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Autore: Miss Writer    18/09/2014    2 recensioni
Seguito di "Finally in Love"
Avreste il coraggio, nei più bei momenti della vostra vita, di guardarvi indietro e riaffrontare tutto il dolore, tutta l'amarezza e la sofferenza della vostra vita passata?
Io l'ho fatto. Ne ho avuto paura, ho quasi demorso, ma con quella forza che solo l'amore è in grado di darti, sono riuscita a slegarmi da quei brutti ricordi e a lasciarli volare via lontano da me.
E ora, rinnovata e rinvigorita, sono pronta a non temere più la felicità e ad abbracciarla definitivamente rendendo la donna che mi ha salvata dal baratro ufficialmente e perfettamente mia.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nessuna serie
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Perfectly Mine 4 - La foresta rossa

Perfectly Mine

Capitolo quattro: La foresta rossa



Con ancora il sapore del caffè in bocca e il suo profumo nelle narici mi dirigo nel salone facendo rotta verso il pianoforte. Estraggo lo sgabello dal suo solito posto e vi seggo sopra sollevando il coperchio della tastiera.

Presa da una frenesia inaspettata afferro fogli di spartiti nuovi lasciati nel mobiletto intagliato che si trova alla sinistra del piano e con essi prendo anche una matita.

Sospiro cercando di raccogliere tutta l'adrenalina che scorre quasi feroce nelle mie vene e chiudendo gli occhi la concentro nella mia mente e nel braccio che a breve inizierà a scrivere.

L'ansia che sale imprime una spinta alle mie emozioni che straripano come un fiume in piena dagli argini che le contenevano.

La meccanicità dei gesti svanisce e subentra l'ispirazione. Si zittiscono i rumori tutti intorno a me tranne quello dello scivolare della matita sul pentagramma. Subito la melodia che avevo in testa da un paio di giorni prende forma rivelandosi attraente e ruvida al tempo stesso.

Scrivo e scrivo lasciandomi tutto il resto alle spalle. Penso a Michiru che sta ancora dormendo e ho quasi paura di svegliarla, anche se in realtà non sto suonando. La musica è così chiara in me che sembra suonarsi da sola creando un fragore che è invece inesistente.

Arrivo ad ignorare anche questa constatazione e la sinfonia finisce col farmi del tutto sua schiava.


Un freddo indesiderato si è impossessato delle mie membra da un lasso poco definito di tempo.

Il sonno non mi permette ancora di aprire gli occhi per scoprire la causa di questo gelo e così sono costretta a mitigarlo stringendomi nelle lenzuola. Il gesto scatena in me l'intuire di un indizio quando non sento la resistenza del loro movimento: la parte sinistra del letto è vuota.

Lo appuro, ne prendo atto ma la cosa mi colpisce comunque. Cosa ha spinto Haruka ad alzarsi lasciandomi sola?

Niente sembra farmi trovare una risposta plausibile al mio quesito così presa dallo sconforto combatto contro Morfeo per tornare padrona della mia lucidità per scovare il motivo di questa assenza. Quando sto per spuntarla qualcosa riesce però a rubarmi il primato. Dei passi famigliari si introducono nella stanza seguiti dalla comparsa di un peso che piega il materasso e le doghe sotto di esso.

L'ansia che provavo prima si dà alla latitanza e il mio sguardo contratto si rilassa, liberato da quella morsa insopportabile da una carezza portatasi dallo zigomo alla gota con una delicatezza quasi eterea.

Sento le mie labbra allargarsi in un sorriso e pressoché nello stesso istante un bacio vi si posa dolce come un miele che è stato appena estratto da alte ed esotiche piante di eucalipto.



***



"Cosa vuoi per colazione?"

"Oggi mi sento golosa.. Mi prepari le crêpes alla nutella?"

"Perché no! Anzi, sai che ti dico? Ne preparo un paio anche per me."

"Ok. Nel frattempo vado a fare una doccia così mi sveglio."

"Ehi aspetta! Vieni qui."

"Che c'è?"

"C'è che stamattina non mi hai ancora dato nessun bacio. Non da sveglia almeno."

