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Autore: trullitrulli    01/10/2008    1 recensioni
Ormai è giunta l'ora per mirai no Bulma di lasciare la terra, ma lei porta ancora in fondo al cuore il lutto per la morte di Vegeta.Non nutre false speranze; sa che non sarà possibile rivederlo nell'aldilà perciò trova la forza di esprimere un desiderio che solo re Yhammer può esaudire.
Voleva una seconda chanse, voleva, per se stessa e per Vegeta, un'altra vita, per assolvere i peccati della precendente.
Genere: Romantico, Triste, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Bulma, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La reincarnazione

Si asciugò il sudore che gli scivolava sulle tempie con il consueto gesto di portarsi il dorso della mano alla fronte.
La sua faccia era madida, oltre che di sudore, si sozzume e lubrificante olezzo che impregnava le piaghe della pelle che con gli anni gli avevano invaso la faccia.
Riprese ad armeggiare, soffiando per il disprezzo e il nervoso, tentando invano di scacciare
Vegeta dai suoi pensieri.
Sempre lui era l’oggetto delle sue preoccupazioni.
Un angolo della bocca si piegò all’insù sotto i folti baffi che da qualche tempo lasciava attecchire in un sorriso tutt’altro che di gioia.
La natura di quel riso infelice e amaro venne tradita da una grinza di fastidio sulla fronte e dalla foga e forza che impiegava nei movimenti.
Si lasciò sfuggire un altro cenno di irritazione, e insieme a questo si lasciò sfuggire l’arnese.
Nitida l’immagine di Vegeta che se ne andava ritornava ad essere materia dei suoi pensieri, il
bambino arrabbiato e indisposto che usciva per procacciarsi il cibo che da lui non avrebbe avuto.
Ricordava l’occhiata istigatoria che gli aveva rivolto.
In risposta aveva borbottato qualche maledizione e qualche insulto, Vegeta non aveva risposto e lo aveva lasciato solo con il suo cruccio.
Allungò la mano alla ricerca di un arnese, ma questa vagò a cercare sulla superficie liscia del tavolo in metallo tastando alla cieca fino ad arrivare allo spigolo.
Le sue dita scorsero lungo le gambe e si lasciò sfuggire un altro rumoroso sbuffo, contrariato all’idea di doversi piegare.
Ora la mano si aggirava sul pavimento errò per un minuto buono alla ricerca di un oggetto disperso.
Straziato dal dolore alla schiena si alzò deciso alla ricerca dello strumento quando si sentì picchiettare sulla spalla.
-Scusi? Cercava questo?-

***


Klareth vide Vegeta rimanere impassibile all’avvicinarsi dei teppisti che stavano seriamente rischiando di rovesciarsi a terra vicendevolmente.
Barcollando sbattevano l’uno contro l’altro, travolgevano secchi del pattume, sbattevano sui muri e prodigiosamente non cadevano, tramortiti quanto erano dall’alcol tracannato.
Appena furono sufficientemente vicini riuscì addirittura a percepirne il puzzo alcolico che spiravano e alitavano in faccia a Vegeta mentre parlavano.
-Certo che si ricorda- rispose uno di loro alla domanda di quello, con la bottiglia nella mano.
Uno di loro gli pizzicò scherzosamente la guancia senza che lui emettesse un fiato.
Forse il piccolo si era premurato di trovare un posto per loro nella sua memoria, con infinita precisione, aveva registrato gli avvenimenti dell’anno passato nel cervello, ma loro, evidentemente perché il vino aveva reso il loro cervello, per quanto ciò che possedevano in testa potesse essere ascrivibile a ciò, non più utile di quanto sarebbe stata acqua e sapone al suo posto.
La birra aveva reso la loro memoria inaffidabile e gli avvenimenti frammentari e lacunosi nella loro mente, ricordavano vagamente un ragazzino dal viso simile ad una maschera di sprezzo e una buffa coda dal pelo scuro.
Vegeta, non vedendo le dita smettere di strizzare la sua gota allontanò la mano con uno schiaffo.
Il ragazzo la levò dalla sua faccia, ma non indietreggiò, la vista gli era resa impossibile da una patina che sfumava ai suoi occhi le immagini, non potè notare il piglio incredibilmente infastidito e ostile del piccolo.
Ma distinse i contorni della sua bocca che si contraeva in una smorfia invelenita

***


Aveva davanti un uomo, alto.
Lo sovrastava di qualche centimetro grazie alla zazzera eversiva in cui ciuffi si direzionavano da tutte le parti.
