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Autore: AliceCutso    15/09/2014    3 recensioni
Alexis ha dovuto affrontare tante cose negli ultimi mesi. Nel giro di un'estate la sua vita si è completamente capovolta e Jonathan ha di certo approfittato di questo, confondendola per avvicinarla a se.
Ora che lui è tornato Alexis ha la possibilità di conoscere meglio sua sorella, Clary, ma si trova anche a doversi porre delle domande su se stessa, perchè c'è un dubbio che la tormenta e la fa esitare: in lei prevale il bene o il male?
Esiste ancora una possibilità per la sua anima?
Seguito di "Colei che protegge", tuttavia comprensibile anche per chi non avesse letto la storia precedente.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Jonathan, Nuovo personaggio, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Pov Alexis

 

Mi trovo in un radura vuota sotto un cielo azzurro. Una leggera brezza mi scompiglia i capelli facendomi voltare verso sinistra. Prima davanti a me c'era solo una distesa verde piena di fiori di campo mentre adesso mi si para davanti un ragazzo. Mi da le spalle, ha i capelli corvini e lucenti, la figura slanciata e le braccia nude muscolose e prive di marchi. In mezzo alle scapole si ergono un paio di possenti ali nere.
Non appena lo riconosco sorrido -Jas-.
Sentendo la mia voce lui gira leggermente la testa permettendomi di intravedere la linea della mascella.
-Jas... c'è qualcosa che non va?-.
Le sue spalle allora vengono scosse come da una risata trattenuta.
-non c'è nulla che non va- mi dice mentre si volta -sorellina-.
I capelli neri come la notte stessa vengono sostituiti da altri tanto biondi da sembrare bianchi e improvvisamente il suo corpo si piena di runa. Le ali rimangono presenti.
-Jonathan?-.
I suoi occhi scuri di fissano sul mio viso mentre un sorriso tagliente si forma sul suo.
Con passo straziantemente lento mi si avvicina mantenendo lo sguardo fisso su di me.
Ormai mi è così vicino che riesco quasi a sentire il familiare battito del suo cuore. Mi si accosta per potermi sussurrare qualcosa nell'orecchio con voce roca.
-Sono stato io, Alexis. Ho ucciso io Valentine e Jas. E mi è piaciuto-.
-perchè? Perchè lo hai fatto?-.
-Volevano portarti via da me, credevano che gli appartenessi. Ora sei solo mia, lo sei sempre stata, dal giorno della tua nascita-.
Le sua mani cominciano a stringermi la vita come hanno fatto mille altre volte solo che adesso sono diverse. Infatti al posto delle normali unghie spuntano degli artigli neri che si allungano sempre più incontrando la mia carne, squarciandola.
Mentre il sangue comincia a colargli dal polso urlo, cercando in vano di allontanarmi.
Il mio sguardo si posa sul suo viso e con orrore vedo i suoi occhi essersi trasformati e diventati completamente neri, un sorriso folle e malvagio stampato in faccia.

 