"Oh... Rimedio subito!"

Figurati se mi rifiuto di fare una cosa del genere!

Le poggio le mani sulle spalle alzandomi sulla punta dei piedi per raggiungere le sue labbra baciandola più volte con movimenti lenti.

Nonostante i miei piedi protestino per il dolore resisto in quella posa ancora per un po' fino a quando Haruka non mi solleva facendomi sedere sull'isola che utilizziamo come tavolo.

"I miei piedi ringraziano."

"Mh, meglio così."

Ridendo mi chiede aiuto per aiutarla a scendere dal tavolo e dirigendosi verso il bagno sbadiglia con la grazia di una dama.

L'ho guardata miliardi di volte da quando ci siamo incontrate eppure l'eleganza che traspare dal suo portamento mi stupisce ancora adesso affascinandomi.

È ipnotica!



***



"Quasi quasi ne mangio un'altra!"

"Fa pure. Io sono già al bis."

"Sono buonissime!"

"Grazie del complimento. Vedo che anche la tua maglietta apprezza..."

"Cosa?"

"C'è una macchiolina proprio al centro della maglia, sulla pancia."

"Oh no! La mia povera maglietta bianca!"

"Tranquilla, non è così grave. Comunque devo dire che la tua mira sta migliorando."

"Mica tanto dato che non l'ho fatta apposta..."

"Allora, che cuciniamo per pranzo?

Meglio iniziare subito così non usciamo troppo tardi."

"Stavo pensando ad una bella insalata di pasta alla marinara. Fredda è comunque molto buona."

"Mi piace! Che ne dici se facciamo anche il tortino di Makoto, quello con lo stracchino?"

"Sì, era spettacolare e poi mi ha anche lasciato la ricetta. È di facile preparazione."

"Ed il menù è servito! Mettiamoci al lavoro."



***



"Ecco, siamo arrivate. Possiamo lasciare la macchina qui

Esci così la ricopro per bene con quei rami."

"Ora ho capito perché ci sono sempre quelle cime di alberi in giro... Ingegnoso!"

"Beh, offrono un ottimo nascondiglio sia dai raggi del sole che dai ficcanaso.

Su prendi la tua roba e appoggiala a terra, che poi la dividiamo."

"Ma che gentile."



***



Prima di metterci in cammino do un ultimo sguardo alla macchina perfettamente coperta dai rami sistemati da Haruka.

Mi allontano un po' per vedere se l'effetto dissimulatore persiste e non sapessi che ce l'abbiamo messa per davvero noi, non direi che proprio che là sotto c'è un grosso fuoristrada.

"Si vede ancora?"

"No, per niente! Hai fatto un ottimo lavoro."

"Modestamente.

Possiamo incamminarci adesso?"

"Andiamo miss modestia."

Mi prende sottobraccio e ci avviamo verso una stradina parecchio stretta lasciata appena libera da un vasto esercito di felci basse e fitte. A guardarle sembra che ci stiano facendo un favore a lasciarci passare.

"Attenta a dove metti i piedi amore. Sotto le felci si nasconde una pianta con fusto strisciante con spine molto aguzze e velenose."

"Va bene... Un'aria un po' minacciosa ce l'hanno."

"Già. Aveva colpito anche il nonno, tant'è che in una favola raccontò di loro come un esercito di protettori di un segretissimo e altrettanto prezioso tesoro custodito proprio in questo luogo."

"Davvero? Non ne ho mai sentito parlare. Ho letto quasi tutte le sue storie eppure non ricordo niente del genere. Questa mi è proprio sfuggita."

"Ti è sfuggita perché non è tra i racconti che mi ha lasciato in eredità.

Vedi, il nonno ha voluto che quella storia in particolare venisse sepolta assieme a lui il giorno dei suoi funerali, per questo non ce l'ho io.

Era in assoluto la sua preferita."

"Scusami Haruka, io non lo immaginavo nemmeno... Perdonami."

"Tranquilla, non devi scusarti. In fondo sono stata io a non avertene mai parlato."

"Stai bene?"