Aveva gradi occhi neri che conservavano la genuina ingenuità infantile e un’ espressione sinceramente lieta e spensierata.
Era nerboruto e portava una casacca arancione con affisso sul petto a destra uno stemma illeggibile per lui.
Alla vita portava una cintura blu e polsini e stivali dello stesso colore.
Gli porgeva l’arnese con aria amica e benevola.
Era desideroso di aiutare e mostrava l’imbarazzo dell’ospite educato che cerca, in qualche modo, di non dare troppa noia al padrone.
Non aveva capito come avesse fatto ad entrare, ma la sua espressione gli instillava fiducia, non aveva l’aria di chi vuole rendersi un pericolo, tutt’altro.
Disorientato lo osservò, poi guardò ciò che gli porgeva.
Accettò l’arnese con un sorriso accondiscendente.
-Grazie...chi sei?-
L’uomo portò il braccio dietro la nuca con spontaneità, quasi potesse discolparsi di essere entrato candestinamente e di essersi rivelato solo ora ostentando l’innocenza infantile, in virtù della quale, i bambini venivano assolti dalle loro malefatte e prosciolti dalla condanna.
-Mi spiace essermi introdotto così in casa sua- si scusò.
Annuì lievemente perplesso.
-Posso sapere la ragione per la quale l’hai fatto? Non hai l’aria di essere un cattivo ragazzo-
Il giovane portò le mani davanti a se agitandole come a voler scacciare le sue incertezze.
-E infatti non c’è ragione per cui lei si preoccupi, le assicuro che non sono un pericolo-
Era sospettoso l’affanno con cui tentava di convincerlo di non essere una minaccia per la sua vita tranquilla.
Annuì sempre più incerto sulla natura della visita del ragazzo.
-Ragazzo se sei entrato qui solo per questo puoi anche andare- disse girando sui tacchi e ritornando al suo lavoro.
-No, no aspetti!- riportò le mani davanti a se a indicare di fermarsi.
-Che altro c’è adesso?-
Il ragazzo smise la sua aria serena per adottarne una più seria che non si confaceva alla sua indole gaia e puerile.
-Si tratta…di Vegeta-
Al sentire il nome di colui a cui egli aveva dedicato la vita si girò allarmato, e l’occhio gli cadde sull’insolito accessorio circolare che portava sospeso sopra il capo il visitatore.

***


-Levatevi!- disse incamminandosi nella loro direzione e aprendosi un varco scostandoli violentemente con un gesto delle braccia.
Klareth immagino che se parlasse così fosse nelle condizioni per farlo.
Vegeta aveva smesso di eclissarla con la sua figura e ora, quattro visi, scattarono verso la sua personcina.
Intimorita dalle facce che ora la fissavano ebeti e perverse, si incamminò inquieta seguendo i passi del coetaneo guardando di sottecchi i loro ghigni mentre infilava il corridoio creato da Vegeta.
-Eh chi è questa signorina?- chiese quello con il ferro in mano trattenendola per il solino della camicetta.
-Non sapevo avessi amichette...- disse un altro avvicinandosi anche lui a Klareth che non aveva opposto resistenza alla mano che le aveva afferrato il bavero, troppo spaventata per fare alcunché .
Un ciccione le mise le due mani sulle spalle, attirandola alle sue gambe.
Klareth sperava davvero che l’alcol non avrebbe fatto sfociare la loro stupidità in perversione.
Vegeta si voltò al commento acre del ragazzo con un tremito di rabbia misto a disagio.
-Aiuto- soffiò Klareth, che tentava disperatamente di non inalare troppo l’odore spanto da quegli individui, augurandosi che non le si appiccicasse alle vesti e alla pelle.
-Potete farne quel che vi pare-
Eccola la sua condanna.
Strinse il bavero tra le dita unticce la tirò verso l’alto lasciandola penzolare e sgambettare per aria nel tentativo di sottrarsi a quello strazio.
Senza smettere di dimenare gambe e l braccia latrò con voce straordinariamente acuta minacce di terribili percosse che il padre avrebbe inflitto loro, ma visto che quei tipi sinistri sembravano godere della sua magra figura non le rimase altro da fare che evocare la pietà del ragazzino.
-Per favore non lasciarmi qui - si lagnò riuscendo ad articolare qualche altra implorazione tra i singhiozzi che le uccidevano il respiro e le parole in gola.
