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Autore: PrincesMonica    02/10/2008    2 recensioni
Come erano Jared e Shannon ai tempi della scuola? E se oltre alla musica si fossero interessati di ragazze?
Quando iniziai la FF non conoscevo ancora bene i due personaggi, quindi perdonatemi eventuali errori
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Ciao e grazie di aver commentato: In effetti essendo una FF Tomino farà la sua apparizione, anche perchè non lo conoscevo ancora.... Ci sono molti errori di livello tecnico, ma quando la scrissi ancora non ero pienamente nel circuito. Adesso che lo sono dovrei rimettere a posto tutta la FF e la voglia manca ^_^ Ah sì, mi ero accorta degli = nella storia...non sono molto pratica di HTML e anche per questo capitolo ci sto mettendo un sacco... Capitolo due
 
C’era una cosa che Monica odiava: arrivare in ritardo. Colpa di suo fratello, ovviamente. Quel giorno l’aveva accompagnata a scuola con la Desoto nera e lei ne era stata contenta. Peccato che non aveva messo in conto che William doveva andare a prendere la sua ragazza che stava dall’altra parte della città. William era un gran bel ragazzo: non era molto alto, ma aveva un fisico longilineo, scattante, con i muscoli guizzanti che si intravedevano sotto le magliette nere, grazie ad anni di allenamenti di karate. Il volto affilato, le labbra piene e sode e gli occhi più blu del creato, lo eleggevano a pieno diritto come un angelo demoniaco. Una tentazione per molte. Frequentava l’ultimo anno al liceo e si stava preparando per andare a studiare a Yale: a vederlo non sembrava, specie quando volteggiava per la città rinchiuso nel suo spolverino di pelle nera, ma era un secchione. Stava da un paio di mesi con una ragazza folle, dark come lui, e che parlava di stelle ogni due secondi: Monica la trovava irritante, Spike la adorava.
“Dru, tesoro, andiamo che siamo in ritardo.” Drusilla Dorcas, capelli lisci e neri come l’ala di un corvo ed enormi occhi violetti che ti scrutavano dentro. Vestiva con abiti che sarebbero andati bene almeno un secolo prima, eppure, stranamente, le donavano. Nessuno la importunava, nessuno osava dirle nulla: tutti avevano paura delle sue profezie, perché praticamente sempre si avveravano.
Drusilla si girò verso il sedile posteriore dell’auto, dove stava un’imbronciata Monica a guardare fuori dal finestrino.
“Incontrerai la tenebra più splendente e renderai felice l’infelice.”
“Dici a me, Dru?”  chiese Monica indicandosi. Odiava essere il soggetto dei suoi vaticini.
“Sì. Tu non lo vuoi, ma sarai tu stessa a decidere per lui ed aiutarlo. La tenebra ti avvolgerà così tanto che non potrai più farne a meno.” Poi si girò e iniziò a parlare con Spike di faccende scolastiche. Monica scosse il capo: le cose che Drusilla le aveva detto non avevano senso.
Entrò di corsa a scuola, mollò i suoi libri nell’armadietto. Aveva ancora un minuto prima che la campana suonasse e che Smith, il prof di storia non la razziasse. Ce la poteva ancora fare. Stefy doveva già averle preso il posto, altrimenti si sarebbe seduta dove capitava. Girò a 90° per prendere un secondo corridoio e non si accorse di andare a sbattere contro una figura ferma.
“Ahi!” tutti i libri le si sparsero per terra e dei fogli presero a svolazzare incontrollati. “Merda! Arriverò tardi.”
“Almeno mi potresti chiedere scusa.” Disse lo scontrato.
“Sì, certo, hai ragione.” Rispose Monica rincorrendo qua e là le sue cose. “Scusami, ma andavo di fretta.”
“Ah sì? Bhe, adesso dovrai trovare il modo di farti perdonare.” Chi la stava fissando aveva gli occhi piantati su di lei, divertito dal modo goffo in cui lei si muoveva. La maglietta le si era alzata dietro la schiena e dai jeans azzurri spuntava il pizzo degli slip che aveva indossato quella mattina. Era poggiato al muro con la schiena, completamente vestito di nero, con un paio di pantaloni a sigaretta, i Doc Martins, la camicia leggermente aderente nera. I capelli erano lunghi fino alle spalle ed erano, ovviamente, neri, con le punte rosso fuoco. Un ciuffo gli cadeva davanti agli occhi grigi enormi, quasi sproporzionati per il suo volto da ragazzino, truccati con dell’eye-liner.
“Che intendi?” Monica si voltò e gemette frustrata: l’unica persona che proprio non aveva voglia di vedere quella mattina. “Cazzo, Leto…” Lui le raccolse il libro e glielo porse. Monica fece per prenderlo, ma lui lo tirò indietro.
