Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: Ossimoro Vivente    13/09/2014    1 recensioni
Rakèl era una ragazzina.
Una delle solite ragazzine da liceo che abitava in una casa normale con una famiglia normale. Non era nè ricca ne povera, nè bella nè brutta ma, come tutti, aveva il suo carattere: era sfigata.
Ovviamente sarà una storia non cagata da nessuno,ma... chissene frega,la metto comunque! xD
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CLASSE
 
La bici si appostò in malo modo vicino a una fila di soli motorini,e il freno venne girato con un fastidioso stridìo metallico.La giornata di Rakèl si era già ridotta in un brutto incubo di cui si doveva subito svegliare, e questo le lasciò una forte irritazione al cervello. Questa era la prima ed ultima volta che andava a scuola con quel catorcio che le aveva già procurato abbastanza guai.
La stizza e l'antipatia per quel ragazzo che fino a poco fa in un certo senso ammirava, si stava facendo via via più insopportabile. Era ancora rossa di rabbia e il sangue continuava a ribollirle nelle vene. Acchiappò la tracolla dal cesto, se la mise in spalla velocemente e si girò indignata a camminare con in viso un broncio viziato e infantile.
Era arrivata nel cortile della scuola, che brulicava di ragazzi e di chiacchiericcio diffuso. Vedendo quell'orda ancor prima di fondercisi dentro, Rakèl sentì un antico ribrezzo. Chi si abbracciava con altri, chi rideva con atri, chiacchierava, scherzava...CON ALTRI.
Tentò di piegare un angolo della bocca in su. Si rassegnò subito, capendo che nessuno l'avrebbe mai considerata (grazie al cielo). Si addentrò piccola tra gente sempre alta e cercò l'elenco delle classi in cui sarebbe stata destinata. Le venne subito uno sbuffo quando vide che era stata assegnata alla stessa piccola e noiosissima aula, puntualmente bollente quando faceva caldo, e gelida quando faceva freddo, con un fastidioso pilastro, vicino cui l'anno scorso si era seduta, e che le impediva di vedere la porta quando entrava qualcuno, adatto per un buono stretching giornaliero del collo.
Girò le spalle alla tabella degli elenchi e si spostò in un angolino vicino alla porta della scuola ad aspettare a testa bassa per non guardare le persone che aveva tutte intorno.
Al suono della campanella le sussultò il cuore e le ci volle un po' per comandare ai muscoli di cominciare a camminare. Si fece strada nella calca, ma essendo tutti più alti di lei non riusciva a vedere null'altro davanti a sé. Finchè non vide una ragazzina piccola e bassa quanto lei dai capelli castani, così lunghi che le sarebbero arrivati alle cosce se non fosse che li avesse attaccati ordinatamente in un'appariscente treccia alta con un laccetto che dava a vedere un grazioso fiocchetto a pois.
Per via del suo aspetto, anche lei era rimasta nella mente di Rakèl dall'anno scorso come una ragazza particolare, ma sconosciuta.
Sorrideva. Parlava in generale un po' con tutti quelli che aveva intorno, e a due di loro sentì dire:-Vediamo...Aula 4...-
Era proprio quella di Rakèl. Così, incuriosita, la inseguì.
Quando entrò la ragazza prima di lei, c'erano già alcuni ragazzi che si stavano gettando prontamente all'ultima fila di banchi, e pian piano l'aula si era già riempita, erano pochi. Dopo la ragazza, Rakèl si sentì un'intrusa a entrare e sedersi come se niente fosse alla prima fila, lasciata per ultima dalla classe, come suole fare il primo giorno di scuola. Per Rakèl non aveva importanza questo futile rito, così, come se in un certo senso le fosse mancato, si mise davanti colui che conosceva meglio di tutti gli individui che ora le presentavano: il pilastro.
I suoi nuovi compagni cominciarono ad accorgersi di lei e presero ben presto a osservarla un po' sorpesi mentre parlavano con gli amici. Rakèl si limitò a prendere il libro che aveva tenuto in caldo nella borsa per i sicuri momenti di noia o asocialità.