Vedere il caffè scorrere nella tazza è quasi ipnotico. La scorsa notte non ho praticamente chiuso occhio, perennemente tormentata da incubi pieni di sangue, lacrime e oscurità.
Jonathan non mi farebbe mai del male e so con certezza che non avrebbe mai ucciso nostro padre, visto com'era tutto obbediente, ma... no, è ridicolo. Non può ver ucciso Jas, perchè avrebbe dovuto farlo?
E poi lui sa che è qualcosa che non gli avrei mai perdonato, che mi avrebbe portato troppo dolore per essere cancellata.
Mio fratello mi vuole bene, io e lui... c'è questo legame e so che lo sente, so che lo vuole. Non mi farebbe una cosa del genere.
Ma allora come mai ho un'orrenda sensazione che mi attanaglia lo stomaco e non ne vuole sapere di lasciarmi in pace?
-Non dirmi che sei una di quelle che fanno metà caffè e metà zucchero-.
La voce di Jonathan mi sorprende alle spalle, con fare disgustato ma scherzoso. Solo adesso mi accorgo di aver versato qualcosa come un terzo della zuccheriera nel mio caffè. Merda, così è troppo dolce!
Con una scrollata di spalle ripongo il recipiente al suo posto dato che ho notato che i fidanzatini sono soliti prenderlo nero, uniti anche nel gusto.
-allora? Oggi siamo più calmi?-.
-non parlarmi come se fossi una bambina, non lo sopporto-.
-e allora tu non comportarti più come tale!-
Finalmente mi giro per lanciargli un'occhiataccia ma lui è tutto concentrato su un toast che gli avevo preparato per colazione prima che arrivasse.
-Se mi credi una bambina allora potrei davvero comportarmi come tale, però bada bene: questo vale anche di notte sopratutto se magari ti prudono certe voglie. Comunque non ti preoccupare, Jace non vede l'ora di approfondire in ogni senso il vostro legame-.
Lui sospira abbassando cupamente lo sguardo sul suo pasto con aria stanca -Alexis, adesso non possiamo permetterci litigi. Dobbiamo essere uniti- detto ciò si alza venendomi davanti per cingermi la vita -facciamo così, oggi siamo a Firenze e io devo sbrigare alcuni incontri. Non volvevo portere Jace, ma magari a te piacerebbe. Che ne dici? Mentre io mi occupo delle questioni più noiose te potresti comprarti gli abiti che volevi e rilassarti un po'-.
In questo momento non ho alcuna idea di quello che potrei aver voglia di fare perchè la punta del suo naso mi sta sfiorando la fronte mentre riesco a percepire il calore del suo corpo attraverso i vestiti. È da quando sono arrivata qui che noi due non abbiamo avuto tempo di stare insieme da soli, perfino la notte Jonathan aveva sempre qualcosa da fare in solitario, senza nemmeno il suo fidanzatino.
Da una parte sono molto contenta che mi abbia chiesto di venire con lui mentre dall'altra mi chiedo cosa accidenti vada a fare e sopratutto con chi.


 

