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Autore: lilyhachi    12/09/2014    1 recensioni
(Post terza stagione; nessun collegamento con la quarta stagione)
Madison era rotta, come un oggetto di vetro, i cui pezzi erano sparsi chissà dove, eppure Derek non sembrava da meno, solo che nessuno dei due era in grado di vedere le rispettive incrinature.
Derek Hale era spezzato. Tutto il suo dolore era accompagnato da una bellezza suggestiva in grado di annullare tutte quelle scosse che sembravano martoriare il suo sguardo rigido. Tutta la sua sofferenza era perfettamente modellata, come fosse creta, per far in modo che non ci fossero crepe, così da impedire al più flebile spiraglio di luce di entrare. Tutti i suoi tormenti erano pericolosamente allineati come le tessere del domino, e anche il minimo fruscio avrebbe potuto segnare una reazione a catena irreversibile. Da lontano, sembrava tutto in ordine, ma bastava avvicinarsi per riconoscere quelle piccole imperfezioni che lo rendevano rotto…splendidamente rotto.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Derek Hale, Nuovo personaggio, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XIV
 
Requiem
 
“Really too late to call, so we wait for
morning to wake you; it’s all we got
to know me as hardly golden
is to know me all wrong, they were”.
(Band of Horses – The Funeral)
 
Lana cercò di non sentire la solitudine che le stava piombando addosso, nel momento in cui aveva aperto la porta di casa, quella casa che aveva sempre diviso con Madison. Ogni volta che tornava dai suoi turni improponibili del Wolf’s Street, accendeva la luce dell’ingresso, nella speranza di trovare Madison con due caffè fumanti tra le mani. Quello era soltanto uno dei loro rituali.
Un altro prevedeva che vedessero almeno un film quando non riuscivano a prendere sonno. Lana sentiva così tanto la mancanza di Madison, che aveva passato diverse serate a guardare alcuni dei suoi film preferiti, solo per ricordarla.
Fingeva di averla accanto e costruiva dialoghi immaginari nella sua testa, che terminavano quasi sempre con una cuscinata sferrata da lei.
Quando sullo schermo apparivano i titoli di coda, Lana si voltava...e accanto a lei non c'era nessuno.
Nessuno che ripeteva quanto Lo Hobbit fosse un film straordinario; nessuno che blaterava sul trauma che avesse colpito Luke Skywalker nell'apprendere la vera identità di suo padre; nessuno che la rimproverava per il poco interesse che mostrava verso quei film.
Prima che Lana trovasse il coraggio di accendere la luce, notò la finestra aperta e poteva assolutamente giurare di averla chiusa prima di uscire.
Non fece in tempo ad elaborare quel pensiero che una mano si posò sulla sua bocca, intimandole di fare silenzio. Le mani che l’avevano afferrata saldamente non avevano un tocco rude, anzi, cercavano quasi di proteggerla. Tuttavia, pestò un piede del suddetto ladro, aggressore o qualunque cosa fosse, facendolo gemere per il dolore provocato dal suo fidato tacco dodici e afferrò l’ombrello, puntandolo contro di lui.
Quando la luce fioca dell’appartamento illuminò il volto dello sconosciuto, Lana pensò davvero di essere semplicemente impazzita, mentre osservava il volto sofferente di Keith dinanzi a lei.
“Keith?”, domandò con una leggera incertezza nella voce, abbassando l’ombrello.
Il ragazzo si teneva il piede in una mano e aveva sollevato l’altra, in segno di saluto.
“Ciao, anche io sono felice di vederti”, dichiarò con un sorriso tirato.
Sembrava completamente diverso da come lo ricordava: il volto era stanco e scarno, la fronte era piena di rughe come se mille pensieri lo cruciassero ed era completamente zuppo.
Keith Donovan aveva sempre mantenuto un aspetto curato e impeccabile, mostrandosi alle persone come il ragazzo irresistibile dal sorriso sornione e la battuta sempre pronta, ma in quel momento a Lana parve tutt’altro: un uomo distrutto, il fantasma di sé stesso.
“Cosa diamine ci fai qui?”, chiese Lana, mentre un pizzico di isteria irrompeva nella sua voce.
