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Autore: DearMarti_    14/09/2014    2 recensioni
-Lei intervisterà gli All time low appena tornati in città per la fine del loro ultimo tour!-
-Gli All time chi?-
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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-Non ce la farò mai!- urlo iniziando di nuovo a correre verso una meta indistinta. Mi sono addormentata. Addormentata su una stupida panchina del Patterson park. Una panchina. Ieri, o meglio, oggi devo essere andata a dormire dopo aver ascoltato il cd…ma che razza di ore erano? Adesso tutto questo non ha importanza perché sono le 11.30 e la mia intervista è alle 12.00. Sì, posso farcela. Devo farcela, dannazione! Sono quasi vicina alla City quindi tra mezz’ora dovrei arrivare in questo benedetto hotel, perfetto! Mentre prendo velocità, però, mi rendo conto di un dettaglio fondamentale: il mio abbigliamento.  Sono vestita ancora in tenuta da jogging cacchio! Ora ricordo tutto. Questa mattina ero così agitata per il primo vero incarico della mia vita (per cui forse sarò licenziata visto che sarà uno schifo) che ho avuto la brillante idea di scaricarmi facendo una corsa nel parco. A volte mi chiedo perché non bevo una camomilla quando sono nel panico invece che prendere delle decisioni così idiote. Mi devo essere fermata per riprendere fiato e poi…il poi si sa. Non farò mai in tempo a tornare a casa, cambiarmi, prendere la metro e tornare qui, così potrei perdere davvero il lavoro. Rifletto per qualche secondo. Cosa c’è di male se ad un’intervista si ci presenta un po’…un po’ casual? Forse lo sono un po’ troppo i miei shorts neri o la mia canotta fucsia e anche le scarpe flou non sono da meno, ma almeno se devo essere licenziata per qualcosa tanto vale averci almeno provato a presentarsi all’ appuntamento. Così guardo sul mio telefono, l’unica cosa utile che ho con me, tutte le indicazioni, se pur precarie, salvate che possono essermi utili, ma mentre sblocco il telefono scorro l'avviso di ben dieci chiamate perse e altri otto messaggi da Lola tutti con un testo del tipo ‘Dove sei querida?’, ‘Sono preoccupata per te e per il tuo lavoro, rispondimi’ e simili. Le mando un sms dicendole che sto bene e che ho avuto un insignificante intoppo. Ho il fiato corto e sto attraverso strade e scansando persone come se fossi inseguita da una specie di serial killer, ma cerco di sbrigarmi e di non pensare che la mia carriera giornalistica dipende da questi istanti. Niente di più rilassante, no? Dopo venti minuti di ‘scusi’ e ‘mi dispiace averla urtata’ sono davanti all’edificio. Controllo l’ora sul cellulare e con mio grande, grandissimo sollievo, sono solo le 12.05 in punto. Entro nell’immenso atrio dell’albergo dove gente ben vestita e di classe mi fissa, o meglio fissa il mio abbigliamento per nulla consono all’occasione.
Mi avvicino alla donna alla reception provando a pensare ad altro. –Mi scusi io sono Phoebe, Phoebe Mason e sono qui per un’intervista, potrebbe dirmi dove recarmi?- le domando con un sorriso da ebete cercando di distrarla dal mio look per l’occasione.
-Il suo appuntamento è al decimo piano, suite  1300, signorina Mason. Qui c’è il suo badge, prego.- risponde trattenendo una risatina.
Dopo averla ringraziata mi dirigo verso gli ascensori. Decido di prendere quello vuoto per evitare che qualche altro uomo d’affari mi fissi le gambe e qualche ricca signora mi lanci un occhiataccia. L’ascensore è spazioso e su una delle quattro pareti vi è uno specchio. Osservo la mia immagine riflessa. Ho le occhiaie, i capelli in disordine e sono evidentemente sudata. Mi sfrego la faccia, mi pizzico le guance per darvi colore e raccolgo i lunghi capelli in una rigida coda alta. ‘Fatti valere, dimostra di che pasta sei fatta’ mi ripeto autoconvincendomi. Arrivata al decimo piano scorgo i vari numeri attaccati sopra le stanze dello stretto corridoio. Mi guardo intorno per qualche secondo, fino a trovare davanti a me la fatidica 1300. Faccio un bel respiro, mi sistemo la canotta e busso sicura di me. Subito una donna sulla trentina apre la porta. Indossa un completo blu e ha i capelli disordinatamente raccolti dietro la nuca. Sembra molto stanca.
