Antropologo
<<
Non dire a nessuno della pistola! >> le aveva detto Carl
durante il viaggio di ritorno, dopo il tempo necessario a far placare
i cuori di entrambi.
<<
Ah, no? E perchè non dovrei? >> chiese Ocean
visibilmente più
tranquilla. Irritata, come sempre, ma non più furiosa. Il
vento
sulla faccia, il rumore degli zoccoli sul suolo e la meravigliosa
scoperta di essere ancora viva l'avevano in breve tempo
tranquillizzata.
<<
Perchè... >> cominciò Carl
abbassando lo sguardo, non sapendo
come proseguire. Gli adulti non avrebbero capito, era questo che
voleva dire, ma anche Ocean era un adulto...quindi anche lei non
poteva capire. E allora che dirle?
<<
La mamma ti sculaccerebbe, non è così?
>> disse Ocean, con un
velo di ironia. Sapeva che Carl ormai era grande per le sculacciate,
ma considerarlo un bimbo e farglielo quasi pesare la divertiva. Carl
aveva esilaranti e eclatanti reazioni quando si metteva in dubbio la
sua maturità. E come si era aspettata, infatti, Carl
reagì con
rabbia, brontolando.
<<
Sai, quando ero ragazzina, come è capitato a tutti i
ragazzini,
anche se non tutti lo ammettono, ho voluto provare a fumare.
>>
disse Ocean, interrompendo lo sproloquio di giustificazioni di Carl,
il quale la guardò con fare interrogativo << E
allora? >>
chiese scocciato.
<<
Era un periodo molto stressante per me, immagino sai cosa voglia dire
avere 14 anni. Tutto il mondo sembra remarti contro. Così
una
mattina decisi di "fare l'adulta" >> rise alle ultime
due parole << La mamma dormiva ancora. Io andai a cacciar
le
mani nella sua borsa, presi il suo pacchetto di sigarette e gliene
rubai una. Ov viamente la buttai dopo la prima boccata, era
disgustosa. >> continuò a raccontare lei,
sotto lo sguardo
ancora poco fiducioso del ragazzino. Dove diavolo voleva arrivare?
<<
Quel pomeriggio presi il ceffone più inaspettato e doloroso
della
mia vita. >> fece una pausa abbassando lo sguardo verso
il
ragazzino, cercando i suoi occhi, curiosa di vedere quale fosse la
reazione al suo racconto. Ancora confusione. Che centrava questo con
quello che le aveva detto Carl?
<<
Non ti sei chiesto come ha fatto a scoprirmi? >> chiese
Ocean.
<<
Qualcuno glielo avrà detto. >> fece spallucce
lui.
<<
Nessuno lo sapeva. Nessuno poteva dirglielo. L'ha scoperto
perchè
già lo sapeva prima che lo sapessi io! Le madri hanno un
potere
speciale: conoscono i pensieri dei figli prima che questi li pensano!
Assurdo vero? Eppure....lo sapeva. Ed è per questo che da
qualche
giorno avanti contava sempre il numero di sigarette che lasciava nel
pacchetto. Si aspettava che io da un giorno a un altro gliene avrei
presa una per provarla. >> Ocean tirò le
redini di Peggy.
Stavano arrivando alla staccionata, era bene rallentare un po'. Il
pericolo ormai era passato, e sicuramente Peggy era un po' stanca.
<<
Credo di aver capito. >> disse Carl riportando lo sguardo
davanti a sè << Pensi che lei lo sappia
già, vero? >>
<<
Penso che se non lo sa ancora, lo saprà tra poco. E non ci
sarà
bisogno che glielo dica io. >> e ovviamente la cosa non
andò
giù al ragazzino.
In
pochi minuti raggiunsero il campo, dove Ocean rallentò e
fece
fermare Peggy per permettere a Carl di scendere. Lori li raggiunse
correndo, bianca in viso e gli occhi spalancati << Oh mio
Dio!
Carl, cos'è successo? Dov'eri? >> chiese con
quel poco di voce
che le era rimasto. La paura e l'agitazione rubavano fin troppe delle
sue energie.
Carl
rimase per un attimo in silenzio, con lo sguardo fisso davanti a
sè,
senza cedere, sperando di dimostrare così tutta la sua forza
e
maturità.
<<
Ha avuto paura ce ne andassimo. >> intervenne Ocean
<< Ci
ha voluti seguire per convincermi nel caso a tornare indietro.
>>
e la scusa sembrò convincere la madre apprensiva che
già stringeva
a sè il figlio, nonostante dimostrasse di non gradire troppo
tutte
quelle manifestazioni d'affetto.