"Sì, tutto ok.

È stato un momento intenso e commovente della mia vita, è stata dura, ma oramai è passato tanto tempo.

Non hai niente di cui preoccuparti."

"Vieni qui.
Fatti abbracciare."

Lascio che un sospiro abbandoni le mie labbra mentre Michiru mi abbraccia.

Chiudo gli occhi e la stringo un po' di più a me perché sento il bisogno di stare tra le sue braccia. Mi cullo nel suo gesto e ringrazio il cielo di non essere più sola e anche se il pensiero del nonno è ancora capace di rattristarmi, ho con me chi mi consola e mi ridona la forza per andare avanti con tutta la serenità del mondo.

Ora che ho lei non c'è più nulla che possa farmi ricadere nel baratro da cui sono miracolosamente uscita.

Con lei accanto non ho più nulla da temere.

"Ti amo."

"Ti amo anche io."

"Su proseguiamo. Non voglio che tu perda lo spettacolo della foresta rossa."



***



Dopo quarantacinque minuti di camminata o poco più si aprono davanti a noi due sentieri sempre controllati a vista da felci che però hanno altezze differenti dalle prime che abbiamo incontrato. Se quelle erano alte una ventina di centimetri queste avranno un'altezza di trenta centimetri.

Guardandole sono praticamente messe in scala crescente.

Chissà se sono state disposte così intenzionalmente...

"Destra o sinistra?"

"A tutta dritta."

"Come???"

"Seguimi."

Lo sprazzo di vegetazione che separa le due stradine pare a prima vista non percorribile, ma un occhio attento o l'esperienza suggeriscono il contrario.

Michiru mi guarda sconcertata tornando a volgere la sua attenzione alle felci che qui arrivano a sfiorare il mezzo metro di altezza.

Le dico di stare tranquilla e di fare ciò che faccio io e con calma ci addentriamo tra questi austeri e determinati guardiani.


Haruka mi prende per mano facendomi camminare lateralmente.

Quando siamo appena dentro la strettoia mi dice di tenere il palmo della mano sinistra all'altezza del fianco per incassare meglio i colpi sferrati dai legumi delle piante che sono intercalate tra le felci che qui sono ancora più alte.

Non so di quali piante si tratti ma i loro frutti si muovono oltre che per il vento, anche per il nostro passaggio.

I miei movimenti non sono affatto fluidi, merito della disposizione assunta da tutte le piante. In una fila si susseguono alternatamente una felce e un albero ignoto ed è così per tutte le file successive.

Haruka mi parla ancora e mi consiglia vivamente di mettere l'altra mano a coprire il viso perché potrei venir colpita anche in questo da caso da frutti che possono raggiungere i trenta centimetri di lunghezza, penzolanti da alberi alti un metro e mezzo o due.

Mi viene quasi da pensare che non siamo le benvenute in questo posto.


Il sibilo del vento mi distrae facendo volteggiare i variamente lunghi frutti della numerosa famiglia di alberi di Cassia Fistula che qui hanno messo radici.

L'aria è ricca del loro profumo molto somigliante a quello della prugna. Io lo trovo troppo dolce ma se venisse aromatizzato con un'essenza al

sarebbe perfetto come bagnoschiuma o shampoo.

La distrazione propria della mia ultima elucubrazione mi è costata lo scontro frontale con un legame piuttosto combattivo e molesto, aggiungerei.

Per fortuna sono abbastanza caparbia da continuare in questo viaggio, seppur incespicando.

Non così in lontananza intravedo l'ultimo ostacolo da superare per giungere nella tanto bramata meta.

Il dolore inizia a farsi sentire ma non mi importa perché ne sarà sicuramente valsa la pena.

Eppoi Makoto avrà un motivo in più per sfottermi stasera a cena...

"Ci siamo quasi Michiru. Dobbiamo superare l'ultima fila e ci ritroveremo davanti a dei massi che assomigliano ai troll di Frozen, solo un po' più possenti.

Dopo di ciò entreremo appieno nella tanto decantata foresta rossa. Non vedo l'ora!"