-La aspettavamo dieci minuti fa, se ne rende conto vero?
-Sì, ho avuto un problema, m-mi scusi davvero!- balbetto distrutta da questa maratona senza fine. La donna sembra non aver notato il mio abbigliamento.  ‘Meglio così’ penso seguendola per il corridoio di quella che più di una suite ha le somiglianze di una villa metropolitana.
-Piacere di conoscerla, io sono una delle assistenti del manager degli All time low; mi chiamo Vanessa- mi dice distrattamente. –Le ricordo che la sua è un’intervista basata sull’ultimo tour del gruppo e non le è permesso divulgarsi su argomenti come pettegolezzi o vita privata- si volta a guardarmi –Mi sono spiegata?-
Annuisco cordialmente e inizio a seguirla. Le parati intorno a noi sono bianche, essenzialmente eleganti dove vi sono appese opere contemporanee; su alcune mi sembra anche di aver scritto qualcosa qualche settimana fa. Attraversiamo un’altra stanza, bianca anch’essa dove al centro campeggia un tavolo in vetro sul quale sono abbandonanti avanzi di cibo.  Sento delle voci di ragazzi provenire dall’immensa stanza sotto i nostri piedi.
‘Ci siamo Phoebe, falli a pezzi’ penso mentre scendiamo le scale. L’ambiente che si apre davanti ai miei occhi è uno spettacolo. Una grande, grandissima, stanza nella quale una delle tre pareti è costituita da una vetrata sullo skyline di Baltimora. Ci sono un pianoforte, un piccolo bar e altri oggetti minimal sparsi nell’ampio spazio, questa volta le pareti sono azzurro molto chiaro e si confondono dolcemente col cielo alla mia destra. Al centro dell’ambiente quattro ragazzi. Quelli che dovrebbero essere Zack e Rian (se non ricordo male) sono seduti sul divano in pelle bianco, Jack il chitarrista (giusto?) è disteso sul pavimento con la schiena appoggiata alle gambe dell’amico e sulla poltrona vicina si trova Alex (mi sembra).
Sto pregando che Vanessa faccia un minimo di presentazioni per rinfrescarmi la memoria.
-Allora ragazzi- dice richiamando il silenzio.  All’improvviso i loro sguardi sono tutti su di me. ‘Vi prego non ridete’ implora la mia mente. –questa è Phoebe Mason, e Phoebe loro sono rispettivamente Jack Barakat, Rian Dowson, Zack Merrick e Alex Gaskarth-  afferma indicandomeli tutti fortunatamente.
-Non sapevo dovessimo rilasciare un’intervista al giornale sportivo locale- ironizza Alex sollevando una risata generale. Cerco di trattenere l’impulso di mettergli mani addosso. Lui non sa la della mia nottata passata a capire qualcosa di lui e del suo gruppo, della corsa fino a qui e del male alla caviglia che adesso inizia a farsi sentire; come si permette di fare anche battutine idiote?
-Comunque complimenti per le gambe- aggiunge con un sorrisino.
-Mi spiace per il mio…ehm…per questo insomma. Ho avuto una nottata lunga tra il lavoro e il resto e stamattina sono arrivta qui solamente con le mie gambe che ti piacciono atnto- dico scusandomi e cercando di ripagarlo con la sua stessa moneta. Lui mi guarda in silenzio mentre gli altri ragazzi cercano di comprende la situazione con ‘non ti preoccupare’ o cose simili.