Vegeta era rimasto a riempirsi le orecchie di quello strazio, delle risate divertite, dei pianti isterici, ma quando la cosa cominciò a risultare fastidiosa procedette per la sua strada deciso ad abbandonarla al suo destino, ma non c’era limite al pervertimento che i vini generavano in individui come loro.
Sentì una mano sulla spalla trascinarlo sempre più vicino alla fonte del piagnisteo.
Si sentì tirare per le maniche delle magliette e sollevare mentre sbatteva gli arti e la coda di qua e di là contrariato, nel intento di colpire i suoi aggressori.
Mentre già stava caricando un colpo più mirato la coda venne intercettata da una delle otto grosse mani di quei soggetti, che trovarono divertente infliggergli un potente strattone che lo costrinse controvoglia a gemere come un bimbetto e a irrigidire i muscoli degli arti inferiori.
Osservò a denti stretti la pateticità con cui la mocciosa cercava di svincolarsi dalla loro presa.
Un capogiro lo colse alla sprovvista al secondo strattone, ma stavolta stroncò il lamento privandoli della soddisfazione di cui avevano goduto poco prima.
Il terzo strattone non fece in tempo ad arrivargli perché lo strido che emise la bimba a volumi acuti preoccupanti costrinse ognuno a tapparsi le orecchie con le mani libere per fuggire il loro udito ad una lesione certa.
Vegeta strinse i denti inibendosi dal soccorrere le sue orecchie e assestando un doloroso e micidiale pugno all’altezza della bocca dello stomaco di colui che lo sosteneva.
Le membra del ragazzo protestarono infliggendogli un bisogno impellente di vomitare.
Le braccia andarono ad attanagliarsi sulla pancia come per arginare la fitta e si piegò in due sulle ginocchia preparandosi ad espellere i pasti ingeriti, più i super alcolici.
Non fece in tempo a rialzarsi che sentì un dolore intenso alla collottola e poi alla schiena; cadde rovinosamente.
Il ragazzo in carne che teneva Klareth per il colletto cambiò tonalità di colore per tre volte in poche frazioni di secondi.
Con uno scattò delle iridi Vegeta notò lo smarrimento e il panico nello sguardo dell’altro e decise di appagarsi ancora un po’ con il loro orrore.
Con un calcio assettato nello stesso punto dell’altro, che affondò nei rotoli di grasso cosparsi sul suo ventre, il poveretto fu oppresso dalla nausea e dal dolore e rigettò tutti i pasti della giornata, lasciando la piccola.
Vegeta si scostò appena in tempo ma Klarethh non potè sottrarre le sue scarpe al puzzolente miscuglio di alimenti, bava, succhi gastrici e sangue.
Emise un grido di disgusto manifestando la sua repulsione contraendo la faccia in una smorfia, che dovette essere molto eloquente.
I conati furono placati dal sonno che Vegeta gli regalò con un pugno in faccia, ponendo momentaneamente fine al suo strazio.
Gli altri si diedero alla fuga, ma la minuta, eppure temibile figurina di Vegeta li si parò davanti sospeso a mezz’aria.

***


-Lo chiamate ancora così no?-
Il vecchio era sempre più perplesso, ma quell’individuo dimostrava di conoscere il piccolo, e lui era assetato di informazioni che lo riguardassero.
Dopo anni di convivenza non era riuscito a rimuovere quella serietà e frigidità inadatta ad un infante, a farsi accettare come padre, ad avere una parola gentile da lui…nulla di affettuoso era uscito dalle sue labbra…nulla.
Ogni informazione era essenziale.
-Tu conosci Vegeta?-
Si grattò il capo perplesso insicuro su che risposta dare.
-In un certo senso…- non aveva idea su come delucidare il padrone di casa su come funzionasse l’ordinaria amministrazione nella lontana dimensione da cui proveniva.
Non era certo che l’avrebbe compreso, o che l’avrebbe lasciato in quella dimora un secondo di più, temendo fosse una mente contorta ed esaltata; si raccomandava cautela quando si rivelavano certi segreti.
-Sei colui che l’ha trovato vero?- chiese per accertarsi di non essersi rivolto all’individuo sbagliato ed evitare così di protrarre una magra figura.
-Si…sono io…si-
Intrecciò le dita a disagio, le domande che stava per formulare erano davvero molto personali, non poteva permettersi di introdursi nella serena esistenza di Vegeta, non dopo tutto quello che aveva fatto, non dopo che gli aveva avvelenato quella precedente… e ora si apprestava a farlo di nuovo.
-Ho saputo che l’hanno lasciato qui- disse recuperando un sorriso garbato per sgravare l’atmosfera.
