Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: ChiaraBJ    19/09/2014    6 recensioni
Semir e Ben durante un inseguimento hanno uno spaventoso incidente e ad averne la peggio sarà il giovane ispettore. Ben ne uscirà segnato nel corpo, ma soprattutto nell’animo e una misteriosa ragazza e una morte violenta sconvolgerà la sua giovane vita.
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Jager, Semir Gerkan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NE VALEVA LA PENA?

Era quasi sera, quando Ben si svegliò, ma senza aprire gli occhi nella sua stanza d’ospedale.
Sentiva accanto a sé una voce ovattata, ma non capiva bene a chi appartenesse e tantomeno che cosa dicesse, anzi sembrava che stesse sussurrando una melodia.
Percepiva qualcuno che gli stava sistemando le coperte, il cuscino e gli accarezzava il volto.
Tutto ad un tratto in quell’atmosfera ovattata si ricordò del suo amico e come se avesse ricevuto un pugno allo stomaco sbarrò gli occhi.
“Semir!?” disse quasi ansimando e davanti a lui apparve Nadja Kranich.
“Ciao Ben” disse Nadja accompagnando il saluto con un sorriso.
E Ben senza ricambiare il saluto chiese “Nadja come sta Semir? Dimmi che è vivo, dimmi che …”
A Ben vennero in mente quei concitati momenti che lo avevano portato a essere lui li in un letto d’ospedale e Semir … già, come stava il suo amico? E senza pensare a cosa faceva e senza rendersi conto che aveva un braccio attaccato ad una flebo cercò di alzarsi e di scendere dal letto, ma un dolore terribile proveniente dal fianco lo paralizzò.
“Ben sei impazzito? Vuoi che la tua ferita si riapra di nuovo?” lo rimproverò Nadja.
“Come sta, ti prego dimmi che sta bene”
Non ci fu bisogno formulando la domanda di dire a chi si stesse riferendo Ben; Nadja sapeva benissimo quanto affetto e quanta amicizia legava Ben a Semir.
“Beh ecco, è molto grave e poco dopo il suo ricovero…” e tra sé e sé la giovane infermiera pensò “Ed ora come faccio a dirglielo, come faccio a dirgli che Semir è entrato in coma…” ma fu interrotta da Ben.
“Non respirava, non aveva battiti e io non c’è l’ho fatta, ho tentato di rianimarlo, ma il fianco mi faceva male…ho ceduto…”
“Ben avevi la ferita aperta e comunque dobbiamo solo aspettare…” ma fu interrotta di nuovo, Ben aveva capito al volo la gravità della situazione di Semir.
“Se riportasse danni neurologici, se dovesse non farcela, sarebbe solo colpa mia, l’ho messo io in questo guaio, io e la mia testardaggine, dovevo lasciar perdere invece mi sono incaponito…”
“Se non ti fossi incaponito la ragazza a cui tu devi la vita non avrebbe avuto giustizia” cercò di consolarlo Nadja.
“Si, ma a che prezzo? Avrò solo privato Andrea di un marito e Aida e Lily di un padre se Semir …” ma non ebbe nemmeno il coraggio di finire la frase e una lacrima scivolò lungo il viso.
“Senti, ti ripeto dobbiamo solo aspettare…e tu devi cercare di calmarti e guarire, per adesso questo è l’unica cosa che puoi fare per te e per Semir”

Poco dopo si sentì bussare alla porta e sulla soglia comparve Andrea che lentamente si avvicinò a Ben.
Il ragazzo alla vista della donna si sentì malissimo: aveva il volto sfigurato e sembrava invecchiata di dieci anni dall’ultima volta che l’aveva vista.
I suoi occhi erano rossi, segno che aveva pianto molto e quando salutò Ben aveva la voce quasi afona.
“Ben” disse Andrea “Come stai?” e quasi barcollando si avvicinò al letto, ma prima che Ben potesse dire qualsiasi cosa Nadja lo anticipò “Andrea, siediti qui” e la fece accomodare sulla poltroncina accanto al letto.
“Andrea mi dispiace io…” disse con un filo di voce Ben.
“”Non devi dispiacerti, hai fatto il possibile e…” ma poi scoppiò di nuovo a piangere.
Ben avrebbe voluto alzarsi, consolarla, ma fortunatamente venne in aiuto Nadja che mise le mani sopra le spalle della donna e con voce calma disse:
“Vedrete che ogni cosa andrà a posto, Semir ha una tempra fortissima, ce la farà”
“Non lo so, davvero non so che pensare, a me sembra che stia male che si stia spegnendo poco a poco” disse Andrea.
“Dobbiamo crederci Andrea, Nadja ha ragione Semir tornerà a casa, tornerà da te e dalle bambine” disse Ben cercando di dare coraggio più a se stesso che ad Andrea.
“E se non fosse così? Come farò ad andare avanti, come farò a dirlo alle bambine?”
Nadja si chinò e abbracciò Andrea sotto lo sguardo atterrito di Ben.

