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Autore: lauramelzi    18/09/2014    18 recensioni
"I-io non penso sia una buona idea.." lei sussurrò piano.
La dolcezza del suo smarrimento era quasi tangibile. Stefano le sorrise, bastardo.
L'alito del fascista le accarezzava le labbra, e Gaia sentiva il suo cuore batterle come impazzito nelle orecchie.
Annegò nei suoi occhi, oltre che nella vergogna, e come ogni volta in cui i loro sguardi si incatenavano, si creò un'elettricità che pregava di essere liberata.
Perché non voleva ascoltarla ora? Perché la stava ... perché si comportava così?
Confusamente Gaia si rese conto dell'inevitabile fine che le sue labbra avrebbero fatto di lì a poco.
Doveva fermarlo, pensò sconcertata.
... faceva così con tutte, era un montato, inafferrabile e irresponsabile.
lui, lui..
Lui la guardò.
La guardò e vide sotto la fievole luce della bajour quegli occhi nocciola, così sinceri, e con essi tutte le difese che la ragazza avrebbe voluto erigere contro di lui se avesse potuto, e le fece capire immediatamente che le avrebbe annientate se mai ci fossero state, che le avrebbe fatto ciò che era inevitabile, ciò che spingeva entrambi a stuzzicarsi ogni giorno, a essere così suscettibili, vulnerabili e ... duri.
"Non è mai una buona idea a fare la differenza."
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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A CHI IN AMOR PONE SPERANZA
 
 
 
 
 
 
 
Elle si svegliò nel piacevole torpore di un abbraccio protettivo.
 
Socchiuse gli occhi,  beandosi di quel calore inatteso e gradito.
 
Liuk ancora dormiva, mentre le sue braccia muscolose formavano come un guscio intorno a lei.
 
Alzò di poco la testa, strusciandosi inconsapevolmente contro il suo petto asciutto.
 
Lo guardò con tenerezza, quei tratti duri e levigati, quegli zigomi alti e eleganti, le ciglia folte e brune abbassate, la fronte distesa e rilassata. e quei capelli ...
 
Elle con lentezza vi passò in mezzo una mano, cercando di donargli un aspetto meno trasandato e destabilizzante.
 
Tutto di lui era destabilizzante, rifletté in pochi secondi.
 
Trovarselo la mattina, appena svegli, accanto al proprio corpo, era .. ecco .. nuovo, quasi irreale per una come lei.
 
Sembrava il frutto del peccato, sensuale e seducente anche a occhi chiusi. Chi avrebbe potuto resistergli?
 
Lo sguardo di lei cadde sulle labbra semichiuse.
 
Vergognandosene, lo rialzò subito. 
 
Quello che non si aspettava era che lui, a differenza di ciò che aveva creduto finora, fosse sveglio.
 
Sveglio e divertito.
 
Ma per tutti i cavoletti di Bruxelles.
 
Elle arrossì per l'imbarazzo di essere stata beccata in pieno e di riflesso cercò di tirarsi fin sopra il capo le coperte .
 
Liuk sorridendo del suo patetico tentativo, le bloccò il polso in una morsa gentile.
 
Quel tocco, quel singolo contatto, le trasmise piccole scosse che si irradiarono in tutto il corpo.
 
Elle si irrigidì sentendo più caldo di quello che realmente c'era.
 
In più quelle coperte erano troppo pesanti, -si, proprio quelle- e così le scalciò via con i piedini.
 
Lo sguardo provocante con cui Liuk le carezzò la pelle nuda del corpo quasi la spaventò.
 
Come diav..? Ma .. ehi! Perché era solo in intimo? O meglio in canottiera e mutandine?
 
Si girò dal lato opposto tremante di vergogna e rossissima sulle guance.
 
Il respiro le si fece affannato, mentre automaticamente tratteneva il respiro come fosse sott'acqua.
 
Ora.. oddio! O-ora l'avrebbe presa in giro, criticando il suo piccolo.. anzi no, inesistente seno .
 
Oddio.
 
Gli occhi le divennero lucidi mentre il battito del cuore aumentava vertiginosamente.
 
Le venne voglia di posarsi le mani sopra le orecchie, per non sentire le probabili critiche che ogni maschio sulla terra le avrebbe fatto, compreso lui, ma le mani in questo momento le coprivano il petto.
 
Non era colpa di Liuk.
 
Sua! Sua! Sua!
 
La colpa era sua.
 
Era ancora una bambina.
 
Una stupida e inutile bambina.
 
Una lacrima le cadde sul cuscino.
 
Liuk percependo quell'improvviso cambio di atteggiamento, vide quelle piccole spalle irrigidite innaturalmente.
 
Elle sentì il corpo asciutto del fascista dietro di se, e il respiro le morì in gola. Deglutì sonoramente mentre sperava non notasse i suoi lacrimoni.
 
Liuk le prese il mento tra due dita e lo girò verso di se lentamente, con inaspettata dolcezza.
 
Elle si vergognò di dovergli mostrare i suoi occhi lucidi, ma lui non le diede alcuna via secondaria se non incrociare l'azzurro dei suoi occhi, potenzialmente letale in quel momento.
 
"A-ascolta.. i-io non sono brava con .. con questa cose" tirò su con il naso " e non sono neanche bella" le sfuggì dalle labbra rosse bagnate di lacrime salate
 
"Insomma io no-non sono .. " io non sono abbastanza. Era questo che stava per dirgli?
 