Keith si voltò, incastrando gli occhi verdi stanchi ma decisi in quelli di Lana, resi ancora più grandi dalla paura e dal nervosismo che aveva preso a pervadere le sue membra.
Per qualche strano motivo, Lana percepiva quanto la presenza di Keith fosse importante.
“Dobbiamo parlare”.
 

Lo sguardo di Derek era rivolto al paesaggio che si ergeva fuori dalla finestra di quella stanza.
Il lieve fruscio degli alberi gli permetteva di sentire quell’evento sempre più vicino. Non si voltò verso Scott,  Stiles, Isaac e Cora, ma si incamminò verso la porta, pronto a scendere al piano di sotto e parlare con gli altri ma la voce di Stiles lo trattenne.
“Sei sicuro di volerlo fare?”.
Derek fece un cenno di assenso. Sapeva quanto fosse rischioso per tutti, come sapeva che Madison non avrebbe approvato quell’idea ma non poteva permettere che fosse coinvolta nello scontro. Doveva proteggerla e l’unico modo per farlo era tenerla lontana da quella casa.
Gli fece uno strano effetto sentire quei suoi stessi pensieri, come un segreto tenuto nascosto tanto a lungo e che veniva finalmente portato alla luce. Il suo cuore aveva iniziato a ricomporsi così lentamente che Derek quasi non ci aveva fatto caso: gli era solo capitato di sentire un calore appena percepibile a livello del petto.
“Ce ne occuperemo noi, insieme a Lydia e Isaac”, aggiunse Cora, più che convinta.
Derek portò lo sguardo su sua sorella, in una muta richiesta che la ragazza percepì non appena gli occhi verdi di Derek si posarono su di lei. Suo fratello le stava silenziosamente chiedendo di fare attenzione, di tornare tutta intera, di proteggere non soltanto sé stessa ma anche Madison.
“La proteggeremo”, intervenne Stiles, capendo subito il significato degli sguardi tra i due.
Prima di dirigersi verso le scale, Derek non poté fare a meno di osservare Isaac che camminava accanto a Cora, come se la stesse scortando, e la cosa lo fece sorridere, perché non avrebbe mai pensato di vedere Isaac preoccuparsi per qualcuno a quel modo, dopo Allison. Ricordò la notte in cui Isaac aveva cercato di parlare di Cora e lo sguardo assassino che lui gli aveva rivolto, captando le sue intenzioni ancor prima che le formulasse lui stesso. Vide il braccio di lei che sfiorò distrattamente quello di Isaac, e i suoi occhi chiari da bambino che la osservavano.
Isaac sentì lo sguardo di Derek su di sé, e si voltò, leggendo chiaramente una raccomandazione silenziosa nei suoi occhi. Isaac semplicemente lo guardò fisso, deciso a fare il possibile per tenere sia Cora che gli altri al sicuro, e a tornare a casa tutti insieme, possibilmente illesi.
Quando scesero al piano inferiore, notarono il cambiamento allarmante che aveva preso il sopravvento all’interno del soggiorno di casa: Kira e Peter erano accanto alla finestra; Lydia se ne stava in piedi al centro della stanza con le braccia strette al petto e l’espressione terrorizzata mentre Bastian li osservava, preoccupato. Stiles si avvicinò a Madison, mostrandole la fiala.
Derek osservò la scena con attenzione, guardando Madison che portava la fiala alle labbra, stringendole in una smorfia così buffa che quasi gli venne da ridere, per poi riaffondare nel buio.
Madison ebbe modo di osservare il viso di Derek, ridotto ad una maschera di preoccupazione e pentimento, come se quel clima avesse cancellato ciò che era appena accaduto fra loro. Improvvisamente, Derek era tornato ad essere sfuggente ed inafferrabile, con quello sguardo che valeva sempre più di mille parole e che racchiudeva tutta la sofferenza possibile.
Tuttavia, Madison non voleva che andasse incontro a ciò che lo aspettava, non in quel modo. Gli si avvicinò e portò le mani attorno al suo viso, leggendovi tutto il senso di colpa che Derek si era sempre portato addosso fin da ragazzo.
Il licantropo rivolse i suoi occhi a Madison, permettendole di leggere tutte le cose che avrebbe tanto desiderato dirle, ma il momento non glielo permetteva, così le strinse la mano.