"Anch'io. Sono così eccitata!"

"Ah, finalmente siamo uscite da quell'inferno di fistula!!"

"Inferno di cosa?"

"Gli alberi. Cassia Fistula."

"Aaaah. Ma sei stata colpita?"

"Sì, fermiamoci un attimo che mi metto un po' di ghiaccio sulla faccia...

Puoi sederti su uno di quei sassi intanto."

"Ok, ne approfitto per bere un po' d'acqua.

Ti fa male?"

"Bruciacchia un po' ma è sopportabile. E poi è colpa mia, mi sono distratta."

"Tontolona!"

"Te lo concedo.

Prima di andare avanti devo controllare una cosa."

"Di che si tratta?"

"Vieni con me."

"Arrivo."

"Vedi quella lente tonda legata a quell'albero dal fusto fine?"

"Sì, quella che sembra rossa."

"Esatto, ora è spenta e in poche parole significa che possiamo andare dall'altra parte senza incontrare gli animali che transitano di tanto in tanto nella foresta."

"Scherzi? Come funziona?"

"In pratica i raggi che toccano il pelo degli animali vengono riflessi da altre lenti che si trovano in basso sulle radici degli alberi e vengono poi mandati verso la lente rossa."

"Wow, è affascinante! Che tipo di animali si spingono fino a qui?"

"Lupi, cervi, volpi e qualche orso, anche se questi ultimi sono più rari."

"Come ma giungono proprio qui?"

"Perché sono ghiotti dei frutti di alcuni degli alberi che crescono lì.

Ora sbrighiamoci, altrimenti si farà tardi e non riuscirai a dipingere il paesaggio."

Annuisco e riprendo in spalla lo zaino contenente colori e pennelli mentre Haruka si preoccupa di portare tele e treppiede.

Do un'ultima occhiata ai massi su ciascuno dei quali è posata una singola felce. Sono cinque e la prima e l'ultima alle estremità somigliano quasi a due guardie impettite che difendono con le loro foglie diritte le tre che si trovano tra di loro; la seconda ha un'aria saggia quanto severa, con le sue fronde dal portamento regale, come quella propria di un re, la quarta invece appare più gentile e bonaria nella compostezza delle sue branche, così come sono le regine. L'ultima, quella in mezzo, date le sue cime spettinate potrebbe essere il discolo principino loro erede.

Che atmosfera fantastica che traspare da questo luogo. Non è stato facile arrivare fino a qui ma so che non mi pentirò di averlo fatto nonostante le difficoltà intrinseche del viaggio che ci ha portate tra questo rigoglio di colori.

"Saluta la famiglia reale."

"È un onore, Reali."

S'inchina come le ho scherzosamente consigliato e io ne resto incantata.

Per quanto detesti il fatto che i genitori l'abbiano tenuta in una gabbia metaforica ma palpabile Michiru ha comunque ricevuto l'educazione degna di una principessa e quando ella la sfoggia non possiamo che rimanere ammutoliti innanzi alla sua sorprendente grazia.

Distolgo il mie pensiero dalle sue azioni ammirandola e non appena supera i massi la sento urlare dall'entusiasmo per la vista che le si prospetta davanti.

Torno in me e la gioia che mi si reca addosso mi fa sentire fiera e felicissima di averla portata qui.

Varco dopo di lei il fiabesco ingresso e il sorriso si accende sul mio volto, illuminandosi di purpureo. È con grande piacere che vi do il benvenuto nella famigerata foresta rossa.

"Oh mio Dio! È fantastico!!

È addirittura meglio di quanto mi aspettassi!

Amore..."

"Benvenuta piccola, oggi è tutta per te!"

"Mi piazzi il treppiede? Voglio cominciare subito a disegnare."

"Certo che sì principessa. Ecco."




Il colore che permea ogni alto e liscio tronco, quello delle foglie ancora attaccate ai rami e di quelle che invece li hanno già abbandonati per raggiungere la terra dalla fine pezzatura, che però assume un aspetto grossolano man mano che si incontra con altra terra, contribuisce a dar fascino ad un paesaggio che risulta quasi surreale.

