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Autore: Ethasia    12/09/2014    3 recensioni
Da piccola ho sempre detestato il personaggio di Peter Pan. Adesso che sono più grande, il suo mondo, il suo modo di vivere mi hanno affascinata, al punto di desiderare di volare sull'Isola che non c'è. E mi sono domandata... cosa succederebbe se, dopo essersi lasciati a Londra, Wendy e Peter si ritrovassero, cresciuti e cambiati entrambi? Se l'Isola non fosse più il posto che i Darling avevano conosciuto da bambini? Così è nata la mia fanfiction.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimbi Sperduti, Capitan Uncino, Peter Pan, Wendy Moira Angela Darling
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Peter's.

- Peter? - Qualcuno mi chiama, e con un tono decisamente cauto. Con aria molto minacciosa, mi volto verso Matthew, che trasporta cataste di legna da una parte all'altra dell'Accampamento; lo vedo distintamente deglutire, anche alla scarsa luce del crepuscolo. - Ecco... Noi abbiamo, ehm, capito la lezione... e siamo davvero dispiaciuti... Non è che potremmo, che so, fermarci per un po' e magari tornare domatt...?
Comincio a ringhiare come un gatto al cane, dal prondo della gola. Matthew chiude di scatto la bocca, e preferisce dileguarsi.
Saggia scelta.
- Peter, sii ragionevole - interviene Noah, fermandosi a pochi passi da me con almeno una ventina tra pelli e pellicce in braccio. - Non ce la faremo mai da soli!
- Ve lo meritate - ribatto accigliato. - Avete fatto voi il danno, e rendetevi conto che, se vi mettete a fare i cretini con le fiaccole nel bel mezzo di una tendopoli, non siete normali.
- Stavamo soltanto giocando - puntualizza, - e per tua norma e regola, i bambini si stavano divertendo da matti.
- Bene, adesso tocca a voi divertirvi. Cosa c'è di meglio che spaccarsi la schiena sotto il peso di legna e sudore? Adesso, ti muovi o a lavorare devo spedirtici io a calci nel...
Prima che possa finire Noah si allontana, ma lo sento borbottare qualcosa di molto simile a "despota", "tiranno" e "esagerato". Freno l'istinto di rincorrerlo e prenderlo sul serio a calci; in fondo, è già abbastanza stressante stare dietro a loro e agli Indiani che cercano in tutti i modi di aiutarli - anche quelli rimasti feriti - senza doverci aggiungere anche il senso di colpa per aver picchiato uno dei miei migliori amici. Per non parlare del fatto che io non dovrei per niente essere qui. Dovrei essere in volo, a cercare Wendy con una torcia in mano. E sicuramente io riuscirei a non dar fuoco a tutta l'Isola nell'impresa.
Insomma, io voglio sapere dove cavolo è finita. Voglio sapere se perlomeno sta bene.
Be', sì, starà bene. Wendy sa cavarsela. È più tosta di molti di noi, più tosta degli Indiani. Qualche volta, perfino di me. Non dovrei preoccuparmi.