<<
Sei ferita? >> chiese Carol avvicinandosi preoccupata
alla
cavalla. Era stata l'unica a notare il sangue putrido sparso sui
vestiti e sul viso della ragazza, e l'unica a notare i vestiti
malconci, sporchi di terriccio, e strappati. Lori era stata troppo
impegnata ad abbracciare suo figlio. E forse sarebbe stato meglio
così: avrebbe risparmiato l'imbarazzo di Ocean a dover
ammettere <<
Ci hanno attaccati degli zombie. >> perchè era
in imbarazzo?
Perchè già sapeva che l'avrebbero per questo
riempita ulteriormente
di attenzioni e carinerie, preoccupati per il suo stato di salute. E
così fecero.
<<
Ti hanno morsa? Stai bene? >> chiese ancora Carol
guardando la
ragazza con preoccupazione, la quale ancora non si decideva a
scendere dalla sella.
<<
No, sto bene. >> disse semplicemente.
<<
Hai salvato la vita di mio figlio. >> constatò
Lori, guardando
la ragazza come si guarda un angelo sceso in terra. Ocean avrebbe
volentieri risposto con un acido "a dir il vero sono quasi morta
per colpa di quella carogna che tieni tra le braccia! Salvarlo non
era proprio mia intenzione!" ma non voleva scendere
ulteriormente nei particolari. Era già abbastanza
così. Così si
limitò ad alzare le spalle, cercando di scrollare l'evento
di tutta
quella importanza che stavano cercando di dargli.
<<
Grazie. Grazie infinite. >> piagnucolò ancora
la madre, senza
mollare Carl per un istante.
<<
Puoi andare a farti una doccia, se vuoi! >> intervenne
Carol
avvicinandosi a lei, toccandole una gamba << Porto io
Peggy
alla stalla! Immagino sentirai il bisogno di rilassarti un po'.
>>
e, andando contro a tutti i suoi proposito, Ocean scese da cavallo e
accettò la proposta senza farselo ripetere due volte. Non si
faceva
una doccia da non sapeva neanche lei quanto, e al diavolo l'orgoglio!
Sarebbe stata una scema a rifiutare una proposta così
allettante.
Non dovette manco farselo ripetere due volte che già le
aveva
mollato le redini a si stava avviando verso la villa super lusso
Greene, senza neanche chiedersi se era proprio della loro doccia che
stava parlando Carol o magari di qualche secchiata d'acqua gelata
all'interno di una doccia improvvisata da canne di bambù.
<<
Ti avevo detto di stare a riposo >> l'ammonì
Harshel sul
pianerottolo di casa, vedendola arrivare malconcia e intuendo cosa
fosse successo. Non che la cosa gli importasse seriamente, la ragazza
poteva fare quello che voleva, non la conosceva nemmeno, ma il suo
orgoglio medico gli impediva di concedere troppo alle persone intorno
a lui di ammazzarsi senza ritegno.
Ocean
scrollò le spalle, senza neanche guardarlo in viso e lo
superò <<
Vado a farmi una doccia. >> disse....non chiese. Disse e
basta.
E l'uomo, dandosi qualche secondo per riprendersi dalla sorpresa di
trovarsi di fronte una ragazza tanto maleducata, stava già
per
rispondere offeso quando però la figlia, Maggie, lo
precedette,
ammonendolo con uno sguardo << Ti prendo degli
asciugamani! Il
bagno è di sopra. >> disse palesemente in
disaccordo con
l'inospitabilità del padre. In fondo quelle persone avevano
visto
più volte la morte in faccia, al contrario loro che se
n'erano stati
abbastanza tranquilli chiusi nella loro fattoria isolata da tutti.
Perchè impedire loro di poter finalmente godere di un po' di
pace? E
la ragazza era appena tornata da un'escursione che si era rivelata
piuttosto pericolosa, una doccia era più che meritata ai
suoi occhi.
<<
Prenditi pure il tempo che ti serve >> sorrise ancora
Maggie,
seguendo Ocean dentro casa << Quando avrai finito
vedrò di
farti trovare pronto qualcosa da mangiare. Hai bisogno di riprendere
energie, immagino. >>
<<
Non sarebbe una cattiva idea. >> disse Ocean in un tono
che nel
suo gergo voleva dire un accennato "grazie".
Era
incredibile la quantità di acqua nera che colava
giù dal suo corpo.
Non aveva mai neppure immaginato fosse possibile accumulare tanto
sporco addosso: terra, sangue e sudore. Tutto scivolava via lasciando
solo quel roseo strato di pelle che quasi non riconosceva
più come
suo. Ed ebbe dopo tanto tempo occasione di riguardarsi: la
malnutrizione aveva dato i suoi frutti, facendole raggiungere un
grado di magrezza che non aveva mai pensato fosse per lei possibile.