La sfumatura predominante è una forte e accesa ramatura che assieme ai gialli e agli arancioni delle altre foglie dona l'impressione di essere cinti da un calore che è in grado di cancellare ogni minimo sentore di fatica, stress o malinconia.

Estasi è l'unica parola che può descrivere la legge che qui vige sovrana.

Estasi al guardare ogni singolo filo o ciuffetto d'erba che sprigiona il suo verde che brilla invece di venir coperto dal primeggiante rosso.

Le chiome degli alberi non possono essere scorte dalla mia posizione, posso solo presumerle ricche e garbate. Lo sguardo dovrebbe stentare per osservarle lassù molto in alto.

Le mie iridi tornano sulla tela e ritraggo i cespugli carichi di bacche tondeggianti more e nere; le loro foglie sono scure, i rami chiari e dritti si anastomizzano tra loro.

I sassi grigi bagnati dai raggi del sole di mezzodì sono rugosi, morbidi dove compare qualche striatura di scuro muschio. Se potessi dipingerei perfino il profumo che dimora questo luogo, una fragranza che sa di fresco, di terra buona e pulita e di montagna. Il profumo dell'acqua frusciante che sgorga dalla sua intima sorgente.

I fiori assomiglianti a rose, duri nell'aspetto delle loro spine ma generosi nelle loro tonalità qui tenui e là decise, nella sensazione di vitalità che danno al nostro olfatto che si arrende a cotanta meraviglia.

Ora lo so. Tornerò ancora qui, diventerò figlia di questa landa lussureggiante e seguace di questa magica follia.

Ti appartengo, adesso, mamma foresta rossa.



Alterno il guardo tra i fusti lisci e bruni, quasi rossastri, a Michiru che con gli acquerelli comincia a dare colore al dipinto.

Starei a guardarla per ore mentre libera la sua arte e la lascia correre senza limiti nell'ambiente da lei prescelto con sapienza.

Illumina la penombra, rallegra la monotonia e solleva l'intelletto affrancandolo da una a volte pesante logica.

Lei non crea solo arte, ma vi si trasforma con tutta se stessa. È anche per questo che la amo così tanto.

Torno a me, a quel pezzo di carta sgualcito e finissimo che ha ancora impressa su di sé la sua anziana liscezza e soprattutto, l'odore del nonno.

Quel frammisto di more lamponi e menta che poneva con accuratezza nella sua pipa preferita. Me la ricordo ancora bene quella ciminiera in miniatura... aveva intarsi pregiati raffiguranti una giraffa, un leone e un'acacia tutti fatti d'argento posati su di uno sfondo nero. La accendeva e vi soffiava dentro e gli aromi del bosco uscivano a giocare nella soffitta: << Gli effluvi del bosco vogliono sempre giocare a nascondino con te >> diceva << e se li trovi tu per prima resteranno con te tutto il pomeriggio. Ti insegneranno tante cose buone nipotina mia. >>

Quanta magia mi faceva assaporare!

Dopo questo salto nel passato mi decido ad aprire il foglio rivelando la mappa celata al suo interno, quella che utilizzò nello stendere il racconto dedicato a questa selva. La accarezzo con le dita leggendola tra me e me: il punto di inizio è l'albero al quale sono appoggiata; le altre quattro tappe toccano in sequenza un gruppo di ciuffi d'erba, dei cespugli, dei sassi e dei massi che hanno la forma di uova di pasqua giganti senza incarto indicati sulla mappa con l'ideogramma della parola luce.

Ah nonno, se potessi darmi solo un ultimo piccolo indizio...

"Ruka, ma cosa è quella cosa che luccica addossata a quei massi?"

"Come dici amore? Scusa non ti ho sentita."

"Stavo colorando quei massi laggiù quando ho notato qualcosa che brilla attaccato ad essi. Mentre ne tracciavo i contorni non me ne ero accorta.

Da qui sembra quasi una fibbia."

"Una fibbia?

Anche nel racconto di cui ti ho parlato compariva una fibbia...

Se non sbaglio era il quadro della serratura di un forziere."

