Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: DianYronwood    17/09/2014    0 recensioni
Prendete parte a una storia che trasuda di avventura e mistero, in cui i principi sono la forza, l'onore, il rispetto, la gloria, la volontà, la libertà... Nessuno farà inginocchiare Astrid, lei è Libera. Ma in costante pericolo, un pericolo di cui non rammenta l'esistenza, ma che la sta seguendo e che cercherà di ucciderla. Perché non si ricorda della sua vera natura? Cosa succederà quando scoprirà che il suo passato è solo un'ammasso di menzogne? Ma sopratutto, cosa farà a coloro che minacciano la sua libertà?
Dal testo: "Non ti devi fidare di me, Astrid." Mi sussurrò all'orecchio, con voce dolce, apprensiva. "Ti stavi lasciando andare. Non devi. Non ora." Disse ancora, preoccupato. "Non fidarti di nessuno. Ti stanno cercando."
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tutti rammentano delle grandi gesta di Odino contro gli Jotun, Padre Tutto che vinceva i Giganti del Ghiaccio nelle loro lande desolate, arse dal freddo e dal gelo di un inverno perenne.

Si, a Odino quella vittoria costò cara, dovette pagarne il prezzo.

Perse amici e soldati, oltre all'occhio; ma non tutti morirono, no, a molti spettò la pazzia e la mutilazione.

Come mio padre, egli perse, oltre alla lucidità, una gamba, un orecchio e una mano.

Quando tornò ad Asgard venne lodato da Odino, e le sue gesta eroiche vennero ammirate da tutti, insomma, aveva salvato la vita di Padre Tutto senza pensare a se stesso, a sua moglie che pativa la fame in un buco che loro chiamavano casa.

Gli vennero promesse molte cose, ori, ricchezze, una casa decente e un futuro raggiante nella Guardia Reale al loro primogenito, che nacque, ma nacque femmina, nacqui io.

Tutto quello che gli era stato promesso non arrivò mai, la sua fama andò diminuendo e così anche la sua fortuna, mia madre si ammalò gravemente e morì, gemendo nel letto di paglia marcia sotto i miei occhi, quella fu l'ultima volta in cui piansi.
Insieme a quella donna morì anche la forza di vivere dell'eroe caduto nel dimenticatoio e io dovetti crescere e diventare uomo, dovetti combattere per ottenere quello che mi era stato promesso, volevo entrare nella Guardia Reale, a qualunque costo. E ci riuscì.

Mi allenai da quel momento, senza nessuna sosta, senza nessuna pietà verso me stessa, tentando di perdere ogni paura, di infurbirmi, di sviluppare i sensi e riuscì ad imparare perfino una debole forma di magia.

Con il tempo divenni forte, e a mio malgrado anche dannatamente bella, i capelli corvini mi distinguevano tra tutti ad Asgard, e gli occhi sembravano racchiudere tutti gli inverni di Jötunheimr, il mio fisico era snello, dalle curve non troppo accentuate e piacevoli allo sguardo.
Ero una ragazza parecchio alta, dalla pelle alabastrina, perfetta, senza alcuna imperfezione, che mi faceva sembrare di porcellana, il viso angelico, anche se io, di angelico, non avevo proprio nulla.

Ben presto molti impararono a temermi, il volto angelico divenne pietra fredda, gli occhi erano lame che trafiggevano con un sol sguardo, capaci di uccidere chiunque, il mio divenne un animo freddo e illeggibile, che non conosceva alcuna pietà.

Entrai come da mio sogno nella Guardia Reale e non smisi di stupire tutti con la mia bravura, senza mai crogiolarmi nella poca gloria che mano a mano mi veniva quasi donata, divenni nota e in poco venni posta a capo della Guardia.

Il mio impegno era gravoso e mio padre, oramai del tutto pazzo, mi pesava sulle spalle, insieme alla casa, tutto era difficile per me, ma ero troppo orgogliosa per chiedere aiuto.

Pochi mesi dopo divenne noto anche il mio amore verso la cultura, il mio modo di pensare era brillante e riuscivo a intrattenere discorsi con i maestri che facevano invidia anche al grande Thor, che un giorno venne battuto da me in un torneo d'allenamento.

Io sono Astrid la Valorosa.
E questa è la mia storia.

Si intrecciò parecchio con quella di Loki, dio del caos e dell'inganno; mi accorsi subito della sua presenza, ma lui ci mise parecchio ad accorgersi della mia.

Sono più che certa che lui mi vide effettivamente quando la lama della mia spada puntava alla gola di un Thor impolverato, ansimante e sudato, gettato a terra con gli occhi colmi di stupore.

