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Autore: Yutsu Tsuki    15/09/2014    2 recensioni
Dal primo capitolo:
“Osservando il suo volto, si accorse di una cosa. Tutti quegli anni passati dietro a due spesse lenti rotonde gli avevano fatto dimenticare di quanto belli fossero i suoi occhi. Erano di un verdeacqua chiaro, ma intenso, quasi luminoso. Si avvicinò ancora allo specchio e allungò la mano, come per poter afferrare quel colore che era un misto fra il cielo azzurro senza una nuvola ed un prato fresco d'estate.
Voleva toccarli, sfiorare quella luce e immergersi in essa, ma venne bruscamente interrotto dalle urla di sua sorella: — Keeeen! Vieni a cena, è prontooo!
Si allontanò in fretta dalla sua immagine riflessa. Per un attimo restò senza parole. Era rimasto affascinato dal suo stesso volto. Poi scoppiò a ridere, rendendosi conto dell'assurdità della cosa.
Aprì la porta della stanza gridando: — Mi chiamo Kentin!! — e corse in cucina.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolcetta, Kentin, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 15


Prova







Il lunedì successivo Kentin arrivò a scuola intenzionato a spiegare per filo e per segno alla preside quello che era successo la sera della festa. Quando entrò in classe, si accorse, però, che qualcosa non andava. I compagni sembravano guardarlo male: che lo ritenessero davvero colpevole dell’incidente di Candy?
Ignorando le loro occhiate, si sedette al suo banco. Andrò a parlare con lei durante l’intervallo. Ma non era passato neanche un quarto d’ora dall’inizio della lezione, che qualcuno bussò alla porta.
— Avanti — disse la professoressa di inglese.
In classe entrò Nathaniel, il quale annunciò che la preside attendeva Kentin nel suo ufficio. Ancora meglio, pensò.
Senza dire nulla, uscì dall’aula e si fece accompagnare da lei, dal delegato. Chissà se sapeva che la colpevole era sua sorella...
Durante il tragitto Nathaniel gli rivolse la parola, ma senza guardarlo.
— L’abbiamo combinata grossa, eh? — chiese, con lo stesso tono di chi rimprovera un bambino. Kentin si alterò per quella frase. Chi si credeva di essere? Certo, era più grande di lui di un anno, ma questo non gli dava il diritto di trattarlo come un novellino.
— Non so di cosa tu stia parlando — si limitò a dire.
— Non fare il finto tonto. Lo sanno tutti quello che è successo il giorno della festa — rispose il biondo con aria stufata.
— Peccato che io non c’entri niente.
— Peccato che sia stato colto con le mani nel sacco dai professori.
— Non sono stato io a far cadere Candy!
— Oh, certo. Chi allora? — Dopo essere arrivato davanti allo studio della direttrice ed aver bussato alla porta, Nathaniel si girò verso di lui, fissandolo severamente. Kentin sostenne il suo sguardo e, prontamente, ribatté: — Chiedilo alla tua sorellina — dopodiché entrò nell’ufficio, lasciando il delegato con la bocca semiaperta e in lieve stato confusionale.
La preside, seduta sulla sua sedia dietro alla scrivania, gli fece cenno di avvicinarsi a lei. Non era mai stato nel suo studio, eppure l’aveva sempre immaginato un po’ simile a quello della professoressa Umbridge, di Harry Potter. Ora che era dentro, invece, dovette proprio ricredersi: non vi erano pareti rosa con appesi piatti e gattini, né vasi di fiori essiccati o tovagliette di pizzo. L’arredamento era modesto, semplice ed essenziale, forse fin troppo serio. Si respirava un’aria di... professionalità. La prima cosa su cui si posò la sua attenzione fu l’enorme vetrina di coppe, medaglie e trofei vinti dalla scuola, appoggiata alla parete centrale. Immaginò che la preside ne andasse tremendamente fiera.
— Presumo tu abbia una valida spiegazione per quello che è successo Sabato sera. — Parlò in tono tranquillo e freddo. Però non sembrava arrabbiata; aveva più che altro un’espressione preoccupata. Kentin, dal canto suo, non era affatto teso. Sapeva di non avere torto, quindi nulla sarebbe andato storto.
Fece un respiro, poi disse calmo: — Le assicuro che non sono stato io a spingerla. — La donna alzò un sopracciglio.
— Vorresti farmi credere che è scivolata da sola? — lo squadrò.
— No, no, ovviamente no... È... è stata Ambra a colpirmi. E io inevitabilmente mi sono scontrato con Candy, che è caduta — le disse fissandola negli occhi. Attese la sua reazione.
— Ambra, dici? — chiese aggrottando la fronte.
— Sì... L’ho vista prima che fuggisse via.
— Fammi capire: lei ti ha spinto, e tu sei finito addosso alla Lauren?
— Esattamente.
— E sei assolutamente sicuro che sia stata lei?
— Beh... In quel momento era girata, ma l’ho riconosciuta dai capelli.
La preside inclinò la testa e strinse le labbra. Che non fosse convinta delle parole di Kentin era poco ma sicuro.
— Io non potrei mai fare una cosa del genere a Candy, deve credermi! — esclamò lui, alzando la voce.
— Lo so. È per questo che in un primo momento mi è risultato difficile immaginare che fossi stato tu. Però devi capire che eri l’unico insieme alla Lauren, quando è successo... E non puoi essere certo al 100% che si trattasse di Ambra, se l’hai vista appena — fece alzandosi e cominciando a camminare verso la porta.
Kentin non trovava le parole per controbattere. Effettivamente non c’erano testimoni che potessero confermare la sua innocenza, né tantomeno accusare Ambra.
Vedendo l’espressione affranta del ragazzo, la donna intervenne per l’ultima volta. — Una prova — disse poggiando la mano sulla maniglia. — Dammi una prova che non sei stato tu, e sarai sollevato da ogni colpa. — Dopodiché aprì la porta e lo congedò.