“Eh no, piccola, mi hai fatto male e non mi hai chiesto scusa. Pensi di passarla liscia così facilmente?” Monica sbuffò: era tardi e proprio litigare con lui non era la cosa migliore da fare.
“Senti Jared, sono in ritardo. Smith mi ammazza, dammi il libro e ne riparliamo.” Lui con il dito fece segno di no e sorrise deridendola.
“Il libro me lo tengo io per oggi, che ne dici?”
“Dico che sei un cretino.” La campana suonò in lontananza e Monica scosse il capo. Gli lasciò il libro e si fiondò in classe sotto lo sguardo divertito di Jared.
A lui quella ragazza piaceva. Certo, la trovava insopportabile e un po’ troppo piena di sé. Essere la sorella del Grande William the Bloody per lei era solo una fortuna. Nessuno voleva prendersela con lei per non attirare le mire del fratello e quindi viveva in una specie di isola protetta. Ma non da lui: da quando aveva messo piede nel liceo, si divertiva a stuzzicarla, solo per vedere come reagiva.
Mentre camminava verso la sua lezione di algebra, non si accorse che un gruppo di ragazze del suo stesso anno lo fissavano con voracità. Ormai non ci faceva poi molto caso. Le ragazze, in quel momento, gli interessavano poco. Una scopata ogni tanto se la concedeva volentieri, ma di storie serie non ne sentiva la necessità. Aveva ben altro in mente: voleva sfondare nella musica, o almeno riuscire a guadagnare abbastanza per uscire da casa. Lui e Shannon avevano creato un buon gruppo, grazie a Tomo e Matt, quindi l’importante adesso era sfornare qualche canzone propria ed andarsene. In fondo in quel paesino sperduto della California non c’era proprio nulla per un ragazzo con grandi ambizioni come lui.
Si sedette nel suo banco in fondo alla classe e prese a sfogliare il libro che aveva rubato a Monica. C’erano alcune pagine di appunti scritti con una grafia piccola e poco chiara. Notò che Monica usava la penna stilografica, invece di una classica biro. Anche lui la usava quando scriveva le canzoni. Sorrise quando in una pagina trovò dei piccoli schizzi: c’era un bel disegno di un ragazzo che si stava impiccando. Evidentemente quel giorno Smith era stato più palloso del solito.
Ancora due anni ed avrebbe lasciato quel paese: doveva solo aspettare che anche Shannon e Tomo si diplomassero.
“Signor Leto, è tra noi?” La signorina Keller lo stava chiamando e lui sorrise.
“Certo, prof.” Certo, la sua avvenenza gli dava grattacapi: a volte si ritrovava a dover sgusciare da ragazze che si facevano parecchio insistenti, ma poteva essere d’aiuto con certe insegnanti, specie se erano giovani e single.
Finalmente suonò la campanella del pranzo. Jared scappò verso la mensa: doveva trovarsi con suo fratello per discutere di alcune cose di casa. Lo vide sistemare le cose nell’armadietto.
“Shannon! Eccoti qui. Allora, andiamo a pranzo?”
“Scusa Jared, ma oggi mangio con Monica e Stefy. Dobbiamo parlare della nostra tesina.” Jared ci rimase male.
“Studi con quelle due?”
“Certo! Monica è la più brillante della classe e con Stefy non sbaglia una relazione. Se mi aiuta a tirare su il voto, bhe, studio con chiunque, anche con il Papa.” L’altro sbuffò. “Senti, intanto dimmi quello che dovevi dirmi. Oppure vieni a mangiare con noi”
“Ma stai scherzando? Con quella matta di Monica, non ci penso proprio.” Shannon lo guardò.
“Sai, voi due siete più simili di quanto crediate.”
“EH???? Tu sei completamente fuori. Senti, prima di tornare a casa dobbiamo andare a fare un po’ di spesa, sennò stasera non si cena.”
“Ok, ti aspetto fuori.”
Shannon si diresse verso il tavolo dove Monica e Stefy già stavano chiacchierando: non riusciva veramente a capire perché quei due si erano strofinati dalla parte sbagliata. Lui non faceva che stuzzicarla e lei gli rispondeva per le rime. Eppure…lui sapeva che potevano appianarsi tutte le divergenze.
“Ciao e buon appetito.”
 
Jared, in giardino prima delle ore di ginnastica, stava sfogliando il libro di storia di Monica. Guardando le pagine sottolineate e decisamente vissute, aveva capito parecchie cose: intanto che li ci studiavano in due. Probabilmente prima di lei, quel libro era appartenuto a William e per questo su certi margini c’erano scritti inneggiamenti al punk e strane poesie che parlavano di stelle e scintille. Poi Stefy doveva averla aiutata parecchio a personalizzare le pagine: c’erano disegni, caricature di insegnanti e allievi. Trovò anche la sua…in effetti la ragazza era piuttosto brava. Rise quando vide che dietro la sua testa aveva messo la faccia di una qualsiasi ragazza che lo guardava con occhi a cuoricino. Gli fece strano che Monica non lo avesse cancellato.