Vidi chiaramente gli occhi di Loki accendersi, sentendo un fuoco di gioia esplodergli nel petto, mentre colui che sempre l'aveva umiliato, veniva adesso umiliato da una donna, da me; mi sentii i suoi occhi addosso, che mi divoravano, che mi spogliavano e cercavano di leggere ogni crepa del mio animo in apparenza così forte e autoritario. Non ne trovò, per una volta non riuscì a giocare con la mente di qualcuno, si accorse ben presto che la mia era una volontà ferrea, che non si sarebbe mai piegata a nessuno, e tutto ciò, invece di scoraggiarlo, lo incitò a tentare e ritentare. Non aveva mai perso nessuna sfida, aveva sempre letto tutti senza difficoltà, ma io ero impenetrabile, una barriera che non lasciava trasparire alcuna emozione, come lui, che mai diede a vedere la rabbia di non riuscire a prevedere le mie mosse.

Da quell'istante potevo sentire i suoi occhi che mi osservavano ininterrottamente, mi seguivano durante ogni mio turno, dall'alto delle sale alle finestre dei corridoi. Tutto ciò mi riempiva d'orgoglio, quando li sentivo farsi più pesanti mi sfuggiva un sorrisetto compiaciuto, ma non arrossii mai, mai gli diedi questa soddisfazione.

Spesso capitava che ci incrociassimo nei corridoi, io presa con le mie ronde e lui che probabilmente si recava a farsi mettere i piedi in testa dal Padre Tutto e dal fratello. Non ci scambiammo mai un sguardo, io guardavo fisso avanti a me e lui continuava a camminare con il suo passo lungo e strafottente, sentivo una fiamma crescermi nel petto e riuscivo a percepire quasi la sua, ma della mia non ce n'era prova evidente, solo io la conoscevo.

Portavo sempre i capelli acconciati come le Fanciulle con lo Scudo di Midgard, con piccole treccioline ai lati della testa che mi portavano i capelli indietro, lasciandoli ricadere dolcemente sulle spalle e lungo la schiena; un dì decisi di cambiare, le feci solamente da un lato, spostando i capelli da una parte e lasciando il collo d'alabastro scoperto per metà. Montai fedelmente la guardia, come facevo sempre, ma quel giorno riuscii a sentire le fredde dita di Loki appoggiarsi sulla pelle e accarezzarla lievemente, mi vennero i brividi, che mi corsero lungo la mia schiena come una scarica elettrica, mi voltai a guardare e mi accorsi che non vi era nessuno, aveva usato la magia, non si sarebbe mai lasciato vedere da qualcuno fare quei gesti.

Tutti questi suoi comportamenti andarono avanti per molto, io ne ero estremamente orgogliosa, me ne compiacevo, mi abituai ad avere il collo scoperto da una parte, poiché tutti i giorni continuai a sistemarmeli a quel modo, mi abituai anche alle carezze di Loki sulla mia pelle, per nulla fastidiose o invadenti, semplicemente fredde... e piacevoli.

Qualche settimana più avanti mi venne concessa un'oretta per rilassarmi dopo una giornata di lavoro estenuante, la passai di buon cuore nei giardini e nelle foreste all'interno del palazzo, talmente grande da poterne ospitare una, anche se piccola, abbastanza fitta. Mi sedetti nell'erba morbida, godendomi il calore del sole, mi sciolsi le trecce, non so perché lo feci ma appena finii un vento li spostò, rivelando ancora una volta la mia pelle, capii subito che c'era lo zampino di un certo dio di mia conoscenza, difatti non sentii più le sue dita sul collo, ma delle labbra esperte, che mi lasciarono un dolce bacio per poi cingermi tra le braccia, affondò la testa nei miei capelli sciolti e ne inspirò l'odore a pieni polmoni, subito si invaghì del mio profumo, un selvatico aroma di iris blu. Risi, si, risi, dopo molto tempo mi sfuggì una risata dal suono dolce e ricco, sottile come un filo d'erba. Sentì un sorriso crearsi un valico sul suo volto, lo sentii contro la mia stessa pelle, ma appena se ne accorse svanì come era arrivato.

Il mio sentimento nei confronti di Loki prese forma, iniziai a rendermi conto di quanto fosse importante per me, di quello che sarei stata capace di fare per lui. Una volta messe le carte in tavola capii che lo amavo, nonostante non ci fossimo mai parlati realmente, nonostante tra noi ci fossero solo delle carezze nascoste, piccoli momenti d'intimità ignoti a tutti, dove il dio usava la magia solo per toccarla.
Non capii mai cosa lui provasse per me, fu una sensazione straziante credere di essere una pedina del suo piano di potere mentre il mio cuore mi ripeteva che lui ci teneva a me, che io per lui ero importante nonostante non lo desse a vedere. Soffrii molto per colpa sua, forse se ne rese conto, forse no.

