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Autore: Valu Valonsa    18/09/2014    0 recensioni
Storia in ambito scolastico. Il racconto di come un'amore nato tra i banchi dell'asilo sia sopravvissuto al tempo,ai cambiamenti e alla distanza. Perchè se è amore vero, lo è per sempre.
Nonostante tutto.
Ovviamente.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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                                                                            SARA


“Saraaaaa!! Alzati,non puoi fare tardi anche oggi! Almeno oggi sii puntuale. È l’ultimo primo giorno di scuolaaaaaa..”
Mi alzai di soprassalto con queste urla nelle orecchie,ma nella mia stanza non c’era anima viva. Quando pensai di aver sognato tutto gli schiamazzi ripartirono. Quella cessa della mia unica migliore amica aveva impostato una sveglia bomba per farmi alzare in orario. L’avrei ammazzata. Svogliatamente, molto svogliatamente mi trascinai in cucina, la casa era ormai vuota. La piccola Sasi, come mi chiamava papà, era figlia unica con dei genitori perennemente a lavoro.
E Sasi, cioè Sara, cioè io non sapeva perché a volte si trovava a parlare di se stessa in terza persona.
Comunque ormai in cucina feci colazione come avrei fatto anche i giorni a venire senza eccezionali avvenimenti terrestri a sconvolgere questa abitudine. O almeno così pensavo sarebbe andata, perché in effetti così era sempre stato.
Fino a quel momento, quell’anno, quell’attimo.
Prima o poi le cose sarebbero cambiate anche per me.
Ovviamente.
Comunque quella mattina mi lavai e mi vestì e in perfetto orario bussai alla vicina di casa.

“Sei una stronza! Mi hai fatto cacare sotto stamattina, chiamare, citofonare anche appenderti alla finestra sarebbe stato più gradito della super bomba sveglia.”

Eh già la mia vicina era la mia migliore amica, timida, dolce e tenera come un peluche.

“L’ho fatto per te Sasi, lo sai che almeno oggi devi essere puntuale. Devi almeno dare l’impressione di essere maturata.”

Sconsolata iniziai a scendere le scale accompagnata da Penelope, che continuava a discutere sull’importanza della maturità. Ultimo anno per entrambe, ma purtroppo in istituti diversi. All’epoca io scelsi il liceo scientifico  Ariosto e lei quello classico Petrarca. Stesso pullman, ma con fermate diverse.

“Possiamo evitare di parlare ancora della maturità? Mancano nove mesi ancora, arriverai preparata fidati.”
La canzonai incoraggiandola, era un genio vivente e si preoccupava di eventuali scossoni ai suoi voti.
Finalmente si decise dopo un po’ a cambiare discorso, parlammo del più e del meno fino a quando poco prima di scendere modificò ulteriormente l’oggetto di discussione.


“Mamma stamattina mi ha detto che Giorgio ha cambiato istituto, secondo lei verrà all’Ariosto.”
Mi svegliai di colpo, i miei neuroni iniziarono ad inviare una moltitudine di informazioni a tutto il corpo.

“Giorgio? Giorgio Motri?!”
Chiesi titubante, ma lei annui con estrema decisione. Penelope sapeva tutto, era ovvio, ma piazzarmi una notizia così era da meschini. Arrivò la sua fermata e mi salutò con un bacio e prima di scendere aggiunse:
“Sveglia al 100% ora lo so, non ti abbattere e goditi l’ultimo primo giorno di scuola. Poi se ti scappa quel pensiero già sai cosa ne penso…”