Liuk la guardava senza dire niente e Elle si sentì ancora peggio. Un velo pesante come piombo le oppresse il petto, togliendole il fiato.
 
Il fascista le si avvicinò in un solo movimento, portando quella bocca tentatrice vicino al suo orecchio rosso.
 
"Taci" le sussurrò roco all'orecchio "stai zitta" 
 
Elle non stava neanche più respirando, e lui lo capì subito visto che era praticamente sdraiato sopra di lei e non la sentiva inalare aria.
 
Si tirò su, e la trascinò con se.
 
Elle in pochi secondi si ritrovò tra le sue gambe, la testa adagiata delicatamente su un ginocchio del ragazzo e  quindi sorretta da lui, che in quel preciso momento la stava osservando inscrutabile. 
 
Le mani della piccola ebrea erano ancora a protezione sul seno, le labbra tremanti e gli occhi lucidi.
 
Gli occhioni spaventati fissi nei suoi.
 
Liuk le alzò il mento con un dito, poi lentamente posò le labbra su quelle morbide di lei.
 
Elle potè sentire il cuore rimbombarle nelle orecchie impazzito, una scarica di pura energia attraversarle la schiena e diramarsi poi. Il fascista le lavorò delicatamente le labbra, mordendo dolcemente, assaporando quella fragranza femminile semplice e inibitrice che lo faceva uscire di testa, pregustando quel sapore dolce che era unicamente suo.
 
Fu lei a lasciargli un piccolo spiraglio, a concedergli un muto permesso di avere di più.
 
Liuk le sorrise sulle labbra.
 
Poi una miriade di sensazioni la assalirono tutte insieme.
 
Eccitazione e lussuria, ansia e desiderio, avidità.
 
Avidità di lui.
 
Le loro lingue duellarono dolcemente tra loro, strusciandosi e provocandosi a vicenda.
 
Elle dimentica delle proprie paure, portò in una reazone istintiva le dite tra i capelli di lui, attirandolo più a se e giocando con i suoi capelli.
 
Liuk stava impazzendo. stava velocemente per perdere tutto il controllo che si era promesso di avere con lei, tutta la calma che si era giurato di usare, tutta la pazienza..
 
La sentì d'un tratto mugolare contro di lui, nella sua bocca, e spingere quel piccolo e delizioso bacino verso l'alto.
 
Porca puttana.
 
Basta.
 
Elle sentiva come un fuoco accendersi dentro e bruciarle i polmoni mentre lui le posava incerto una mano sul seno.
 
Lampi improvvisi le attraversarono la mente.aveva cambiato idea per via del suo corpo?
 
Poi di colpo lo senti accarezzarla interamente sul lato in un'esperta carezza erotica e tutte le sue incertezze svanirono temporaneamente.
 
La stimolò con estenuante lentezza, girando intorno a quei boccioli fioriti, sfiorandoli e non arrivandoci mai, scartando all'ultimo e facendola impazzire almeno  tanto quanto lui. Elle iniziò a pregarlo scossa da brividi di eccitazione, febbricitante in attesa di essere guarita dalle sue mani.
 
Voleva sbarazzarsi di quella canottiera, che per quanto morbida potesse essere, ora le sembrava solo ruvida e pesante. Le dita sottili della ragazza si strinsero istintivamente contro il braccio di lui, che però non aumentò il ritmo di quelle carezze, ne arrivò dove voleva lei.
 
A un'ennesimo cambio di direzione e a un leggero colpo rapito, Elle sussultò e fremette chiudendo gli occhi, non sopportando più quella tensione che percepiva in ogni fibra del corpo. 
 
Mugolò di nuovo in preghiera, e lui la depredò anche di quel gemito con un bacio ancora più profondo e eccitante, come se tutto di lei fosse dello stesso valore che potevano avere monete d'oro per un mendicante.
 
Elle si contorse su se stessa in un rantolo affannato.
 
"Ti prego, ti prego Liuk"
 
"Dove bambina" un'altro mancato tentativo la portò a gemere sotto di lui
 
"Dimmi solo dove vuoi essere toccata" 
 
"Ti prego" sussurrò a mezza voce senza più ossigeno, fissando quell'azzurro meraviglioso.
 
"Dove. Dimmi dove" insisté lui divertito
 
"..l-lì" annaspò lei con le guance rossissime.
 
Liuk le portò una mano sulla pancia piatta che era in massima tensione "qui?" chiese innocente
 
Elle gemé nuovamente, ormai al massimo. Senza più aprire la bocca, la ragazza ansimante portò la mano del ragazzo sul petto e sentì Liuk ridere mentre le baciava il collo arrossato e accaldato. 
 
Poi senza perdere più tempo inutilmente, decise che era ora di darle ciò che le aveva fatto bramare. Le alzò la canottiera leggera e scoprì quella pelle pallida e costellata di lentigini.
 
Per un attimo i suoi occhi si bearono di quella vista e tutto il resto sparì per lui.
 
Poi la sua bocca scese sul suo corpo, senza più indugio, senza alcun ripensamento.
 
Ed Elle quasi gridò di gioia e gratitudine.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Era in cucina a fare dei frappè alla frutta, indossando la prima felpa larga che aveva trovato insieme alla sua gonna della sera precedente.
 
