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Autore: Salmcroe    13/09/2014    4 recensioni
Dopo lo scontro alla prigione, vediamo Beth e Daryl soli. Un racconto della storia fino a quando non si ricongiungeranno col resto del gruppo. Dal testo: "Quando fu talmente vicino che lei riuscì a specchiarsi nei suoi occhi, e non vi trovò più il blu che ormai le sembrava tanto familiare, finalmente le lacrime caddero a rigarle le guance. Si sentì sussurrare, -Daryl, no.. - "
Spero vi piaccia, è una mia rivisitazione della storia :) SPOILER QUARTA STAGIONE
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Parte quarta una nuova casa

Solo verso sera, dopo aver passato ore a camminare senza sosta, Daryl vide aprirsi davanti a loro un piccolo spiazzo erboso, al cui centro un vecchio capanno minacciava di cadere a pezzi da un momento all'altro. Fu abbastanza per far svuotare i polmoni affaticati dell'uomo in un sospiro di sollievo, e se avesse creduto all'esistenza di Dio, l'avrebbe di certo ringraziato.

Non senza qualche difficoltà riuscì ad imbracciare la balestra prima di uscire dal folto della vegetazione che circondava la casetta, voltandosi prima a destra poi a sinistra, girandosi in direzione di ogni suono che percepiva. Camminava piano tra l'erba talmente alta da arrivagli ai fianchi, e la sentiva pizzicare sulla mano con cui stringeva la gamba di Beth, immobile e silenziosa sulla sua schiena come lo era stata per tutto il tempo. Una volta constatato che almeno il prato fosse sgombro di zombie o altro, Daryl raggiunse la veranda del capanno. Le assi marce scricchiolavano sotto il peso suo e della ragazza, a altrettanto fece la porta, quando l'uomo vi battè sopra il pugno. Nessun rumore dall'interno. Apparentemente era vuoto. Abbassò allora piano la maniglia e con un piede spalancò l'entrata. Il puzzo di aria stantia e polvere lo avvolse facendogli lacrimare gli occhi e strappando qualche lamento alla sua compagna che sbattè un paio di volte le palpebre, tornando però ben presto a sonnecchiare. Entrarono con molta calma,una volta constatato che fosse libero da eventuali zombie, e Daryl osservò le pareti che lo circondavano, ricche di fotografie appese in rovinate cornici di legno, articoli ritagliati da giornali vecchi di chissà quanto, disegni di bambini... Era una visione strana, un grande ammasso confuso di roba racimolata probabilmente in anni. Girandosi vide al centro della stanza tre alte file di scatoloni che occupavano la maggior parte dello spazio, oltre ai quali si intravedevano due porte. Nella stanza dove si trovavano ora, probabilmente una sottospecie di salottino, l'uomo notò con sollievo un divano addossato ad una delle pareti. Vi si avvicinò, e torcendo il busto in una strana manovra tutt'altro che semplice, riuscì a farsi scivolare Beth tra le braccia. La depositò sui cuscini polverosi, che sobbalzarono accogliendo il suo peso. Gli posò velocemente le dita sulla fronte constatando che la febbre non era né salita né scesa da quella mattina, e guardandola per un secondo, valutò se fosse una buona idea lasciarla lì mentre lui ispezionava il resto del capanno. Quasi scattando si lasciò scivolare dalla spalla la sacca nera che cadde a terra con un tonfo sordo, attutito dalla stoffa logora di un tappeto di cui non si riusciva a capire neanche più il colore, e prima che potesse ripensarci si allontanò per controllare il resto delle stanze.

La prima porta si aprì su una piccola stanzetta dove ci si poteva stare a malapena in due, corta e stretta, conteneva una credenza, un frigorifero, un forno ed un piano cottura probabilmente vecchi di venti o trent' anni. Il gas andava, e la credenza era piena di lattine, scatole di cereali e barattoli vari. Daryl uscì soddisfatto, e recuperando da terra la balestra, aprì la seconda porta. Dietro, una stanza illuminata solo dalle sottili lame di luce che le imposte chiuse lasciavano passare.