E scese ridendo. Era proprio una cessa, ve l’ho già detto?
Penelope la futura psicologa sosteneva che il mio Giorgio non era scomparso del tutto, si era solo assopito e aspettava il momento e la persona giusta con cui risvegliarsi. Giusto per la cronaca, per lei ero io la persona giusta, ma molte molte e molte volte le ho ripetuto che tra noi ormai non c’era più comunicazione. Nel senso che ormai ci salutavamo solo con un lieve movimento della testa ogni volta che lo vedevo fuori il mio istituto vicino ad una nuova ragazza. Lui, Giorgio, frequentava il classico, ma lo sapevano tutti che il greco non era il suo forte, ma ormai arrivato al quinto anno non pensavo avrebbe cambiato più nulla. E invece adesso me lo sarei ritrovato tutti i giorni nell’istituto.
Bene.
Molto bene.
Una questione era un lieve e insignificante saluto se e quando i nostri sguardi si incrociavano, ma il pericolo di incontrarlo nei corridoi circondato da chissà quali braccia non l’avrei sopportato facilmente. Era ovvio, per coloro che mi conoscevano bene, che mi piacesse da morire, ma per tutto il resto del mondo io non sapevo nemmeno della sua routine. Ci salutavamo come due vecchi amici di asilo e medie, ma niente in più e niente in meno aggiungevo quando e se mi venivano chieste informazioni a riguardo. Quel Giorgio non era il mio, quindi mi astenevo dal giudicarlo e mi limitavo solo a fissarlo all’uscita sperando in un cenno del capo.
Scesi dal pullman un po’ afflitta, non ero preparata alla novità e di conseguenza non sapevo cosa sarebbe cambiato nel mio atteggiamento. Essendo un tipo impulsivo ci si poteva aspettare tutto da me e io ero la prima a preoccuparmi delle mie stesse reazioni. Mi ripetei per tutto il tragitto dalla fermata all’entrata dell’istituto che sarebbe andato tutto bene, che alla fine era uno su mille alunni e che non era detta l’ultima parola.
Piena di questa nuova speranza notai tra la folla il mio miglior  amico/consigliere/compagno di banco dall’asilo Toto, Antonio sulla carta d’identità, e mi diressi verso di lui a passo spedito.

“Toto buon dì!”
Lo salutai con tutta l’allegria che l’orario mattutino, l’occasione e la pigrizia mi permisero di esprimere. Lui si voltò con un gran sorriso e mi abbracciò. Profumava sempre di pulito e di muschio, una combinazione che mi rilassava sempre un pò.

“Sasi buon giorno. Puntuale come non sarai più…c’è lo zampino di Penelope?”
Mi salutò sorridendo, come sempre del resto. Toto e Penelope facevano coppia fissa ormai da 3 anni e a farli incontrare fui proprio io. Insomma due ossessionati dalla maturità e dalla puntualità non potevano non andare d’accordo, ma mai avrei pensato che potesse nascere qualcosa in più. Quando mi resero partecipe della bella novella ne fui prima sorpresa e poi estremamente contenta.
 
“Sì! Stamattina mi ha scaraventato giù dal letto con una sveglia bomba, che la possino baciare gli dei!”
Risposi ricordando ancora la paura di poche ore prima.

“Oh ma la sai la novità? Giorgio viene quii. Aveva fatto la richiesta per stare con noi in classe, ma non ho capito che problema c’è stato. Però dai starà qua in istituto insieme a noi.”
Disse gioioso e sorridente guardando alle mie spalle. Cercai di sorridere anche io, lievemente sollevata di non trovarmelo in classe, ma ancora angosciata per la costante presenza nel plesso.
 
“Sì Penelope mi ha anticipato qualcosina, sono…sorpresa che abbia cambiato. Potrai riallacciare i rapporti.”
Mi arrangiai con una risposta pessima, ma sempre meglio che restare a bocca aperta come uno stocca fisso. Purtroppo però Toto già non mi ascoltava più essendosi lanciato in un saluto animalesco proprio con il soggetto tanto discusso. Quando mi voltai me lo ritrovai ad un palmo dal naso con quasi in braccio Toto e lo sguardo fisso su di me. Accennai timidamente un sorriso e un saluto con la mano, ma lui sembrava seguire chissà quale pensiero che non ricambiò subito.
 
“Sono davvero contento che ci faremo insieme anche quest’anno. ”
Esordì Toto con tantissima allegria, ma Giorgio sorrise quasi emozionato. Beh dire che lui si potesse emozionare forse era esagerato, ma qualcosa di particolare nei suoi occhi la notai. A titolo informatico continuava a fissarmi, a tal punto che Toto pensò che lui non si ricordasse chi fossi.
 
“È Sara, la ricordi?”
Chiese perplesso Toto e solo a quel punto lui distolse lo sguardo e illuminandomi con il sorriso rispose.
 
“Certo che me ne ricordo. È solo che è davvero cambiata.”
Nei tre mesi estivi mi ero un po’ abbronzata, ma apparte quello non c’erano altri cambiamenti dall’ultima volta che mi aveva visto fuori scuola. Per un attimo mi illuminai scoprendo che forse mi salutava perché lo fissavo, non perché si ricordasse chi fossi.
 