Si era sempre considerata di costituzione "rotonda", non
era mai stata grassa, ma neppure magra. Era una di quelle che
rientravano nella categoria Curvy, con i fianchi un po' troppo
prorompenti, un leggero strato di pancetta e gambe decisamente al di
fuori dello standard di bellezza di un tempo. Ma col tempo si era
abituata, e aveva imparato ad accettarsi, anche perchè
nonostante la
sua forma "fuori forma", poteva permettersi di indossare
qualsiasi cosa senza vergogna e questo le bastava, e col tempo si era
convinta che sarebbe rimasta così per sempre, che il suo
fisico mai
le avrebbe permesso di assomigliare alle modelle che si vedevano
nelle riviste in edicola. Ora la sua amata pancetta le mancava,
quelle costole che erano spuntate così accentuate non le
piacevano
per niente! Non era più morbida come una volta. Anche i
fianchi
erano diventati abbastanza ossuti. Ora sì che si vergognava
del suo
fisico. Certo, non somigliava a quegli scheletri che solitamente
teneva appesi negli armadi ad Halloween per spaventare suo fratello,
le ossa che al suo sguardo erano enormi in realtà erano
appena
accennate, ma davvero le mancava quella rotondità e
morbidezza di
una volta. Alice l'aveva abbandonata del tutto, anche nel fisico,
lasciando spazio solo a una fredda, ossuta e spigolosa Ocean.
Prese
la saponetta che le aveva dato Maggie e cominciò a
passarsela
delicatamente su un braccio, osservando con cautela e meraviglia la
pelle che man mano veniva scoperta, lasciandola libera dallo strato
di marrone, rosso, grigio, nero e altre sfumature di colore
provenienti da chissà quale schifezza che aveva addosso da
chissà
quanto tempo. Si era un po' impallidità. Anche quello lo
notò
facilmente...aveva perso un po' il colore mediterraneo della sua
terra d'origine. Passò la saponetta sul resto del corpo,
grattando
con insistenza laddove lo sporco si era incrostato, arrivando perfino
a farsi male, ma voleva rivedersi! Improvvisamente sentì di
possedere qualcosa...improvvisamente l'aveva rivisto. Il suo corpo,
la sua vita, la sua sè. Era lì e voleva rivedersi
e ripulirsi! Per
così tanto tempo era sembrato tutto
così...lontano. E invece ora
era lì...si teneva tra le mani, si accarezza e si
abbracciava, come
si può riabbracciare una vecchia amica che da tempo non si
era più
rivista.
Dov'eri?
Ma
qui, sempre accanto a te!
Non riuscivo a vederti!
Apri
gli occhi. Ocean...apri gli occhi. Io sono qui.
Qui
dove? Tu...tu non sei Alice.
Lo
ero.
Si
sciolse i capelli e lasciò che l'acqua potesse scorrerci
attraverso,
godendo delle carezze che le provocava lungo la cute, facendole
venire i brividi. Da quanto tempo non veniva accarezzata.
Si
passò una mano sulla testa, facendola scorrere per tutta la
lunghezza dei capelli, fino alle punte, accarezzandosi di nuovo, come
una volta aveva accarezzato il proprio gatto. Si prese i capelli tra
le mani e ci fece scorrere le dita attraverso...altro nero si
accumulò sul fondo della doccia, intasando quasi il tubo di
scarico
e ciocche di capelli le rimanevano incastrate tra le dita,
staccandosi con una tale facilità da far intuire a Ocean che
da
tempo ormai si erano staccati dalla cute, ma che erano rimasti
impigliati lì, annodati e legati, mai caduti, accumulandosi
e
aggiungendo nodi ai nodi.
Cominciò
a pettinarsi grossolanamente, facendo scorrere le dita più
volte,
forzando quando trovava un nodo, ma non sempre riuscendoci: alcuni
erano talmente ben fatti e compatti che era impossibile
scioglierli...come quelli che aveva sempre tenuto in gola e che
all'inizio bruciavano così tanto, ma di cui poi era riuscita
a
dimenticarsene.
La
doccia rinfrescante che doveva durare solo 10 minuti, tanto per darsi
una sciacquata veloce e rilassarsi un istante, era alla fine durata
più di un'ora, e non solo perchè lo sporco era
ostinato. L'acqua
che scorreva sulla pelle toglieva un altro tipo di sudiciume,
riportando alla luce tante altre cose, tanti altri piaceri
dimenticati. In primis quello di essere accarezzata. E pensare che
una volta Alice non era mai stata amante del contatto fisico, la
facevano sentire violata.
