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Autore: Theresa    15/09/2014    0 recensioni
_STORIA IN REVISIONE_
Questo è il seguito della altra fan fiction intitolata Hanabi.
Hanabi e finalmente tornata a casa con Hero ma ovviamente la sua vita non sarò tranquilla e felice.
Lily non è stata catturata e comincia il sospetto che non fosse solo una sottoposta, Hero deve aprire una fatidica lettera da parte della sua famiglia e quando tutto sembra andare per il verso giusto Hanabi non potrà più essere l'arma di Hero.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Death the Kid, Elka Frog, Hiro Shimono, Liz Thompson, Nuovo Personaggio | Coppie: Black*Star/Tsubaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Hanabi'
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TRA RICORDI E REALTà
 

Rivedere quel paesaggio così familiare , i cancelli in ferro battuto aprirsi lentamente sul viale dividendo lo stemma dorato della sua famiglia sotto un cielo plumbeo.
Respirò a pieni polmoni quell'aria umida tipica dello York Shire, odorava di casa.
Aveva pensato che non lo fosse più ma per quanto avesse cercato di mentire a se stesso quel posto rimaneva sempre casa anche se ormai sembrava che fosse abitata solo da spettri.
Hero si ritrovò a pensare che forse avrebbe piovuto come se l'universo comprendesse cosa stava succedendo, un pensiero assai stupido si disse.
La carrozza laccata di nero arrivò per accompagnarli fino alla tenuta, se non vi fosse stata Hanabi a strattonarlo leggermente per una manica della giacca nera non sarebbe nemmeno salito non avendola notata, i ricordi riaffioravano per ogni cosa su cui posava gli occhi e ne era talmente immerso che la ragazza sembrava essere il suo unico collegamento con la realtà che lo circondava.
Quasi non si accorse dello Shinigami e delle che salirono con lui e la rossa.
Il paesaggio passò sotto ai suoi occhi senza che lui se ne rendesse realmente conto troppo rapito dai suoi pensieri.
Quando la villa in mattoni chiari si stagliò davanti ai loro occhi sembrò troppo presto, non era ancora pronto per affrontare tutto quello ma scese comunque promettendosi di mantenere un contegno, come avrebbe voluto sua madre.
L'altra carrozzo era arrivata in concomitanza con la loro ed ora erano tutti fermi nel patio, probabilmente ad aspettare che lui li guidasse.
Joseph ed Adam arrivarono,Hero stava ancora racimolando le idea che suo fratello lo abbracciò mandando in frantumo quelle poche che era riuscito ad elaborare.
Lui rimase fermo,per qualche istante, non capendo cosa stava succedendo, ma poi ricambiò la stretta, come le aveva detto Evangeline la famiglia non lo avrebbe lasciato, sicuramente suo fratello non lo avrebbe più fatto.
-Seguite Adam, Io ho bisogno di parlare con Hero.- Disse il maggiore dopo essersi sciolto e con un sorriso gentile.
I ragazzi non se lo fecero ripetere e si affrettarono a seguire l'uomo ma il biondo trattenne Hanabi stringendole la mano e lei fece cenno agli altri di non fermarsi.
-Hero, e imp...-
-Lei resta.- Disse freddamente interrompendolo.
Jospeh sospirò, rassegnato ma con un mezzo sorriso, proprio come una volta Arthur, il loro fratello maggiore, faceva con loro. -Sono contento che tu sia qui.-
-Era questo che non potevi dire?- chiese sarcasticamente la strega non riuscendo a tenere a freno la lingua e beccandosi un'occhiataccia dal rampollo più giovane.
-Mi dispiace.- Disse senza lasciare che la rossa lo distraesse.
Hero si limitò a fissare il fratello che si scusava, qualcosa che non pensava fosse presente nel suo vocabolario, e sebbene avesse voluto sorridere per averlo finalmente ritrovato il senso di colpa in aumento glielo impedì.
-Comunque, c'è una cosa importante che devo dirti.- Aggiunse il maggiore vedendo che nessuno avrebbe continuato il discorso.