Ma potrei sempre andare a casa a dare un'occhiatina... il caso non voglia che abbia fatto un giro (parecchio) largo e non si sia accorta del putiferio che è scoppiato qui. Magari Toro in Piedi non noterà la mia assenza; non può accorgersi di tutto.
Faccio già per alzarmi, finalmente sollevato di aver trovato qualcosa di concreto da fare, quando sento, di nuovo, qualcuno che mi chiama. - A-Aquila Volante?
È un bambino che non avrà più di sei anni; il viso arrossato e gli occhi sgranati lo fanno sembrare un pomodoro un po' troppo maturo e decisamente spaventato. Appena ricordo il nome, abbozzo un sorriso. - Che succede, Ashkii? Hai incontrato il lupo cattivo?
Ashkii annuisce freneticamente. Io aggrotto le sopracciglia; i bambini faranno anche incontri strani, ma i lupi non sono mai stati da questa parte della foresta. Sull'orlo delle lacrime, Ashkii mi porge quello che ha tutta l'aria di essere un rotolo di pergamena, e mi acciglio ancora di più; da quando in qua gli Indiani usano la pergamena? 
Quando mi accorgo del nastrino di velluto bordeaux che lo tieni legato, sento il cuore cominciare a battere più forte. Con un movimento rapido lo strappo via e srotolo il foglietto.
Ad ogni parola, le lettere, vergate in una grafia perfetta da penna stilografica, comiciano a farsi meno distinte. Ad ogni accento sento solo la mente svuotarsi e le mani tremare. E lo rileggo un'altra volta, altre due, fin quando perdo il conto, sperando che il contenuto cambi.
Non cambia.
- Peter Pan? - Qualcuno mi cerca, per la terza volta. Mi costringo ad alzare gli occhi, e mi trovo davanti un ragazzo di vent'anni a malapena. Skah, mi pare si chiami. Mi fissa con aria preoccupata e tiene in braccio Ashkii, che adesso piange per davvero. E chi se n'era accorto. - Qualcosa non va?
Senza dire una parola, gli porgo il foglietto; lo so già a memoria. 
Skah lo prende, accigliato; quando finisce di leggerlo spalanca gli occhi. - Non avrai intenzione...
- Sì - lo interrompo, asciutto. - Di' a Toro in Piedi che sono dispiaciuto e di controllare che i Ragazzi facciano quel che devono. Tornerò appena posso.
- Peter Pan, non puoi. Non hai neanche una spada!
- Se ne hai una che ti avanza sarò ben lieto di accettarla, Skah, ma altrimenti mi stai solo facendo perdere tempo.
- E come pensi di fare, allora? Quel pugnale ti servirà a molto poco.
- Non lo so - sbotto, stufo. - Che dovrei fare, lasciarla là sopra? È in pericolo!
- Non puoi salvare tutti, Aquila Volante. Non è tua responsabilità.
- Oh, eccome se lo è. - Furioso, mi piego sulle ginocchia per prendere lo slancio, e dopo tre secondi sono già in volo, la strada offuscata solo dalle stelle e da quei caratteri eleganti che mi ballano davanti agli occhi come luci al neon rimaste impresse nelle retine.
 