 Vanessa non sembra capire sul momento, poi voltandosi verso di me realizza quello che prima non aveva notato come ad esempio le mie scarpe fluo e il resto.  Mi lancia un’occhiataccia e dopo aver blaterato qualcosa prende due sedie vicine e le posiziona davanti ai ragazzi. Mi accomodo vicino a lei e attivo il registratore dal mio telefono. Non ricordo assolutamente le domande che mi ero preparata ieri e lascio che la mia mente si rilassi dandomi la possibilità di lavorare come solo io so fare. Sono a mio agio nel mio mondo, lascio che la mia testa parli da sola. Non metto filtri o altro, conosco quello che devo dire e aspetto che le domande arrivino automaticamente. Inizio a chiedergli come è stato tornare a casa dopo quasi un anno di assenza, quanto gli mancano il tour e i fan e se la vita in giro per il mondo li abbia cambianti in qualche modo. Come prima intervista non sta andando male, i ragazzi sono simpatici ed è piacevole parlarci; anche Vanessa sembra essere più rilassata. Jack fa battute qua e là, Rian lo asseconda, Zack è stato forse quello meno scatenato del gruppo, è molto dolce comunque; mentre Alex ha sempre risposto a  tutto ma era diverso dagli altri…sentivo i suoi occhi su di me come se fosse veramente attento a quello che dicessi. ‘Saranno state le gambe’ penso stupidamente ritornando al suo commento iniziale. Dopo più di un’ora l’appuntamento è quasi finito e mi resta tempo solo per un’ultima domanda. Non importa cosa voleva Richard dal momento che fino a prova contraria lui non è presente qui decido di chiedere qualcosa di diverso dall’argomento principale, qualcosa solo per me.
-Dopo questa domanda vi lascio in pace, parola di lupetto- dico con un sorriso abbastanza contagioso.
 -Se aveste la possibilità di essere qualcun altro per un giorno soltanto nella vostra vita, voi chi sareste davvero?- chiedo suscitando lo stupore del mio piccolo pubblico.
-Questa è una grande domanda…-inizia Rian –be’ io penso che sarei il Papa-
Gli altri ridono istintivamente e anche io, ma Rian sembra serio. -Io vorrei essere il Papa, perché potrei essere sempre me stesso e forse riuscirei ad aiutare qualche persona in più. E poi lui è davvero avanti coi tempi insomma ha una specie di decappottabile, un account twitter e senso dell’umorismo, chi non vorrebbe eserre lui?- chiede scherzando.
-Io vorrei essere il presidente degli Stati Uniti- afferma Zack- e non solo per tutte le cose fantastiche che ha tipo la visione di film in anteprima, jet e cose simili…anche per quello vorrei esserlo effettivamente- nuova risata generale –ma principalmente avrei il potere di richiamare ogni soldato a casa dalle sue famiglie e insegnare che la pace non si porta con la guerra-
-Io sarei di nuovo me- dice Jack –Ho tutto quello di cui ho bisogno, la mia famiglia, i miei amici, il lavoro che ho sempre sognato e devo solo ringraziare Dio o chiunque ci sia lassù per tutta questa felicità-
Tutti lo fissiamo a bocca aperta, letteralmente.
-Scusate ma per chi mi avete preso?- domanda lui ridendo.
-Io sinceramente non lo so- afferma Alex –sicuramente qualcuno coraggioso, libero di vivere come gli pare, senza flash e vincoli particolari. Uno come te, ad esempio- conclude puntando il suo sguardo nel mio. Sono spiazzata, insomma Alex Gaskarth, un cantate famoso e di successo, vuole essere come me. ‘Wow’. Non so come sia la faccia di tutti i presenti adesso perché io sono concentrata solo su di Lui.
-Be’…- sussurro visibilmente imbarazzata- grazie ragazzi del vostro tempo, sono felice di avervi incontrati- continuo alzandomi e stringendo la mano a tutti. Quando la mia e quella di Alex si incontrano un fremito mi attraversa.
–è stato un piacere- afferma lui e io lo ricambio con un segno di assenso abbastanza stupita dalla situazione. Vanessa mi accompagna gentilmente alla porta salutandomi cordialmente.
-Grazie di non aver passato il limite- mi dice stringendo la mano. La saluto a mia volta e corro fuori dall’edifico. Appena in strada lancio un urlo di felicità lasciando cadere il tutto mio peso e tutto lo stress della mattinata sulle ginocchia incurante della gente che mi lancia occhiate di disappunto. Non mi importa di loro, l’intervista è andata bene e credo altrettanto il mio articolo. Appoggio la schiena al muro dell’edificio e tiro un sospiro. Resto ferma, immobile per qualche secondo. Non ho nulla con me e questo vuol dire che dovrò tornare a casa a piedi. Di nuovo. Ho ignorato il dolore alla caviglia per tutto questo tempo e la stanchezza non è da meno. Mentre rassegnata  sto per dirigermi verso casa sento una voce alle mie spalle.
-Phoebe!-
È Alex.
 
   
 
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