Uscì
dalla doccia e si concedette una lenta analisi allo specchio: come si
era trasformata. E neanche se n'era mai resa conto. I capelli si
erano allungati, arrivandole fin sotto il seno (che aveva perso
minimo una taglia), le guance si erano un po' scavate e due grosse
occhiaie dipingevano di nero i suoi occhi.
<<
Se non fosse per il dono della parola io stessa farei fatica a
distinguermi da quei Vaganti. >> si disse sfiorandosi il
mento
con due dita, cercando ancora del contatto fisico in lei stessa.
Prese una spazzola e delle forbici e concluse l'opera iniziata nella
doccia, spazzolandosi furiosamente e tagliando per disperazione quei
nodi che proprio non volevano accennare a sparire dalla circolazione.
Per fortuna la maggior parte erano nella parte finale dei capelli,
verso le punte, e nella zona dietro la nuca, così non si
sarebbe
vista troppo l'opera di smaltimento. Sorrise rendendosi conto che
ancora un certo canone di bellezza e presentabilità l'aveva
tenuto,
nonostante la fine del mondo una parte di lei si preoccupava ancora
in minima parte di sembrare vagamente carina e presentabile.
<<
Per il resto...tanto cibo, tanta acqua e tanto riposo. E
chissà che
questo viso non recuperi un po' di umanità >>
concluse
guardandosi ancora allo specchio. L'unica parte di sè che
non era
peggiorata, ma che aveva anzi addirittura aumentato il suo vigore,
oltre a qualche muscolo, erano gli occhi: forse era solo una sua
impressione, ma sembravano più grandi, più
profondi, più scuri e
taglienti. Era come guardare dentro un pozzo: metteva le vertigini,
ma i più temerari potevano scoprire sul fondo un sacco di
tesori
nascosti.
Si
guardò attorno, in cerca dei suoi vestiti, e non si
stupì di non
trovarli. Sospirò << Immagino qualcuno li
abbia ritenuti
troppo sporchi e trasandati per essere riutilizzati, vero?
>>
urlò l'ultima parola spalancando la porta del bagno,
ignorando il
fatto di essere in asciugamano, completamente zuppa e si
guardò
attorno in cerca del criminale che le aveva fatto questo furto. Il
pudore l'aveva perso mesi prima, nell'istante in cui uno zombie aveva
cercato di morderle una chiappa. Vergognarsi della sua
nudità in
tempi come quelli le sembrava ridicolo.
<<
Maggie? Cosa dovrei indossare io ora, me lo spieghi? >>
chiamò
ancora cominciando a inoltrarsi nel corridoio. Aveva detto che a fine
doccia avrebbe trovato cibo pronto, probabilmente allora si trovava
in cucina.
"Se
hai avuto la brillante idea di concedermi il favore di pulire i miei
vestiti, abbi la stessa genialità nel constatare che
qualcosa da
mettere al loro posto mi servirebbe!" pensò scocciata,
fregandosene delle stampate umide che lasciava dietro di sè
con i
piedi scalzi, e andò verso le scale. Cavoli loro se
avrebbero poi
dovuto pulire, dovevano pensarci prima alle controindicazioni delle
loro azioni.
<<
Mag... >> cominciò a chiamare scocciata
facendo i primi due
scalini, poi si fermò. Un ostacolo le impedì di
andare oltre: il
balestriere si trovava di fronte a lei, intento a fare quelle stesse
scale ma in senso inverso. Lei scendeva, lui saliva, e
inevitabilmente si trovarono faccia a faccia, intralciandosi a
vicenda. Ocean assunse uno sguardo duro, ancora più
scocciato, uno
sguardo che chiaramente urlava "togliti dai piedi!". Daryl
la guardò semplicemente da capo a piedi, senza far trapelare
i suoi
pensieri, probabilmente però chiedendosi cosa diavolo stesse
facendo
quelle pazza in giro per casa completamente fradicia e con addosso
solo un asciugamano lungo neanche abbastanza da coprirle le
ginocchia. Poi si spostò a destra, imponendosi di ignorare
l'inconveniente, e sperando di passarle oltre...ma la stessa idea
ebbe Ocean, che si spostò nella stessa direzione,
piantandosi ancora
una volta di fronte a lui. Un leggero imbarazzo per la gaffe venne
subito sostituita dal fastidio di aversi ancora di fronte
quell'essere. Entrambi si spostarono nuovamente, sperando di deviare
l'ostacolo, ma trovandoselo ancora di fronte. Altro imbarazzo per
un'altra figuraccia: questa volta fu difficile nasconderlo.