Passarono un paio di giorni Ben era ancora ricoverato, ma si stava riprendendo abbastanza velocemente, mentre Semir era sempre in rianimazione ed era purtroppo sempre in coma.
Disteso sul suo letto Ben non poteva fare altro che aspettare di essere dimesso o di avere il permesso di andare a trovare il suo collega.
Ogni tanto riceveva le visite di Nadja, dei colleghi e amici e passava a trovarlo anche Andrea; purtroppo ogni volta che la vedeva per Ben era sempre una stilettata al cuore, sinceramente si chiedeva quanto avrebbe resistito.
La donna trascorreva  tutto il tempo che poteva accanto al marito e poi alla sera prima di andare a casa dei genitori, dove c’erano anche Aida e Lily, passava da Ben a salutarlo.

A riempire le sue noiose giornate di degenza di Ben erano venute a fargli visita anche Helga e sua sorella Julia e con loro aveva trascorso dei momenti abbastanza sereni. 
Era venuto a trovarlo anche suo padre e come al solito il discorso era degenerato: suo padre non gli perdonava di essere entrato in polizia e che quel lavoro così pericoloso lo portava , ultimamente troppo spesso a frequentare stanze d’ospedale.

Tutt’ad un tratto qualcuno bussò alla porta.
“Avanti” fece Ben chiedendosi chi poteva essere a quest’ora, erano appena passate le otto di mattina e lui aveva appena fatto colazione con un scialbo tè e un paio di fette biscottate.
“Salve ispettore Jager” disse la procuratrice Merkel entrando.
A Ben mancò per un attimo la parola nel vedere la donna: che ci faceva lì?
“Come sta? Il medico che l’ha in cura, che tra l’altro è un mio amico, mi ha detto che fra tre quattro giorni potrebbero dimetterla” disse quasi con tono tenero la donna avvicinandosi al letto.
“Si, grazie mi sto rimettendo in sesto…” e il ragazzo fece cenno alla donna di accomodarsi, ma il suo pensiero andò  a Semir e si intristì e la procuratrice lo notò.
La procuratrice si sedette nella poltroncina vicino al letto di Ben, dopo di che chiese:
“E il suo collega come sta? Il mio amico non ha saputo dirmi molto, non essendo del reparto”
“Semir è in coma…stiamo aspettando un miracolo…e…” ma Ben si bloccò.
“E?” chiese la procuratrice.
“Non riesco a farmene una ragione, se Semir è  in coma è colpa mia” rispose un mesto Ben.
“Non dica sciocchezze ispettore, non ha premuto lei il grilletto” ribatté decisa la donna.
“Lo so, ma se non avessi coinvolto Semir in questa storia…” e lasciò cadere il discorso a metà.
“Ispettore se lei non mi avesse fatto riaprire il caso un innocente sarebbe in prigione, un assassino sarebbe in libertà e un omicidio sarebbe passato per suicidio” asserì decisa.
“Non ho ancora compilato il rapporto…” disse stupidamente senza pensarci Ben.
Ma la procuratrice non ci badò, sapeva che la frase era uscita perché Ben stava pensando alla salute del suo collega e aveva la mente altrove.
“Pensi a guarire e mi tenga aggiornato sulle sue condizioni e su quelle del suo collega”
“Senz’altro”
“E spero che in futuro ci sia ancora una collaborazione tra lei, il suo collega e il mio ufficio, vi siete dimostrati dei validi elementi. Arrivederci ispettore” e alzandosi porse la mano a Ben.
Ben gliela strinse “Grazie a lei procuratrice” e la donna uscì.

Verso metà mattina entrò il medico che aveva in cura Ben; era di origine balcanica alto, moro, con profondi occhi neri e al ragazzo incuteva un po’ di soggezione all’inizio, ma poi conoscendolo meglio si era accorto che dietro lo sguardo duro si celava una persona affabile.
“Salve dottor Goran“ esordì il ragazzo.
“Salve Ben, se la sente di alzarsi e di andare a trovare il suo collega?” disse il medico.
“Certo” Ben si stampò un enorme sorriso in viso, ma poi corrugando la fronte disse: “Ma dottore a quest’ora di solito c’è la moglie, non vorrei allontanarla dal marito nella stanza si entra solo uno alla volta…”
“I medici del reparto dove è ricoverato il suo collega sono riusciti a convincere la signora Gerkhan ad andare a casa a riposarsi un po’ a restare con le sue figlie, in cambio ci ha fatto giurare che l’avremmo accompagnata dal suo collega” gli rispose il dottore.
“Dottore, sia sincero…Semir ce la farà, dico si sveglierà?” domandò Ben.
“Beh il suo attualmente è un coma reversibile, ma più tempo passa meno possibilità ci sono che si svegli …è per quello che preferiamo che le persone a lui più care gli stiano vicino, per stimolarlo a svegliarsi. Fra un po’ le manderemo un infermiere che l’aiuterà ad alzarsi e a mettersi su una sedia a rotelle, e poi verrà accompagnato dal suo collega. Cerchi di essere forte, lo faccia per il suo amico e anche per se stesso”

