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Autore: Angie Mars Halen    17/09/2014    2 recensioni
Fin dal loro primo incontro Nikki e Sharon capiscono di avere parecchi, forse troppi, punti in comune, particolare non indifferente che li porta ad aggrapparsi l’uno all’altra per affrontare prima la vita di strada a Los Angeles, poi quella instabile e frenetica delle rockstar. Costretti a separarsi dai rispettivi tour, riusciranno a riunirsi nuovamente, ma non sempre la situazione prenderà la piega da loro desiderata: se Sharon, in seguito ad un evento che ha rivoluzionato la sua vita, riesce ad abbandonare i vizi più dannosi, Nikki continua a sprofondare sempre di più. In questa situazione si rendono conto di avere bisogno di riportare in vita il legame che un tempo c’era stato tra loro e che le necessità di uno non sono da anteporre a quelle dell’altra. Ma la vita in tour non è più semplice di quella che avevano condotto insieme per le strade di L.A. e dovranno imparare ad affrontarla, facendosi forza a vicenda in un momento in cui faticano a farne persino a loro stessi.
[1982-1988]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Nuovo personaggio, Tommy Lee, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NIGHTRAIN





West Hollywood, CA, giugno 1983

Ormai John Gates ne aveva piene le tasche. Non avrebbe potuto sopportare un’altra volta la voce impastata dal whisky di Brett che gli diceva che, per cause poco credibili, avremmo dovuto annullare un impegno. Non avrebbe nemmeno sopportato di vedere Steven che, nonostante nemmeno lui fosse un santo, le provava tutte per aiutare i suoi compagni di band ad abbandonare i vizi più pericolosi che li distraevano dalla musica e che li stavano lentamente distruggendo.

John Gates aveva ragione ed era anche stato abbastanza chiaro con tutti e quattro. “O vi date una calmata e fate in modo che quando vi trovate nello studio siate consapevoli che state registrando, oppure potete cominciare a cercare qualcun altro” aveva gridato in un impeto di rabbia. Noi ci eravamo guardati con gli occhi in ammollo nei capillari gonfi e avevamo sogghignato. “Sì, capo” aveva risposto Brett, seduto sul pavimento con tanto di bottiglia di Night Train, un intruglio letale venduto a quattro soldi sugli scaffali di tutti i discount che spuntavano come funghi lungo il Sunset Boulevard. Quanto a noi altri, scoppiammo a ridere divertiti dal suo tono sbronzo, certi che una bottiglia di più o una bottiglia in meno non avrebbe cambiato radicalmente le nostre vite.

Gates sapeva che non avremmo mai abbandonato i nostri brutti vizi, a meno che qualcuno di noi non si fosse fatto così tanto male da convincere gli altri a rimboccarsi le maniche e a chiudersi in un centro di riabilitazione. Peccato che ora fossimo in pieno clima festaiolo e che nessuno avesse intenzione di rinunciare a qualsiasi fonte di divertimento, nemmeno le più rischiose. Avevamo quasi finito di lavorare al nostro primo album, eravamo carichi come molle perché tutti i nostri concerti registravano il sold-out, e i nostri quattro fedeli compagni di party potevano permettersi di portarci tanta di quella roba da bere da far strisciare per l’ebbrezza un intero esercito. E noi, poveri artisti flippati persi nella Capitale degli Angeli Sperduti, come avremmo potuto rinunciare a offerte del genere? Era un biglietto gratuito per l’iperspazio, diceva sempre Brett, le cui condizioni erano le più critiche – ma nessuno dava importanza a questo particolare: finché potevamo fargli riacquistare il senno sollevandolo di peso e sistemandolo sotto il getto dell’acqua fredda, allora si poteva fare – e a nessuno di noi né dei nostri soci di bisboccia era mai sovvenuto che in alcuni casi l’acqua gelida sul cranio non ha alcun effetto. Tutto questo perché ora che avevamo abbandonato quasi del tutto la cocaina dopo una lotta lunga diversi mesi, avevamo ripiegato sull’alcol – e se non è coca, allora non uccide.

Davvero impressionante come questa città ci abbia totalmente cambiati, pensai mentre agitavo svogliatamente una bottiglia di birra per controllare quanta ce ne fosse rimasta. Ieri ero una ragazzina di campagna che suonava la chitarra acustica in mezzo alle coltivazioni di granoturco, oggi sto lavorando a un album heavy metal.