Primo Levi. Sicuramente qualcosa di molto ottimista, ma le interessavano tanto i libri sulla Seconda Guerra Mondiale, e non capiva perchè era attratta e rispinta allo stesso tempo dalla vita, o per meglio dire “vita ”che facevano gli ebrei ai campi di concentramento. Forse aveva un animo un po' macabro e pessimista. Ma sapeva che in ogni caso, l'argomento non l'avrebbe tirata su di morale.
La ragazza che aveva seguito e che adesso era dietro di lei cercò ti attirare la sua attenzione.
-Scusa?-
Rakèl si girò. Si ritrovò lo stesso sorriso raggiante e tenero che le tendeva la mano.
-Mi chiamo Sam, piacere di conoscerti! Tu sei...?-
-Rakèl- Rispose con un sorriso forzato e stringendole la mano con noncuranza.
-Ti ho vista in giro proprio in questa classe l'anno scorso. La mia era davanti alla tua, ma non sapevo fossi stata bocciata...Mi dispiace...-
-Già, anche a me-
E istintivamente Rakèl si girò stroncando la conversazione che stava per sbocciare, e si maledisse all'istante. Si vergognò di rigirarsi a chiedere scusa, sarebbe stato sconveniente e imbarazzante, quindi lasciò perdere.
-Cavolo, se sono sempre stata così antipatica nelle presentazioni, posso capire perchè non mi considera neanche un pulviscolo atmosferico.- Pensò irritata.
Ovviamente nessuno dei suoi nuovi compagni della classe si sedette al banco vicino a lei, e non ne era sorpresa, solo si chiedeva chi sarebbe stato l'ultimo disgraziato a dovercisi sedere a forza perchè non c'erano altri posti...
-TU?!-
Rakèl alzò lentamente gli occhi dal suo libro, lasciando immobile il braccio che prima sosteneva la sua testa. Da un'espressione di piena noia pian piano il viso le si deformò in una sorpesa faccia da ebete con la bocca che si lasciò pendere semi aperta.
Il giovane ciclista riccioluto le si presentò davanti con la faccia ancora più stupita della sua. In quel momento si rese conto di quanto fosse alto rispetto a lei.
Rakèl istintivamente provò a salvarsi con il mezzo sorriso che aveva tentato quando si era ritrovata davanti alla folla di studenti, ma solo quando capì che qualcuno finalmente lo guardava, si rese conto che doveva essere davvero orribile.
 
 
-Perchè sei qui?!-
-Perchè TU sei qui?! Pensavo fossi più piccola, visto che sei tappa!-
-Io pensavo fossi più grande, visto che sei uno spilungone!-
Tutta la classe restò interdetta a guardare l'inaspettata scena. Subito dopo alcuni non si trattennero dai risolini.
Il ragazzo riccioluto si spazientì fra sé, poi alzò la testa dietro Rakèl e urlò:
-Cavolo, Jona, potevi almeno lasciarmi un posto lì infondo!-
Dall'ultima fila rispose una faccia dalle guance rosse e paffute che mostrava un sorrisone divertito a occhi socchiusi.
-Scusa Gabriel, non ci ho pensato!-
Da sopra gli occhi di Rakèl, il riccioluto sbuffò irritato, poi girò i tacchi e passò da dietro la sua sedia con un po' di difficoltà perchè il pilastro stringeva il passaggio.
Seduto vicino a lei Gabriel cambiò espressione sbollendo la rabbia e assumendo un volto più calmo, quasi triste. Posò lo zaino sul banco e, senza neanche guardarla si girò con la sedia all'indietro per parlare con gli altri.
Arrivò il prof. E per quelle scarse ore di mattinata non si rovolsero né sguardo né parola, e Rakèl pian piano pensò che per schifarla così tanto doveva avere una qualche rara malattia.
