà? E’ Dream, dai!».
Il genitore sorrise accondiscendente, e poi, imbarazzato a sua volta, con un tono di scusa, si rivolse al Campione: «E’ così ossessionato dai Campioni, conosce persino la squadra con cui hai battuto la prima Lega...».
«Beh, alla fine non è molto difficile, ho usato...» tentò di far presente Dream venendo interrotto dal neo-allenatore: «Hai usato un solo Feraligatr, possiamo farci la foto?».
«E va bene, facciamoci il selfie come un Matteo Renzi qualsiasi».
Il padre del piccolo prese in mano il suo smartphone bianco e scattò la foto, aprendo poi Facebook pronto a caricarla, scandendo ad alta voce la didascalia che si sarebbe apprestato a scrivere «Riccardo e l’ex allenatore Dream».
Ex allenatore”, per la seconda volta. Tante volte si era definito in quel modo, tante volte si era sentito chiamare in quel modo, ma mai, come in quel momento, qualcosa si mosse dentro. Una sensazione di fastidio misto a paura e terrore. La paura di esser dimenticato, il fastidio non vedere riconosciuto il proprio sudore, il terrore di quel mistero chiamato “oblio”.
E pensare che c’è chi ha fatto una battaglia legale per finire nel dimenticatoio, Google lo chiamava “diritto all’oblio”. Un diritto che come tale può esser esercitato. Ma che in questo caso non è stato voluto, è arrivato, è piombato in una mattina di Settembre e ha bussato alla porta presentandosi e inghiottendo Dream.
Sorrise mentre ci pensava. Il tempo bussa alla porta di tutti, chi prima e chi dopo. Ma quando arriva all’uscio, l’oblio è una condizione apparentemente irreversibile e Dream ci era piombato dentro senza neanche rendersene conto.
Era forse questo il prezzo da pagare per aver frequentato persone, essersi finto loro amico mentre nel profondo i commenti sprezzanti si sprecavano? Non bastava aver pubblicato un libro per essere definito uno scrittore, non bastava possedere una telecamera per esser un regista e non era sufficiente avere un bel corpo e indossare abiti di buon gusto per poter esser ricordata come la più grande top model. Ma la gola era serrata e il sorriso sempre mostrato. E via a via era sempre più facile farlo, ma al contempo diveniva sempre più difficile.
Era questo il prezzo da pagare per aver contribuito all’accrescimento dell’ego di persone  già sull’orlo del baratro che ormai vivevano per partecipare a party di dubbio divertimento?
E dunque, era il prezzo per aver reso Fiordoropoli quanto di più vicino ad una moderna Babilonia?
 
«Cosa farai questa sera, tu?» chiese il bambino osservando con un’immensa curiosità una volta che lui si girò per allontanarsi. Dream che ricambiò lo sguardo curioso.
«Andrò ad un party con gli amici e berremo tanti drink, Riccardo, tanti. Così tanti da dimenticare lo squallore delle nostre vite, così tanti che riusciremo a nascondere le nostre vuote vite con racconti al limite del vacuo. Nascondiamo così la nostra squallida esistenza. E poi, quando il Sole fa capolino dalle Rovine D’Alfa, illuminandoci con i suoi accecanti raggi, ci diciamo che ci siamo trovati bene, che ci siamo divertiti e torniamo a casa a dormire. Una bugia per proteggerci dagli altri. E per proteggerci da noi stessi.
No Riccardo, non salverò il mondo dai criminali, non più per lo meno. Non riesco neanche a salvare me stesso...» e ricominciò ad allontanarsi.
Pensò a quello che aveva detto al bambino poco prima, trangugiando il drink che si era fatto versare nel bicchiere di cristallo.
Non poteva finire così, lui che aveva combattuto tanto per essere il migliore ora era un “ex”. Ecco, la realtà gli si era rappresentata sotto gli occhi, tutti quei discorsi sul vuoto, sulla volontà di combatterlo scappando da esso non avevano fatto altro che condurlo tra le braccia dell’oblio. E l’oblio non solo della fama, di cui in poco tempo si dimenticò non facendoci neanche più molto caso, ma quello interiore.