Scott si voltò verso Derek, avvicinandosi a lui.
“Bastian dice che, conoscendo Julian, ci attaccheranno direttamente qui”, esordì il ragazzo.
“Con tutto il rispetto, amico”, intervenne Stiles. “Va bene che sei venuto da noi ma abbiamo ricevuto fin troppi calci nel sedere per evitare di essere sospettosi. Non puoi mica biasimarci?”.
Derek fece un cenno di approvazione a Stiles, tornando a guardare Bastian mentre Madison fremeva accanto a lui, chiedendosi cosa avesse spinto Bastian da loro.
“Non mi importa di essere compreso, quello che mi interessa è impedire che Julian faccia ciò che ha in mente. Io resterò qui a scontrarmi con il mio stesso branco se necessario”.
Madison rimase colpita da quelle parole, riflettendo sulle azioni di Bastian e sua madre.
Nadia era una completa sconosciuta per lei e l’unica cosa che Madison potesse fare era guardare sua madre attraverso gli occhi e i ricordi degli altri. Aveva ricordato Nadia grazie a ciò che i suoi nonni le avevano raccontato, aveva ascoltato con entusiasmo le loro parole, immaginando sua madre che camminava a passo svelto per raggiungere il museo in cui lavorava, nella speranza di non fare ritardo. Aveva visto solo quel viso pulito e meraviglioso, senza sapere come fosse la sua voce o cosa pensasse davvero: poteva dedurlo soltanto dalla sua espressione o da ciò che le veniva detto.
Non aveva la più pallida idea degli ideali in cui credesse sua madre, ma quel Bastian sembrava conoscerli così profondamente da averne tratto qualcosa.
Portò una mano sul braccio di Derek, facendo in modo che si voltasse a guardarla con espressione confusa, in attesa che dicesse qualcosa. Madison si limitò a fare un cenno con il capo, dovevano accettare l’aiuto di Bastian, per quanto inaspettato: era l’unica alternativa.
“Stai scherzando, vero?”, le domandò Derek, facendo un passo indietro. “Se fosse un piano ideato apposta per ingannarci? Se Julian stesse solo aspettando una sua mossa?”.
Bastian fremette a quelle parole, come per trattenere la rabbia e l’indignazione.
“Allora ne usciremo ugualmente”, rispose Madison con voce tranquilla, nonostante la calma fosse proprio una qualità che aveva perso da quando era iniziato tutto.
Non era tranquilla, tremava dalla paura e probabilmente sia Derek che gli altri licantropi presenti in quella stanza riuscivano a percepirla come fosse la loro, ma a Madison non importava. Le sue paure non potevano peggiorare la situazione. Il suo dolore non poteva far vacillare nessuno di loro. La sua tristezza e la sua voglia di scappare, correre via e raggiungere Lana non potevano prendere il sopravvento, non in quel momento. Voleva essere forte per Lana, che in quel momento doveva trovarsi al Wolf’s Street a servire drink con la mente rivolta altrove, forse verso lei. Voleva essere forte per i suoi nonni che avevano perso la vita. Voleva essere forte per quei ragazzi sopravvissuti che la circondavano. Voleva essere forte per sua madre. Voleva essere forte per Derek che sicuramente stava lasciando che ogni immagine di morte e distruzione attraversasse la sua mente come se niente fosse. Forse si stava pentendo dei loro baci, delle loro parole e forse stava maledicendo sé stesso per averla incontrata, per essere andato a Berkeley e per averla portata a Beacon Hills, lasciando che venisse coinvolta. Madison poteva anche non essere un licantropo, poteva anche non avere i loro sensi, ma ormai aveva imparato a leggere Derek, a guardarlo e a vedere tante parole disposte a caso che lei doveva mettere insieme.
“Non posso permettere che accada il peggio. Stiamo per darti a Julian su un piatto d’argento”.
“Non succederà”, insistette Madison, costringendo Derek a guardarla negli occhi, come per sottolineare ciò che aveva appena detto. “Io non verrò data a nessuno su un piatto d’argento, d’accordo? Andrà tutto bene, fin quando ci sarai tu”.