Non preoccuparti, con me la tua bella è al sicuro.
Ma nel caso ti andasse di rivederla, e possibilmente viva,
sai cosa fare.
                                                                                                 H.


 
Wendy's.

Sorrido. Ho ancora i polsi legati, un labbro sanguinante, la caviglia a pezzi, ma sorrido. Perché non sono più rinchiusa. E, ormai, si è fatto buio.
Hook mi osserva, in piedi accanto a un oblò, le mani dietro la schiena. Tira le tende solo di notte, dice, perché il mare è più oscuro, più affascinante. - Quanto ingenuo mi considereresti, se pensassi che quel sorriso possa significare un tuo ripensamento riguardo all'offerta che ho avanzato?
- Più di quanto ti farebbe piacere - rispondo, incapace di celare il velo di soddisfazione che ricopre il mio tono. - Piuttosto, stavo pensando che Peter è molto meno sciocco di quanto lasci credere. 
Stavolta, è lui a sorridere. - Davvero pensavi a questo? Il mio sospetto è, invece, che sia diventato solo un po' più saggio. Deve aver pensato che non vali la pena.
Cerco di rimanere impassibile, chiudo la bocca. Ma se avesse ragione? 
- Non dici niente? - continua, volgendo lo sguardo fuori, verso l'acqua e l'orizzonte. - In effetti, deve far male la consapevolezza di non essere importante per qualcuno. Suppongo che avresti dovuto immaginarlo, però. D'altronde, entrambi sappiamo com'è fatto Peter.
Alzo di scatto la testa. - Cosa vorresti dire? - domando piano.
Hook alza le spalle, senza giarsi. - Volubile. Frivolo. Sempre in cerca dell'avventura, anche se stavolta deve aver messo al primo posto la sua, di vita. Inaffidabile, per farla breve. Qualcuno da cui è meglio aspettarsi il peggio.
- È molto meglio di così - mormoro, quasi senza rendermene conto.
Finalmente Hook si volta, le sopracciglia inarcate. - Prego?
- Non lo conosci - continuo, atona, senza più guardarlo. - Non l'hai mai capito. È l'unico che abbia mai avuto il coraggio di sfidarti, su quest'Isola, e si è sempre fatto avanti per proteggere chi gli stava a cuore. È nobile.
Rimane in silenzio per qualche secondo. - Incantevole, la lealtà. Davvero difendi il tuo nobile amico, pur sapendo che ti ha abbandonata a ciò che, per chiunque, equivarrebbe a morte certa?
- So che non hai intenzione di uccidermi - ribatto stancamente. - Ti sono più utile viva, e sotto svariati aspetti. E sì, lo difendo, perché preferisco che per una volta quello stupido non rischi la sua vita per salvare quella di qualcun altro. Specialmente se si tratta di me.
Silenzio. Una pausa che sembra protrarsi all'infinito. Anche senza vederli, sento i perforanti occhi di Hook su di me, così limpidi per una persona tanto più torbida. 
- Non mi dire - commenta poi, piano e a bassa voce, avvicinandosi alla sua scrivania. Lo sento sbuffare una risata. - Devo ammettere di essere deluso. Tu, perlomeno, mi sembravi abbastanza intelligente.
Quando mi accorgo che non è intenzionato a proseguire, alzo gli occhi. - Non ti seguo.
Lui li abbassa, i suoi, con un sorrisetto scettico e amaro. - Le eroiche gesta sentimentali di Pan non sono un segreto neanche a bordo della Jolly Roger, Wendy, e ormai non mi stupisco più quando circola una nuova storia di qualche fanciulla troppo credulona che si è lasciata sedurre e abbandonare nel giro di un'ora. In fondo, su quest'Isola sono tutte così, facili da ingannare. Ma tra tutte, che proprio tu ci cascassi...
- Ora basta - sbotto. - Quale assurdo volo pindarico ha fatto la tua mente in soli trenta secondi per farti saltare a una conclusione del genere? Ho soltanto detto...
- So cosa hai detto - mi interrompe, secco, - e il fatto che ti stia impegnando così tanto per smentire le mie parole, non fa altro che darmi ulteriore conferma. Ma non è stato solo quello. Ti si legge negli occhi, Darling. Provi qualcosa per quel volatile senza piume.
- Le conosco anch'io, le storie - ribatto, guardandolo negli occhi. Tremo. - Lo so come si comporta in questi casi. So cosa vuole. Non potrei mai interessarmi a qualcuno così.
- Davvero? - replica, scettico. - Perciò non dovrebbe importarti se adesso Pan arrivasse, si battesse con me e io dovessi tagliargli un braccio, rendendogli peraltro pan per focaccia. Ti dispiacerebbe, ma non ne soffriresti.
Rimango in silenzio, impallidisco di fronte alla sua espressione. Per la prima volta da quando ho messo piede su questa nave, ho l'impressione che Hook stia facendo sul serio.
- O ancora peggio - soffia, chinato in avanti, le mani sul piano della scura scrivania come appoggio, - non sentiresti il tuo piccolo cuore andare in frantumi, se non si presentasse affatto.
Vorrei poter rispondere, trovare le parole adatte per dargli torto. Ma non arrivano.
E da sopra, si sente scalpicciare, qualcosa che cade, grida.
Hook alza la testa nello stesso momento in cui lo faccio io. E, come colpiti dall'identico pensiero, dopo un secondo torniamo a guardarci l'un l'altro. Lui trionfante, io atterrita.
E a riprova dell'intuizione, sentiamo passi affrettati per le scale. La porta si spalanca.
Un Alec trafelato e chiaramente euforico, a spada sguainata, fa il suo ingresso.
- Capitano - ansima, un sorriso da lupo sulle labbra, - è qui.

















ps.
ho cambiato carattere perché sì. è figo. 
cia'. xx





 
  
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