E poi c’era la sua scrittura: Monica aveva lasciato intere frasi, interi pezzi di diario li dentro. Era interessante leggere dei suoi sogni e delle sue noie. Gli faceva sorridere le ricette che ogni tanto trovava a margine: erano tutte di dolci, probabilmente quelle che poi sperimentava con il club di pasticceria.
Certo che a quelle due non passava proprio nulla durante la lezione di storia. A lui non dispiaceva.
La vide in lontananza a ridere e scherzare con la sua amica del cuore ed altre tipe del suo gruppo e per la prima volta da che ricordava, sentì di non voler sparare cattiverie. Si ritrovò a guardarla sorridendo e pensando che, in fondo, non era per nulla male.
“Ah!” L’urlo fece voltare tutti i presenti nel cortile. In un angolo, Joss, uno dei nerd scolastici, le stava prendendo di santa ragione da Bill, fantomatico campione di football.
“Allora…i nostri soldi?”
“Io…io…non li ho.” Pigolò il più piccolo. Sanguinava già da un labbro ed aveva una paura folle di stare peggio. Una volta gli avevano incrinato una costola.
Jared si alzò, desideroso di aiutare Joss, ma fu superato da una figura più veloce.
“Lascialo andare, stronzo.” Monica si era frapposta fra i due e guardava Bill con furia. A lei i bulli non piacevano per nulla.
“Oh, la Cross… senti lascia stare, non sono affari tuoi.” Monica non si spostò. “Fai la dura, eh? Guarda che qui non c’è tuo fratello a proteggerti.”
“Io non sono mio fratello. Non ho bisogno di lui.” Bill si mise a ridere, mentre Joss guardava la scena con occhi spalancati dal terrore.
Lo schiaffo le arrivò improvviso e la fece barcollare. La folla intorno a loro era silenziosa come una tomba, si sentivano solo le risatine dei compagni di squadra di Bill.
“Puttana.” Le sibilò. Non si accorse che arrivò Jared con piglio deciso.
“Senti, bestione idiota, prenditela con uno che sa difendersi meglio.” Senza dargli tempo di replicare, gli piazzò un pugno sullo stomaco che lo fece piegare in due dal dolore e finì l’opera con un cazzotto in pieno viso.
Monica guardò sorpresa Jared: di solito lui non si metteva mai troppo in mostra con i bulli. Non aveva mai partecipato ai pestaggi, ma neppure si era messo ad evitarli. Per la prima volta lo guardò in maniera leggermente diversa: era mingherlino, molto adatto a correre tra le basi di un campo di baseball, sport che praticava con passione, ma non sembrava così forte da stendere uno come Bill che era il doppio di lui. Evidentemente sotto quella camicia c’erano dei muscoli sconosciuti.
“Come stai?” Domandò Jared al povero Joss che era ancora tremante a terra.
“Uhm…bene, direi.”
“Magari dovresti fare un salto in infermeria, che te ne pare?”
“No…io sto bene, sul serio.” Si alzò barcollante e riprese i libri che Jared gli porgeva e, ancora spaventato, scappò verso il bagno per potersi dare una pulita.
“Pensi che sia finita qui, Leto?” domandò Bill sputacchiando sangue.
“Ne sono certo. Non vorrai mica perdere la tua virilità davanti a tutte queste ragazze per una seconda volta, vero?” lo derise.
“Che sta succedendo qui?” Da una finestra era apparsa una prof.
“Niente di importante.” Fece Jared senza scomporsi. Tornò alla panchina dove era seduto in precedenza e riprese il libro di storia. Monica si teneva ancora la guancia arrossata dalle cinque dita di Bill e non riusciva a staccare gli occhi da Jared: non le aveva chiesto e detto nulla, non l’aveva neppure rimproverata per essersi gettata in quel macello come se nulla fosse. Era evidente che la cosa non gli interessava proprio. Gli passò davanti per tornare da Stefy.
“Tutto ok, Cross?” lei si fermò davanti a lui.
“Sì. E tu?”
“Quell’idiota non sarebbe riuscito a farmi nulla. Mi raccomando, stai attenta la prossima volta. Sei in gamba, ma lui è più forte di te.” Detto questo prese lo zaino nero e si avviò verso la palestra, lasciando Monica a guardarlo intensamente.
“Fisico giusto, forza sconosciuta…” inclinò la testa “Anche il culo è bello.”
   
 
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