Pochi minuti dopo aiutato da un infermiere Ben si alzò dal letto per sedersi su di una sedia a rotelle e fu accompagnato nel reparto dove era ricoverato Semir.
Per tutto il tragitto, breve tra l’altro, Ben pensò a cosa poteva dirgli, ma la sua mente non riusciva a elaborare per il momento frasi razionali: nella sua mente c’era solo un grande dolore  e una sofferenza continua.
Poco dopo Ben col cuore pesante si trovò ad essere nella stanza di Semir a fianco del suo letto.
“Ciao socio” gli disse prendendogli la mano ”Come stai?” poi vedendolo intubato con la testa fasciata e le bende che aveva sul torace un enorme dolore quasi fisico lo invase.
“Mi dispiace Semir, come sempre hai ragione tu, se ti alzassi e mi dessi uno schiaffo avresti tutte le ragioni del mondo…” disse cercando di farsi forza.
Ben restò li accanto al suo partner per più di due ore ridendo e scherzando come se fossero di pattuglia in autostrada, il ragazzo si era imposto di essere il più tranquillo e sereno possibile.
Si ritrovò anche a parlargli dell’arresto di Hengelberg e come gli aveva riferito il commissario Kruger durante una sua visita, era stato arrestato anche il suo complice, l’uomo che di fatto aveva rubato l’auto e incastrato Lahm.
Ogni tanto nella stanza entrava una infermiera, Semir l’avrebbe apostrofata come ‘giunonica’ per le sue caratteristiche fisiche: alta, formosa, ma ben proporzionata. L’unica nota stonata era data dal suo modo di fare un po’ rude.
“Ispettore” venne salutato Ben.
“Salve, signora Berthold” rispose gentilmente Ben e poi continuò “Senta, ma il fatto che ogni tanto mi sembri di percepire delle strette…” ma l’infermiera non gli lasciò finire il discorso.
“Sono spasmi ispettore” e dal tono Ben non ebbe neanche il coraggio di controbattere.
 
Verso mezzogiorno nella stanza fece comparsa dietro le spalle il dottor Blatter, il medico che aveva in cura Semir.
“Salve ispettore” disse cordiale.
“Salve dottore” rispose Ben.
“La riportiamo in reparto è ora di pranzo” continuò il medico.
“Certo” rispose a malincuore Ben.
Ben era perennemente affamato e in circostanze ‘normali’ lo sarebbe stato vista l’ora , ma ora solo al pensiero di buttar giù qualcosa lo stomaco gli si era bloccato e per di più l’idea di lasciare Semir da solo gli aveva tolto qualsiasi appetito.
“Hai sentito socio?” parlò Ben rivolto al suo amico “Fra un po’ mi cacciano… che ne diresti di aprire gli occhi per salutarmi? Dai socio, quando sto male io tu riesci sempre a portarmi sempre indietro…perché non può essere anche a parti invertite”
Al dottor Blatter si strinse il cuore nel vedere da quanto affetto era circondato il suo paziente, la moglie che non lo lasciava mai e ora il suo collega che da come poteva constatare era molto più di un semplice collega, li legava una profonda e salda amicizia.
 “Venga ispettore l’aiuto ad uscire” e mise le mani sulle maniglie della sedia a rotelle per aiutare Ben, ma il suo sguardo si gelò alla vista del monitor.
“Ispettore, Semir le ha stretto la mano per caso?” disse corrugando la fronte il dottore.
“Si, ma quando l’ho detto all’infermiera lei mi ha risposto che erano spasmi e che nei pazienti come Semir è normale”
“Senta, le faccio portare il pranzo più tardi, lei continui a parlare al suo socio e gli dica di stringergli la mano….” E si mise davanti agli strumenti, stampò qualche grafico e senza dire una parola uscì dalla stanza.
“Okay, socio mi lasciano qui con te” disse speranzoso Ben, ma cominciava a essere stanco, gli antidolorifici stavano esaurendo il loro effetto e il dolore al fianco si stava acuendo.
Ben si avvicinò ancora di più al letto di Semir e vinto dalla stanchezza appoggiò la testa sul letto accanto alla mano di Semir.
Ben cominciò a piangere silenziosamente e supplicava Semir di svegliarsi, ma ancora una volta vinto dal dolore e dalla stanchezza si addormentò.
Passò un po’ di tempo e Ben si svegliò, per un attimo non capiva dove era, sentiva attorno a lui tanto trambusto e aprendo gli occhi incrociò quelli di Semir.
“Semir?!”
Ben si tirò su e attorno a lui vide il dottor Blatter, l’infermiera Berthold e Nadja, quest’ultima si avvicinò a Ben e gli disse:
“In circostanze normali saresti stato allontanato, ma tu e Semir fate cose eccezionali” disse sorridendo.
“Ora però” disse il dottor Blatter rivolto  a Ben  “La riportiamo al suo reparto”
“Va bene” disse e rivolgendosi a Semir “Vado socio, mi raccomando rimettiti in sesto”
Semir cercò di sorridere all’amico.
Ora il peggio era passato e tutto sarebbe tornato come prima.
 
Nota dell’autore:
La 'coppia d’oro' si è riunita…
Restano alcune cosucce in sospeso che avranno risposta nell’ultimo capitolo…
Un abbraccio a tutti.
CBJ.
  
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