-Aspetta...non è nostra madre quella?- chiese il ragazzo trovando l'intervento della madre della madre del tutto inaspettato.
-E' proprio di lei che ti volevo parlare...- Non riuscì a finire la frase che la donna arrivò come una furia, sembrava un belva, un drago in rado di sputare fuoco e scoprì subito il perché dei quella rabbia manifestata così apertamente.
-Tu!- Disse con tutto il disprezzo che si potesse imprimere in sole due sillaba.-Chi ci fai tu qui!? Non permetterò ad una sudicia strega di mettere piede qui dentro, qui non è posto per mostri come te!-
-Madre.- cercò di calmarla Hero ma la collera di lei cambiò semplicemente bersaglio.
-E tu! Che razza di figlio sei! Tuo padre era preoccupato! Ti sei quasi ammazzato per cercare di salvare questa cosa! Sei la disgrazia della nostra famiglia, hai idea di quanto problemi ci hai causato? Di quanti ce ne causi la tua esistenza?-
-Signora Pendragon!- tuonò Hanabi lasciando la donna per un attimo sconcertata da quella ragazzina che aveva osato intromettersi, le puntò addosso uno sguardo di fuoco ma Hero fermò Hanabi prima che potesse dire altro, erano affari suoi, problemi suoi, la sua arma non dovevi intromettersi.
-Non pensare che potrai far parte della famiglia con un arma del genere! Ti avviso che non accetterò più i tuoi comportamenti assurdi. Devi scegliere!-
-Madre!- Questa volta era stato Joseph ad intervenire ed Hero non potè fare a meno di notare la somiglianza con suo padre, anche Josephine l'aveva notata ma non si fece prendere alla sprovvista per più di qualche istante.
-Non osare parlami così! Io sono il capi qui! E tu non avrei il comando fino a che non esalerò il mio ultimo respiro e ti assicuro che non sarà molto presto. Vi assicuro che nessuna strega varcherà quei cancelli fino a che io abbia la forza di cacciarla o ucciderla! Hero devi scegliere, o noi o lei.-
Hanabi cercò di non sembrava troppo inorridita dalla richiesta della donna e guardò di sottecchi Hero.
-Lei.- Aveva risposto subito, senza esitazione, senza fermarsi a riflettere.
-Hero, non ess...-
-E' la mia decisione, Hanabi.- la zittì, lei non centrava, lei non aveva voce in capitolo.
-Bene.- disse la donna ma il gelo nei suoi occhi era ancora peggio della rabbia che aveva manifestato fino a pochi attimo prima. -Puoi rimanere per la cerimonia ma non voglio più vederti dopo la funzione e portati via anche quel mostriciattolo a cui tieni tanto, non c'è più posto per te qui.-
-Hero!- Benjamin stava arrancando verso di loro sul selciato e alla fine si tuffò tra le braccia del fratello che lo strinsero a se.
Hero sapeva bene che poteva essere l'ultima volta che avrebbe potuto abbracciarlo, aveva fatto la sua scelta e lo strinse cercando di fargli capire che ci sarebbe sempre stato.
-Bengamin.- la voce della donna richiamò i due fratello alla realtà, Ben si staccò da Hero e si avvicinò alla madre.
-Ciao rossa.- disse mentre rivolgeva in sorriso ad Hanabi che lo ricambiò volentieri stranita dal fatto che quel bambino avesse una simpatia verso di lei.
La donna prese per mano Ben e lo trascinò via dietro di se senza dire niente che continuò a lanciare occhiate confuse nella loro direzione fino a che non scomparì dietro all'arco d'entrata della villa.
Joseph guardò Hero per qualche secondo, era impotente contro le scelte della madre, come aveva detto lei non avrebbe avuto il posto di suo padre e non aveva nessuna autorità.
-Hero, so calmerà.- disse ma entrambi sapevano che non sarebbe successo.
-E' tutto ok.- Rispose il biondo passandosi una mano fra i capelli.