"Credi che tuo nonno abbia voluto lasciarti qualcosa? Insomma, potrebbe essere uno dei suoi soliti indovinelli."

"È possibile, e se non fosse stato per te non lo avrei mai scoperto. Grazie Michiru."

"Di niente amore. Su, andiamo a vedere."

"Sì! Prendi l'acqua. Voglio vedere se la fibbia è solo appoggiata o se è la pietra stessa a fungere da forziere."

"Aspetta un attimo però... Se vedi la luce che si riflette sugli intarsi si proietta sul tuo ginocchio. Secondo te è un caso o potrebbe essere quello il punto in cui si trova il tesoro?"

"Hai ragione... Non lo avevo notato. Vado a prendere la paletta, tu intanto segna il punto."

"Ok."

Raggiungo gli zaini abbandonati accanto al treppiede e dal fianco del mio tolgo fuori una piccola zappa che mi permetterà di scavare il terreno molle senza scompaginarlo eccessivamente.

In testa mi indugia un solo pensiero: troverò davvero qualcosa del nonno o come ha prima detto Michiru è solo coreografia?

Devo scoprirlo al più presto.

"Ora comincio a scavare."

"Ok, avvertimi se senti qualcosa."

"Sì, il terreno è duro in questo punto."

"Spala via un po' di terra. Potremmo vedere meglio se c'è qualcosa."

"Buona idea, dammi una mano anche tu così facciamo più in fretta."

La consistenza della terra si tramuta in quella di una superficie piatta e liscia dal colore avorio. Insieme cerchiamo di tirar fuori il proprietario di tale pregiata tonalità.

Chiunque lo abbia sotterrato qui sapeva il fatto suo.

Leviamo via un po' terriccio dai lati del misterioso scrigno e quando finalmente Haruka riesce ad afferrarlo e tirarlo su esso si rivela essere un piccolo cofanetto di legno di eucalipto dal rustico aspetto.

"Non... credo ai miei occh..."

"Amore, cosa c'è?"

"..."

"Ruka parla, non farmi preoccupare."

"È... del nonno..."

"Dici davvero?"

"Sì... è uno dei cofanetti in cui conservava le pipe che smetteva di usare."

Il suo sguardo agitato dà spazio ad un'espressione di gioia pari a quella che vestivano i suoi occhi quando siamo arrivate qui.

È fantastico vederla così raggiante!

"Amore ma è stupendo! Non immagini quanto sono felice per te!"

"È come se fossi tornata bambina e fosse Natale, con la differenza che stavolta ne sono felice!"

"Sei adorabile. Su avanti apri! Sono curiosa di vedere che c'è dentro."

"Subito!"

Sollevo il coperchio mettendo il dito su una piccola fossetta al centro del portapipe riuscendo ad aprirlo con un po' di fatica. Elimino quei pochi granuli marroni rimasti sull'oggetto evitando di sporcarne il contenuto e mi metto seduta per scoprire di che si tratta senza rischiare di ribaltarmi per la sorpresa.

Al suo interno trovo un sacchetto contenente qualcosa, un piccolo foglio di carta e sul fondo un quaderno davvero molto piccolo. Prendo il foglietto e allontano le sue estremità scoprendo il messaggio racchiuso fra le sue ali.

<< Al mio albero nel vento >> recita.

Sapete cosa più mi piace del nonno? La sua incredibile serenità. Nonostante tutto riusciva a sorridere sempre; lui stava bene dentro e fuori. Lo invidio molto per questo.

"Che c'è scritto?"

"Al mio albero nel vento."

"Ha un significato particolare?"

"Sì, è dedicata in me. Il nonno mi diceva sempre che ero come un albero che non si piegava mai, neanche quando il vento era in subbuglio. Mi aveva chiesto di continuare ad esserlo anche dopo che lui se ne sarebbe andato. Non voleva che io rinunciassi alla vita e non l'ho fatto. Mi ha insegnato a vivere a discapito del dolore."

"È un pensiero molto bello. Più che bello, direi."

"È tipico di lui. Era un grand'uomo."