Si sedette, mettendo la testa tra le ginocchia, non stava capendo più nulla. Se fosse stato un pokémon si sarebbe colpito da solo per la confusione che aveva in testa.
Si domandò cosa volesse fare della sua vita e rispose che voleva allenare, perché solo la grinta da utilizzare nelle lotte pokémon lo soddisfaceva appieno. E quando la battaglia sarebbe finita? Come avrebbe colmato il vuoto che tanto aveva combattuto e condannato?
Si tirò uno schiaffo sulla nuca, stanco ed esasperato.
Se come diceva Michael il vuoto era nell’ordine naturale delle cose, allora non aveva senso continuare su quella via, tanto valeva colmarlo con una carezza, una buona parola. Era stanco di scappare da una parte del suo passato. Non erano le sue gesta ad esser pesanti per la sua persona, era proprio lui. E per quanto detestasse ammetterlo in quel momento, i grandi party sulle terrazze della Capitale gli lasciavano lo stesso vuoto che riscontrava terminando e vincendo una battaglia.
 
Si rialzò da terra e tornò in mezzo alle altre persone.
Con la coda dell’occhio intravide anche il preside Bruno Foglio che parlava con il preside della scuola di Violapoli. Da tutt’altra parte invece il Professor Elm, con i suoi occhi carichi di speranza nonostante di allenatori che avevano raggiunto l’apice per poi crollare miseramente ne aveva visti  e benedetti parecchi.
Si avvicinò al buffet, facendosi dare un piattino di ceramica bianca con alcuni quadratini di pizza e poi nuovamente si allontanò leggermente dalla ressa limitandosi ad osservarla piuttosto che ad interagire con loro.
«Dream, giusto?» chiese una voce maschile alla sua sinistra. Mandò giù il boccone e poi si voltò, sorridendo sorpreso: «Esattamente Archer, non mi riconosce più?».
Archer era un uomo dai capelli color platino e gli occhi azzurri. Il suo sguardo era glaciale, anche grazie ad un’espressione che definire inquietante era un eufemismo. Il modo in cui ti osservava ti suggeriva che da un momento all’altro le tue interiora sarebbero fuoriuscite dal tuo corpo e utilizzate per qualche bizzarro rito voodoo mentre la tua testa sarebbe stata infilzata all’interno del muro di cinta di un campo per marcare meglio il territorio.
Dal 2005 era diventato Governatore della Regione di Johto e la comandava ininterrottamente con maggioranze che divenivano sempre più solide elezioni dopo elezioni. Era l’uomo fidato di Giovanni, il suo braccio destro.
«Ci siamo già conosciuti?» chiese l’uomo con arroganza, fingendo di non ricordare.
«Oh, qualche anno fa... se non sbaglio lei stava tentando un colpo di stato occupando alcuni punti strategici della Capitale tra cui la torre radio per mettersi in contatto con un certo Giovanni e se non sbaglio, ma non vorrei fare una gaffe, aveva una divisa con una bizzarra “R” scritta in rosso, ricorda?».
«Temo di no, sono spiacente….» rispose risoluto l’uomo.
«Eppure ero convinto che la faccia da culo fosse la medesima... – disse Dream simulando un’espressione dispiaciuta. Poi si ricompose e guardo provocatoriamente il politico – allora, di che cosa voleva parlarmi Signor Governatore?».
«Per prima cosa le ricordo che le accuse mosse a mio carico per gli avvenimenti del 2001 si sono dimostrati una clamorosa montatura da parte delle forze dell’ordine dato che ne sono uscito assolto con formula piena».
«Certo, ma non vorrei essere io a ricordare che il giudice che in primo e secondo grado l’ha assolta era stato poi accusato di esser stato corrotto da un mai ben chiarito politico di grandissima importanza».