Una mano piccola e lasciva si appoggiò sulla mia spalla per stringerla in una morsa tutt’altro che piacevole e il fiato caldo di qualcuno lambì la pelle del mio orecchio. “Allora, Sharon, sei sicura di non volerne neanche una?”

Non mi voltai per evitare di incrociare lo sguardo di Vince, che se ne stava in piedi dietro di me con una busta piena di pasticche saldamente stretta nella mano che non era impegnata a tenermi la spalla. “Sicura al cento percento, Vinnie. Ho smesso con quella roba.”

Vince mi liberò immediatamente dalla stretta e sgusciò a sedere sull’altra sedia del tavolo della nostra sala prove con la stessa agilità di un armadillo, dopodiché appoggiò il mento su una mano. “Stento a crederci.”

“Allora non crederci,” ribattei prima di sorseggiare la mia birra. “Non voglio più avere niente a che fare con quello schifo. Mi ha già creato abbastanza problemi.”

Vince stese l’intero braccio sul tavolo e allungò bene la mano con la vana speranza di riuscire a sfiorare il mio gomito, agitando le dita come se fossero state piccoli tentacoli privi di ossa, e mi fissava con gli occhi annebbiati. “E con me vuoi averci ancora a che fare?”

Roteai gli occhi e mi alzai per allontanarmi. “Puoi scordartelo. Se hai bisogno di un po’ di compagnia, va’ a rimorchiare qualcuna sullo Strip, ma non ti azzardare neanche a pensare che io potrei eventualmente essere disponibile.”

“Sharon, Sharon...” mi chiamò con tono melodrammatico e con una mano aperta sulla fronte per sorreggersi la testa. “Un tempo non mi avresti respinto così.”

“Vaffanculo, Neil,” sbottai attirando l’attenzione di Rita, che era impegnata nella manutenzione improvvisata del tacco di uno stivale.

Vince lasciò cadere un pugno sul tavolo e le bottiglie vuote che ci avevamo abbandonato sopra tintinnarono come tanti piccoli cristalli, poi un sorriso sadico si dipinse sul suo volto seminascosto dal ciuffo biondo platino. “Allora stasera Sixx ti lascia a casa da sola, non è così?”

Lo fissai con gli occhi spalancati, indecisa se saltargli al collo o lasciarlo sbollire e aspettare che la sua crisi terminasse. Divertito dalla mia espressione di sgomento, Vince continuò a parlare e sembrava che si divertisse a ricordarmi che quella sera Nikki e Tommy avrebbero preso parte a un festino fuori dagli schemi che si sarebbe trasformato in un rito all’insegna della droga senza nemmeno chiedermi di accompagnarlo. In un certo senso era comprensibile che lo avesse fatto perché non ci eravamo mai definiti “fidanzati” nonostante abitassimo sotto lo stesso tetto, ma anche se lo fossimo stati, non mi avrebbe comunque invitata perché nessuno porterebbe la propria ragazza a una festa simile. Poi a lui delle ragazze non importava neanche più niente. Adesso che aveva trovato una nuova distrazione sotto forma di polvere bianca, sembrava avere occhi – e naso – quasi esclusivamente per quella, fatta eccezione per me, la musica e qualche amico stretto come T-Bone.

“Visto che stasera Sixx non c’è, potresti anche fare uno strappo alla regola,” riprese Vince mentre strisciava la fronte sul tavolo.

All’improvviso vidi una rivista volare a mezz’aria attraverso la stanza e colpire la sua capoccia vaporosa, poi la voce di Brett tuonò come quella di una divinità scesa in Terra per punire un empio. “Hai rotto i coglioni! Se ti azzardi a infastidirla un’altra volta giuro che ti scaravento fuori dalla finestra, sono stato chiaro?”

“Lascialo perdere, bello,” si intromise Steven. “Non vedi che è fuori?”

Brett tirò su col naso con fare scocciato. “Se penso che dobbiamo tirarcelo dietro per tutta la sera mi viene voglia di scaraventare me stesso fuori dalla finestra.”

Ci guardammo tutti e quattro, sospirando e sconsolati, poi spostammo lo sguardo su Vince, che era fermo nella stessa posizione di poco prima e ridacchiava, probabilmente perché se n’era appena raccontata una da solo. Nessuno di noi aveva voglia di trascinarlo come un sacco di cemento per lo Strip innanzitutto perché sarebbe stato solo un intralcio, poi perché, onestamente, non avevamo per niente voglia di andarci a mischiare alla folla depravata che impazzava per il Sunset Boulevard.