-Si…- c’era una punta di sdegno nel tono enfatizzata…forse volutamente –si è così che trattano i bambini storpi…ancora-
Goku indugiò un secondo di troppo.
-Che sei venuto a fare qui? Eh? Figlio di puttana! Sei venuto per riprenderlo dopo che l’hai abbandonato?!…-
Goku deglutì visibilmente un grosso groppo di saliva allontanandosi per mantenere una distanza di sicurezza.
-Sinceramente mi fai schifo! Come hai potuto lasciare tuo figlio qua in mezzo alla merda?, ti impiccherei ad un palo della luce se non fosse che…-
-Aspetti un momento!Io non sono il padre di Vegeta: lei ha frainteso! Io sono qui per lui, ma non volevo portarlo via. Non è mio figlio!- chiarì lui visibilmente a disagio.
Sam non fu del tutto convinto, lo esaminò accuratamente.
-Eppure non siete poi troppo differenti-
Si vide girare intorno e si sentì osservare da diverse prospettive.
-In effetti ci sono molte cose che ci legano, ed è per questo che sono venuto-
Il vecchio si fermò mugugnò qualcosa e si rimise davanti a lui assicurandosi di rimanergli ben vicino agli occhi in modo che neanche un frammentaria parte di menzogne potesse sfuggirgli.
-Allora, racconta-
Lo allontanò sospirando rassegnato e prendendo un sorriso amaro.
-Mi spiace, ma deve essere lei a dirmi ciò per cui sono venuto mi deve raccontare lei che ne è di quel povero bambino- anche la voce aveva mantenuto parte del timbro infantile.
Gli provocava uno strano effetto chiamare Vegeta “povero bambino”, ma contenne lo spasso.
-Che cosa vuoi sapere?-
Goku si portò una mano al mento nell’atto di chi riflette.
-Vorrei che lei mi dicesse tutto ciò che sa di lui, se gli è mai succsso qualcosa di...strano- disse dopo varie elucubrazioni.
-Mi spiace, ma non so molto, sebbene viva in questa casa da quando è nato non ha contatti verbali decenti con nessuno, si rifiuta di parlare, la sua presenza si fa sentire appena, non è un bambino che ha bisogno di molte attenzioni…-
Goku ascoltava assorto, il modo in cui il vecchio dipingeva il suo antico nemico lo rattristava, Vegeta era un bambino serio e rabbioso, senza infanzia, e di certo non voleva averla.
-...dorme sogni agitati, a volte urla poco prima del risveglio, verso l’alba, quando i sogni rimancono nella memoria, non mi vuole dire di che si tratti, ma so che non dorme più per il resto della notte, e finche non sorge del tutto il sole guarda lo spicchio di luna che si abbassa, si spegne, e lo osserva con una talemente tanto che a volte mi sembra che possa bocare in due la finestra la finestra …- abbassò lo sguardo pensieroso – ultimamente sta dando segni di impazienza, colpisce oggetti , è arrabbiato… credo faccia anche di peggio…ruba…non posso sfamarlo con quello che guadagno, fagocita anche il frigo e non gli basta… credo che se potesse si mangerebbe anche me lo farebbe, non si è mai legato a nulla e a nessuno…-
Mentre veniva informato, scosse il capo lasciandosi sfuggire un alito.
-Il destino non è mai stato buono con Vegeta- gli sfuggì insieme al soffio.
-E questo cosa vorrebbe dire?-
Goku continuò a guardare per terra ignorando di proposito l’inquisizione.
-Ma il motivo per cui sono venuto è…- si indicò il posteriore –la sua coda-
Il vecchio inarcò un sopracciglio disorientato.
-Stia in guardia, fortunatamente la luna non si vede troppo da quaggiù-
Il vecchio fece per parlare, ma Goku prevedettè il flusso di domande che stava perfargli e lo tacque con un cenno della mano.
-Non è necessario che lei sappia cosa centri, sappia solo che deve stare in guardia. So che lei non vuole che capitino cose spiacevoli alla metropoli, e so che Vegeta non la guarderà di sua spontanea volontà vista la rarità del plenilunio su questo pianeta, ma c’è un’altra ragione…-
Piantò i suoi occhi nelle iridi nocciola di Sam.
L’atmosfera sospesa che si instaurò fu straziante.
Per un attimo lo sguardo del ragazzo parve strano, intenso ed eloquente.