Quel maglione aveva un profumo buonissimo, odorava di muschio, schiuma da barba e mare insieme. 
 
E poi le arrivava a metà coscia, una cosa che le era sempre piaciuta.
 
Mise la frutta tagliata a pezzettini nell' attrezzo strano, e azionò il tasto.
 
Tenendolo sistematicamente sott'occhio, si ritrovò seduta sul tavolo della cucina con le gambe a penzoloni.
 
Quella mattina era stata.. speciale.
 
Si, speciale era la parola giusta.
 
Elle annuì a se stessa con gli occhioni che le brillavano.
 
Perché le sembrava di essere salita su un cavallo e aver cercato di disarcionare mille cavalieri in una giostra continua e estenuante. Ma il premio, oh per dinci, se ne era valsa la pena!
 
Sospirò con una faccia tra l'ebete e il trasognante.
 
Lui si era fermato, le aveva abbassato la canottiera e l'aveva stretta al petto.
 
E lei aveva sentito il suo cuore battere allo stesso ritmo del suo.
 
E aveva sorriso contro la sua pelle. Poi si erano riaddormentati così, vicini e senza parlare, senza bisogno.
 
Liuk si era assopito subito, con le labbra stirate in un tenue sorriso, senza però neanche aver espresso un parere e lei temeva fortemente di non essere stata all'altezza delle sue passate esperienze.
 
Lei ci provava a non essere insicura, ma per dinci! Con tutte le ragazze che si era fatto non si poteva negare che avesse delle ottime, anzi superbe avversarie.
 
Eppure... qualcosa di come l'aveva guardata mentre la torturava, quel qualcosa l'aveva fatta sentire unica e ora, capiva perché le ragazze facevano le cascamorte con lui.
 
Poi lei aveva deciso di scendere in cucina a preparare la colazione in modo che almeno avrebbero potuto entrare in seconda se si fossero sbrigati.
 
Scese dal tavolo e fermò il macchinario, versando il frappè in due bicchieri.
 
Qualcuno suonò alla porta.
 
Elle si  abbassò un po' il maglione e si mosse verso l'ingresso.
 
Quando aprì, dei ricci rossi svolazzarono sul suo viso, coprendole la visuale.
 
Eppure quei capelli lei li conosceva.
 
C-claudia? Era questo il nome?
 
La ragazza, più alta di lei, la squadrò risentita, poi soddisfatta.
 
"Dovrei parlare con Liuk" il suo tono solenne le fece venire la voglia di sbatterle la porta in faccia, anzi no, sul naso.
 
"S-sta dormendo" incespicò nelle parole 
 
"Ah si? bhe lo sveglierò io" civettò maliziosa
 
"..non ti aspettava in realtà"  sussurrò Elle nervosa
 
"Ebrea, una come me può fargli solo che piacere." 
 
Elle restò senza parole.
 
"Sbaglio" continuò quella " o non ci hai visto anche tu mentre mi dava piacere?" era a corto di parole o stava riutilizzando sempre le stesse per ferirla? "ah si, ricordo, eri li a fissarci gelosa e invidiosa" sogghignò divertita.
 
Fu come se avesse ricevuto uno schiaffo in faccia. Tutto "lo speciale" che le annebbiava la mente svanì, e la sua mente corse involontariamente a quegli istanti dolorosi.
 
Senza riuscire a parlare prese la cartella e uscì tentando di ricacciare indietro le lacrime.
 
La rossa si richiuse la porta alle spalle soddisfatta e entusiasta.
 
Quella inutile ragazzina senza ossa... doveva assolutamente trovare il modo di togliersela dai piedi.
 
Il perché Liuk avesse scelto proprio quella smidollata non le era molto chiaro.
 
Di sicuro quella nanetta era meno attraente di lei.
 
Raddrizzò la schiena e si mosse a proprio agio, d'altronde la casa la conosceva.
 
Notò due frappè sul tavolo.
 
Posò la borsa su una sedia e li prese in mano, poi salì le scale.
 
Il corpo di Liuk giaceva rilassato tra le coperte spiegazzate e scalzate.
 
Sospirò estasiata, mentre lo divorava famelica con lo sguardo.
 
Il torace ampio si alzava e abbassava lentamente, mentre la testa era girata dalla parte del muro.
 
Non potè resistere alla tentazione di dargli il 'buongiorno'.
 
"Zuccherino svegliati" esultò con voce suadente e di tre toni più alta del dovuto
 
Per Liuk fu come svegliarsi da un sogno e ritrovarsi in un incubo.
 
Sgranò gli occhi osservando quella figura sinuosa e quell'aria vittoriosa che le si leggeva in viso.
 
Confusamente guardò verso il comodino, cercando di mettere a fuoco le lancette dell'orologio.
 
Che cazzo ci faceva Claudia lì?
 
"Ho pensato di venirti a svegliare, visto che ho visto uscire di soppiatto la tua ebrea senza farti neanche il favore di svegliarti. Egoistico da parte sua, no?"
 
"Egoista"
 
"Cosa?" 
 
Liuk scosse la testa nervoso. non aveva ancora realizzato la cosa.
 
Elle se ne era andata senza svegliarlo per puro sfregio?
 
"E quei frappè?"
 
