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Autore: _joy    16/09/2014    4 recensioni
«E di me ti fidi?»
«Posso fidarmi?» rispondo «Dimmelo tu» 
«Sì» risponde senza esitazione. 
 
Gin/Ben
[Serie "Forever" - capitolo IV]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forever'
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Non so nemmeno come facciamo a salire in casa.
 
Siamo stretti l’uno all’altra e continuiamo a baciarci.
Un gradino alla volta, un passo dopo l’altro, alla fine Ben sbatte con la schiena contro la porta e quella si apre, visto che non l’avevo chiusa a chiave.
Lui mi trascina dentro, io lo spingo verso la camera.
Cadiamo avvinghiati sul letto.
Sento le sue mani accarezzarmi febbrilmente.
«Gin, amore mio…» lo sento bisbigliare «Dio, quanto mi sei mancata!»
Io singhiozzo.
Lui mi bacia il viso, centimetro per centimetro…
 
E poi, all’improvviso, succede.
Non so come mai, ma sento salirmi dentro un’ondata d’ansia.
Sto cedendo.
E non so perché.
Voglio dire, lo so che lo amo e sono attratta da lui, ma non può accadere una cosa del genere.
Adesso possiamo anche perdere il controllo, ma dopo cosa succederà?
Non posso portare il peso di un altro sbaglio.
 
Le parole della signora mi riecheggiano nella mente e mi confondono anche di più.
È orribile, ma sento il desiderio di punirlo.
Lo sento accanto a me, rilassato e a suo agio, e io mi sento impazzire.
Di desiderio, di amore, ma anche di rabbia.
È una sensazione stranissima.
 
Lo spingo di lato, improvvisamente, e lui mi lascia fare: si stende sulla schiena e mi prende su di sé.
Osservo i suoi occhi scurissimi, le labbra tumide di baci.
Dei miei baci.
Mi detesto per essere così debole, per desiderarlo così tanto.
Ma, soprattutto, sono ben consapevole che io non posso cedere così miseramente.
Senza un dopo.
Senza certezze.
Eppure, Ben per me è una calamita, è sempre stato così.
Arrabbiata con lui, con me stessa, con il mondo, gli passo le mani sul corpo in un gesto bramoso più che delicato, poi gli strattono rabbiosamente la maglietta.
Lui si solleva, ubbidiente, per aiutarmi a spogliarlo, ma quando cerca di baciarmi di nuovo io giro il capo.
Ben mi bacia la spalla, mi accarezza dolcemente la schiena con dita lievissime.
Io lo spingo sul materasso.
 
Lui piomba steso e sgrana leggermente gli occhi: non sono mai stata una tipa prepotente, né a letto né fuori dal letto.
Comunque, solleva le mani verso di me.
Mi sfiora il viso, ma io gli respingo la mano.
Fa per dire qualcosa, quando io mi chino a baciargli il petto e l’addome.
Allora geme e inizia a respirare pesantemente ma, quando allungo la mano verso il bottone dei suoi jeans mi prende per il polso.
Alzo gli occhi per incontrare i suoi.
Ci fronteggiamo in silenzio, poi lui si muove lentamente per venirmi incontro.
Mi fissa, mentre protende le labbra verso le mie.
Io giro il capo, interrompo il contatto visivo.
 
Ben si lascia cadere all’indietro, la sua presa sul mio polso si allenta.
Io resto inginocchiata, immobile.
«È… una vendetta?» chiede poi lui, a bassa voce.
Io non rispondo.
Sto fissando il materasso.
Il silenzio diventa pesantissimo, poi Ben sospira.
«Me lo merito, lo so, ma… è che da te io… Non me lo aspettavo»
Faccio un gesto, stizzita.
«Ah, certo!» ribatto, rabbiosa «Perché io non posso? Perché devo usarti qualche cortesia?»
Lui stringe le labbra.
«Non devi, ma…»
Poi si muove sotto di me.
«Potresti spostarti, per favore?»
Io lo scavalco poco gentilmente e mi rimetto in piedi, dandogli le spalle.
Due secondi dopo lo sento dietro di me.
«Possiamo parlare?» bisbiglia.
 
Io resto immobile.
Lui non mi tocca.
 
Dopo qualche infinito minuto lo sento prendere la sua maglietta e infilarsela velocemente.
Dei passi, poi la porta di ingresso si chiude piano.
 
*
 
La mattina dopo sono uno straccio.
 
Non ho chiuso occhio.
Non ho fame, lo stomaco è annodato.
Il correttore non riesce a coprire le occhiaie e il fard non nasconde il colorito smorto.
Non ho la minima voglia di andare a lavorare.
Solo alzarmi dal letto mi è costato uno sforzo tremendo.
E, quando scendo, Ben è fuori dal portone e la signora è accanto a lui, che lo difende da due condomini furiosi.
Tutti si voltano a guardarmi quando compaio: otto paia di occhi che mi accusano di cose diverse.
Fingo di non vederli e accelero il passo.
Non sono neppure arrivata alla fermata della metro quando inizia a piovere.
 