-Hanabi, se vuoi partecipare puoi. Non credo che farà altre scenate, è una donna inglese dopotutto.-
Hanabi posò i suoi occhi sul giovane uomo.
-No. N un giorno come questo credo di dover rispettare il suo volere malgrado la mia voglia di prenderla a calci in culo.
Se mi parlerà ancora così scoprirà che non respirerà poi così a lungo.-
Disse mentre Adam ricompariva e gli faceva segno che era ora di iniziare la cerimonia funebre.
Mentre li guardava allontanarsi verso l’imboccatura del giardino la ragazza pensava a quanto era cambiata, pochi mesi prima non avrebbe mai detto una cosa del genere, forse non l’avrebbe neanche pensato, ma ora non gliene importava più di tanto, era solo ciò che pensava, quello significava essere una strega ed era ciò che aveva sempre voluto.
Non aveva mai avuto molto tatto ma ora era diverso, come se essere consapevole della propria natura la rendesse distante da quel mondo fatto di armi e maestri d'armi che avevano il compito di portare il bene, le non aveva idea di che coloro fosse il bene, era tutto grigio. Impossibile capire dov'era il limite e forse non le interessava più saperlo.
Nel giardino, dopo la fontana dei battesimi erano state schierate in diverse file un centinaio di sedie nere su cui erano sedute altrettante persone ma altre erano rimaste in piedi.
Una cosa accomunava tutta quella gente: il volto triste che rappresentava ciò che provavano.
Davanti ad esse c’era la bara in mogano lucente e semplice, di fianco, su di un cavalletto, era posto il ritratto di Dominic Pendregon rappresentato in tutta la sua fierezza di quando era un nobile cavaliere.
La famiglia Pendragon era schierata in prima fila insieme al Sommo Shinigami che non potendo muoversi da Death City era riflesso in uno specchio.
La cerimonia fu religiosa e solenne.
Il Sommo Shinigami fu il primo a porgere l’elogio funebre, ma in molto avrebbero voluto parlare, spendere qualche parola per ricordare quell’uomo.
Dominc Pendragon era stato per molto tempo l’esponente maggiore del clan Pendragon, aveva viaggiato in tutto il mondo, aveva buoni rapporti con la maggior parte dei capi di stato e aveva sempre aiutato quando gli era stato chiesto. Infine aveva sempre portato avanti i propositi della sua famiglia riuscendo a mantenere l’indipendenza dalla Shibusen a cui tutti i Pendragon tenevano particolarmente.
Era entrato nella vita di molti e vi aveva sempre lasciato qualcosa, un’eterna sfida o un germoglio di solidarietà.
Josephine Pendragon fu l’ultima a parlare.
Si alzò e raggiunse il leggio dove poco prima avevano parlato il Sommo Shinigami e Tom Heartfire, uno dei migliori amici del defunto.
Venne sorretta da Joseph per quel breve tratto.
-Vi ringrazio per essere venuti. Guardandovi vedo tutto ciò che ha fatto mio marito, rivedo tutte le avventure a cui abbiamo preso parte insieme. Era una persona molto carismatica, forte, gentile leale ma questo lo sapete, non sareste qua se non avesse lasciato qualcosa nei vostri cuori. Lasciandoci ci ha lasciato un vuoto immenso. Mi mancherà davvero molto... amavo il fatto che amasse la propria famiglia...- Dicendo questo guardò i suoi figli e non riuscendo a proseguire si nascose il viso tra le mani guantate.
Venne riaccompagnata al suo posto.
Alla fine della celebrazione gli invitati si spostarono dal cimitero, dove erano arrivati per accompagnare la salma e partecipare al rito di sepolture, alla veranda della casa dove era stato allestito un rinfresco.
Joseph si diresse quasi subito verso la veranda dopo aver sostato per qualche minuto davanti alla tomba di suo padre.
Aveva portato con se Ben che sembrava completamente privo di una qualsiasi forma di espressione o di possibilità di esprimere ciò che stava realizzando solo in quel momento.