<<
Hai visto Maggie? >> disse subito Ocean, spezzando un po'
la
tensione, cercando ancora di sviare dalla situazione imbarazzante e
fastidiosa.
<<
No >> rispose lui semplicemente, senza scomporsi,
continuando a
fissarla in impaziente attesa di proseguire per la sua strada.
<<
Bene. >> disse lei in un automatismo, e allungando un
dito
indicò la strada di fronte a sè <<
Io vado di qua >>
disse mostrando lievemente il suo imbarazzo per la situazione
abbastanza ridicola.
<<
Bene >> rispose Daryl e subito si spostò
prendendo la sua
strada e riprendendo la salita.
<<
Ocean!! >> la chiamò una voce femminile da
sopra la rampa di
scale, dietro di lei.
<<
Eccoti!! Ma diamine, non mi avevi sentito che ti chiamavo?
>>
brontolò Ocean verso Maggie, voltandosi e risalendo quei tre
scalini
che poco prima aveva percorso in discesa. Passò nuovamente
di fianco
a Daryl e superandolo raggiunse velocemente la ragazza visibilmente
imbarazzata. Probabilmente il pudore che mancava in Ocean si trovava
in Maggie, che la guardava vergognandosi lei al posto dell'altra per
il suo andare in giro praticamente nuda.
<<
Ti ho lasciato un biglietto sul mobile lì vicino. Non l'hai
visto?
>> chiese cominciando ad avviarsi verso una delle stanze
del
piano, seguita da Ocean, lasciandosi alle spalle un Daryl scrutatore
che di nuovo si era fermato ad osservarla, facendo chissà
quali
piani omicidi per liberarsi il prima possibile della presenza
scomoda.
<<
Credo di averlo ignorato. >> disse con leggerezza Ocean.
<<
Ho portato a lavare i tuoi vestiti. Non sapevo la tua taglia e cosa
ti piace indossare, per questo ti ho scritto che in questa stanza
>>
e la indicò prima di entrarci <<
C'è un armadio pieno di
roba. Puoi scegliere quello che vuoi. Sono cose mie, spero ti stiano.
>> disse guardando l'ospite, e facendo mentalmente i
calcoli.
L'unica differenza tra le due era l'altezza, probabilmente quello
sarebbe stato l'unico ostacolo. Al contrario della alta Maggie, Ocean
era una piccola nanerottola. Gli stivali che indossava di solito
tendevano ad alzarla un pochino, facendola sembrare una semplice
ragazza bassa, ma nella norma. Ora che girava scalza era visibile
tutta la sua piccolezza. I suoi ben visibili 155 cm scarsi la
tradivano spesso, facendola sembrare più delicata e
vulnerabile di
quello che era in realtà. Ma le cicatrici che portava
addosso e i
bicipiti ben formati contraddicevano le aspettative. Era piccola, ma
tosta, su questo non c'era dubbio. E chissà cosa aveva
dovuto
passare quel corpicino per continuare a mostrarsi sicuro e ben
piazzato a terra.
<<
Una coperta con un paio di buchi per le braccia può andar
bene. >>
disse Ocean puntando l'armadio e dirigendosi sicura, come fosse casa
sua. Maggie chiuse la porta alle sue spalle per concedere alla
ragazza la privacy necessaria per cambiarsi, rimanendo solo lei in
stanza nel caso Ocean avesse avuto bisogno di qualcosa...e anche
nella speranza di fare due chiacchiere. Era dal giorno prima che
avevano questa nuova ospite in casa e ancora non aveva avuto modo di
capire chi fosse, conosceva solo il suo nome ma solo perchè
glielo
aveva detto Glenn. Tanto, pensava, se non l'aveva disturbata stare in
asciugamano di fronte a Daryl, come poteva disturbarla la sua
presenza?
<<
Hai un accento molto particolare. Non sei di qui, vero?
>>
chiese Maggie cercando di trovare un punto da cui cominciare. Ocean
si fermò nella sua ricerca d'abito, provando di nuovo quel
forte
fastidio: perchè tutti erano così dannatamente
attaccati alle sue
origini? Perchè non le chiedevano altro? Che scocciatura.
Fece un
sospiro profondo, cercando di attenuare il nervoso, alla fine la
poveraccia non meritava un simile trattamento, si stava rendendo
disponibile per lei.