“Non sono cambiata molto dall’ultima volta che ci siamo visti fuori scuola..”
Sussurrai quasi timidamente, era inevitabile non sentirmi in soggezione. Perché quei due mi fissavano e perché mi fissavano sorridendo?
 
“Oh sì lo so, ma di sfuggita non riuscivo a vedere i cambiamenti.”
Almeno mi riconosceva, fortunatamente fui salvata dalla campanella di inizio lezione. Mi fiondai in classe senza salutare nessuno. Come primo giorno di scuola non era iniziato malissimo, ma nemmeno tanto bene. Quei suoi occhi neri fissi nei miei mi elettrizzavano e intimorivano e la sua stazza mi donava un senso di protezione strano. Io che non ero abituata a quel contatto così ravvicinato decisi di restarmene alla larga dal suo spazio vitale, per salvaguardare il mio. Era meglio non averci a che fare, perché non volevo risvegliare sentimenti lievemente assopiti e men che meno volevo mettermi sulla bocca di tutte le giovincelle dell’istituto.
Ma ovviamente non tutto sarebbe andato secondo i miei piani.
Già durante la ricreazione fu interrotta la mia forzata distanza verso Giorgio. Toto era uscito fuori a chiamarlo e per stare un po’ insieme, invece io avevo arrancato una pessima scusa ma ero rimasta in aula. Dopo nemmeno 10 minuti li vedo tornare insieme. Li fissai come se fossero degli alieni e mi chiedevo perché i più chiacchieroni e perdi tempo che conoscevo venivano a sedersi in classe, quando avevano a disposizione 15 minuti per starsene lontani. Potevo capire Toto, ma Giorgio cosa diavolo facesse lì non era chiaro a nessuno.
 
“Che ci fate qui?”
Chiesi in balia dei miei pensieri appena si furono seduti uno accanto a me e l’altro esattamente di fronte. Fu una domanda generica che posi fissando il disegno che stavo colorando, ma alla quale rispose una voce calda e profonda.
Se ero arrivata già a definire con tanta enfasi la sua voce dovevo prendere seri provvedimenti.
 
“Come che ci facciamo qui?... Qui ci sei tu.”
Alzai di scatto la testa trovandomi a pochissimi centimetri dalla sulla faccia, dai suoi occhi neri e dalle sue magnifiche labbra carnose… Lo fissai perplessa pensando che qualcosa di ovvio mi sfuggiva e poi mi voltai al mio fianco dove un Toto divertito messaggiava con Penelope. Che diavolo era rientrato a fare se nemmeno mi dava retta?
 
“Appunto cosa ci fate qui, andate a gironzolare senza pensieri.”
Risposi riportando l’attenzione sul mio disegno. Era un girasole,il mio fiore preferito, ed era il disegno che facevo di continuo da quando ero piccola.
 
“Sei migliorata nel disegno.”
Fui costretta a risollevare sorpresa il mio sguardo, e lui era sempre lì che sorrideva come un bambino, con gli occhi pieni di divertimento. Senza pensarci due volte gli misi davanti un foglio bianco e spostai tra di noi i colori, un silenzioso invito a disegnare con me. Inaspettatamente Giorgio non se lo fece ripetere nemmeno a voce che afferrò la matita per iniziare lo schizzo. Rimasi imbambolata a fissarlo, mentre lui concentrato iniziava a definire l’immagine. Mi ripetevo mentalmente cosa fosse successo in quell’attimo di avventatezza e come con un semplice disegno Giorgio potesse trasformarsi in un bambino. Mi ricordai chiaramente quando da piccolini facevamo la sfida al disegno migliore, in quel momento come allora eravamo noi. Solo noi,un po’ cresciuti.
Passammo tutta la ricreazione a colorare e a disegnare, mentre Toto si divertita con Penelope alle nostre spalle.
 
“Sasi sembra un fiore schiacciato da un trattore..”
Giorgio alzò di scatto la testa sorridendo mentre Toto ,sempre simpatico come un riccio in un occhio, distruggeva la mia autostima artistica in un nano secondo spaziale.
 
“Sasi?”
Pronunciò il ragazzo di fronte a me e mai il mio nome era giunto così soave alle mie orecchie.
 
“Che nomignolo particolare… Chi… Insomma chi ti chiama così?”
Chiese titubante.
 