"Come ti senti?"

"La verità? Alla grande!

Certo, mi manca tantissimo ma ,come ho detto prima, lui mi ha insegnato ad andare avanti in ogni caso. Gli devo tutto."

"Lo capisco Ruka. Gli devo molto anche io."

Il modo in cui mi sorride manda KO la mia anima che sussulta silenziosa dentro di me.

La morte di suo nonno è stato l'evento forse più traumatico della sua vita ma resiste ancora trovando la forza per non lasciarsi andare e io sono molto fiera di lei.

I nostri sguardi si incatenano l'uno all'altro così come i nostri risi a fior di labbra.

Le nostre mani fanno altrettanto intrecciandosi fra loro. Rompo il contatto per portarlo sulla sua guancia e cogliendola di sorpresa la bacio; a muovermi il desiderio di premiarla per la sua piccola ma grande vittoria, perché si merita tutta l'euforia, l'entusiasmo e la letizia di questo giorno di festa.

Partecipa un po' in ritardo unendosi a me con le stesse passione e contentezza e insieme ci prepariamo per svelare le ultime due parti del mistero che ha contribuito a rendere questa esperienza ancora più intrigante.

"Allora, che altro c'è dentro?"

"Sei proprio una curiosona eh..."

"Canzona di meno e sbircia di più!"

"Ma sentila... Ti accontento solo perché interessa anche a me."

"Antipatica!"

"Ora apro il sacchetto, sempre se riesco a sciogliere il nodo dei laccetti."

"Tuo nonno aveva cura nel conservare le cose a cui teneva."

"Già, a volte sembrava quasi maniacale ma il talento con cui lo faceva era in grado di farti desistere da ogni tua ipotesi a favore di ciò.

Credo di esserci riuscita."

"Allora? Di che si tratta?"

"Non ho bisogno di molti indizi per rispondere alla tua domanda. Mi basta poco, solo toccarla. È una delle sue pipe."

"Quale? Ne collezionava tantissime e te le ha praticamente lasciate tutte."

"Mi è famigliare ma non ne ho nessuna con questa forma. Tolgo il nastro in cui è avvolta così la controllo meglio."

Alzo il lembo dell'incarto e lo srotolo tenendo attenti gli occhi per ben riconoscere l'oggetto che ho in mano e non appena il primo giro è mollato a terra mi viene un colpo. A impressionarmi è uno degli intarsi che è riportato al centro del collo della pipa dove spunta un'acacia d'argento su sfondo nero; la giro sulla destra dove incrocio una giraffa con le medesime caratteristiche dell'albero e con timore vado ad osservare il lato sinistro sulla posizione opposta: lì v'è invece un leone.

Sono interdetta da ciò che si para davanti alla mia vista quando ho eliminato del tutto l'involucro. Non so se in questo preciso momento sto avendo le allucinazioni o se i miei stessi occhi mi stanno giocando un brutto scherzo...

È davvero la pipa preferita dal nonno o sto sognando? Credetemi, io non lo so.

"Tesoro, tutto bene? Cos'è quella faccia allibita?"

"È la pipa preferita del nonno. Anche questa fu sepolta con lui... Non capisco cosa ci faccia qui."

"Magari ne aveva due uguali e una l'ha comprata apposta per te. Non voleva farti mancare niente di tutto ciò che apprezzava particolarmente."

"Se è così, credo di sapere cosa è racchiuso nel quadernino. Spero vivamente di non starmi illudendo da sola. Sarebbe un brutto colpo."

"Posso darci un'occhiata io se ti fa stare più tranquilla."

"Forse non è una cattiva idea."

"Lascia fare a me allora."

Accolgo il quadernino fra le mie dita. La copertina è di un verde acqua un po' scolorito, segnata dai molti rimaneggiamenti subiti; non reca un titolo su di sé com'è per tutti gli altri quaderni contenenti i suoi scritti.

La sollevo e sull'altra faccia della coperta leggo l'introduzione del racconto. Non capisco ancora cosa turbi Haruka tanto da non riuscire a reggere il quadernetto, a onta delle sue modestissime dimensioni.