<<
La cosa non ha importanza. >> si limitò a
rispondere prima di
rivolgere nuovamente lo sguardo all'armadio. Maggie colse il fastidio
nella sua voce e si limitò ad annuire, per non andare a
infierire
oltre. Probabilmente aveva toccato un tasto dolente. Ocean si tolse
l'asciugamano di dosso, per permettersi più
libertà nei movimenti,
e se lo avvolse sulla testa, raccogliendo i capelli, per aiutarli
nell'asciugatura e evitare che bagnassero i vestiti che avrebbe
indossato. E Maggie, ora che avevaOcean davanti completamente nuda,
potè notare oltre a qualche piccola cicatrice, sparsa un po'
qua e
la, una più marcata delle altre sul fianco sinistro, una di
quelle
cicatrici che erano più marchi di fabbrica che piccoli
frammenti di
passato, una di quelle cicatrici che urlano "Io sono".
<<
Devi aver passato l'inferno lì fuori. >> disse
Maggie
osservandola curiosa, ma con dispiacere. Ocean si fermò di
nuovo,
voltandosi a guardarla, chiedendosi cosa avesse mosso quel pensiero,
e notò i suoi occhi puntati sulla sua cicatrice. La
guardò anche
lei,e i suoi occhi presto si trasformarono, diventando sfuggevoli e
ostili. E scappò di nuovo. Tornò al presente,
tornò all'armadio,
senza guardarlo realmente, ma cercando in lui la porta per fuggire.
Di nuovo. Come sempre.
<<
Questo è il paradiso. Cosa c'è la fuori veramente
voi qui non
potete neanche immaginarlo! >> disse caricando di astio
la
frase. Non ce l'aveva con lei, no, povera Maggie lei non c'entrava
niente, era solo stata fortunata. Era con "la fuori" che ce
l'aveva. Era lì il marcio e lo schifo, la fuori c'era la sua
rabbia,
la fuori Ocean era nata e probabilmente sarebbe morta.
<<
No. >> disse Maggie, abbassando gli occhi, dispiaciuta ma
soprattutto spaventata << No, non lo sappiamo.
>> e Ocean
questo lo colse. Colse tutta la paura e il dispiacere di quel tono,
quasi un senso di colpa per essere stata così a lungo viva
mentre
altri morivano. Sospirò, quasi dispiacendosi, e
capì che di nuovo
avevano toccato un tasto dolente. Ma in un periodo come
quello...quale non era un tasto dolente?
<<
Siamo messi a dura prova, tutti quanti. Non ci sono i fortunati o
meno. Ci sono i forti...e poi ci sono i morti. >> disse
riprendendo a guardare veramente gli abiti che aveva davanti. Non
aveva perso tanto tempo a scegliere qualcosa da vestire neanche nei
negozi, al tempo in cui ce n'erano ancora! Molte cose non erano
decisamente di suo gusto, e molte altre fuori dalla sua portata, come
ad esempio i pantaloni dalle gambe troppo lunghe per essere indossati
da lei. Poi una nota dissonante: in mezzo a jeans e magliette
abbastanza casual, sbucò un vestito. Un vestitino corto,
azzurro
dalla fantasia floreale e la gonna a ruota che scendeva giù
morbida.
Lo prese e lo studiò attentamente, accarezzando il tessuto
morbido
con la mano.
<<
Carino vero? >> chiese Maggie guardandola
<< Non l'ho mai
indossato, non è il mio genere di cose. Me lo
regalò Annette,
sperando così di conquistare la mia simpatia.
>>
<<
Chi è Annette? >> chiese Ocean portandosi
davanti allo
specchio, e facendo ciondolare il vestito di fronte a lei, cercando
di vedere come poteva stargli. Ma riflessa allo specchio vide Alice.
Una sorridente e spensierata Alice, all'interno di un negozio, dentro
un camerino, che cercava di provarsi un nuovo vestito, contenta di
poterne aggiungere un altro al suo armadio, anche se forse poi non
l'avrebbe mai indossato. Vestiti e sandali, con qualche accessorio
come cappelli (adorava i cappelli!), collane e bracciali. Era questo
l'unico abbigliamento che sfoggiava nei mesi estivi: lo trovava
così
carino. E tutti quelli che la conoscevano l'adoravano per questo: era
una bambolina. Una bimba troppo cresciuta, semplice e sempre col
sorriso stampato in faccia, che si divertiva a rincorrere il suo cane
sulla spiaggia, lasciandosi bagnare delicatamente i piedi dalle onde.
<<
La mia matrigna. >> disse Maggie, riportando Ocean a se
stessa
<< Perchè non te lo provi? >>
disse poi velocemente,
impedendo a Ocean di fare altre domande. Tutti avevano dei segreti e
dei pesi che portavano dentro in quel periodo, Ocean lo sapeva bene.