Oggi non è una giornata particolarmente fredda tant'è che mentre giro per le strade della città rinascimentale ho solo una giacca in pelle e una sciarpa abbastanza leggera.
A essere sincera Firenze, come città, non mi è mai interessata più di tanto essendo famosa principalmente per gli artisti e i letterati. Il mio sogno è sempre stato di fare sold out per uno spettacolo con la mia vecchia compagnia di canto coreografato o magari a teatro mentre interpreto la sognante e determinata Roxie in "Chicago", tutti sogni che parlano di Brodwey, Los Angeles o Parigi magari. Mentre costeggio il Duomo però, devo ammettere di rimanere quasi incantata dalla sua maestosità. È una città molto particolare Firenze la cui atmosfera pare come essersi congelata nel medioevo e dove la storia vive ancora. Non rimarrei troppo sorpresa se da dietro l'angolo adesso spuntasse una dama nel suo meraviglioso abito ricamato e dai lunghi capelli magistralmente intrecciati.
Jonathan mi ha lasciato vicino al Ponte Vecchio dandomi una mazzetta incredibile di euro, la moneta del posto.
Non so con certezza quanto valgano rispetto al dollaro ma visto il volume devono essere veramente un sacco.
Per fortuna i commessi parlano benissimo inglese anche se qualcuno di loro è rimasto piuttosto basito nel vedere questa ragazzina tirare fuori dalla borsa banconote su banconote come se nulla fosse.
I negozi comunque sono estremamente eleganti, muniti addirittura di un ragazzo che apre la porta la posto tuo, e pieni di abiti fatti di tessuti così pregiati che perfino le mie mani inesperte potevano intuirne la bellezza.
Una volta essermi rifornita di pantaloni e jeans più alcuni pezzi di sopra e scarpe, decido di fare un giro per le bancarelle, incuriosita da tutta quella gente ammassata intorno a dei camioncini con davanti dei semplici tavoli con sopra di tutto e di più, dalle maschere veneziane ai guanti in pelle fatti a mano.
Una fra tutte cattura la mia attenzione. Si occupa principalmente di creare incisioni creando custodie per i telefoni, targhette per i cani e cose del genere.
Mi ci accosto dando un occhiata a quello che offre quando un semplice bracciale mi fa l'occhiolino.
È in argento e sopra c'è scritto "Acheronta movebo". Jonathan è stato un insegnate molto pignolo perciò riesco a captarne il significato: "muoverò gli inferi". Il mio pensiero va immediatamente a mio fratello con la sua determinazione e il suo desiderio ardente di creare una nuova razza, migliore dei Nephilim. "Muovere gli inferi" è qualcosa che gli va a pennello, forse quella che in un certo senso lo descrive meglio.
Istintivamente glielo compro, chiedendomi a come potrebbe essere la sua reazione. Forse lo interpreterà come, non so, un mio volere di essere più coinvolta in questa faccenda.
Una mezz'ora dopo ritorno sul Ponte poichè era stato declamato a punto di ritrovo. Il sole tramonta ormai, dolcemente sull'Arno quando scorgo la figura di Jonathan uscire da una gioielleria li vicino con un pacchettino stretto in mano.
Gli sorrido mentre mi raggiunge.
-allora, com'è andato l'incontro?-.
-piuttosto proficuo devo dire- risponde lui con un mezzo sorriso mentre i suoi occhi vagano sulle buste ai miei piedi -tu ti sei divertita, vedo!-.
-Non è colpa mia se Jocelyn ha le misure di una dodicenne. Però ho un regalo anche per te- detto ciò gli porgo allegra la piccola bustina di carta, contenente il bracciale.
Riesco a vedere il suo stupore mentre prende il piccolo pacchettino e ciò mi provoca una fitta d'orgoglio.
Quando nota l'incisione il suo stupore aumenta e il suo sorriso si allarga -Mi ha fatto pensare a te- gli dico.
-hai riconosciuto la citazione... Grazie mille, Alexis. Vuol dire molto per me-.
Immediatamente lo indossa proprio sopra la cicatrice lasciata da Isabelle mentre cercava, in vano, di staccargli una mano. Qualcosa mi dice che quel gesto non è solo per coprire l'imperfezione ma che ha un significato più profondo.
-Anch'io in effetti ti ho preso un piccolo regalo. L'ho fatto fare appositamente per te- estrae quindi un piccolo pacchettino dal sacchetto della gioielleria, porgendomelo.
Stupita lo apro, ritrovandomi davanti un anello in argento con un motivo di stelle e una M al centro. Un anello di famiglia.
-Ho pensato che fosse il momento che anche tu avessi il tuo. Non ti permetterà di fare via e vai dalla casa, non è ancora magico, però per adesso va bene-.
-è bellissimo. Grazie Jonathan-.
Ne ho sempre voluto uno. Certo, Valentine mi ha dato lo stilo che le donne della famiglia si sono tramandate, ma solo ora, mentre mio fratello me lo infila al dito mi sento una vera Morgenstern, una vera cacciatrice.

 

 