Felice di mostrarsi come una dea magnanima, Claudia sorrise a trentadue denti.
 
"Entrambi per te"
 
"Due?" la guardò stranito lui
 
"Si, io non posso berlo, troppe calorie" già. Si certo.
 
"E perché proprio due allora per me?" chiese per niente convinto
 
"Per-perché ti devi mantenere così come sei" gli rispose amabile mentre gli porgeva il bicchiere.
 
Un bicchiere di topolino.
 
La cosa era fin troppo chiara.
 
Scelse di non farla sfigurare, anche se la realtà era ovvia.
 
Solo una ragazza avrebbe avuto il pensiero di preparare due frappè la mattina per colazione e servirli senza vergogna -o con- in un bicchiere di topolino.
 
E quello scricciolo, non era di certo Claudia.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Gaia si lasciò cadere sulla scomoda sedia in legno, che fece un "scronc" secco, quasi di protesta.
 
Poggiò sul banco di scuola i gomiti e sopprimendo sul nascere l'ennesimo sbadiglio si prese la testa tra le mani.
 
Perché toccava andare a scuola ogni giorno?
 
Insomma, perché non si poteva restare a casa di tanto in tanto senza dover giustificare senza mentire?
 
Non si potevano avere giorni di ordinaria pigrizia?
 
I suoi genitori l'ultima volta che era mancata l'avevano saputo subito visto che telefonavano in segreteria settimanalmente.
 
L'accordo del diavolo, pensò amara.
 
Scuola e famiglia.
 
Brutto, bruttissimo affare.
 
Puah.
 
Mancata eh? Il ricordo di quel magazzino le fece venire i brividi. Poi come un lampo, le rivenne in mente la scena al parco.
 
Ste' capo dei fascisti.
 
Già.
 
Il professore di storia, un uomo pelle e ossa sui cinquanta entrò in classe con un'espressione alquanto arcigna in viso.
 
Il suo sguardo si posò per un istante su di lei, una luce dura e di rimprovero la fece subito sentire nervosa.
 
Ovviamente per quale motivo non avrebbe dovuto avere un'ottima memoria per le alunne che avevano "copiato" gli esercizi? Nessuno.
 
Rigida come un tronco, poggiò lo zaino che prima era insieme ai gomiti sul banco, ai piedi della sua sedia.
 
"Il buongiorno si vede dal mattino" bofonchiò con l'umore a terra.
 
Vide di striscio un ragazzo moro sedersi accanto a lei.
 
Quando si voltò confusa verso di lui, rimase immobile.
 
"Taci befana, che il mattino ha l'oro in bocca"  le ammiccò fiducioso.
 
Gaia fece una smorfia e crucciò la fronte. Registrò con stupore l'epiteto, ma il malumore era così nero che ci passò sopra.
 
"Grazie a te quel mostro mi odierà per sempre..."
 
"Mai dire mai" rispose con un'alzatina di spalle Ste'.
 
"è facile parlare per te, brutto..."
 
"Signorina" un richiamo freddo attirò la sua attenzione "la prego di usare un linguaggio consono all'ambiente che frequenta. In qualità di suo professore ritengo che una ragazza della sua età non dovrebbe neanche sapere certe parole..."
 
L'uomo la guardò intimandogli forse di starsi zitta, ma Gaia volle comunque precisare.
 
"Professore con tutto rispetto non ho ancora detto niente"
 
"Ancora" ribatté lui riprendendo le sue stesse parole.
 
Sentì le guance andarle in fuoco.
 
Ste' sorrise divertito e Gaia fu sul punto di alzarsi e cambiare posto.
 
Si era seduto vicino a lei solo per stuzzicarla ulteriormente?
 
Era sul punto di scattare in piedi quando il moro intuendo il movimento repentino le mise una mano sulla coscia.
 
Quello che non si aspettava era che Gaia si risiedesse subito, cosa che stupì anche lei stessa.
 
La mano del fascista per sbaglio andò a finire molto, troppo vicino all'interno coscia alto della ragazza, che si immobilizzò come avesse appena visto uno scorpione.
 
Quel gesto, la mano di lui, quelle dita calde a contatto con i suoi pantaloni l'avevano gelata.
 
Velocissimo lui ritirò la mano, conscio che la ragazza avrebbe mal interpretato il suo gesto.
 
A Gaia parve quasi incerto mentre la guardava di sottecchi per non lasciarsi sfuggire la sua reazione.
 
Ma.. ma neanche lei sapeva bene come reagire a .. quello. Cos'era?
 
Cos'era stato? un incidente. niente di importante per lui. quasi comune.
 
E per lei?
 
Cos'era significato per lei?
 
Perché lui avrebbe voluto - forse, perché non aveva ben capito - farla restare lì seduta?
 
Perché a volte era così diverso? Odiava che continuasse volontariamente a confonderla.
 
Era crudele dopo i recenti risvolti.
 
Anche per lui.
 
"Mi faccia vedere gli esercizi signorina"
 
Gaia non ce li aveva.
 
Tutto il pomeriggio e la sera precedente non era riuscita a fare niente. Solo a rimurginare.
 
Forse questo fu ben visibile dalla sua espressione perché sentì il professore pronunciare poche parole di sfiducia totale nei suoi confronti.
 