“E’ proprio grazie a me che qualcuno non ne è mai uscito salvo”.
Derek aveva quasi confessato quelle parole. Non aveva assistito alla morte di Allison ma aveva letto il dolore nel viso di Scott, aveva letto la disperazione in quello di Lydia e il senso di colpa sul viso di Stiles che aveva creduto di impazzire per colpa del Nogitsune. Tutti quei problemi si erano verificati in seguito a tutti gli errori che Derek aveva compiuto. Aveva lasciato che i suoi beta si allontanassero da lui, andando incontro alla morte: aveva perso Erica, aveva praticamente ucciso Boyd, aveva visto Isaac trovare sicurezza in un alpha migliore di lui. Aveva visto Aiden morire tra le braccia di suo fratello, e lui era rimasto inerme a guardare qualcun altro che perdeva la vita.
Non era stato un buon alpha, non era una giusta guida e non era in grado di salvare qualcuno, perché con Madison doveva essere diverso? Avrebbe fallito, ancora una volta.
Madison aveva colto la nota di rammarico nei suoi occhi e con lei anche Scott, spinto dal desiderio di dirgli qualcosa, ma Stiles gli posò una mano sul braccio, come per trattenerlo perché loro, per quanto presenti, non centravano nulla con quel momento. Era come vedere una bolla di sapone con Derek e Madison al suo interno, e parlare a Derek avrebbe significato infrangere quell’idillio.
“E’ grazie a te se sono ancora viva e umana”, sussurrò Madison. “Tu mi hai trovata , anche se all’inizio avresti preferito farti investire da un’auto ricoperta di strozzalupo”.
Derek non riuscì a reprimere un sorriso sincero a quelle ultime parole.
Tuttavia, a quella frase seguì un tonfo che riuscì ad abbattere ogni cosa che si era appena creata o consolidata all’interno di quella casa.
Derek rivolse un cenno del capo a Stiles e Cora, scambiando con entrambi un qualche messaggio segreto di cui Madison non era a conoscenza. Portò le labbra alle sue, beandosi di quel contatto che riusciva a lavare via tutto il sangue che sporcava le sue mani luride e tutto il dolore che gli annebbiava la mente, come una foschia continua che sembrava non avere mai fine.
“E intendo salvarti ancora. Non odiarmi per questo”.
Madison lo fissò, sentendosi disorientata, ma prima che potesse chiedergli qualsiasi cosa, sentì delle mani fredde poggiarsi sulle sue spalle, allontanandola da Derek e dalla sua casa. Vide Cora dinanzi a lei e cercare di dibattersi non portò a niente. Aveva udito un ululato e il suono di vetri che si infrangevano contro il pavimento ma il suo essere umana non l’aveva aiutata a districarsi dalla presa ferrea di Isaac che l’aveva stretta sempre più forte, come per farle da scudo.
Madison sentì i suoi occhi inondarsi di lacrime, mentre nella sua testa affiorava l’immagine di Derek chino sul pavimento con la maglietta imbrattata di sangue e Julian dinanzi a lui, pronto a lacerargli la gola con i suoi artigli. Derek era lì, a morire in casa sua, insieme agli altri, mentre lei veniva portata via, come se tutta quella vicenda non le interessasse, come se non dovesse esservi coinvolta, ma era lei la causa scatenante e non meritava di starne fuori.
Poi, fu soltanto buio: nessun rumore, nessuna voce.
 
“Stiamo per giocare a nascondino?”.
La voce acuta di Julian risuonò all’interno della casa, come una melodia perfetta.
Derek sfoderò gli artigli e lasciò che il blu dei suoi occhi scintillasse, provocando in Julian una leggera risatina che lo fece soltanto infervorare maggiormente, e dovette fare ricorso a tutto l’autocontrollo che aveva in corpo per non saltargli alla gola.
Il ringhio di Bastian catturò l’attenzione di Julian che si voltò verso di lui per rivolgergli uno sguardo di puro rancore, accompagnato da quella smorfia che non aveva l’aspetto di un sorriso gentile.
Peter si fece più vicino a Scott e Kira che stringeva fedelmente la sua katana, pronta allo scontro mentre Bastian faceva un passo avanti, sempre più determinato a continuare la strada intrapresa.