Continuo a scorrere le pagine e una figura mi svela il mistero: una felce.

Haruka la vede e ingoia tutta la sua incredulità in una sola volta. Non posso certo negare di essere sorpresa quanto lei, dato che si tratta della storia che suo nonno aveva portato assieme a lui nel suo ultimo eterno viaggio.

"È proprio lei..."

"Sì, è la storia... di questo posto."

"È lei... È... Lei!

Oh mamma, potrei sentirmi male..."

"Amore, calma. Non dire così. Respira.

Respira avanti!"

"Sto bene, è tutto ok. Dicevo di potermi sentir male di gioia.

È qui, qui con me. La storia che ho più desiderato di avere con me è con me.

Il nonno non mi ha mai deluso in tutta la sua vita, nemmeno quando io ero sull'orlo di pensare che potesse succedere.

Nonno, se mi senti: grazie, ti amo!"

Un affanno che non le appartiene la prende donandole sfaccettature che non riconosco in lei e che mi fanno temere il peggio fino a quando non scoppia in una risata di soddisfazione e lacrime.

Si rivolge verso di me e mi salta quasi addosso circondandomi in un abbraccio di pura realizzazione.

Una cosa è certa: adesso sono io a dovermi riprendere da un mezzo infarto...

"Michiru, Michiru, Michiru!!!

Ora posseggo le cose che il nonno riteneva più importanti per la sua serenità!

È magnifico! Assolutamente... Non so nemmeno come definirlo!"

"Mi hai terrorizzata per almeno dieci secondi! Se non fossi felicissima per te ti strozzerei senza tanti complimenti!"

"Scusami amore, ma uno dei miei più grandi sogni è divenuto realtà."

"Lo so amore mio. Per questa volta sorvolo, ma se succede di nuovo le prendi sul serio."

"Ok."


Dopo mezz'ora buona di abbraccio distese sul rossiccio caldo della terra provo a rincorrere delle bianchissime nuvole con la punta del naso all'insù, sperando quasi che la fonte di questo mio infinito gaudio sia lì tra di esse.

Ridendo dentro lo cerco e lo trovo e gli lancio un messaggio che nella sua sensibilità fa tremare di allegria ogni singola foglia e fronda in cui si imbatte.

Grazie di tutto nonno, la tua bambina ora può veramente sentirsi dire realizzata!

"Ti brontola lo stomaco..."

"Ah ah, in effetti ho una certa fame. In fondo è già ora di mangiare.

Sarà meglio pranzare così non facciamo troppo tardi per stasera.

Ho proprio bisogno di riposarmi prima della cena con le ragazze."

"Sì, è stata una mattinata ricolma di emozioni. Anche io sono esausta..."

"Su, mettiti seduta che imbandisco la tovaglia."

"Agli ordini signor maggiordomo!"

"Maggiordomo?"

"Non era esattamente quello che volevo dire..."

"Mi basta sapere questo. Ricomponiamoci e pranziamo."

"Sì, è mooolto meglio..."



***



"Haruka, posso chiederti una cosa?"

"Certo Mina, chiedi pure."

"Che hai fatto al viso? Hai un livido immenso..."

"Ah, io so quel che le è successo!"

"Lei lo sa."

"Illuminaci allora!"

"Le ha prese da una Cassia Fistula particolarmente affettuosa."

"Da cosa le ha prese??"

"Da un albero di Cassia Fistula, quello con le foglie verdi chiare, i fiori a grappolo e gialle e quei legumi che scambi sempre per vaniglia quando ti mando in drogheria."

"Oh, ora ho capito! Wops..."

"Sei sexy quando arrossisci così."

"Dici davvero?"

"Ah ah."

"Ragazze, un po' di contegno.

Liberate i vostri istinti amorosi quando tornerete nella comodità della vostra camera da letto..."

"Oddio, scusaci Michiru..."

"Faremo le brave, promesso!"

"Bene, allora godiamoci il dessert."

"Evviva!!!"

"Sei sempre la solita amore."

"Llmmh!"


  
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