Piove per tutto il giorno e, quando la sera rincaso, sono fradicia.
Il mio malumore è stato generosamente inzuppato da un diluvio torrenziale.
Mi trascino fino al portone e lui è lì.
Zuppo più di me, immobile, con le braccia incrociate e chiaramente intirizzito.
Mi faccio forza e lo supero senza dire nulla.
Salgo in casa e non ho fatto in tempo a posare la borsa che già mi bussano.
Apro la porta con rabbia e sul pianerottolo la signora di ieri mi guarda con espressione di rimprovero.
«Vuoi che quel povero ragazzo muoia di polmonite?» chiede, dura.
E dire che di solito è così spumeggiante e gentile!
Io batto le palpebre.
«Chi glielo ha chiesto di restare lì sotto? Io no di certo»
Lei incrocia le braccia sul petto.
«I vicini hanno chiamato la polizia!»
«Benissimo» ribatto, gelida «La saluto»
Richiudo la porta prima che possa farmi un nuovo lavaggio del cervello.
Vado in bagno, cercando di tacitare la mia coscienza.
 
Quando esco, faccio per dirigermi in camera quando una luce blu proveniente dalla finestra mi fa precipitare ad affacciarmi.
Porco mondo!
C’è davvero la polizia!
Due agenti sono scesi da un’auto blu, lasciando i lampeggianti accesi, e stanno parlando con Ben.
Il mio cuore – che credevo non funzionasse più da mesi – improvvisamente si ridesta.
Lo osservo: bagnato, infreddolito, con le spalle curve.
Sembra sconfitto.
Eppure parla con la polizia senza alzare la voce, senza fare scenate.
Mi concedo un minuto per osservarlo imbambolata, poi mi riscuoto all’improvviso e mi fiondo alla porta.
Mentre corro per le scale perdo persino un infradito.
Mi catapulto fuori dal portone e faccio sobbalzare i tre che stanno ancora parlando.
«Scusate, scusate!» grido, rivolta agli agenti «Mi spiace, io… Voglio dire, non c’è pericolo…»
I due mi guardano a bocca aperta.
Mi rendo conto con un attimo di ritardo che sono bagnata, avvolta in un accappatoio e scalza, per giunta.
 
Maledetti vicini impiccioni.
 
Mi stringo nell’accappatoio, cercando di racimolare un po’ di dignità, e raddrizzo le spalle.
«Insomma, quello che volevo dire è che lui non rappresenta un pericolo per il palazzo, né per i suoi abitanti»
La mia arringa non sembra impressionarli.
Uno mi sta ancora fissando incredulo.
L’altro si schiarisce la voce e dice:
«Signorina, questo ragazzo è accampato qui fuori da giorni. Mi sta dicendo che è una cosa normale?»
«Ma non fa del male a nessuno!»
«I condomini si sono lamentati e io le dico che qui non può stare. È un suo amico?»
Faccio un cenno con il capo e lui aggrotta le sopracciglia.
«Sicura?»
Cenno più deciso.
«Bene. Allora o sale con lei o viene via con noi»
 
Cosa posso dire?
 
«Sale con me» ribatto, a denti stretti.
Faccio un passo verso il portone e Ben mi fissa.
«Vieni» mormoro.
Lui sembra indeciso, allora marcio verso di lui e lo afferro per il braccio.
«Buonasera» saluto gli agenti.
Per tutta risposta, uno di loro risponde:
«La prossima volta che litigate, risolvete le vostre questioni personali senza scomodare un palazzo intero!»
Noi saliamo le scale con l’aria di due bambini in castigo.
 
*
 
Quando entriamo indico a Ben il bagno.
«Vai a farti una doccia calda» gli dico.
«No, grazie» risponde lui «Vai prima tu»
«Io ho appena fatto una doccia» rispondo, irragionevole.
Sono sporca e sto lasciando impronte sul pavimento.
Lui incrocia le braccia.
«Non dovevi scendere così»
«Oh, infatti! Dovevo lasciare che ti portassero via, accidenti a me! Dovevo farmi gli affari miei!»
Vado in camera e torno con un telo pulito che gli lancio con poca grazia.
«Vai, cerca di non ammalarti: se muori qui i vicini ti seppelliranno nel locale della caldaia»
Le sue labbra morbide si piegano in un sorriso divertito.
«Cedo alla motivazione razionale»
 
Sparisce in bagno e io mi accascio sul divano.
 
E adesso?
 
 
 
 
***
Buongiorno, carissimi lettori!
Eccomi qui, non in ritardo come temevo :)
Non sto ad annoiarvi, vi ricordo solo un paio di cose.
Primo: la mia pagina Facebook, qui  
https://www.facebook.com/Joy10Efp
Secondo: il mio blog, in cui ripropongo la prima storia su Gin e Ben, qui   http://dreamerjoy.blogspot.it/
E, in ultimo, l'altra storia che sto scrivendo al momento, "Le Cronache di Narnia e di Hogwarts", qui  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2569037&i=1
Buona lettura!
Joy 

   
 
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