La ragazza poggiò la fronte sul palmo della mano mentre nascondeva automaticamente il volto.
 
Gli occhi le divennero lucidi, ma non volle piangere.
 
Non lì.
 
Di fianco a lui.
 
Era solo un brutto giorno. un brutto giorno, un brutto..
 
"Il lupo perde il pelo ma non il vizio eh?" le sussurrò Ste avvicinandolesi cauto e con gli occhi puntati sulle spalle voltate del professore.
 
Gli occhi della ragazza furono calamitate da quelle labbra sensuali stirate in un breve sorriso.
 
Che voleva dire? Che lei non faceva mai i compiti? Che quel professore sarebbe stato sempre uno stronzo?
 
Probabilmente conoscendo il suo interlocutore era più probabile la prima.
 
La stava deridendo giocosamente?
 
Senza pensare, lo guardò con aria furbetta di una bambina beccata a rubare 
 
"l'abito non fa il monaco" sorrise dolcemente.
 
Non sorrise a lui, era qualcosa di più generale.
 
Si stava autocommiserando da sola, di propria volontà.
 
Cosa che non aveva mai fatto.
 
Lui le stava - insegnando? - a farlo senza appesantire troppo, più per sfogarsi con se stessi forse.
 
Riflettendoci automaticamente, quel commento la fece sentire un po' meglio.
 
Chi diamine era quel vecchiaccio per giudicarla, oibhò!
 
Guardò Ste sospettosa ma con un tenue sorriso che premeva per uscire.
 
Lui ridacchiò mentre una scintilla divertita si accendeva nei suoi occhi scuri.
 
Proprio in quel momento un bigliettino di carta fu lanciato contro la spalla del ragazzo, che si girò indietro.
 
Gaia non si girò perché era evidente che non fossero fatti suoi, ma sentì chiaramente Jessica esortare Ste a raggiungerla in ultima fila.
 
Sospirò delusa quasi inconsciamente.
 
D'un tratto sentì come se avesse attirato lo sguardo del fascista, come se ce l'avesse puntato addosso.
 
Si voltò di poco, e quando ne ebbe conferma le si arrossarono le guance.
 
I loro sguardi si allacciarono inaspettatamente con un'intensità da mettere i brividi.
 
Gaia deglutì incerta. sembrava quasi che stesse cercando leggerle negli occhi.
 
Ricacciò lo sguardo sul suo banco, precisamente sul libro ancora chiuso di storia che ora le pareva così interessante.
 
Decise di aprirlo.
 
Perché no.
 
Notò che il ragazzo si girò un'ultima volta.
 
Poi le parve che la guardò di striscio, come indeciso sul da farsi.
 
Fece finta di niente quando vide chiaramente che il fascista si alzò di soppiatto dalla sedia.
 
"Il lupo perde il pelo ma non il vizio" si rimbeccò da sola.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
"Ehy baby"
 
"Ciao jessica" una voce fredda rispose cordiale.
 
"è questo il tuo modo di salutarmi? Mi devi un favore non ricordi?" chiese retorica la bionda con un ghigno provocante.
 
Il biondino si era fatto più alto e controllato, eppure qualcosa in lui aveva ancora quel non so che di fanciullesco.
 
"Si e infatti sono venuto ad ascoltarti." la guardò pacato lui, incrociando le gambe.
 
"No.  Sei venuto a fare esattamente ciò che ti chiederò " ribatté sicura di se mentre sentiva la vittoria già stretta in pugno.
 
E con la scusa di avere un problema e di dover andare in bagno, aveva dieci minuti buoni da poter sfruttare al meglio proprio lì, in quel giardino desolato.
 
 
 
 
 
****
 
 
 
 
"Il professore mi ha detto di riferirti che devi pulire i banchi e riordinarli" 
 
Il fascista manco la guardò, tutta la sua attenzione sembrava essere rivolta allo schermo dell'iphone nuovissimo. Ma tutto ciò non la infastidì minimamente se a confronto di quello che le era stato appena comunicato.
 
Gaia quasi si strozzò con la propria saliva quando sentì quelle orribili parole. oggi doveva uscire finalmente con Elle e Anny
 
"Cosa?? ma io ho anche una vita!" 
 
Strabuzzò gli occhi. che scassapalle però.
 
Lo aveva detto che quel vecchio ce l'aveva con lei. Lo sapeva dannazione! Tutto per colpa ..
 
Ste' alzò gli occhi degnandola finalmente di uno sguardo, con una espressione angelica fin troppo infamiliare sul suo viso.
 
"Ambasciator non porta pena" le disse a bassavoce, come se stesse parlando con una bambina idiota.
 
Gaia lo trucidò con lo sguardo, anche se nel suo cervello stava già pensando a come farsi scusare dalle amiche.
 
Però il desiderio di uccidere Stefano era davvero grande.
 
"A chi tocca, tocca" ribatté piccata. Gli avrebbe potuto dare fuoco no? Un posto isolato magari... notò che sorrise. Aveva progetti suicidi il ragazzo?
 
"A tutto c'è rimedio fuorché alla morte" 
 
La stava buttando sul poetico? 
 
"Ma chi non muore si rivede"
 
"Ma per favore Melzi, tu non vedi l'ora di vedermi" le ammiccò divertito.
 
Gaia rimase interdetta per poco più di un secondo.
 