Nessuno viveva più col sorriso da tempo. E sapeva bene anche
quanto
fosse scomodo e inaproppriato interrogare le persone su questi
segreti e pesi...riportare a galla certe cose non era un bene.
<<
Non credo faccia per me. >> disse Ocean prima di
ritornare
all'armadio, intenzionata a metterlo via.
<<
Io credo ti starebbe bene! Dai, provalo. >> insistette la
ragazza, probabilmente in un disperato tentativo di socializzare un
po'.
Ma
sì! Tanto era solo una cosa momentanea in attesa dei suoi
vestiti, e
di certo non sarebbe stato un abito a distruggere tutto quello che
aveva costruito. Non doveva temere niente. Sorrise, e si convinse,
non rendendosi conto di come fosse stata Alice a rispondere a
quell'esigenza e non più Ocean.
Lo
indossò e riprese a guardarsi allo specchio. In effetti non
stava
male, era carino. E poi che altra scelta aveva? Non poteva certo
girare nuda per casa, e odiava i pantaloni che andavano a infilarsi
sotto i piedi. Senza considerare che ormai si era abituata alla
sensazione di libertà che le davano i pantaloni larghi in
cotone, un
paio di jeans stretti come quelli l'avrebbero fatta impazzire.
Indossò
un paio di infradito di Beth, l'unica con un numero di piede che si
avvicinava al suo misero 36, e uscì in veranda, a godersi
ancora
l'aria tiempida e il silenzio di quel luogo. Si sentiva bene. Era da
tempo che non capitava. L'ambiente era così tranquillo e
rilassante,
lo stomaco era pieno e la paura aveva smesso di tormentarle i sogni.
Lì si sentiva al sicuro. Era una piccola oasi. E per un
attimo ebbe
un cedimento: un leggero desiderio di restare lì fece
capolino nel
suo cuore, ma spaventata da una tale verità si
apprestò a
ricacciarlo via. Era solo una cosa momentanea! Se l'era ripromesso!
Non poteva restare lì.
Vide
non molto lontano, al campo, Carol che appendeva i suoi abiti a un
filo improvvisato per permettere loro di asciugarsi. Glenn era sopra
il tettuccio di un auto, che parlava con Shane, di sotto, con lo
sguardo corrucciato e chissà quale pensiero incazzato per la
testa.
La maggior parte degli altri era per i fatti suoi, ognuno a fare
qualcosa per tenere la mente occupata. Il resto era in giro
chissà
dove, occupati probabilmente nella missione di recupero della figlia
di Carol. Tutti annoiati, ma tutti indaffarati, combattendo ogni
singolo giorno per la sopravvivenza.
Ocean
rimase un po' a guardarli, annoiata anche lei, e capì
perchè tutti
cercavano di trovarsi qualcosa da fare, qualsiasi cosa da fare. I
pensieri non dovevano avere la meglio.
<<
Allora cosa si fa qui per divertirsi? >> chiese a Carol
una
volta raggiunta << Oh, si lavano i panni, interessante.
Un vero
spasso. >> disse ironica e sbuffando si
appoggiò alla
corteccia dell'albero lì vicino.
<<
Ocean! >> si meravigliò la donna di vederla e
sorrise nel
vedere il cambiamento di stile della ragazza. Fino a qualche minuto
prima era così mascolina, così rozza, e ora
girava con un vestito e
i capelli ancora umidi, che cominciavano a prendere una piega mossa,
lasciati solti, liberi di svolazzare e asciugarsi con l'aria tiepida
del pomeriggio. Sembrava un'altra persona.
<<
Certo, e si cucina anche! >> rispose di rimando, cercando
di
essere altrettanto ironica, ma con poca voglia di ridere. Era
distrutta dentro, glielo si leggeva in faccia, e per quanto si
sforzasse di sembrare normale non riusciva a pieno.
<<
Wow! >> disse Ocean, per niente entusiasta, guardandosi
ancora
attorno sbuffando di tanto in tanto << Quindi
è così che
siete sopravvissuti. Cucinando e lavando i vestiti. A saperlo
prima... >> e la cosa fece stranamente ridere Carol.
Forse per
la naturalezza con cui la ragazza l'aveva detto.
<<
Beh, gli uomini si occupano della protezione. Noi donne pensiamo a
rendere il posto in cui siamo il più accogliente possibile.
>>
<<
Ed ecco che in tempo di crisi il patriarca fa sentire la sua voce.