“Mio papà mi ha sempre chiamato con questo nome e si è poi diffuso grazie a mia madre.”
Risposi cordiale, ma a quanto pare Giorgio era davvero interessato all’argomento.

“E perché ti chiama così?”
Mi spiazzò, in quanto non avevo mai chiesto a mio padre l’origine di quel nomignolo e prima che potessi rispondergli si alzò e prima di uscire dall’aula ci salutò.

“Ci vediamo all’uscita.. Eh ah Sasi chiedi a tuo papà che sono curioso. ”
E se ne andò lasciando impresso nelle nostre memorie il sorriso di colui che nascondeva qualcosa.
Dopo poco che uscì dall’aula mi voltai verso Toto per dirgliene quattro.
 
“TU! Ma dico io decidi di restare in aula e non mi parli nemmeno!? Ma che amico sei oh!!!”
 
“Io??? Sasi mi conosci fin troppo bene, lo sai che io voglio gingillarmi tra i corridoi durante la ricreazione. Giorgio ha insistito per venire da te…”
 
“Da me?! E perché?”
Mi zittì di colpo, non mi sarei mai aspettata un risvolto del genere.

“Ma che ne so…ha detto che voleva vedere se eri cambiata del tutto. Non ho indagato oltre…è un po’ strambo e lo è sempre stato lo sai.”
Annuì in silenzio pensando ai tanti possibili motivi per cui Giorgio si comportava così, alla fine non ne trovai uno veramente valido quindi mi appoggiai alla tesi di Toto sulla “stramberia”. All’uscita scappai a raffica cercando di evitarlo accuratamente, ma mi sembrò di averlo visto parlottare con una ragazza bionda nel cortile della scuola. Parlavano così vicini che sfidavo chiunque a scommettere anche mezzo penny che mi avesse visto andare via. Una volta giunta a casa mi rilassai al 100%, avevo giusto il tempo di pranzare prima che Penelope mi avrebbe chiamato per sapere nei dettagli quello che Toto le aveva raccontato. Mi rincuorava tornare a scuola solo il pensiero di essere ritardataria cronica, quindi fuori scuola non lo avrei di certo visto e speravo ardentemente che l’indomani e nei giorni a venire Toto si sarebbe ribellato e l’avrebbe costretto a stare in giro.
Puntualissima come sempre Penelope mi telefonò.
 
“Sasiiii ma cosa è successo oggi?”
Ed ecco che partivano tutte quelle serie di domande che mi ero posta anche io, con molta calma e apparente indifferenza le spiegai cosa fosse successo e le ribadì che era diventato pazzo proprio. Tentò più volte di farmi cedere, ma non le avrei mai confessato dello sguardo da bambino che mi aveva rivolto mentre disegnavamo e del subbuglio interiore che mi suscitò. Erano solo coincidenze inutili e futili, Giorgio oramai era cambiato sotto ogni aspetto.
Quando giunse la sera, dopo aver perso tempo tutto il pomeriggio a leggere sul divano, rientrarono anche i miei e colsi l’occasione per togliermi anche un altro pensiero.
 
“Ciau babbo. Posso chiederti una cosa?”
Eravamo a tavola e con la bocca piena di carote annuì. Sorridendo per la sua faccia buffa continuai.
 
“Senti ma dove è nato il mio nomignolo? Come ti è venuto in mente?”
Sembrò per un attimo sollevato, chissà a quale domanda si era preparato. Ingoiò, si pulì e poi mi degnò di una risposta.
 
“Ma no Sasi non l’ho pensato io. Ti sentì chiamare così da un bambino all’asilo. Non so se te lo ricordi…. Quello con cui disegnavi sempre, con gli occhi neri neri.”
Si fermò pensieroso cercando di ricordare il nome di quel bambino, mentre io con la bocca aperta lo guardavo incantata.
 
“Giorgio amore. Il bambino si chiamava Giorgio.”
Si ricordò mamma del nome del bimbo che riempiva da un paio di minuti la mia mente.
 
“Ah si è vero Giorgio! Era il giorno genitori-figli e tu giocasti con lui tutto il giorno, mentre Antonio scarabocchiava quaderni. Poi ti addormentasti e mentre ti prendevo in braccio Giorgio ti diede un bacino sulla guancia e ti salutò dicendo: a domani Sasi. Era carino come nomignolo così l’ho preso in prestito.”
Ero ancora impietrita sulla sedia, quel nomignolo era di Giorgio. Per questo in classe sorrideva sornione, per questo si era meravigliato di sentirlo usare da Toto.
 