La serata finì per sfociare in una malinconica adunata nell’appartamento di Mick Mars, un bilocale dalla cui terrazza si aveva un’ampia visuale dell’oceano sul quale si rifletteva la luna piena. Si estendeva di fronte ai miei occhi come un’immensa distesa di velluto nero costellato da un’infinità di diamanti lucenti. Osservavo il mare dalla finestra del salotto in totale solitudine, con Rita a due metri di distanza che chiacchierava sommessamente con Steven fumando una sigaretta, e Vince che si era stravaccato sul pavimento alla ricerca di un po’ di refrigerio in quella tiepida notte d’estate. Sul terrazzo, invece, Mick e Brett sorseggiavano birra ghiacciata con i piedi appoggiati sul bordo della ringhiera bianca, illuminati dalla luce arancione di una lampadina presa d’assalto da falene e zanzare. Non stavano parlando, si limitavano a bere mentre fissavano l’oceano. Una lievissima corrente d’aria fresca e carica di umidità soffiava pigra dalla costa, portando con sé l’aroma dell’acqua salata mischiato in un’unione psichedelica a quello degli oleandri sul lungomare.

Sospirai annoiata e buttai l’occhio in direzione del grande orologio appeso sopra la televisione: erano le due di notte ed eravamo chiusi nell’appartamento di Mick da mezzanotte e mezza. Nessuno si era sballato, fatta eccezione per Vince, che era ancora sdraiato per terra sofferente nei suoi vestiti madidi di sudore e stava ancora smaltendo l’effetto di qualche roba strana. Brett si era limitato a un po’ di erba che Mick gli aveva offerto segretamente, certo del fatto che nessuno lo avesse notato mentre gli preparava la canna e gliela porgeva da stretta tra le sue dita diafane e affusolate.

Era piena notte, eravamo sobri, non avevamo più nulla da raccontarci e in quel bilocale dove non si poteva neanche accendere lo stereo per evitare di innervosire i vicini si stava morendo di noia. Volevo tornare a casa, strimpellare un po’ la chitarra, abbracciare Nikki e mettermi a dormire. A proposito, chissà cosa stava facendo adesso? Aveva detto che sarebbe tornato verso le due, che tradotto dalla sua lingua significava le tre e mezza: ci mancava più di un’ora al suo ritorno e io non avevo idea di come avrei potuto passarla.

Trascorsi trenta minuti a gironzolare per la casa con la vana speranza di seminare Vince che, dopo ore di agonia, si era miracolosamente rimesso in piedi e aveva cominciato a seguirmi con la stessa insistenza di un cane randagio che vuole un pezzo di carne. Brett era impegnato a guardare il panorama costiero in compagnia di Mick e della loro birra, e non sembrava nemmeno essersi accorto che il biondo aveva ripreso a perseguitarmi, allora fui costretta a passare alle maniere forti. Schioccai le dita per chiamare Rita e fu sufficiente uno sguardo per intenderci: la mia batterista si rimboccò le maniche della camicia di lamé, acchiappò Vince per un braccio, lo trascinò attraverso l’appartamento e lo costrinse a sdraiarsi sul letto di Mick, con i piedi al posto della testa e viceversa. Là, dopo aver biascicato qualche insulto incomprensibile, si addormentò e non lo sentimmo più per un po’. Adesso che anche questo problema era risolto, non ci restava che tornare ognuno a casa propria.

Mick ci accompagnò alla porta barcollando, ringhiò qualcosa riguardo il fatto che il suo cantante si fosse addormentato in casa sua e che avrebbe dovuto tenerlo con sé fino al giorno successivo, e infine ci salutò mentre attraversavamo il vialetto per raggiungere il pick-up.

Una volta a casa, mi sedetti sul divano in attesa di vedere Nikki tornare e presi ad ascoltare il silenzio surreale che dominava l’appartamento. Erano già le quattro e di lui non c’era traccia, e visto che ero consapevole del fatto che spesso e volentieri ci promettevamo che saremmo tornati entro una certa ora ma finivamo per rientrare con intere ore di ritardo, decisi che sarei andata a dormire.