Il silenzio avvolgeva l'uomo mentre da una tasca del gilet in pelle estraeva, stringendolo tra due dita, l'accendino argentato che portava sempre con sé. Impugnava con una mano il metallo freddo della balestra, il dito pronto sul grilletto; l'altro braccio disteso in avanti, per illuminare il più possibile con la luce fioca e ondulata della fiammella, che gli riscaldava appena i polpastrelli ruvidi. Passo dopo passo si stava inoltrando nella stanza, tenendosi a ridosso della parete, cominciando a scorgere i primi profili dei mobili, il colore chiaro della carta da parati a righe. Sotto i suoi piedi venivano calpestati o schivati tutti gli oggetti ed i materiali che qualcuno doveva aver tolto da mensole e cassetti, sradicando dai muri i pannelli di legno che li ricoprivano. Era a metà della stanza, immerso nell'osservazione di quel caos, quando dei rumori lo distrassero facendolo voltare bruscamente. Fu per un attimo disorientato, poi ecco di nuovo, dei rantoli. Rantoli prodotti da una voce sottile, e colpi di tosse, tanto forti da poter far credere che i polmoni di quella persona fossero in fiamme. -Ehi!- nessuna risposta. -Beth tutto bene?- aveva alzato la voce, per cercare di farsi sentire tra un lamento e l'altro. Con l'accendino ad illuminare quello che aveva difronte era tornato sui suoi passi, verso la porta, passando con agilità attraverso quel percorso ostacoli che era il pavimento. -Cristo..- imprecava mentre, buttata sulla schiena la balestra, riuscì con la mano libera ad afferrare la maniglia della porta, ed usandola per tirarsi su arrivò con un solo balzo alla soglia della stanza.

Accadde tutto troppo velocemente perché potesse fare qualcosa. L'anta dell'armadio adiacente all'uscita si spalancò, in un silenzio sorprendente per i cardini arrugginiti che la tenevano attaccata ancora al mobile, e Daryl sentì prima le dita morte stringergli la carne della spalla, e solamente dopo i rantoli che avevano riempito l'aria.

 

 

Il cuore si fermò per un secondo al centro del petto. L'uomo girò la testa quanto bastava per riuscire a vedere con la coda dell'occhio la testa dello zombie avventarsi sul suo braccio scoperto, e poco prima che i denti marci gli toccassero la pelle si scansò, buttandosi con la schiena addosso alla porta. Il non-morto si ritrovò così ad azzannare l'aria, ostacolato dai suoi stessi movimenti a scatti. L'uomo allungò il braccio verso la fascia che gli teneva la balestra appesa alle spalle, ma questa era rimasta bloccata tra la maniglia e la porta stessa. Lo zombie si voltò verso di lui, fissandolo con gli occhi vacui, mentre strattonava la sua arma ancora e ancora nel tentativo di disincagliarla, ma nulla, le cerniere che tenevano il battente saldo sul suo telaio in legno cigolavano al ogni sollecitazione dell'arciere, che tra una bestemmia ed un'imprecazione si ritrovò nuovamente troppo vicino al corpo putrefatto che stava tentando di divorarlo. Il puzzo di marcio gli riempì le narici quando le fauci si spalancarono, e le dita dalle unghie frastagliate si soffermarono sul suo collo, fredde ed umide come carne cruda a contatto con la pelle. La reazione fu immediata, dopo un ultimo strattone alla porta, la balestra fu lasciata lì; Daryl afferrò la testa dell'errante sentendone la pelle viscida che la ricopriva scivolare via, togliersi come una patina dall'osso bianco che avrebbe dovuto nascondere. Lo spinse il più lontano possibile, mentre rantolava furioso ed affamato, graffiandogli il collo dove sotto la pelle sottile le arterie pulsavano il sangue ad un ritmo instabile. Si aiutò piantando un calcio in pieno petto all'essere, che venne spinto via, dando così il tempo all'uomo per allungare la mano nella parte interna del gilet, da cui estrasse il suo coltello. In un attimo fu in piedi, e con rabbia calò il fendente mortale al centro del cranio dello zombie.