Lo scongiurava con gli occhi di stare in guardia, e mentalmente di riuscire a comprendere il messaggio; una minaccia incombeva su Vegeta, ma lui di più non poteva ripetere, Re Yhammer era stato categorico: solo avvertimenti fiochi e imprecisi, null’altro.
Non era in condizioni di dire più di così.
-Lo tenga lontano dalla luna piena e dai guai, lo stanno cercando-
Gli occhi si sgranarono in un espressione di sorpresa e paura.
-Chi? Chi lo cerca? Che vogliono farne di un bambino?-
-Mi dispiace non posso dire di più- rise quasi volesse discolparsi con così poco dimentico della gravità della situazione.
-Ho le mani legate- continuò alzando lievemente le spalle e i palmi mostrarli al suo colloquiante e sorridendo, tornato lieto come prima.
-Le consiglio di andarlo a prendere- disse-Si sono spente due aure, e non dimentichi, la sua coda è pericolosa-
-No aspetta!-
L'uomo pose due dita sulle tempie per meglio stimolare la concentrazione, cucciò lo sguardo, e sparì.
Rimase atterrito senza riuscire a spiegare la natura delle preoccupazioni di quell’individuo.
Sempre più, tutto lasciava presupporre che al destino di Vegeta fosse legato qualcosa dalla somma importanza, e ogni cosa gli dava sempre più motivi per credere che la natura dello spirito di Vegeta fosse bruta e rabbiosa, e la sua potenza, i cui accenni erano devastanti, poteva voler significare solo una cosa…e allora la minaccia che brillava in cielo di notte gli parve chiara e limpida.
Ma non era tutto, c’era altro alla cui conoscenza lui non poteva essere reso partecipe.
Si chiedeva perchè mai quel ragazzo dall’anello sospeso sulla selce nera che aveva in testa fosse così tranquillo sebbene la gravità delle informazioni che aveva appreso da lui fosse immane.
-Devo andare a prenderlo- pensò ad alta voce.

***


I due vennero scagliati da un’immane forza dritti contro la parete del muro ricadendo a terra allargando una pozza vermiglia che insudiciò l’asfalto.
Dalla bocca di uno dei due venne sputato un fiotto di sangue.
Nel muro rimase indelebile la forma indistinta dei due corpi e gocce di sangue strisciarono lungo il metallo seminando una scia di lacrime rosso intenso più piccole lungo la loro traiettoria, lente e lascive.
Nel petto di uno di loro si era aperto uno squarcio che era lasciato intravvedere dalla maglietta carbonizzata.
La carne sanguinolenta era nuda agli occhi della piccola
Klareth inorridì.
Guardò uno dei due, la cui faccia si intravvedeva sotto il corpo del compagno.
Aveva il viso paonazzo e presuppose che nelle membra non dovesse avere neanche una goccia di sangue vista la larghezza della chiazza di colore sotto di lui e la colorazione delle sue guance.
Gli occhi fissi al nulla non lasciavano presupporre che fosse in vita.
Era stato un trapasso rapido, ma forse non poco doloroso.
La sua faccia si tese ancor di più e si allontanò gattonando contrariata alla vista di quell’immagine scuotendo la testa come se la memoria di quella scena potesse essere scacciata uscendo dalle orecchie, ma incontrò qualcosa che le ostacolò la fuga.
Si girò verso l’alto e vide la faccia di Vegeta non molto soddisfatto del massacro, gli osservava con cinismo provandone disprezzo per la loro inferiorità, per la loro incapacità a intrattenerlo per più di pochi secondi.
Sembrò, solo in quel momento, ricordarsi della presenza della ragazzina scoccandole un occhiata eloquente e irridente.
-Cosa c’è?- disse avvicinandosi con un riso detestabile e le braccia conserte.
-Sei troppo buona di cuore, o troppo debole di stomaco?-
Non potè evitare di ritrarsi lievemente per sottrarsi a quello sguardo così pesante da sostenere.
-Tutte e due- miagolò con una punta di sarcasmo mitigato dal disgusto e dallo smarrimento.
Non rinunciava alla sfrontatezza neanche nelle situazioni di pericolo.
Non sapeva che in un futuro non troppo prossimo avrebbe collezionato nei suoi ricordi molti di quei cruenti scenari e mille sguardi vacui di cadaveri.
Nulla si mosse per alcuni secondi.
Vegeta ridusse ancora di più gli occhi a due fessure, che si affacciavano su pozzi neri e profondi, ghignò di compiacimento e si allontanò nella direzione dove era venuto avvertendo nelle membra un insano piacere.