Ridley non poté fare a meno di guardarlo e aprì la bocca per dire qualcosa, mentre Bastian lo osservava, mortificato, come se sapesse che, in cuor suo, Ridley avrebbe tanto desiderato combattere al suo fianco ma qualcosa glielo impediva.
Ogni pensiero venne brutalmente interrotto da Julian che, dopo essersi voltato verso Blake e Gwen, si scagliò a tradimento contro Derek, cogliendolo di sorpresa. A quel gesto, tutti i presenti nella stanza cominciarono a lottare, senza sprecare tempo, come se quello non fosse stato altro che un segnale, una scossa, una sirena che aveva dato inizio a tutto.
Bastian puntò subito Gwen, mostrando le zanne e colpendola con la mano destra. La donna rise malignamente ed evitò il colpo quasi con grazia e leggerezza, compiendo un movimento appena percettibile che lo destabilizzò, e ne approfittò per sferrargli un calcio. Tuttavia, prima che riuscisse a colpirla, la sua gamba venne bloccata dalle mani di Bastian che guardò la donna con aria di sfida.
“Perché diamine vi sto aiutando?”, domandò Peter, gettando un’occhiata malevola a Kira, mentre entrambi cercavano inutilmente di fronteggiare Blake.
Potevano anche essere in maggioranza, ma il branco di Julian era molto più forte: Blake aveva una forza non indifferente che lo rendeva capace di lottare contro due esseri soprannaturali come se nulla fosse, mentre Kira e Peter quasi non ne potevano più.
“Non credo sia il momento adatto per queste domande”, lo rimbeccò Kira, affondando la katana in avanti per colpire il fianco di Blake che si spostò appena in tempo.
Nel frattempo, Scott sentiva chiaramente l’incertezza e il dubbio nei colpi inferti da Ridley che stava portando avanti uno scontro alla pari come se in lui non ci fosse l’intenzione di combattere.
“Non sei obbligato a farlo”, sussurrò Scott, parando con facilità un colpo di Ridley che, a quelle parole, afferrò il braccio del licantropo, spingendo il suo corpo contro il muro.
Ridley sembrava rifiutare ogni tentativo che potesse spingerlo a schierarsi dalla loro parte, perché qualcosa lo tormentava ed era chiaro, come un demone che si era insidiato dentro di lui, vivendo a sue spese e senza mai abbandonarlo per davvero. In realtà, Ridley stava lottando con sé stesso.
Ad un tratto, qualcos’altro attirò l’attenzione di Scott: un colpo sordo sul pavimento, provocato dal corpo di Kira che era stata scaraventata a terra da Blake, perdendo la sua spada.
Bastian tentava di mettere Gwen alle strette ma quella donna era così determinata da far paura, e la sconfitta non doveva essere una sua prerogativa.
Erano troppo forti, e se Stiles li avesse visti, forse avrebbe parlato di steroidi soprannaturali, ma la verità era che contava poco lo stato di ogni licantropo: quello era un branco forte e vissuto, non un gruppo di ragazzini inesperti che si ritrovavano in situazioni assurde.
Erano giovani e tutti non facevano che dire loro come sarebbe stato giusto tornare a fare gli adolescenti, invece di improvvisarsi guerrieri forti e capaci, come i licantropi con cui stavano combattendo. Quante speranze potevano avere? Quell’ampio soggiorno non era altro che un campo di battaglia, all’interno del quale ognuno sembrava lottare contro i proprio demoni interiori.
Allo stesso modo, Derek si sforzava di tenere testa a Julian, che si stava soltanto prendendo gioco di lui, poiché era più che convinto di poterlo atterrare con un unico colpo ma non lo avrebbe fatto, perché giocare con lui e fargli credere di avere una chance era più stimolante.
Una chiazza rossa svettava sul fianco di Derek, impregnando completamente il tessuto della sua maglia, ma nulla avrebbe impedito a Derek di continuare a combattere.
Si rialzò da terra, poggiando una mano contro il muro, lasciando una traccia di sangue.
“Non prendiamoci in giro”, disse Julian, incrociando le braccia. “Potrei tranquillamente tagliarti la gola e seguire la scia dei poveri idioti che non sono qui, ma l’idea di torturarti è più allettante”.