 
La stanza era semi illuminata dalle persiane della finestra aperta, da cui fuoriusciva del venticello fresco che ondeggiava ritmicamente le bianche tende con armonia silenziosa. Si intravedevano nella penombra i muri rivestiti di giallo antico coperti di tanto in tanto da mensole di legno su cui poggiavano delle statuette di fatine dolci e leggiadre, della porcellana vecchia e sempre polverosa, delle strane creazioni di carta, di polistirolo, o di argilla, e delle foto raffiguranti una dolce bambina bionda con i capelli a caschetto, ma con due tendine al posto della frangia, perchè lei odiava la frangetta. Era circondata sempre da verde erba rigogliosa e da alberi, ed era illuminata dai chiari e freschi raggi del sole.
C'erano una scrivania e un armadio di legno, uno stereo, una tastiera e un letto dalla coperta azzurra.
Poi c'era una libreria. Da uno spigolo pendeva un cappellino di lana. Conteneva pile di libri vari. Dai romanzi ai classici. Dalle storie vere a quelle fantasy. Poi c'erano i fumetti.
Per la maggior parte manga che parlavano di storie d'amore divertenti e originali, o di magiche e avvolgenti avventure, per il resto c'era una modesta collezione degli amati fumetti di Rat-Man, di Topolino, dei Peanuts e qualche volumetto della Bonelli, di cui la padrona amava i disegni, ma non apprezzava tanto lo stile delle storie e si annoiava sempre. I fumetti spesso e volentieri erano circondati da statuette, pupazzetti e collane a tema.
La maniglia della porta di abbassò all'improvviso e Rakèl l'aprì con un ampio giro di 180 gradi. Poi la richiuse allo stesso modo dando qualche colpetto alla maniglia per assicurarsi che gli spifferi non l'aprissero con quel fastidioso fischio che significava l'estenuante mossa di alzarsi e camminare verso la porta per richiuderla.
Rakèl si aggirò per la sua stanza guardandosi intorno come per la prima volta.
Posò lo zaino a terra e si snodò la sciarpa insieme alla sua felpa rosso carminio.
Poi si abbandonò a peso morto sul letto con la testa affondata nel cuscino. I capelli sparpagliati a circondargliela.
Forse avrebbe potuto cambiare classe, forse non era troppo tardi.
Trovarsi già il nemico il primo giorno di scuola era una cosa frustrante. Le veniva da piangere se pensava a come era irritato solo per il fatto che si doveva sedere vicino a lei. In fondo Rakèl non era così infastidita dalla cosa anche se l'odio era diventato reciproco. Forse avrebbe dovuto dirgli grazie quando l'aveva aiutata a rialzarsi...
Poi per Sam era ancora più dispiaciuta. Non doveva essere così sfuggente con lei, sembrava una tanto cara ragazza...
L'atteggiamento da antipaticona era qualcosa che le veniva naturale, ma mai con l'intenzione. In realtà Rakèl era una brava ragazza. Poco ottimista, certo, ma sempre con l'intenzione buona, senza far mai male a una mosca. Solo che non sapeva relazionarsi con gli altri, visto che passava l'adolescenza da sola, tenendosi tutto dentro, sfogandosi magari scrivendo o disegnando.
Si immaginò lei con i lacrimoni, un broncio buffo e con i capelli rigorosamente spettinati come sempre che guardava come una povera sfigata la folla di persone sempre felici e sorridenti insieme, con Gabirel che si girava verso di lei e che le mostrava il dito medio col sorriso felino.
Si sentiva fiera di se stessa quando immaginava queste scene di autoironia. Come se sfruttasse la sua bassa autostima per far ridere.
Si mise a sedere sul letto, ci pensò su e si precipitò alla scrivania munedosi di matita e  gomma. Il foglio era pulito e pronto ad essere straziato di scarabocchi.

ANGOLINO AUTRICE: davvero,se qualcuno è riuscito ad arrivare fino a qui senza annoiarsi e senza pupille rinsecchite sarà il mio salvatore! Mi rendo conto che i capitoli saranno lunghetti, ma avevo scritto questa storia come un vero e proprio "libro" (anche se non sono molto ambiziosa nel farlo) e poi la mia maledizione-dono nel dilungarmi cel'ho da sempre ç_ç quindi... vabbe questo è un tentativo: se la storia vi ha preso davvero allora ci sono riuscita. Provar non nuoce!
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Ossimoro Vivente