“Ma che fine ha fatto questo ragazzo poi?”
Chiese mamma riportandomi alla cena in famiglia.
 
“È nel mio istituto, scientifico anche per lui.”
Risposi atona e pensierosa. Fortunatamente non lo nominammo più e così dopo aver finito il pasto mi buttai sul letto, mi allungai verso la cartella e presi il cellulare buttato lì dalla mattina ormai. Volevo rendere partecipe anche Penelope di questa svolta epocale, portavo un nomignolo che mi era stato affibbiato dal mio Giorgio. Una sensazione di calore mi pervase pensando che qualcosa di suo mi era rimasto così accanto senza che ne fossi a conoscenza. Sbloccai il telefono e notai 4 messaggi, uno da un numero sconosciuto, uno di penelope e due di Toto e una chiamata sempre dal numero che non era salvato in rubrica. Aprì quello di Penelope:
 
Ore 10: 45
Ciau Sasii oggi a scuola non c’è religioneee,un’ora free….iniziamo bene :P Lì come procede?
 
Toto già mi aveva informato in tempo reale dell’assenza della prof, fortunati loro! Secondo messaggio proprio dal mio compagno di banco.


Ore 11:15
Come siete carini ahahahah

Allegato al testo c’era una foto mia e di Giorgio intenti a disegnare. Eravamo proprio concentrati al massimo, lui fissava il suo disegno, che tra l’altro si era portato con sé senza che nessuno lo vedesse, ed io il mio, ma sapevo benissimo che il pensiero era rivolto tutto a lui. A guardarci così sembravamo carini insieme… Mi maledì non appena formulai quel pensiero. Mi distrassi leggendo l’altro messaggio di Toto:
 
Sasinaa Giorgio voleva il tuo numero e io gli ho ceduta codesta informazione J
 
Cosa aveva fatto?? A chi aveva dato il numero?
Oh porca porta! Aveva il mio numero. Quante cose potevano stravolgermi la vita in un giorno solo? Mi alzai dal letto per prendere il libro che oggi pomeriggio mi ero dedicata a leggere e contemporaneamente lessi l’ultimo messaggio ancora chiuso.

Ore 14:03
Dove scappi così di fretta?Giorgio
 
E dallo stesso avevo ricevuto anche una telefonata nel pomeriggio.
Caddi a peso morto sul letto. Troppe troppe novità tutte insieme, tutte che riguardavano la mia ossessione segreta. Perché sembrava cercare un contatto con me? A  che gioco stava giocando?
Mi sdraiai e rimasi in quella posizione per mezz’ora, poi decisi che era educato rispondere.
Vabbene non c’entrava l’educazione, volevo rispondergli perché ne avevo parecchia voglia e perché cercavo di capire qualcosa in più della situazione.
 
Ore 22:30
Ciao J non scappavo da nessuna parte, tornavo a casa.
 
Inviai. Mi tremavano le mani alla sola idea che Giorgio stesse leggendo il messaggio. Non mi sarei mai voluta trovare in mezzo a casini vari per questo scambio telematico, ma resistere era pressappoco impossibile.
 
Ore 22:31
Eccoti finalmente! Che fine hai fatto? Pensavo che Toto mi avesse dato un numero sbagliato :/ comunque stamattina scappavi proprio,non ho avuto modo di salutarti.

Cazzo era proprio vicino al telefono!
Chi voleva salutare? Me o quella bionda con cui parlava fitto fitto? Evitai questa frase nel messaggio che inviai ovviamente!
Cominciammo  a messaggiare  rispondendoci dopo attimi,nemmeno minuti.
 
Ore 22:38
Scusa ero di là a leggere. Sì cioè no è che mi aspettavano i miei a casa quindi camminavo a passo veloce :P
 
Ore 22:39
A proposito hai chiesto per il nomignolo? Sono molto curioso.
 
Ore 22:40
Sì ho domandato e ha detto che mi ha sentito chiamare così da te…
 
Ore 22:41
Se ne ricorda! Adesso sei la Sasi di tutti, ma eri solo mia

Spalancai gli occhi. Mi avrebbe fatto morire questo qui, ne ero certa. Rimasi a fissare il telefono senza sapere cosa rispondere. Cosa dovevo dirgli? Eh sì magari fossi solo tua..? Oppure ti fai tutte ti manco solo io…?