L’alpha fece per avventarsi contro Derek ma un colpo di pistola sferzò l’aria, facendo voltare tutti i presenti, mentre Derek leggeva il puro divertimento negli occhi di Julian, alla vista di Keith, fermo a pochi metri da loro che impugnava la pistola contro il licantropo, affiancato da Lana.
“Sul serio?”, chiese con tono di scherno e fingendo di provare dolore alla spalla offesa.
In risposta, Keith sparò un altro colpo di avvertimento, ben intento a far capire le proprie intenzioni. Aveva sbagliato, aveva risposto la sua fiducia in un uomo che non era in grado di dare nulla agli altri, se non rabbia, ma era deciso a rimediare al suo errore, prima che fosse troppo tardi.
La distanza fra Julian e Keith diminuiva sempre di più, e Derek ne approfittò per rialzarsi, posizionandosi alle spalle dell’alpha che continuava a fissare il cacciatore.
“Sei qui per vendicarti o per dare una mano a questi bravi ragazzi?”.
“Entrambe”. Keith caricò nuovamente la pistola, pronto a sparare.
Julian sbuffò e Lana si allontanò, giusto in tempo per non essere attaccata.
Derek fece un passo avanti per aiutarlo ma il ringhio di Scott riuscì a distrarlo, così si volto e lo vide ringhiare in direzione di Kira, ancora inerme a terra con Blake che la sovrastava mentre lui era bloccato al muro dalla presa ferrea di Ridley.
Derek si scagliò su Blake, sentendo i suoi artigli che gli penetravano la cute, facendolo gemere per il dolore acuto. Il licantropo lo fronteggiò con tutte le sue forze, nonostante i graffi sul suo corpo stessero aumentando a dismisura e con essi il sangue che si accumulava.
Le figure di Scott e Ridley che ancora si fronteggiavano era sfocate, e così anche quella di Bastian che si chinava su Kira, aiutato da Lana, mentre Peter scattava in piedi.
“Blake, fermo!”.
Derek vide chiaramente gli occhi gialli di Blake tornare al loro colore naturale solo grazie alla voce di Bastian che era sembrata quasi un richiamo, qualcosa in grado di scuotere gli animi di quel branco unito e allo stesso tempo così diviso. L’uomo rimase ancora immobile, con i crini biondi imbrattati di rosso e il volto sconvolto per gli scontri simultanei che aveva dovuto affrontare…e per cosa?
Derek, intanto, notò che anche Ridley sembrava essersi fermato e con essi anche il tempo in quella stanza. Tuttavia, quando un urlo di dolore si librò all’improvviso, il tempo riprese a scorrere troppo velocemente, e Derek non riusciva quasi ad afferrarlo. Si alzò all’improvviso, accorrendo in aiuto di Keith che non sembrava avere la meglio su un alpha, ma prima che potesse fare qualcosa, vide gli artigli di Julian che si conficcavano nello stomaco del ragazzo.
Il sangue cominciò ad uscire a fiotti e il tempo tornò di nuovo a fermarsi, mentre Julian lasciava cadere il corpo di Keith sul pavimento, grondante di sangue.
A quel punto, Derek si gettò con violenza contro il corpo del licantropo, ringhiando.
 
Madison non aveva mai visto la vecchia tenuta della famiglia Hale. Non si era mai inoltrata nei boschi per osservarla, mentre altri studenti sembravano quasi rapiti dall’idea di ammirare quella casa fatiscente, all’interno della quale era scoppiato un violento incendio.
Quando varcò la soglia di casa, le sembrò quasi di udire le urla disperate dei suoi abitanti, mentre si dimenavano tra le fiamme, in cerca di una via d’uscita, e vide Derek, sereno tra i banchi di scuola e completamente ignaro di ciò che si stava verificando a non molta distanza da lui.
Pensò a tutti i ricordi felici della vita di Derek, sepolti sotto cumuli di cenere, come anche quelli di Cora. Come poteva sentirsi a mettere di nuovo piede in quella casa?
“Quanto dovremmo restare qui con le mani in mano?”, chiese.