Il ricordo più bello che ho di Loki è quasi assurdo.

Era una giornata come tutte le altre, io montavo la guardia come mio solito, ero in piedi, con la lancia stretta in mano e lo sguardo austero avanti a me. Loki mi si avvicinò a passi sicuri, lo vedevo camminare dritto contro di me e mi si fermò proprio davanti, fissandomi con le iridi verdi, mi abbracciò con uno scatto, mi strinse con forza, lasciando che i miei capelli gli si infilassero tra le dita. Non mossi lo sguardo, continuai a fissare avanti a me, ma una lacrima mi cadde dall'occhio destro, come se il ghiaccio dei miei occhi si stesse sciogliendo.
Quella mattina mio padre non si era svegliato.

E lui lo sapeva.

Mi aveva fatto capire che c'era, per me c'era.

Mi aveva fatto credere di essere così importante da sopportare lo sguardo e il vociare di tutta Asgard su quell'abbraccio di semplice supporto, per lui. Per me era di più.

Io mi sentivo protetta.

Mi sentivo voluta.

Continuò a tenermi stretta per lunghi istanti, teneva la mia testa tra le mani, adagiandola contro il suo petto.

La mia lacrima si fece strada lentamente sul volto pietrificato, un piccolo cristallo ghiacciato che scorre lungo la pelle di una statua, austera e rigida, irremovibile dalla sua guardia, e si estinse sulla giacca del mio protettore.

Fece scorrere la fredda mano lungo il mio braccio, prese la mia tra le sue dita, mi lasciò un dolce bacio sul dorso e la strinse tra i suoi palmi prima di scostarsi.

Non smise di tenermi per mano, ma quando alzai lo sguardo e i nostri occhi si incontrarono finimmo in stallo, lui vide i miei occhi persi e io le sue iridi disarmanti, dopo questi interminabili istanti mi lasciò la mano e mi fece cenno di seguirlo.

Fece qualche passo avanti, ma si fermò non sentendomi raggiungerlo, si voltò e mi guardò incitandomi a eseguire quello che avevo pensato fosse un invito o una richiesta, ma che in realtà era un ordine.

Mi affrettai a seguire Loki e mi portò davanti a una porta di legno, di ottima fattura, intarsiata d'argento, la aprì e mi lasciò entrare nella stanza, chiudendosi le porte alle spalle.

La stanza era bellissima, semplice, ma bellissima.

I muri erano di un color crema chiaro, dipinti con cervi, lupi e foreste in inverno, c'erano scaffali ricolmi di vecchi libri e candele consumate dalla fiamma.

C'era un letto al centro, a baldacchino, con delle lenzuola color turchese.

Mancava una parete, la stanza si affacciava su un giardino riservato a me, con un manto erboso morbido come un materasso di piume, cosparso di fiori color del cielo, al centro c'era una fontana dove scorreva dell'acqua limpida e fresca, lasciando che un piacevole scrosciare di acqua invadesse l'atmosfera insieme al canto degli uccelli e al frusciare dolce delle foglie degli alberi.

"Pensavo che saresti potuta rimanere a vivere qui, ora che tuo padre è morto." Lo disse freddamente, Loki, con le mani dietro la schiena.

La stanza sembrava pronta da settimane, come se volesse pormi questa domanda da tanto tempo, ma non ne avesse mai avuto il coraggio, come se stesse aspettando il momento perfetto per farlo ma lo avesse trovato solo ora, come se avesse paura di un rifiuto.

Non proferii parola, mi limitai ad abbozzare un gesto di assenso con la testa per accettare la sua richiesta.

Non sentendomi dare risposta, Loki si girò e se ne andò, quasi deluso. Meccanicamente io voltai la testa, lasciando che il mio profilo apparisse da dietro le spalle e le ciocche dei folti capelli corvini.

"Aspetta." Gli dissi, senza ragione, solo per impedirgli di lasciarmi.

Egli si voltò immediatamente come se si aspettasse che io lo fermassi, come se sperasse che io lo fermassi...