Tra la folla il bimbo guardava atono i volti degli adulti che si avvicinavano a lui e a suo fratello per fare loro le condoglianze ma lui non sapeva cosa significasse quella parola.
Appena notò che tra la folla c’era Liz si sottrasse dalla presa poco salda del fratello distratto dai discorsi delle persona intorno a lui e si diresse correndo verso la ragazza.
Si tuffò su di lei premendo il volto sul suo ventre.
Lei ne fu molto sorpresa.
-Liz…- Disse tra i singhiozzi ma non riuscì a continuare perché ormai ciò che aveva realizzato non poteva più cancellarlo e non poteva più fermare ciò che stava provando.,
Lei gli mise una mano sulla testa con fare materno e poi con delicatezza si staccò dal suo abbracciò e si accovacciò per essere alla sua altezza.
-Ti assicuro che passerà.- Disse sorridendo –Tutta la tristezza che provo svanirà.-
-Ma...fa male...-
-Se terrai il ricordo di tuo padre sempre nel cuore sarà come se fosse sempre con te.-
-Ma io voglio che sia qua!-
-Devi capire che tutti muoiono prima o poi...è una cosa naturale che non si può impedire, quando succede si dice che si vede una forte luce e poi si va... in un posto bellissimo.-
-Voglio andarci anche io.-
-Non essere sciocco...tu devi vivere per le persone a cui vuoi bene, non vuoi vederle soffrire ancora di più. Tuo padre sarà sempre con te, nel tuo cuore, al tuo fianco.-
Lei lo strinse a sei mentre lui continuava a singhiozzare.
-Passerà tutto con il tempo.-
-Me lo prometti?- chiese Ben.
-Si.- Rispose dolcemente lei cercando di imprimere in quella parola tutto il conforto che voleva dargli.
In realtà lei non credeva alle parole che aveva detto al bambino,non pensava che un dolore così grande potesse sparire, ma ci sperava, o almeno sperava che per lui sarebbe stato così.
-Finalmente ti ho trovato, Ben.- Disse Joseph.
In un primo momento non si era accorto della scomparsa di suo fratello immerso com’era nei suoi pensieri ma appena aveva notato la sua assenza aveva cominciato a cercarlo.
Ben si staccò da Liz e suo fratello lo prese in braccio, il bambino continuò a piangere sulla spella del fratello che cercava di calmarlo accarezzandogli la testa.
-Mi dispiace molto per tuo padre. Ti sembrerò un’ipocrita dato che non mi conosci ed io lo conoscevo.- Disse Liz dopo essersi alzata.
-Non lo sembri.- Si affrettò a dire lui.
-Lei è Liz.- Si intromise Ben che sembrava essersi calmato tra le braccia del fratello.
-Elizabeth Thompson, o meglio Liz come ha detto tuo fratello.- Si presentò lei.
-Lo so. Mi sembra che tu abbia una sorella e che eri venuta al suo compleanno con lo shinigami.- Disse lui mettendo una nota di disprezzo nell’ultima parola.
-Uhm...si.- Rispose lei indecisa se dare peso al suo tono e no.
- Dov’è Hero?- Chiese Ben.
Hero aveva lasciato la tomba di suo padre quasi subito dopo lo sguardo gelido della madre che era avvenuto pochi secondi dopo la fine della cerimonia.
Non aveva idea di cosa i presenti avrebbero pensato, o se avessero notato lo sguardo della madre ma deciso che ormai, non facendo più parte della famiglia, non gli doveva interessare.
Aveva salutato qualcuno che lo aveva fermato per porgergli le condoglianze e poi se ne era andato, senza dare spiegazione perché quello sarebbe stato l’ultimo tempo che poteva passare in quel posto abitato dai fantasmi.
Si sedette su una panchina sotto un albero, si ricordava che suo padre aveva deciso di metterla un giorno che era passato sotto a quella quercia.
Hero non sapeva il motivo di quella decisione, quali ragionamenti il padre avesse fatto o se fosse stata solo una decisione improvvisa e senza senso, ma era l’unica panchina presente nel giardino inglese.