Pov Jonathan
 

-Quindi è questa la casa del cane-.
Alexis sta vagando per il corridoio illuminato dalla piccola stregaluce con uno sguardo critico. Sebbene non me l'abbia mai detto so che in fondo non approva che nostra madre si stia risposando con il capobranco dei lupi di New York, non perchè lui sia un Nascosto ma perchè era il parabatai di Valentine. Credo che in un certo senso lo veda come un tradimento.
Per quanto mi riguarda non m'importa di con chi va a letto Jocelyn ne di lei in generale visto che la mia vera madre è Lilith.
Forse dovrei avvertire Alexis di non avvicinarsi alle finestre con quell'affare in mano per non rischiare che nessuno da fuori ci veda, ma non posso far a meno di pensa a Jace oltre questa porta mentre sta sicuramente palpeggiando il corpo della mia Clary.
-Vado a vedere quanto hanno ancora- annuncio -mi annoio a stare qui al buio-.
In verità lo stare al buio in un corridoio non è un problema, l'ho fatto spesso mentre ero in missione, ma ho la gran voglia di rovinare la festa ai piccioncini.
Quando apro la porta infatti, mi si para davanti Jace spalmato addosso a mia sorella mentre lei lo stringe a se baciandolo con foga. Reprimo a stento il fastidio crescermi dentro.
-Ti devo ricordare che quella che stai deflorando è mia sorella?-.
Sentendo la mia voce il ragazzo rotola di lato sul letto rivolgendomi un sorriso complice ma tranquillo -scusa, ci siamo lasciati andare un po'-.
Anch'io gli sorrido appoggiandomi alla porta, anche se Clary non sembra gradire la mia presenza tanto che mi ringhia di andarmene come farebbe un cucciolo di leone contro un nemico.
-è forse questo il modo in cui ci si rivolge al fratello maggiore?-.
-tu non sei mio fratello! Sparisci!-.
Io la ignoro rivolgendomi a Jace poco dietro di lei -datti una mossa, mi annoio di la-.
Lui mi fa un cenno di assenso così mi richiudo la porta alle spalle. Rientrando nel corridoio noto che Alexis è sparita portando con se quella dannata stregaluce. Poi una luce si accende nel soggiorno attirando la mia attenzione. Non può essere lei, non è così stupida e sa benissimo che mi arrabbierei molto perciò deve trattarsi per forza di Luke o Jocelyn... ecco che la sera diventa improvvisamente interessante.
Con calma e lentezza entro anch'io nella sala appoggiandomi al muro con la testa e le mani in tasca. Davanti a me c'è la mia presunta madre, minuta mentre si versa un bicchiere d'acqua.
-Sembri stanca, il cane non ti aiuta con i preparativi del matrimonio?-.
Le sue spalle si irrigidiscono, il bicchiere si ferma a mezz'aria e lei lentamente si gira verso di me.
Con mia sorpresa mi riconosce a prima vista sgranando gli occhi con un misto di terrore e shock stampato in faccia.
-Jonathan-.
-mi stupisci, non credevo mi riconoscessi. Dopotutto avevo un anno quando mi hai abbandonato-.
-sei mio figlio, non ti avrei mai abbandonato. Credevo fossi morto-.
Mi nasce un sorriso di fronte alla sua ipocrisia -puoi dire lo stesso di Alexis? E comunque se fossi veramente una buona madre avresti saputo che ero vivo-.
Non appena finisco di dirlo irrompe nella stanza Clarissa, seguita a ruota da Jace il quale mi rivolge subito uno sguardo lievemente preoccupato. Io però non li considero, rimanendo concentrato sulla donna di fronte a me. In testa mi rimbombano le parole di mio padre di molti, moltissimi anni fa quando, mentre ci riposavamo in giardino dopo una sessione di allenamenti, gli ho chiesto si mia madre tornerà.
"lei non tornerà mai Jonathan".
"è morta? Morire significa non tornare più"
"non è morta".
"allora perchè è andata via?"
"per colpa tua. Perchè c'è qualcosa di sbagliato in te"
"puoi... puoi aggiustarmi...?"
"niente potrà farti amare da lei. Solo io ti voglio bene. Solo io posso amare un mostro, lo capisci?"
E dopo una lunga pausa ho risposto di si, lo capivo. Ma in realtà nemmeno lui mi ha mai amato, forse ha apprezzato le mie doti da guerriero ma nulla di più.
-che cosa vuoi Jonathan? -.
-A dire il vero ora vado sotto Sebastian. Comunque voglio quello che mi spetta, l'eredità di famiglia-.