— Una prova! Mi ha chiesto di provargli che non sono stato io. — Intervallo. Kentin stava raccontando ad Alexy, in cortile, cos’era accaduto con la direttrice quella mattina. Non si sarebbe aspettato un tale esito, né che il loro dialogo sarebbe durato meno di un minuto.
— Ci dev’essere un modo per dimostrarglielo... — disse il gemello. In quell’istante videro arrivare di corsa Rosalya, seguita a ruota da Melody ed Iris.
— Dov’è Ambra? — esclamò fulminandoli con lo sguardo, una volta davanti a loro.
— Non l’abbiamo vista. Che hai intenzione di fare, Rosalya? — chiese Alexy.
— Farla parlare. E minacciarla con la tortura, se necessario.
— Allora io non voglio essere coinvolto — rispose, alzando le mani, in segno di arresa.
— Guardate, è lì! — esclamò Iris, puntando l’indice in direzione del grosso acero. Ambra era proprio laggiù, in compagnia di altri studenti.
Le tre ragazze si fiondarono automaticamente da lei, lasciando da parte Kentin ed Alexy.
I due si guardarono preoccupati.
— Forse dovremmo andare anche noi — constatò Alexy.
— Sì, è meglio... — rispose Kentin.
Si avvicinarono quindi alle loro compagne, che stavano già parlando con la biondina.
— Hai dei problemi, per caso? — la sentirono dire.
— No, ce li avrai tu i problemi, se non confessi quello che hai fatto a Candy! — Rosalya scattò contro di lei, ma venne bloccata da Melody ed Iris, che la trattennero per le braccia.
— Io? Ma se non l’ho nemmeno sfiorata.
— No, certo. Per questo, hai spinto Kentin. Buttandolo addosso a lei, non ti saresti sporcata le mani!
— Hai una grande fantasia. Potresti sfruttarla per realizzare abiti un po’ meno pacchiani. — Ambra ed il resto della gente con cui era scoppiarono a ridere.
— Fai schifo, Ambra! Volevi sbarazzarti di lei, solo per vincere la gara di San Valentino!
— Ahahahahah! Povera illusa, l’avrei vinta comunque, la gara!
— Io non credo proprio. Candy aveva mille più probabilità di te di vincere e tu lo sapevi bene. Sei una persona orribile: ricorrere all’inganno, pur di ottenere ciò che vuoi! E non è la prima volta che succede... — Il tono di voce di Rosalya si incupì.
Ambra stette un attimo a pensare, poi, dal nulla, esclamò: — Aaah ho capito! Sei invidiosa di non essere stata eletta rappresentante di classe, al contrario di me!
A quelle parole, Rosalya si morse le labbra.
— Ahahah, sei proprio patetica! Tu e tutto il tuo gruppetto di sfigati. Sai? sono proprio contenta che quella stupida sia finita all’ospedale. In questa scuola non c’è posto per mentecatti come lei.
Le gambe di Kentin si mossero da sole, facendolo scagliare contro la ragazza; ma venne prontamente afferrato da Alexy, il quale, però, non riuscì a fermarlo. Ci volle l’intervento di Iris e di Melody, per bloccarlo del tutto.
— E tu che credi di fare? Sei solo un bimbetto schizzinoso e piagnucoloso. Stai al tuo posto! — lo insultò Ambra.
Kentin non riuscì a dire nemmeno una parola, tanto era forte l’ira che provava. Quanto a lui, che venisse pure insultato all’infinito; ma Candy non potevano toccargliela.
— Dovresti ringraziarci, Ambra — intervenne Alexy, continuando a tenerlo fermo. — Se non lo stessimo trattenendo...probabilmente a quest’ora...non riconosceresti più la tua faccia.
— Allora non ti è bastata la lezione? Pensavo che informando qualcheduno di tutte le cose interessanti che combini in bagno, avresti chiuso quella tua boccaccia — riprese lei. Subito dopo, a Kentin venne in mente il disgustoso momento in cui le loro labbra si erano unite.
— Quindi l’hai fatto per lui? per vendicarti un’altra volta? — chiese ancora, Alexy.
— Anche se fosse, non ti riguarderebbe, sottospecie di...
— Adesso basta, Ambra. — Ambra venne improvvisamente interrotta da una delle ragazze che era con lei.
— Nessuno ti ha interpellata, Charlotte — disse, cercando di zittirla.
— Se non sarai tu a confessare, allora lo farò io.
— Piantala.