Un sadismo spropositato, come se avesse trovato ristoro a sofferenze che da quando era in vita non aveva mai patito, una consolazione, uno scarico per la sua rabbia immotivata e irrazionale.
Klareth si guardò intorno atterrita, osservò il massacro evitando però di incrociare gli occhi con quelli delle due salme; non vedeva traccia che potesse condurre all’autore del misfatto.
Si voltò nella direzione dove aveva intravisto il bambino andarsene e lo vide ai limiti della strada, dove agli occhi si ripresentava il paesaggio cittadino di palazzi minori.
Esplorava con lo sguardo le sommità delle residenze per studiare un percorso agibile per un ritorno veloce a casa.
Appena lo vide caricare con le gambe un salto scattò in piedi in stato di allerta.
-Non farlo- urlò.
Vegeta che già si stava dando lo slancio venne bloccato.
Mugugnò qualcosa che sembrò un ringhio sommesso voltandosi appena, non vide nessuno, ma udì i passi sveltiti di una corsa, troppo tardi.
Si sentì afferrare, cingere le spalle e bloccare le braccia con impeto, in un abbraccio stretto.
-Non farlo!- disse lei credendo in un gesto suicida.
Lo slancio con cui si getto su di lui lo costrinse a smuovere un piede per mantenere l’equilibrio, che però incontrò solo l’aria all’apice della strada.
Non trovando sostegno Vegeta perse staticità e cadde senza possibilità di scampo, lasciandosi sfuggire un gesto di sconcerto e stringendo ancora di più i denti al sentire la stretta, spostata sul suo collo, rafforzarsi.
La bambina era rimasta attaccata a lui, con le unghie serrate disperatamente sulle sue spalle.
Sentendo che i loro pesi non poterono più trovare appoggio schiuse la bocca con il respiro mozzato preparandosi a emettere uno stridulo grido di panico.
Non appena l’acuta imprecazione venne emessa a distanza ravvicinata dall’orecchio di Vegeta, il ragazzino assunse un espressione talmente sofferente che sembrò che invece dell’urlo fosse arrivato al suo orecchio un coltello.
Cercando di reprimere la voglia di ficcarle in bocca il suo coniglietto e insieme ad esso una sfera energetica le afferrò e strattonò uno dei codini ottenendo che smettesse di urlare.
-Zitta oca, se non vuoi che te la dia io una motivazione per strillare- ordinò.
Klareth piagnucolò contrariata sentendo l’aria soffiarle in faccia spazzandole via le lacrime e irrigidendo ancor di più le gambe.
Guardò di sotto e attanagliò le braccia sul petto del ragazzino.
-Fa qualcosa!- urlò con voce altrettanto fastidiosa.
Vegeta ringhiò nuovamente assumendo una posizione più aereo dinamica e allargando le braccia a cercare un appiglio.
-Non ce la faremo mai! E tutta colpa tua!- si lagnò lei mentre le ultime lacrime venivano spazzate dall’aria che le agitava i capelli e le spirava sulle gote.
La sua mano trovò l’asta di una bandiera sventagliata affissa su un balcone.
Strette più che potè le dita attorno alla spranga ma si sentì la coda impedita da un peso.
I tendini reclamarono con un intenso dolore alla radice della protuberanza.
Klareth non aveva retto all’improvviso cambiamento e quando la loro caduta fu frenata bruscamente, le sue dita umide di sudore erano scivolate dalla loro posizione.
Aveva raschiato la maglietta con le unghie nel tentativo di reggersi, ma aveva continuato a scivolare con una mano ancora unita al braccio arrivando alla nuda pelle di Vegeta.
Una volta che le sue mani si disunirono dall’arto del compagno andarono a vagare a tentoni nell’aria, alla disperata ricerca della salvezza in un appoggio, fornitole provvisoriamente dalla coda del bambino.
Cacciò un urlò disumano spalancando le fauci in maniera scioccante.
Ricacciando le lacrime da dove erano venute Vegeta con un’immane sforzo chiuse la bocca mordendosi la lingua come se lo aiutasse a sopportare lo strazio.
La presa sulla spranga si allentò pericolosamente; le sue dita scivolavano, la sua mente si intorpidiva, il sonno sopraggiungeva a strapparlo dal dolore che percepiva sopra le natiche.
Mentre la mente si ottenebrava e al paesaggio composto dal susseguirsi di palazzi si sovrapponevano i sogni di un sopore lieve, le sue dita si disunirono del tutto dalla spranga.
Le sue visioni si dissolsero come immagini riflesse sulla superficie d’acqua rotta da un sasso
I rumori si fecero meno ovattai e più vicini.