-L'eredità dei Morgenstern è solo sangue e devastazione- risponde lei scuotendo la testa -in questa casa non ci sono Morgenstern, non lo siamo ne io ne mia figlia- i suoi occhi si accendono improvvisamente come di una flebile vecchia scintilla -se adesso ve ne andate non dirò al conclave che che siete stati qui perchè se vi trovano, se scoprono che collaborate, vi uccideranno-.
Mi scappa una leggera risata di scherno mentre le sopracciglia mi si alzano per lo stupore -ti importa se muoio?-
-Mi importa di quello che succede a mia figlia- dice scuotendo la testa tristemente -e la Legge è dura, forse troppo dura. E per Jace magari si può rimediare... ma per te, caro Jonathan, non c'è nulla da fare-.
"Perchè c'è qualcosa di sbagliato in te. Niente potrà farti amare da lei".
Con un movimento fulminio estrae un pugnale in argento dal manico lungo e me lo punta contro anche se io me ne accorgo a mala pena, continuando a fissarla dritta negli occhi -Sembro proprio lui vero? Mio padre. Per quello mi guardi così-.
-Tu hai l'aspetto che hai sempre avuto, quello di una creatura demoniaca, e mi spiace tanto-.
-di cosa?-
-di non averti ucciso quando sei nato- detto ciò aggira il bancone avanzando verso di me, il pugnale in mano minaccioso quanto potenzialmente letale.
-è questo che vuoi? Prego commetti pure un figlicidio- spalanco le braccia offrendole volentieri il petto -non ti fermerò-.
-Sebastian...- a parlare ovviamente è stato Jace con una nota lievemente preoccupata nella voce. Non mi giro a guardarlo, devo mantenere lo sguardo fisso su mia madre, ma potrei giurare di sentire come il nervosismo di Alexis, nascosta nelle ombre del corridoio poco dietro i nostri fratelli.
-è tutto ok. Non mi ha ucciso quando ero in fasce, dubito che ce la farà adesso-.
-al tempo non ero riuscita ad accettare che mio figlio fosse un mostro-.
Detto ciò la lama esegue una rotazione fendendo l'aria e squarciandomi superficialmente il petto. Lei sembra intenzionata a partire di nuovo all'attacco ma un piccolo cespuglio rosso acceso si mette fra noi due.
-Mamma no! Ciò che ferisce lui ferisce anche Jace. Uccidilo e lui morirà-.
-Clary...-.
-Oh cielo che situazione- osservo scoppiando a ridere -voglio proprio vedere come la risolvete, dopotutto non ho motivo di andarmene-.
Sto valutando di andarmi ad accomodare sul divano e godermi il spettacolo quando un clic alla mia sinistra attira la mia attenzione. A seguire una voce maschile -sì, ce l'hai invece-.
Mi volto trovandomi davanti quello che deve essere il lupo mentre mi punta contro con sicurezza un grosso fucile. Gli Shadowhunter usano poco le armi "moderne" per via di quella faccenda delle rune e spesso tendono a dimenticare che possono risultare comunque efficaci su chi non è un demone.
-Questo è il fucile che usiamo per abbattere i lupi impazziti. Forse non riesco a ucciderti ma di certo posso farti saltare una gamba figlio di Valentine-.
-Luke ti prego non farlo!-.
Sentendo la voce disperata di Clary il suo dito si irrigidisce contro il grilletto. Notando la sua esitazione un freccia compare dal nulla volando vicinissima al mio orecchio per poi andare a trapassare la mano del lupo mentre Jace scatta in avanti per togliergli il fucile.
Con la mano buona Luke lo colpisce violentemente al viso e ovviamente il pugno arriva anche a me lanciandomi una fitta improvvisa di dolore al cervello.
Ciò mi fa arrabbiare, mi fa arrabbiare davvero molto, la vista mi si annebbia e tutto sembra scomparire. Mi sembra come di intravedere il cuore dell'uomo pulsare attraverso la cassa toracica: un invito irresistibile per il mio pugnale in argento.
Mi slancio in avanti, atterrandolo mentre la lama affonda nel suo tempo, si rigira andando più in giù e allargando la ferita per poi ripetere il movimento un numero imprecisato di volte.
La scena va avanti per non so quanto finchè delle braccia mi circondano, allontanandomi dal corpo del lupo, steso inerme a terra in un lago di sangue.
Nella follia vedo solo il viso di Alexis comparirmi davanti mentre una sua mano si posa sulla camicia, grondante di sangue mio e non.
Poi una potente luce mi acceca e noi spariamo.

 

Note: scusate il ritardo! Il ricordo della conversazione fra Valentine e Jonathan è tratta da un paio di immagini- fumetti trovati online semplicemente digitando nella ricerca di google "valentine e Jonathan"
  
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