«Le accuse a suo carico si sono dimostrate infondate...» tentò di precisare l’uomo.
«Certo, perché il Consiglio Superiore della Magistratura Giudicante ha posto il veto delle indagini nei confronti del giudice»
«Quindi ho ragione...» rispose Archer sorridente.
«...Quindi dimentica di sottolineare che una parte di quei giudici era stato scelto dal Governo e una parte di quei giudici era stata scelta dal Presidente della Repubblica eletto dalla forza di maggioranza, e quindi di Governo. E indovini un po’ chi aveva la maggioranza in Parlamento nel 2005?».
L’uomo serrò la mascella e chiuse leggermente gli occhi, che diventarono due fessure.
«Mi dispiace che la sua poca intelligenza la porti a fare considerazioni di questo tipo, ma non sono certamente qui per dibattere con lei della mia fedina penale, che ricordo è essere intonsa.
Anzi, sono qui per farle un favore, perché a differenza di come mi ha appena dipinto, io sono una persona gentile e premurosa nei confronti dei cittadini della mia regione».
«E sentiamo allora, Governatore» pronunciò Dream non nascondendo una forte dose di curiosità.
Archer si avvicinò all’orecchio sinistro del ragazzo, cominciando a sussurrare: «Alcune voci di corridoio che mi sono giunte all’orecchio, le ricordo che sono indiscrezioni di cui non conosco l’ufficialità, mi dicono che la commissione d’inchiesta parlamentare abbia puntato gli occhi su di lei... le consiglio di mantenere un profilo basso, non vorrei mai che uno dei miei più illustri cittadini potesse venir arrestato».
«E’ per caso una minaccia?».
«Ma no, ma no, si figuri – disse allontanandosi e parlando con un tono di voce normale – la prenda come una semplice indiscrezione! Tragga lei le dovute considerazioni!».
Dream sorrise e fece un cenno all’uomo di avvicinarsi. Questa volta fu lui a parlare sottovoce: «Allora mi permetta di restituirle il favore, Archer.
Prenda come “semplici indiscrezioni” il fatto che il governo degli Stati Uniti abbia puntato gli occhi su di voi in maniera più che sospetta. E anzi, le dirò di più, lo stesso Presidente si è detto propenso a tagliare i rapporti diplomatici e di chiudere l’ambasciata americana che ha sede nella nostra Repubblica a causa degli evidenti tribunali politici e delle palesi violazioni dei diritti umani che state mandando avanti, ma ripeto, questa è una “semplice indiscrezione”. E prenda come “semplice indiscrezione” il fatto che il Governo americano, la NATO, il Regno Unito e l’intera Unione Europea non hanno affatto gradito le dichiarazioni di alcuni parlamentari di Repubblica Nuova che hanno suggerito l’utilizzo della forza militare se Kalos non estradasse in tempi brevi tutte le persone che quella famosa commissione parlamentare ha messo in arresto e che voi siete riusciti a farvi scappare da sotto il naso.
Ma prenda tutto questo come “semplice indiscrezione”, si figuri. Non è stato mica emanato un comunicato stampa della NATO che tutto il mondo ha riportato tranne i giornali del nostro Paese perché assoggettati al partito Repubblica Nuova di cui lei è rappresentante.
Ma sa, ci conosciamo da così tanto tempo che mi permetto di farle una confidenza. Sarei curioso, davvero curioso, di vederla all’opera mentre tenta di frenare un’invasione statunitense dopo che si è fatto battere da un ragazzino di dieci anni quando lei aveva almeno il doppio dell’età ed era a capo della più importante organizzazione criminale che questo Paese abbia conosciuto dopo il partito di cui lei fa parte... sebbene siano l’una la conseguenza dell’altra» Dream infilò il piattino nelle mani dell’uomo e si girò per imboccare l’uscita.
Poi si voltò nuovamente e gridò per farsi sentire dalla persona verso cui si era appena congedato: «Ah, Archer. Dica a Giovanni che Mewtwo lo saluta!».

 
   
 
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