La mocciosa aveva ricominciato ad urlare, ma aveva cambiato appiglio.
Quando la presa di Vegeta era venuta a mancare aveva tentato pietosamente di arrampicarsi sul suo corpo e di raggiungere lei stessa l’asta, ma aveva conseguito solo di raggiungere la sua gamba dove ora era avviluppata.
Vegeta tese la mano in cerca di un'altra salvezza, raggiungendo il bordo di un davanzale.
La spalla di Klareth andò a sbattere contro il muro, costringendola ad arginare il pianto e a stringere le labbra convulsamente e le dita sull’orecchio di pezza del coniglio per meglio sostenere il dolore.
Vegeta arrivò al davanzale anche con l’altra mano facendo leva sulle braccia riuscendo facilmente a compiere l’impresa con un peso che lo opponeva, ma improvvisamente il carico venne a mancare.
Udì uno schianto terribile, lo schizzo di qualcosa in faccia e poi un lamento.
Quando riuscì a mettersi seduto si sporse leggermente, infastidito dalla presenza di quel fardello.
Vide risorgere dalle buste nere della pattumiera una testolina foltamente coperta di capelli azzurri ornata da una buccia di frutta, e una faccia sporca dello stesso liquido che era stato schizzato a lui.
Ringhiò seccato poco avvezzo a sopportare certe pateticità e saltò giù dal davanzale.
Klareth lo sentì cadere con agilità felina e ammortizzare l’atterraggio davanti a lei.
Provò ad alzarsi e a riacquisire un minimo di decenza, ma sentì qualcosa di …vivo sotto la scarpa, che oppose resistenza al suo piede.
Urlò atterrita ritraendosi verso la parete liberando il topo dal suo peso.
Questo squittì e sgattaiolò via in tutta fretta sotto lo sguardo stomacato di Klareth e quello freddo dell’altro.
Alzò leggermente la testa vedendo Vegeta che ancora osservava il ratto offrendole le spalle e la nuca.
Gonfiò le guance indignata e si rialzò fissandosi il vestito lordato di ogni genere di sporcizia cittadina.
Allargò le braccia a indicare la sua persona.
-Guarda che hai combinato!- lo assalì.
Vegeta non la degnò neanche di un’occhiata voltando la testa davanti a se e iniziando ad allontanarsi con incedere lento e cadenzato.
-Ehi! Sto parlando con te!Non so neanche come ti chiami! Guarda che hai fatto al mio vestito!Potevi salvarmi da quella caduta ma non l’hai fatto! Sei cattivo!-
Vegeta si arrestò all’ultima affermazione si girò con flemma esibendo un ghigno inviso.
Si voltò del tutto verso di lei con le braccia incrociate ridendo sommessamente, come se l’ultimo commento lo avesse sinceramente divertito.
Klareth rimase immobile a chiedersi la ragione del suo atteggiamento.
Con austerità si avvicinò in modo che le fosse evidente il vantaggio in altezza che aveva.
Il divario di età creava anche una disparità tra le loro stature.
Si morsicò l’angolo inferiore della bocca come per reprimere il piccolo ghigno, l’unico sorriso che ci si sarebbe potuti aspettare da lui.
Mantenne sempre una certa distanza da lei, come per renderle evidente la sua superiorità: un bambino, un assassino, non poteva toccare una ragazzina indifesa e patetica come lei.
-Ma davvero?-
Realizzò che quel bambino le faceva una gran paura, il suo solo modo di osservala con sufficienza la feriva, eppure era lei quella ricca li, lui il poveretto che rubava per sfamarsi, sarebbe dovuta essere lei a mettere soggezione a lui, con la sua superiorità, i suoi bei vestiti, il suo pupazzo…
Si sorprese a indietreggiare.
Incespicò in un sasso dietro di lei cadendo all’indietro.
Prima di poter toccare terra ed insudiciarsi maggiormente le vesti venne trattenuta da qualcosa sotto le ascelle.
Si girò vedendo il riso benevolo di un uomo dalla tuta arancione e la pettinatura improponibile.
La risollevò con delicatezza rimettendola in piedi e restituendole il pupazzo che aveva perso.
-Ciao piccola-
La bambina fissava intensamente tutta la sua persona.
Sembrava gentile, aveva un riso affabile e sinceramente contento, glielo elargiva con la naturalezza di chi sorride ad un vecchio amico, ma lui era un perfetto estraneo per lei, e , se i suoi genitori le avevano insegnato qualcosa doveva essere educata e presentarsi.