Il sangue scuro gli schizzò sul volto, in tante piccole goccioline bollenti, ma nemmeno se ne accorse, e dopo il primo colpo ne sferrò un altro, un altro, ed un altro ancora, poi lasciò finalmente cadere il corpo del morto sul pavimento.

Uscì dalla stanza in silenzio, scavalcando il cadavere, ed accompagnando la porta che tra i cigolii di protesta si chiuse solo dopo avergli dato una sonora botta.

L'uomo andò nella cucina, fece cadere sul pavimento la balestra senza troppa cura, ed aperto uno sportello a caso trovò un barattolo contenente del liquido trasparente, vi si bagno un dito e portatoselo alla bocca lo ripulì. Raccattò un panno malconcio, glielo versò sopra finché non ne fu zuppo, e se lo premette sul collo proprio dove dei graffi poco più che superficiali iniziavano a colorarsi di rosso. L'alcool bruciava sulle ferite, ma il dolore causò solo un lamento soffocato a Daryl, che fu distratto nuovamente dai colpi di tosse di Beth.

Tornò nel salotto, dove due occhioni chiari lo aspettavano carichi di preoccupazione. Beth era in piedi e veniva verso di lui, avvolta nella coperta, con i capelli spettinati che le facevano risaltare il rossore alle guance. -Ti ho risposto, poi ho sentito i rantoli e mi sono alzata....- disse come per scusarsi, ma si bloccò fissando il volto del suo compagno, che capì al volo. -Non è sangue mio.. - annunciò. La ragazza continuò a guardarlo, trafiggendolo con quello sguardo colpevole tanto da farlo sentire in imbarazzo. -Me la sono cavata, tu non avresti potuto aiutarmi in nessun modo, comunque. - concluse in modo brusco, nel tentativo di chiudere lì la conversazione. L'alcool stava ancora disinfettando i graffi, bruciandogli appena la pelle. Beth abbassò lo sguardo, tornando al suo divano e accucciandosi sopra un cuscino logoro. Doveva smetterla di dire che era inutile, ci rimaneva male ogni volta, ma lui ripeteva sempre l'errore. Così, forse cercando di distrarla, si sedette anche lui , e le disse cosa aveva trovato nelle stanze.

-Potrei liberare la camera da letto domani, se vuoi dormire su un materasso vero. - spiegò traendo dal pacchetto una sigaretta, accendendola e mettendosela tra le labbra. -Sarebbe bello. - disse lei, avvicinandosi a Daryl per poggiargli la testa calda sulla spalla. Soffiava dalla bocca nuvole di fumo, ed allungando il braccio sullo schienale del divano piegò la testa per guardarla. -Beth, ...- disse piano, ma lei già dormiva.

Non disse più nulla. Non si mosse per non svegliarla. Finì solo la sua sigaretta, fumandola fino al filtro, e lanciando il mozzicone attraverso la stanza.



Ciao a tutti! Okay, questo capitolo è un po più lungo degli altri, spero non vi dispiaccia. Colgo l'occasione per chiedervi due cosine importanti: la prima, se preferite una giorno/dei giorni fissi per la pubblicazione, o quando mi capita... la seconda, la lunghezza dei capitoli. So di scrivere spesso capitolo corti, non perche abbia difficoltà a scriverne di più lughi, ma perchè personalmente leggerne di troppo lunghi diventa stancante. Ma questo è un mio pensiero, e sarei felice di conoscere la vostra opinione a proposito. Dunque, spero che via sia piaciuto il testo, spero visualizziate e commentiate in molti. Un bacione, al prossimo :) 

 

 

  
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