La nebbia si era pian piano diradata, la pioggia era cessata lasciandosi dietro l’umidità tanto frequente in Inghilterra ed il sole stava facendo capolino da dietro le nubi.
Le guardava passare attraverso i rami di quel maestoso albero mentre si perdeva tra i suoi ricordi, ricordi che faceva fatica a riportare alla mente.
-Vuoi rimanere solo?-
I rami della quercia continuavano a muoversi mossi dal vento con ritmo regolare, quasi ipnotico.
-Non saprei.- Rispose lui.
Hanabi si sedette di fianco al ragazzo, quando aveva notato che la cerimonia si spostava aveva iniziato a girovagare per il giardino per ammazzare il tempo.
-Stai davvero bene vestito così, non lo avrei mai detto ma quella cravatta ti rende...- Si fermò per qualche secondo.
-Comunque non avresti dovuto lasciare tutto questo, se lo hai fatto per me sei uno scemo.-
-Non mi interessa quello che pensi te. E’ la mi famiglia e tu non c’entri.- Rispose seccamente lui.
Lei non disse niente e buttò la testa indietro così da vedere i rami ondeggiare sopra di lei.
Ogni tanto delle gocce cadevano dai quei possenti rami.
-Scusa.-
-Non devi chiedermi scusa, lo so di non far parte della tua famiglia.- Gli rispose lei.
Il suo tono era tranquillo ma lui si sentì in colpa per quello che aveva detto poco prima, Hanabi era la sua famiglia.
Ma la ragazza sembrava non capire la sua importanza nella vita del ragazzo, sembrava che continuasse a considerarsi una passante.
-Non è che non ne fai parte...e poi non ho rinunciato a molto solo a qualche milione di sterline.- Cercò di ridere e poi fece una pausa, quella spaccature era nell'aria già da tempo forse lui aveva deciso di ignorare i segnali o, come molto spesso succedeva, non aveva messo in moto il cervello e non aveva capito cosa avrebe significato la morte di suo padre.
-Prima della morte di Arthur venivamo spesso qua a fare un pic-nic. Mi divertivo, allora eravamo davvero una famiglia, forse non la migliore che un bambino potesse desiderare ma era la mia famiglia. Mia madre non veniva spesso, quando c’era lei tutto diventava più freddo, a volte però sembrava la madre che avrei voluto e questo avveniva solo durante quei pic-nic. Credo che mi odiasse già allora, probabilmente meno di adesso. Tutto per colpa del mio battesimo, il “mezzo kishin” ha ucciso i miei nonni materni. Credo che all’inizio abbia cercato di superare la cosa ma dopo allora, dopo la morte di mio fratello, probabilmente ha ragione lei, non la posso di certo biasimare. Non credo che mi abbia mai voluto come figlio, ora sono un mostro ai suoi occhi. Mio padre non era così.- Fece una pausa, in cerca di qualche brandello di ricordo dell'uomo.
-Sapevo che mi voleva bene ma amava immensamente mia madre e dopo la morte di Arthur era difficile per lui vederla soffrire per la mia presenza. Non voleva che venissi alla shibusen, ha detto che avevo voltato le spalle alla famiglia ma alla fine mi aveva lasciato fare ciò che volevo. Non so se si aspettasse che tornassi o che semplicemente abbia pensato che volessi solo allontanarmi da questo posto. Quando ho quasi perso l’anno mi ha ritirato dalla scuola e non voleva lasciarmi tornare e poi...lo sai, c’eri anche te. Abbiamo litigato, io volevo solo stare lontano da questo posto, i pochi mesi in cui avevo assaggiato l’inferno da cui ero fuggito mi erano bastati per decidere di andarmene. L’ultima cosa che gli ho detto era che lo odiavo, avevo cercato di renderlo fiero senza riuscirci ma forse ero solo io che non capivo... O forse è adesso che non capisco e cerco di dipingerlo come un padre migliore...- Sorrise sarcastico, non sapeva più se il padre che ora si ricordava era lo stesso che odiava con tanta forza pochi anni prima, quell'era davvero suo padre non riusciva a capirlo.