-Buon giorno- disse chinandosi leggermente in segno di rispetto.
L’uomo si abbassò alla sua altezza e le pose una mano sul capo accarezzandola.
-Ciao, come ti chiami?-
Klareth sbattè un baio di volte le palpebre disorientata dal sorriso buono e simpatico che aveva in faccia il suo ospite.
-Io mi chiamo Klareth-
Sembrò che l’attenzione dell’uomo fosse calamitata da qualcosa alle sue spalle.
-E tu giovanotto come ti chiami?-
Vegeta aveva sdegnosamente ripreso la via del ritorno verso casa e non si diede pena di fermarsi e voltarsi, ma proseguì affettando distacco e disinteresse per la cosa.
Non avrebbe certo pensato di vedersi comparire davanti colui che l’aveva chiamato ad essere partecipe dei convenevoli inutili.
-Ehi piccolo, ti ho fatto una domanda- lo rimbrottò benevolmente senza smettere quel suo, troppo sincero, sorriso.
Ringhiò seccato con una grinza di fastidio sulla fronte e agli angoli della bocca.
-Che vuoi?-
Ridacchiò divertito constatando che non fosse cambiato di una virgola.
Aveva sempre quel crucciato e arrogante cipiglio anche da bambino.
C’era del dilettevole nella situazione in cui si trovavano a distanza di molto tempo, li; lui, Vegeta e… Bulma.
Klareth percependo che il centro delle attenzioni del simpatico individuo non era più lei ma quell’antipatico ragazzino si inalberò piantò i piedi per terra, i pugni sui fianchi e prese a canzonarlo.
-Lui è un maiale, mangia da maiale ed è odioso- informò il nuovo venuto con questi chiarimenti sul bambino.
Goku rise di gusto all’affermazione senza scomporre Vegeta che continuò a fissarlo ostile.
-Mi dai sui nervi- comunicò con un ringhio e girandoli attorno e desamniando il suo nuovo avversario.
Tutto sommato non gli sarebbe dispiaciuto spassarsela con un nuovo seccatore.
Partì alla carica direzionando il pugno destro verso la sua mascella e mentre pregustava una vittoria le sue nocche vennero bloccate con troppa facilità.
Livido di rabbia rimise i piedi per terra caricando un calcio in mezzo alle gambe dell’uomo, ma il suo avversario pose un ginocchio a intralciare la sua mossa.
Si sentì afferrare con forza per un braccio.
Ora scalciava per liberarsi, provò ad assestare un altro calcio al ventre dell’opponente, ma questo venne bloccato con il solo uso dell’altra mano.
Sempre più carico di astio e rancore sentì il bisogno urgente di urlare di una rabbia che gli faceva quasi male.
Privato del suo diritto ad arrecare danno e a godere della paura, insieme all’ira gli pervase il corpo una scarica elettricà che percosse il braccio dell’avversario talmente forte da costringerlo a mollare la presa.
Klareth urlò.
-Ahia-
Vegeta recuperò la distanza da lui con un salto e lo fissò con odio ringhiando come un’animale minacciato.
-Sei in gamba Vegeta, e non ti sei ancora allenato, chissà che risultati incredibili potresti dare con un appropriato esercizio- esclamò entusiastico allargando le braccia come se volesse abbracciarlo…come se fosse fiero di lui?!
Vegeta inarcò un sopracciglio.
Si risollevò riprendendo la sua posa superiore e fissandolo con un disprezzo diverso da quello che riservava a tutti gli altri.
La rabbia di aver subito la sua prima, bruciante sconfitta era immensa, il sorriso compiaciuto e felice del suo avversario, che non sembrava adottare tanto perchè fosse felice della sua vittoria o della sconfitta dell’oponente, gli dava fastidio, davvero no riusciva a capire perché fosse allegro.
-Non hai perso un briciolo della tua potenza-
“ ne della tua freddezza” pensò.
Davvero neanche lui, neanche in un’altra esistenza aveva potuto godere della sua porzione di felicità? Neppure nell’infanzia?
Sorrise mestamente per un attimo ripensando a quanto il destino fosse crudele con Vegeta, che ora non era altro che un bambino solo, triste e cinico.
Vegeta lo fissò con un espressione di sorpresa irritazione.
Quando mai aveva avuto dimostrazione della sua forza, e quegli elogi entusiastici… gli davano noia, provenienti proprio da colui che l’aveva vinto per giunta.
Gli tese la mano amichevolmente.
-Sono Goku-

  
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