"Come mai il cognome ora?"
 
"Come vuoi essere chiamata, tesoro?" una nota calda in quella voce, nel modo in cui l'aveva detto, le tolse il respiro. si impose di rispondergli per le rime.
 
"Non voglio proprio essere chiamata, è diverso" lo rimbeccò.
 
Lui di tutta risposta, alzò le spalle, con un'aria desolata.
 
"Chi è cretino, rimane cretino."
 
Per poco alla ragazza non gli partì una sberla. evidentemente la sua espressione doveva essere alquanto ridicola, visto che il cretino-cum-laude guardandola scoppiò a riderle in faccia.
 
Perfetto.
 
Il fuoco sarebbe stato un nemico per lui d'ora in poi.
 
"Stando zitti si campa cent'anni" lo fulminò girandosi e iniziando a spostare i banchi della prima fila per riposizionarli nella precedente collocazione.
 
Lo sentì riderle dietro sommessamente, poi il tipico rumore della scatola dei chewingum.
 
Oh mammina. I denti, la lingua, lo stomaco e la mente iniziarono a sbavare copiosamente.
 
Moriva dalla voglia di una gomma, ma no, non gliel'avrebbe mai chiesta.
 
Aveva un dannato orgoglio che faceva un baffo a tutto il resto del corpo lei. 
 
Dannatamente dannazione!
 
Lo sentì allontanarsi lentamente, con passo cadenzato.
 
"Zotico maleducato" sussurrò tra se digrignando i denti.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Elle stava giusto uscendo da scuola quando vide un ragazzo robusto piazzarsi di fronte a lei.
 
Confusa non fece neanche in tempo a indietreggiare che quello improvvisamente la spintonò per una spalla.
 
La ragazza per poco non scivolò all'indietro.
 
Le ballerine rosse slittarono per la suola consunta e dovette protendere le mani in avanti e cercare di riequilibrarsi  per non cadere di sedere.
 
Lo zaino le si rovesciò a terra e Elle sgranò gli occhi allarmata, ricordandosi che il cellulare era nella tasca esteriore.
 
Stava ancora guardando lo zaino sul cemento quando il tipo le diede un'altra spinta.
 
Più forte e sopratutto inaspettata.
 
Elle che non stava neanche guardando da quella parte, inciampò nelle stringhe della cartella per poi cadere e sbucciarsi le mani.
 
Un bruciore simile a un prurito acuto le infiammò i palmi e le ginocchia.
 
Con gli occhi lucidi e spaventata lo guardò incerta.
 
Cosa aveva fatto?
 
Era una..
 
No! Non poteva essere! Non ancora
 
Il cuore le prese ad accelerare, mentre una stretta forte al petto le tolse il respiro. Non poteva essere, lei non ne poteva più.
 
"Ba-basta" lo supplicò con gli occhioni verdi appannati dalle lacrime.
 
Il ragazzo sorrise sghembo per poi accucciarsi al suo livello. Un paio di occhi verdi come i suoi, ma infuocati da una luce fredda, la squadrarono soppesandola.
 
Era divertito.
 
Raggiante.
 
Sorrideva.
 
Elle iniziò a tremare forte.
 
Poi d'un tratto lo vide.
 
Vide Giorgio che si era avvicinato con passo svelto al ragazzo accucciato davanti a lei, con uno sguardo alquanto infuriato.
 
"Lasciala.perdere." proruppe allungando una mano.
 
Lo strattonò per il maglione, tirandolo su al suo livello.
 
L'aria era diventata elettrica.
 
"Non te lo ripeto Bernazzi, levati dalle palle" disse con voce atona
 
Giorgio si piazzò davanti a lei, con le gambe divaricate e una postura apparentemente rilassata.
 
Eppure le nocche di quelle mani strette a pugno erano bianche
 
Elle lo notò subito e deglutì nervosa.
 
Cercò di vedere la reazione dell'altro tipo, ma aveva un metro e 80 davanti quindi si rivelò tutto inutile.
 
Dopo pochi secondi scorse solo le sue scarpe allontanarsi scalciando via un sassolino con rabbia.
 
Quando Giorgio si girò per vedere se fosse arrivato in tempo, si ritrovò Elle tra le braccia, stretta alla sua felpa e con la testa rifugiata sul suo addome.
 
Elle sentì nitidamente la leggera pressione che il biondo impresse sulle sue piccole spalle per allontanarla da se.
 
Testarda lo abbracciò ancora più forte, conscia che quel che aveva appena fatto gli era costato molto.
 
Soprattutto per uno come lui.
 
Aiutare una ebrea.
 
Aiutare lei.
 
Giorgio si guardò attorno con aria impacciata poi si rivolse a quella testolina mora.
 
"E-elle, no, non... lui mi ammazza" le sussurrò piano.
 
Elle sgranò gli occhi e si staccò immediatamente.
 
Le ultime parole la colpirono con un'intensità tale da lasciarla senza fiato.
 
Si forzò a inspirare bruscamente.
 
"S-scusa. i-io non .. non" rispose a fatica con aria smarrita
 
Giorgio comprendendo l'imbarazzo provò ad alleggerire la tensione che la possedeva
 
"Fa niente. Ti accompagno fuori, vieni"
 
Elle raccolse silenziosamente lo zaino, mentre una smorfia di dolore le fece contrarre i muscoli del viso.
 