Lydia la osservò, preoccupata almeno quanto lei, mentre Stiles le sfiorava delicatamente un braccio, come per segnalarle la sua presenza e farle capire che sarebbe andato tutto per il meglio.
Quella scena le fece provare una sorta di tenerezza e anche un pizzico di invidia, poiché in quel momento avrebbe desiderato avere Derek accanto a lei, soltanto per stringerlo a sé.
Stiles controllò il cellulare. “Fin quando non ci faranno sapere qualcosa”.
Madison si mostrò stizzita all’idea di non fare nulla e Stiles le riservò uno sguardo comprensivo: proprio lui, in tutto il branco, era quello che mai si sarebbe sognato di correre a nascondersi. Tutti loro avrebbero preferito uscire fuori per raggiungere gli altri e lottare, ma non quella volta.
“Julian è venuto per te”, aggiunse Cora, mortificata dalle sue stesse parole. “Non potevi rimanere lì. Era troppo pericoloso…e poi Stiles e Lydia non sarebbero stati di alcuna utilità”.
“Ehi!”, esclamò il diretto interessato, brandendo la sua fidata mazza da baseball, mentre Lydia incrociava le braccia al petto con aria un po’ risentita, ma ugualmente consapevole.
“Cosa credi di fare con quella?”, domandò Isaac, suscitando in Stiles un’espressione di puro astio, poiché il ragazzo ridusse gli occhi a due fessure, puntando la mazza contro di lui.
Madison voltò le spalle, posizionandosi accanto alla finestra per osservare l’ambiente esterno. Cercò con tutte le sue forze di non pensare a Derek e a cosa stesse accadendo in casa sua, ma quella mente traditrice non voleva saperne di volgere altrove: Derek era un chiodo fisso, insieme agli altri.
Tremò al pensiero di Julian che si scagliava contro di lui, per colpa sua.
Stiles e Isaac battibeccavano ancora come due perfetti ragazzini e Cora cercava di mantenerli, soffermandosi maggiormente su Isaac, che sembrava un bambino cresciuto troppo in fretta.
Isaac era capace di farle provare una tenerezza immensa, con il suo essere spaesato ma allo stesso tempo pronto a darsi da fare per quelle persone che reputava davvero importanti.
Sentì la mano calda di Lydia avvolgerle la spalla e si voltò, trovando il suo sorriso.
Lydia sembrò sul punto di dire qualcosa, ma la sua espressione cambiò all’improvviso, diventando quasi funerea, come se avesse avuto un’epifania improvvisa: qualcosa si era come risvegliato in lei.
“Lydia?”, la chiamò Madison, mentre la ragazza rimaneva in silenzio. “Ti senti bene?”.
“Mi sento-“, cominciò lei con voce incerta, scavando dentro di sé per trovare le parole.
Il rumore della porta che si spalancava li destò, mostrando Gwen che faceva il suo ingresso con passo lento e fiero, come un animale pronto a braccare finalmente la sua preda.
La donna sfoderò le zanne, ed emise un ringhio che fece tremare le ginocchia di Madison.
Isaac e Cora non persero tempo a piazzarsi dinanzi a loro, mentre Stiles stringeva la mazza da baseball, per nulla intento a starsene in un angolino ad osservare la scena.
Lydia si avvicinò a Madison, facendo qualche passo indietro mentre i licantropi si scrutavano.
Quando un altro ringhio, più feroce del precedente, proruppe nell’aria, Madison strinse Lydia, mentre quest’ultima si portava le mani alle orecchie.
 
La risata roca di Julian riecheggiò per la casa, mentre la mano di Derek teneva salda la presa sul suo collo, sperando di impedire a Julian di scioglierla facilmente.
“Credi che basti, Derek Hale?”, domandò Julian, tossendo lievemente, anche se era chiaro che la sua fosse soltanto una scenetta ben allestita, come fosse uno spettacolo. “Siete solo un branco di ragazzini. Guardati intorno, credo ti sia sfuggito qualcosa”.
Derek lasciò vagare lo sguardo sul resto della casa, notando come ognuno di loro fosse allo stremo delle forze, ma qualcosa non andava: Bastian e Lana erano accanto a Keith, Peter stava aiutando Scott a risollevare Kira da terra, tenendola per le braccia, mentre Ridley era vicino a Blake.