Ore 22:52
Hey ci sei ancora?
 
Ore 22:52
Sì sì sono qui. Mi sono messa a letto scusa.
 
Ore 22:53
Anche io sono a letto. Hai sonno?
 
Ore 22:54
Non tanto in realtà tu?
 
Ore 22:55
Assolutamente no, sono elettrizzato.
 
Ore 22:56
Hahaha hai preso la corrente?
 
Ore 22:56
Posso chiamarti?
 
Il cuore stava per saltarmi fuori dal petto, batteva troppo all’impazzata e le mani sudavano. La mia testa mi urlava di pregarlo di chiamarmi e il mio cuore quasi lo supplicava, invece contro ogni mia volontà non riuscì nemmeno a rispondergli. Il telefonò vibrò tra le mie mani. Inconsciamente sfiorai lo schermo e dopo un attimo appena sentì sussurrare il mio nome un calore immenso mi invase.
 
“Sara ci sei?”
Chiese sussurrando, mentre sul mio volto nasceva un sorriso.
 
“Sì sono qui.”
Risposi anche io a volume basso, ma eccitata come mai prima di allora.
 
“È bello sentirti…”
Continuò e mi immaginai anche sul suo viso il nascere di un timido sorriso. Fortunatamente ero già a letto sotto le coperte e non c’era nessuno che potesse vedere la tonalità di rosso raggiunta.
 
“Eh è da tanto che abbiamo perso i contatti.”
Mi sentivo un’adolescente alle prime armi e armi o meno con lui era tutto amplificato.
 
“Sì è da tempo che non ci sentiamo. Mi sento un po’ a disagio scusa ahahah, ma perché non sono abituato. Vedrai che andrà meglio.”
La giornata non volgeva più a termine.Cosa voleva significare? Che avrebbe continuato a chiamarmi nel cuore della notte?
 
“Che significa? Abituare a cosa?”
Chiesi come una cretina e lui rispose con una risata avvolgente che poi cercò di contenere vista l’ora.
 
“Ci abitueremo a telefonarci e a sentirci e a vederci e tutto il resto al seguito.”
Rispose divertito. Io capivo sempre meno, cosa voleva da me?
 
“Io non ti capisco Giò davvero…”
Ero perplessa su tutta la linea, non sapevo né cosa intendesse nè cosa volesse, né cosa cercasse da me.
 
“Non mi sento chiamare Giò da una vita…”
Addio risata dolce, benvenuto tono sensuale. Sarei morta, di infarto e d’amore, ma sarei deceduta.
 
“Sì scusa, forse è meglio chiamarti Giorgio come tutti…”
Decisamente meglio… prendere le distanze da qualcuno: lo stavo facendo decisamente bene!

“NO!”
Urlò, energicamente pure tanto che saltai dal letto per la paura.

“No, puoi e devi chiamarmi Giò. Chiamami come desideri basta che lo fai…”
Rimasi incollata al telefono scioccata dalla sua voce, dalle parole e dal tono.
 
“Dimmi la verità cosa vuoi da me? Perché ad un tratto ti interessa anche come ti chiamo?”
Sussurrai più a me stessa che a lui, non si poteva passare dal lieve accenno di capo a livelli di confidenza più profondi nel giro di in 24 ore. Lo sentì sospirare prima di prendere parola.

“Ascoltami: domani invece di andare a scuola vieni al parco dove giocavamo sempre, ho bisogno di parlarti.”
 
“Scusa mi lasci così ora? Senza nemmeno un’anticipazione? Non dormirò!”
Impulsività maledetta, lui rise di gusto, ma ovviamente non aggiunse altro a riguardo.
 
“Domani sarà una bella, lunga e intensa giornata. Riposati.”
 
“Più di oggi?La vedo difficile.”
E rise ancora, facendo sciogliere me, il mio cuore e i neuroni che mi erano rimasti.
 
“Buona notte Sasi. A domani”

“Buona notte Giò…”
Fortunato lui che sarebbe riuscito a dormire.
Sappiate che quella notte io non chiusi occhio, rimasi a rileggere i messaggi e a rivivere la telefonata avuta con lui.
Cosa aveva da dirmi non ne avevo la più pallida idea.
Ovviamente.
Tutto poteva essere tranne quello per cui mi ero preparata un’intera vita.
Ovviamente.
 
 
 
   
 
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