Notando le sue mani, e poi le sue ginocchia Giorgio sentì un improvviso nodo alla gola.
 
Eppure a volte, lui stesso aveva fatto di peggio.
 
Si volle convincere che era solo la sicurezza che Liuk l'avrebe menato comunque per non essere intervenuto prima. Lui d'altronde avrebbe fatto lo stesso se si fossero capovolte le situazioni..
 
Eppure quella tensione al petto e quel senso di oppressione costante non sparirono.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
"Ma dico l'hai vista? No dico: L'HAI VISTA??!"
 
"Cara Anny, non so manco di cosa tu stia parl..."
 
"Ma come no? Si! Si lo sai!"
 
"Non propr..."
 
"Allora sei una vecchia bacucca cara Gaietta!"
 
"Ma..."
 
"Non mi interrompere!" 
 
La mora si promise di non riderle in faccia. Ma che diav...
 
"Una sola parola"
 
Gaia la guardò perplessa. doveva indovinare? Era il caso di spegnere la tele?
 
Anita la guardò mentre contemporaneamente spegneva la tv.
 
Cosa seria in arrivo.
 
Era da più di sedici secondi che teneva quella faccia scandalizzata, come se avesse appena visto Pinocchio uscire dalla balena.
 
" Jessica Lunghini."
 
"Una eh?" ribatté sogghignando
 
Anita annuì spasticamente, facendo crollare il disordinato chimion che aveva in testa da più di un'ora.
 
"Sono due testa di rapa!" 
 
"è un nome, una cosa sola. quindi vale" iniziò a ridacchiare la bionda. poi si riprese in un istante tornando misteriosamente con la faccia da scandalo.
 
"...ma allora non sai davvero niente"
 
"Ma sei defic.."
 
"Quindi dovrei iniziare dall'inizio?"
 
Iniziare dall'inizio? 
 
"Riassumi bionda" convenne dura assumendo un atteggiamento da James Bond.
 
Altro che nome, quello era un mito.
 
" Ffb"
 
"C'entra facebook?" chiese con un sopracciglio alzato.
 
"Si."
 
"E l'altra f?"
 
"Sta per foto" 
 
"Quale foto?" replicò sgranocchiando i pop corn.
 
La cosa si faceva interessante. Anita intuendo l'elettricità complice di quel momento, si girò verso di lei, incrociando le gambe sopra al divano e guardandola dritta negli occhi.
 
"Lei e sua madre." 
 
Tutti qui, seriamente? 
 
"Vu-vuoi vedere?"
 
Sorridendo e ingurgitando un altro popcorn, la mora annuì raggiante.
 
La bionda si girò velocemente, e dopo pochi secondi teneva con mano tremante di eccitazione un banale computer.
 
Stava borbottando strane cose, del tipo -la stampo- oppure -la spedisco a lavorare al circo-
 
"Insomma?" chiese impaziente con un sorriso? 
 
Vecchio e sano gossip. Aaaah ragazzi, che pacchia.
 
L'espressione cambiò radicalmente nel giro di un nanosecondo.
 
"OH.MIO.DIO."
 
"Ah Ah! Lo sapevo Sacrebleu, lo sapevo!" esplose entusiasta Anita godendosi la sua faccia attonita.
 
"Anny tu quando l'hai vista?"
 
Afferrò con dita tremanti lo schermo del computer, non potendo credere ai suoi occhi. era sicuramente un illusione. un miraggio.
 
"Dimmi che non sto vedendo ciò che vedo e che questo obbrobrio non è mai esistito" sussurrò all'amica con la gola secca.
 
I commenti accanto erano - se possibile - anche peggio.
 
Tutti di scimmioni idioti, ovviamente.
 
"Allora, ho fatto la lista delle cose che potremmo scriverle, ascolta: il guinzaglio dove l'ha lasciato il tuo padrone? Oh, oppure questo: il tuo habitat è al parco, tra le altre cagne"
 
Gaia la guardò poi scoppiò a riderle in faccia. Le avrebbe ammazzate. Poco ma sicuro. E poi mangiate. 
 
"... trovato un'altro" continuava la bionda fissando il soffitto maliziosa "potremmo far finta di essere un maschio e scriverle qualcosa del tipo .. bho .. tariffa dimezzata quest'anno vero? So che fai molti lavoretti gratis in giro" 
 
La mora restò basita.
 
Era un idea fottutamente geniale.
 
Illegale, ma pur sempre geniale.
 
Degno di Anita, insomma.
 
Non fece in tempo a fermarla che la bionda scrisse subito la frase e fece invio.
 
"Ma sei scema?" quasi urlò Gaia ringhiandole contro e strappandole il computer dalle mani.
 
"Tranqui baby, falso account" replicò la bionda sfuggendole con un sorriso a trentadue denti "popcorn?"
 
"Oddio... ci arresteranno."
 
"Arresteranno lei per prostituzione o atti osceni in luogo publico semmai!" riibattè l'ovvio Anita.
 
"A casa sua Anny?" ironizzò brusca Gaia asciugandosi sui pantaloni la mani sudate.
 
"Facebook è pubblico, non mi può rovinare così una giornata!"
 
La cosa che le lasciò entrambi di stucco fu un mi piace ricevuto.
 
Era scema o cosa Jessica? 
 