Ora non riusciva a trovare nei gesti di suo padre quell'odio che pensava vi fosse, quel senso di delusione che vi aveva sempre trovato, tutto sembrava distorto e non riusciva a separare la realtà dal falso, non capiva ciò che era vero e ciò che non lo era.
-Tu non sei un mostro. Io non conoscevo tuo padre ma ti posso dire che mi trattava meglio di tua madre, e trattava meglio anche te. Non credo ti odiasse.- Rispose la ragazza.
-Dovresti dirmi qualcosa del tipo nessuno dei due ti odia.- Rispose lui.
-Io dico solo quello che penso, non riesco più a dire qualcosa di gentile facilmente. Sebbene sia brava a mentire non è per me essere gentile. Comunque non penso che nessuno ti possa considerare un mostro solo perché uno battezzato con la tua stessa acqua è stato così idiota da scegliere la via sbagliata.-
Hero quasi rise, “un'idiota”, nessuno aveva mai chiamato così quel mostro.
-Io posso essere considerata un mostro.- sussurrò lei, forse a se stessa e non direttamente a lui.
-Un mostro redento.- rispose prontamente lui.
Lei ridacchiò.
-Che frase stupida, un mostro non può redimersi.- Disse lei continuando a guardare il cielo.
-Dovresti dormire, non lo fai da giorni.- Aggiunse prima che lui potesse dire niente.
-Mi controlli?-
-Hai delle occhiaia gigantesche.- Rispose.
-Non credo che riuscirei a dormire seduto su una panchina, non sono come te.-
-In effetti io posso dormire dove voglio e quando ne ho voglia. Ma dato che oggi mi sento magnanima ti concedo di distenderti.- Rispose lei.
Lui si distese appoggiando la testa sulle sue cosce, come lei ora anche lui guardava i rami di quella imponente quercia.
I suoi occhi non riuscivano più a rimanere aperti, aveva ragione lei, doveva dormire.
Cercò di pensare a qualcosa da dirgli prima di addormentarsi.
Lei gli stava accarezzando i capelli senza pensarci gli occhi fissi sulle gocce che cadevano dalle foglie.
Alla fine non riuscì a dire e l’ultima cosa a cui pensò fu la frase della ragazza “Un mostro non può redimersi.”
Una frase a cui non voleva credere.


 
Grazie per chiunque abbia letto e mi scuso per gli eventuali errori, sono una frana a corregere ciò che scrivo.
Allora da oggi inizio l'angolo curiosità,probabilmente non interessa a nessuno ma va be, cercando di non fare spoiler.

curiositò sui Pendragon:

-Arthur Pendragon è un palese riferimento a re Artù.

-Il nome Joseph e Josephine sono tanto simili solo perchè non avevo fantasia in quel momento, i due personaggi non hanno niente in comune, apparte la parentela ovviamente.
Il fatto che Josephine odi tanto Hero è appunto per il "Mezzo kishin" che uccise i suoi genitori davanti ai suoi occhi quando aveva 13 anni, prima che venisse uccisa fu salvata dal padre di John (tizio fuori di testa verso la fine della sua vita) per questo, sebbene il demone che gli avesse rovinato la vita fosse un Pendragon, (fratello del nonno di Hero) non nutre rancori verso la famiglia.
John sposò Josephine per volere del padre, normalmente i Pendragon sposano discendenti della casa Heartfire, fornituri ufficiali di armi umane (come suona male), o altre da casate più importanti di quella di lei.
Dando la colpa all'acqua del battesimo del fatto che il Pendragon sia andato fuori di testa non riuscì mai a superare questo blocco nei confronti del figlio, l'unica volta che ci provò Arthur morì poco dopo.

-Ben è dominutivo di Benjamin, all'inizio il nome doveva essere solo Ben ma Josephine non è una che da nomi così banali e corti, il nome di Hero lo ha scelto suo padre.

Grazie e alla prossima
P.S: Riscritto, più o meno.
 

 
 
  
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