Strano che allora non abbiano preso a picchiarvi quando la cena fa
schifo e a urlarvi "donna, sesso, ora!". >> disse
Ocean, continuando a parlarne con distacco. La cosa non la toccava
minimante, lei non era schiava di nessuno, sapeva badare a se stessa
e portava ben stampata in faccia un nuovo manifesto femminista, il
cui slogan avrebbe potuto recitare "Le donne san mordere più
degli zombie". Non ne voleva sapere, e mai si sarebbe ridotta a
cucinare e lavar mutande per un rude che andava in giro a sparare
alle foglie.
<<
No, loro non lo fanno. >> rispose semplicemente Carol,
guardando con fin troppo strana attenzione i panni che stava
appendendo al filo, e con una tonalità di voce che troppo
sfiorava
la vergogna. E quello era un altro segnale che diceva che Ocean si
stava inoltrando in terre pericolose, ed era meglio girare alla
larga.
<<
Eccoti. >> una voce maschile interruppe i loro ben poveri
discorsi. Entrambe si voltarono e videro Daryl avvicinarsi, il quale
prima di volgere il suo sguardo a Carol, la persona che stava
cercando, lanciò uno sguardo fulminante a Ocean. Rapido e
perforante, come una freccia. I due non si potevano vedere, la cosa
ormai era appurata e palese tanto che anche Carol sentì
nell'aria le
scintille che i due si lanciarono.
<<
Che vuoi? >> gli chiese acida Ocean. Cosa aveva da
guardarla?
Non aveva fatto niente quella volta, che aveva da fulminarla? Ma
Daryl la guardò ancora sottecchi, prima di spostare gli
occhi su
Carol e ammorbidirsi all'istante << Ti cercavo. Vieni con
me
un attimo. >>
<<
Devo finire di... >> cominciò a dire Carol, ma
fu subito
interrotta << Finisce lei! Almeno si rende utile in
qualcosa.
>> disse Daryl indicando Ocean con un cenno del capo.
<<
Cosa?! >> urlò Ocean strabuzzando gli occhi.
<<
Scordatelo! Io non ti stendo le mutande, damerino! Ma per chi mi hai
preso? >>
<<
Così è a Carol che fai il torto. >>
disse lui rispondendo con
tono pacato, e allungando una mano verso la donna per incitarla a
seguirlo, che non esitò a farlo. La curiosità di
sapere cosa
voleva, e il desiderio di stare un po' con lui le impedirono di
portare a termine il suo lavoro.
<<
Fate come volete, ma scordati che mi metto a stender panni per voi.
>> disse Ocean volgendogli le spalle e cominciando ad
avviarsi
verso meta ignota, ma lontano da quella situazione e lontano dai
doveri di casalinga che volevano assegnarle. Odiava far pulizie
quando era ancora Alice, figuriamoci ora. Non sarebbe stata la
casalinga di nessuno, lei era autonoma, lei cacciava e lottava per la
sopravvivenza. Mai più avrebbe lottato contro lo sporco
incrostato
dei panni da lavare, mai più sarebbe tornata ad essere la
donnetta
di un tempo. Si era indurita ed era diventata più mascolina,
lo
riconosceva, non voleva più essere la donna dei canoni di un
tempo.
Solo così avrebbe potuto sopravvivere.
Daryl
si portò via Carol, diretto al fiumiciattolo dove aveva
visto una di
quelle rose Cherokee che da qualche giorno le dedicava, per indurle
speranza, per incoraggiarla e convincerla che Sophia prima o poi
l'avrebbero ritrovata. Non era mai stato bravo negli atti di dolcezza
e nei regali, ma nonostante questo cercava davvero di mettercela
tutta per aiutare la sua amica. E voleva in un certo senso chiederle
scusa per la brutta reazione avuta quella mattina.
Angolino dell'autrice
Eeeeee
rieccomi!!! Volevo inanzitutto chiedere scusa a chi stava seguendo la
storia per il lungo periodo di pausa, ho avuto un bel po' di impegni e
casini che mi hanno impedito di scrivere e di conseguenza pubblicare.
Indi per cuiii... Sorry xP ora se Dio vuole dovrei riuscire a tornare
sui miei passi e riprendere una pubblicazione
regolare....forse....spero -.-
Comunque grazie a chi non mi ha abbandonato nonostante tutto xD Grazie
a chi continua a leggere e seguire la storia, e soprattutto grazie a
chi recensisce :) E' sempre bello leggere i vostri commenti e sapere
cosa ne pensate.
Quindiiiii niente. Io stacco qui ed evito di fare un angolino
più grande del capitolo in sè e riempirlo di
tanti "grazie" e "scusa" ahaha
Un saluto a
tutti!
Mi raccomando recensiteeeeeee :P
Ray.