"è proprio una ..." iniziò Anita gesticolando confusamente.
 
"Stefano Gargano ha cliccato mi piace al tuo commento" lesse con voce asciutta.
 
Gaia sollevò lentamente gli occhi in quelli di Anita.
 
Forse fu per lo stress, o per la situazione, ma fu come se si fosse accesa una miccia.
 
Ed entrambe scoppiarono a ridere.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Elle si stiracchiò come un gattino contro il petto di Liuk, che le cingeva delicatamente la vita con un braccio, mentre l'altro lo usava da cuscino dietro la testa.
 
Erano a casa di lei, per la prima volta, e il letto non era grandissimo.
 
E sebbene lui non avesse detto niente a proposito, lei si era un po' vergognata.
 
Era stranamente silenzioso, non che gli desse fastidio, ma sembrava preso da qualche pensiero importante.
 
La ragazza sbadigliando prese ad accarezzargli distrattamente il fianco, piano e delicata con i polpastrelli sottili.
 
L'atmosfera di pace e silenzio rilassato, come dopo aver fatto l'amore.
 
Lei stessa era sovrappensiero. gli doveva dire di Giorgio? lei non avrebbe mai potuto ringraziarlo a dovere per quello che aveva fatto. lui invece magari potava improvvisare qualcosa da uomo.
 
Non uno stupido e infantile abbraccio, quello era certo.
 
Arrossì pensando a quanto doveva essergli sembrata stupida.
 
Odiava fare figuracce.
 
I suoi pensieri furono improvvisamente interrotti. Liuk le aveva preso la mano con la sua e quando Elle sollevò il viso con un sorriso tenero lesse nei suoi occhi la stessa incertezza che in parte era nei suoi.
 
"C'è una festa" iniziò lentamente guardandola attentamente negli occhi "io vorrei andarci, è in maschera e sarà una cosa ... divertente" sembrava a corto di parole
 
Elle continuava a guardarlo senza capire.
 
Che c'entrava? Poteva andare, che male c'era
 
Poi aggiunse qualcosa che le riscaldò come una folata di vento caldo e estivo il cuore.
 
"Non ti lascio come l'altra volta, mi sono comportato da vero idiota e me ne sono pentito amaramente" continuò abbassando le palpebre e con uno sforzo quasi tangibile nella voce.
 
Si stava scusando?
 
"Liuk, quella notte mi hai dato il mio primo bacio" gli confidò guardandolo con gli occhioni verdi assonnati ma dolci.
 
"Lo sapevo già. Ma questo non cambia il fatto che io abbia permesso a un deficiente pompato di avvicinarti e farti bere non so che.."
 
"Un jack-qualcosa"
 
"Quello" ribattè seccato. era arrabbiato con se stesso, concluse Elle.
 
D'un tratto Liuk avvertì la lieve pressione delle labbra della ragazza sulle sue.
 
Con una dolcezza struggente Elle lo baciò con tutta se stessa, desiderando con tutto il cuore che quella notte passata non la odiasse più. 
 
Quella notte li aveva condotti al giorno dopo, e a quello dopo ancora.
 
A loro.
 
In quel momento.
 
Percepì dell'umido sulla guancia, e avvertì una fitta al cuore quando si rese conto da dove provenisse.
 
"Liuk" disse con voce piena di emozione, mentre con un dito tremante gli asciugava una lacrima solitaria vicina al naso.
 
Il ragazzo la tirò a se e le seppellì il viso tra la cascata morbida di capelli, stringendola forte al suo petto mentre si sentiva devastare dentro da un uragano di sentimenti potenti e spietati.
 
Inspirò a fondo, cercando di riprendere fiato, trovando solo il colpo di grazia.
 
La fragranza fresca di fiori delicati che gli arrivò dritta nei polmoni.
 
Una certezza devastante lo percosse tutto, rendendolo improvvisamente conscio dell'intera portata dei suoi sentimenti verso quella ragazzina.
 
"Elle .. io.."
 
"Shh" lo zittì dolcemente lei con un bacio leggero "lo so già".
 
 
 
 
 
 
 
 


 
 
 
CALMA <3 calma e buonasera. sono sparita per tre mesi ma a mia discolpa premetto che avevo preannunciato la sparizione e in più non mi veniva l'ispirazione.
quando poi sono entrata il 13 settembre, il giorno del mio compleanno sul profilo sono rimasta tramortita dalla quantità di messaggi.
MI DISPIACE DAVVERO, SCUSATEMI  (>.<) ho cercato di rimediare il più in fretta possibile, anche perché qualcuna si è lamentata della lunghezza della storia, dicendo che ha superato il massimo. 
e se mi fossi affezionata ai protagonisti? @.@ oh mammina santa
francamente come vi è sembrato il capitolo?
troppo lungo? lo sooo, che palle!
uff.
non riesco mai ad accorciare quando ho allungato.
bando alle ciance, mai piangere sul latte versato.
che ne pensate?
Jessica? Giorgio? Liuk? Elle? Anny? Ste?
c'è qualcuno che vi ha colpito? o un po' incuriosito?
un bacione a tutto e grazie per gli splendidi commenti, davvero <3
a presto
lalla
 
 
 
ps: quanto è bella la prima frase di dedica? x.x i grandi idoli insegnano ahahah
  
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