"Vuoi ringraziarmi, per caso, ragazza?" Disse con freddezza, quasi rimprovero.
"Non proprio... Loki... io..." Ero restia a parlare, non era da me, ma per lui, per quello che aveva fatto per me, si, ci avrei almeno provato.
"Ebbene?" Proprio così, mi stava rimproverando, presi la mia decisione e freddai ancora una volta il mio animo.
"Niente, Loki." Ripetei di nuovo il suo nome, sottolineandolo. Mi girai verso di lui per vedere il suo volto impenetrabile nascondere la rabbia che gli stava montando inesorabile e implacabile nel petto.

"Quando vuoi, mio principe, ora che vivo qui, puoi venirmi a fare visita. Almeno così non dovrai nasconderti come un codardo per baciarmi." Quella che gli lanciai era una sfida bella e buona, e lui l'accettò subito.
Fece qualche passo verso di me, misurando lo spazio che prima ci divideva, fino a quando non mi fu davanti e non mi squadrò dall'alto con le sue iridi elettriche di giada purissima, senza mai perdere il suo ghigno onnipresente, con le mani dietro la schiena.

Lo ammetto, in quel momento mi sentì una fiamma esplodermi dentro, sul volto non persi l'autorevolezza, ma stavo sudando,  e lui se ne accorse, sia dannato sempre, lui, che riusciva a leggermi come si legge un tomo in biblioteca; distolsi lo sguardo dal suo e voltai appena il viso verso destra.

Loki mi prese il mento tra il pollice e l'indice, costringendomi ad incontrare di nuovo i suoi occhi irresistibilmente attraenti.
"Per farti sentire come la puttana che sei, eh?" Mi disse, sghignazzando sornione godendosi la mia reazione: la mia mano volò inarrestabile contro la sua pelle chiara e perfetta, lo schiaffo che gli serbai rimbombò per tutta la stanza, lasciando una chiazza rossa sulla sua guancia.

Non seppi perché lo feci, non che non se lo meritasse, ma lo feci e basta, per istinto, guidata dalla mia rabbia.

Subito lui mi strinse la vita con le braccia e mi sollevò da terra.
"Impudente sgualdrina, adesso ti mostro cosa significa sfidare Loki da Asgard!" Mi dimenai, mi dimenai come una belva, una serpe tra le braccia di colui che le avrebbe tolto la libertà.
Agitai le braccia e le mani strette a pugno, le battei contro la sua schiena e lui mi sollevò di più, appoggiandomi sulla sua spalla come si fa solitamente con i sacchi di patate e si diresse ridendo verso il letto.

"Sei selvatica, bambina mia, ed è risaputo che le donne come te sono quelle che riservano le migliori sorprese a letto!"

"Come un pugnale nella schiena!" Ringhiai io a denti stretti.

"Come tu desideri, piccola, ma prima mi prenderò quello che voglio." Rise ancora e mi scaraventò sulle coperte color turchese.

Si tose la giacca e rimase con la camicia scura, e io ne approfittai per voltarmi e sgusciare sul letto lontano da quell'uomo.
In un istante, quello che sembrava un essere posato e costante un momento e che nell'altro era l'esatto contrario, e per un istante ne ebbe paura, una paura che la travolse come un'onda d'acqua ghiacciata, che la immobilizzò e le fece mancare il respiro.
Per la prima volta nella sua vita aveva fatto un passo indietro ed era caduta, aveva ceduto terreno a qualcuno, ma aveva riposto la sua fiducia, tutta la sua fiducia in lui, trovando qualcuno a cui sapere di potermi affidare, che mi proteggesse.

L'onda amara della delusione si fece spazio nel mio animo, e di nuovo la freddezza e la diffidenza presero il sopravvento, la paura divenne determinazione, ma prima che fossi in grado di ribellarmi con tutte le mie forze, lui mi prese per le caviglie, mi tirò a se e mi si sdraiò sopra. Con le sue mani prese le mie e chiuse le mie cosce tra le ginocchia.

Leccò il lobo del mio orecchio, e poi passò a lasciare una scia di baci umidi lungo la mia spina dorsale, la sua mano fredda e umida andò a prendere la mia spalla per tirarla a se con fare possessivo, mi contorsi sotto la sua presa con fare sofferente, come se avesse stretto le mani su uno spiacevole livido.

"Non ti devi fidare di me, Astrid." Mi sussurrò all'orecchio, con voce dolce, apprensiva. "Ti stavi lasciando andare. Non devi. Non ora." Disse ancora, preoccupato. "Non fidarti di nessuno. Ti stanno cercando."

Contrassi la fronte senza più opporre resistenza, avevo capito perché aveva fatto tutto questo, perché se non mi avesse bloccata, non l'avrei ascoltato, era dannatamente serio e mi ha passato tutta la sua preoccupazione. Un attimo.

Era preoccupato per me?
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: DianYronwood