Qualcuno mancava all’appello: Gwen era sparita.
Derek lasciò andare piano Julian, giungendo alla conclusione di ciò che era appena accaduto.
Julian rise ancora, riportando Derek alla realtà. La sua rabbia era così forte, che prese ad estendersi a dismisura dentro di lui, incrementando sempre di più la voglia che aveva di uccidere Julian.
Voleva affondare gli artigli nel suo petto, a livello del cuore, e mettere fine a quella vita trascorsa solo per rendere invivibile quella degli altri, quella del suo branco e quella di sua figlia.
Era come una bomba pronta ad esplodere e sterminare tutto ciò che c’era attorno a lui.
Derek sentì le zanne che si formavano nella sua bocca e le unghie che si tramutavano in artigli, ripensando a Madison quando gli aveva chiesto se provasse dolore. In quel momento, lo sentiva.
Sentiva la sua pelle lacerarsi e percepiva quasi il tocco di Madison sul suo viso sfigurato.
Ovviamente, tutta la voglia di salvare Madison non bastò, perché quando attaccò di nuovo Julian, quest’ultimo non sembrava avere più voglia di giocare.
Lo colpì al fianco, sferzandogli un colpo con una mano e con l’altra intimava a Scott e Peter di non muoversi, poiché entrambi erano avanzati per fermarlo ma era bastato un suo ammonimento.
Julian lo lasciò andare, mantenendo la sua immancabile risata e facendo cenno a ciò che era rimasto del suo branco: Blake e Ridley lo seguirono, osservando ciò che si stavano lasciando alle spalle.
Derek rimase lì, immobile e stremato, mentre riprendeva consapevolezza di ciò che stava accadendo.
Gli sembrò di sentire delle urla in lontananza e allora scattò a sedere, la voce di Madison lo chiamava: era confusa ma riusciva a percepire il tono impaurito e irrequieto.
Il ringhio addolorato e furente di Derek ruppe ogni cosa, insieme alle urla di Madison.
 
 
Angolo dell’autrice
 
Disonore su di me. Sono in ritardissimo, lo so e vi chiedo umilmente scusa.
Il periodo non è stato dei migliori per dedicarsi alla scrittura, la voglia ha fatto un po’ cilecca, nonostante l’ispirazione ci fosse, ma sono finalmente qui con questo capitolo che poco mi piace, come il precedente e tutti gli altri. Insomma, il solito.
Comunque, vi erano mancati Keith e Lana? Per chi si stesse facendo ancora qualche domanda sulla questione Nadia/Ridley/Julian, ci tengo a dire che nel prossimo capitolo mi ricollegherò alle vicende di Nadia, si saprà cosa ha spinto Julian a fare tutto questo e cosa vuole. Spero che adesso i sensi di colpa di Ridley che ho sparso in ogni capitolo, vi abbiano fatto capire: oscilla tra l'amore per Nadia e la fedeltà al suo alpha. L'idea che fosse lui il padre di Madison l'avevo decisa fin dall'inizio della storia, ma ho cercato di non accennare alla storia d'amore avuta con Nadia, altrimenti si sarebbe subito capito. Per questo motivo, mi sono limitata a piazzare nei vari capitoli le incertezze e i sensi di colpa di Ridley, dovuti al tradimento verso il suo alpha. Inoltre, mi sembra giusto aggiungere che il branco di Julian non sa assolutamente nulla delle sue reali intenzioni, né di ciò che riguardava Nadia e Ridley. Sanno soltanto che c'è stato uno "scontro" tra lui e Nadia (flashback nel capitolo I) e che Nadia ha sacrificato sé stessa per proteggere la sua bambina ed impedire che venissero a conoscenza del luogo in cui l’aveva mandata (il che è vero).
Scusate tutte le precisazioni, ma voglio essere quanto più chiara possibile.
Forse il prossimo capitolo sarà l’ultimo, al quale seguirà un epilogo (non è sicuro, dipende dalla lunghezza del capitolo successivo). Quindi, direi che questo è quanto. Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va, e ringrazio sempre tutti coloro che seguono la storia.
Alla prossima, un abbraccio!
   
 
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