La mattina seguente lo squillo del campanello mi svegliò bruscamente facendomi quasi cadere giù dal letto. La radiosveglia segnava mezzogiorno in punto e io ero ancora completamente sola in casa, il che mi fece supporre che ad aver suonato fosse stato proprio Nikki che aveva perso le chiavi. Dopotutto, non sarebbe stata la prima volta che uno di noi le perdeva o le dimenticava a casa. Infilai la prima T-shirt che mi capitò sotto mano, ovvero una maglietta sbrindellata con la stampa sbiadita del logo degli Sweet, e con quella mi presentai alla porta, ritrovandomi davanti Tommy. Mi fissava con gli occhi mezzi chiusi e il trucco sbavato sulle guance, la canottiera infilata al contrario e gli stivali coperti di polvere, poi sollevò appena una mano e, dopo un lungo sbadiglio, mi raccontò che era appena tornato dalla festa insieme a un amico che lo stava aspettando in macchina davanti all’ingresso principale.

“Ciao,” biascicò mentre varcava la soglia. “Volevo sapere se quel demente di Sixx è tornato. Ha dimenticato di prendere la giacca di pelle e gliel’ho riportata.”

Lo trapassai con un’occhiata indagatrice non appena ebbe terminato la frase. “Credevo che foste in macchina insieme.”

Tommy annuì e si grattò la chioma folta e arruffata. “Infatti siamo andati insieme, ma a un certo punto è sparito dalla festa e non si sa dove sia andato. Credevo si fosse andato ad imbucare con qualcuna... questa passamela, bella, del resto, che io sappia, non siete esattamente fidanzati e siete entrambi di larghe vedute. Dicevo... ah, sì! Credevo si fosse imboscato con una tipa, ma quando il party è finito non l’ho trovato da nessuna parte e anche la sua auto era sparita dal parcheggio. Sono venuto fin qui perché pensavo fosse tornato da te, ma a quanto pare non è nemmeno a casa.”

“Tommy,” lo chiamai. Il mio tono suonò così severo che smise immediatamente di gesticolare e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.

“Sì?”

Un brivido di terrore mi percorse l’intera spina dorsale. “Quanta droga girava in quel posto?”

Lui deglutì a vuoto e prese a torcersi le dita lunghe e sottili. “Tanta, Sharon. Davvero tanta.”

Mi portai una mano sulla fronte e la lasciai scivolare su tutta la faccia; le gambe non mi reggevano più. “E Nikki è anche tornato indietro in macchina. Cazzo...”

Se Tommy non mi avesse presa per tempo, sarei sicuramente caduta per terra per la paura e la debolezza. “Non allarmiamoci, okay? Vedrai che lo ritroveremo. Sono sicuro che quel coglione si è appisolato da qualche parte e che adesso è fermo in una piazzola, come ha già fatto altre volte.”

Mi appoggiai alla sua spalla e iniziai a tremare: sapevo cosa significasse essere estremamente su di giri per una pista di troppo, e sapevo anche quanto fosse difficile smettere con quella merda. Non volevo che Nikki continuasse e il fatto che non fosse tornato aveva inevitabilmente dato origine ai viaggi mentali più drammatici ma anche più probabili.

“Perché non è ancora rientrato?” domandai impaziente.

Tommy scosse il capo e si appoggiò al divano, anche lui troppo stanco per reggersi in piedi. “Non lo so, ma sono convinto tornerà presto.”




N.D’.A.: Buonasera! =)
Ebbene sì, la situazione sta peggiorando molto più velocemente di prima e l’idillio tossico (che poi tanto idilliaco non è) di Nikki e Sharon potrebbe subirne le conseguenze. Questo capitolo era un po’ più corto rispetto agli altri, ma si tratta solo di una fase di passaggio molto importante per lo svolgimento della storia. Spero che la piega che questo racconto sta prendendo vi piaccia.
Un piccolo avviso riguardo la pubblicazione dei capitoli: siccome la scuola è cominciata anche per me e ci sarà da sgobbare anche quest’anno, non escludo di ritrovarmi costretta a non accedere per diverso tempo, sebbene di solito mi lanci in pubblicazioni-lampo dal momento che i capitoli sono già tutti pronti. Al massimo potrete leggere il capitolo nel finesettimana anziché di mercoledì, ma farò comunque in modo di avvisare o postare qualche giorno prima nel caso in cui prevedessi intasamenti. Ovviamente l’intenzione di pubblicare la storia fino all’ultimo capitolo c’è.
Ciò detto, ringrazio tantissimo coloro che leggono! ♥ Se però qualcuno volesse lasciarmi una recensione per farmi sapere che cosa ne pensa, mi farebbe molto piacere. =)
Ci si rilegge mercoledì prossimo!
Sleaze kisses,

Angie


Titolo: Nightrain - Guns N’ Roses


   
 
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