— No. Non ne posso più delle tue bravate! La devi smettere di sfruttarci per far del male alla gente...io...mi rifiuto di sottostare ancora a te! — Poi, rivolgendosi a Rosalya e alle altre, aggiunse: — È stata Ambra ad architettare il piano. Ha avuto lei l’idea di far cadere Kentin addosso a Candy. E... noi siamo state sue complici, non è vero, Li? — chiese poi, girandosi verso un’altra ragazza che, un po’ titubante, annuì.
Lo sguardo di tutti si spostò da Charlotte ad Ambra, la cui espressione si fece improvvisamente seria. Seguì il silenzio e nessuno disse nulla.
Poi, come se niente fosse, dalla sua bocca uscì progressivamente una risata insana e quasi isterica.
— Sai cosa ti dico? — disse dopo aver smesso di ridere, — che hai ragione. Avanti, mettetevi pure dalla loro parte, ma tanto non potete negarlo: eravate presenti pure voi, ed è stato un piano perfetto! — sbraitò additando Charlotte e Li — La gara? No, non c’entra proprio niente la gara! E tantomeno quell’idiota — continuò lanciando un’occhiataccia a Kentin. — Il mio obiettivo era sempre stato Candy. Da quando è saltato fuori che a quella sciacquetta piaceva Castiel, non potevo certo stare con le mani in mano. Così ho escogitato un metodo formidabile. Ho fatto in modo di metterla fuori combattimento senza venire punita. E non solo: ho preso due piccioni con una fava, facendo credere che fosse stato lui! Hahahahaha! Ma sapete qual è la cosa ancor più divertente? Che non c’è uno straccio di prova contro di me!
— Invece c’è. — Dalle spalle di Ambra emerse come un’ombra una ragazza minuta e dall’aria severa. Tutti si girarono a guardarla. Era molto composta, portava una giacca blu sopra un abitino rosa e un cerchietto dello stesso colore tra i capelli castani in perfetto ordine. Quando la vide, Ambra sembrò pietrificarsi.
— A quanto pare credevi di farla franca anche questa volta, eh, Ambra? — disse incrociando le braccia.
— Arrivederci, Karla — rispose tornando a guardare in direzione di Kentin e degli altri.
— È ancora troppo presto per i saluti. Perché non mi lasci raccontare agli altri che cosa mi hai fatto fare di bello, il giorno della festa?
— Non oserai...
— Oh sì, invece. — A quelle parole, Ambra si avventò pericolosamente su di lei, ma fu trattenuta a sua volta da Charlotte e Li.
— Prima del falso incidente mi hai chiesto di far salire al secondo piano la preside e i professori. Il tuo scopo era fare in modo che assistessero alla scena, subito dopo che tu te n’eri andata.
— Sono tutte bug... — Ambra cominciò a protestare, ma Charlotte le tappò la bocca con la mano.
— Così hanno creduto che fosse stato Kentin a spingere Candy. Sì, devo ammettere che è stato un piano ingegnoso. Avrebbe pure funzionato, se ti fossi scelta le tue complici con più attenzione.
Tutto ad un tratto Kentin capì che era proprio quella la prova che stava cercando. Se avesse portato Karla dalla preside e le avesse fatto spiegare quello che le aveva detto di fare Ambra, finalmente gli avrebbe creduto.
Dopo uno sguardo d’intesa, lui e i suoi compagni andarono a chiedere la collaborazione della ragazza, che accettò senza battere ciglio.
Mentre stavano camminando verso la scuola, Ambra si divincolò fino a liberarsi dalla mano di Charlotte premuta sulle sue labbra: — Andate pure!
Tanto...il mio scopo l’ho raggiunto e sono contenta! Vedrete... ora non ne avete idea, ma poi vi accorgerete di quello che ho fatto! Ahahahahah!





✤✤✤




Salve a tutti! Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento. Devo dire che ci sono stata su molto tempo. La scena con Ambra è stata parecchio lunga da scrivere; non che non avessi le idee chiare, ma, più scrivevo, e più mi venivano in mente cose nuove da aggiungere, e dovevo trovare il modo per unirle bene insieme.
Ma non voglio annoiarvi ulteriormente. Ci vediamo come sempre domani, col capitolo 16 :D Ciau!
   
 
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