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Autore: foreverwithyou    19/09/2014    2 recensioni
Emma Marshall abbandona la sua mansueta New York per dirigersi nella ricca e sfacciata Beverly Hills.
Con la sua faccia tosta e le sue ironiche battute, Emma riuscirà a tener testa a quella che sembra essere una sfida impostale dal suo karma negativo.. ma saranno sufficienti per tollerare anche la presenza del vicino di casa?
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Dal testo:
«Stai bene?» dice un ragazzo ben piazzato, moro con indosso solo un adorabile costumino color rosa fragola «Sai, stavamo facendo una battaglia e..»
«Non me ne frega un emerito cazzo della vostra battaglia. Mi avete bagnata tutta!» sbraito senza sentire ragioni.
«Non sei di qui, vero?» sentenzia il ragazzo passandosi un dito sotto il mento e sorridendo in modo beffardo.
Lo guardo sconvolta.
«Ma come sei perspicace! [...]
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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III.
 
I know he's playing my heart and I ain't got no choice. There's just something about the boy

 
«Mugugno versi strani mentre l’abbagliante luce del sole si sofferma sul mio viso, riscaldandolo. È già mattina.
«Buongiorno, signorina» esordisce una voce roca e femminile nella stanza.
Scatto a mo’ di molla e mi metto seduta sul letto. «Oh sei tu, Joanne»
La donna, conosciuta la sera prima mentre ci serviva la cena, mi regala un dolce sorriso e, prima di abbandonare la stanza, mi informa che sono già le sette e che la colazione sarà in tavola tra poco.
Balzo giù dal letto e mi stiracchio sbadigliando come una morta di sonno. Ho dormito profondamente anche se il materasso era abbastanza duro. Con gli occhi ancora incollati tento di raggiungere, nel migliore del modi, la porta. Barcollo come un’ubriacona. Ma cosa diamine mi è successo?
Arrivo in bagno con fatica. Butto un occhio ancora assonnato sulle lucenti mattonelle del pavimento e le creme per il corpo costose che si vedono in tv poste sulle accurate mensole in alto. La mia grande amica alias la doccia, mi aiuterà a scrollarmi di dosso questo sonno che, per me, è peggio del diavolo tentatore.
Mi tolgo i vestiti del giorno prima –sì, nella foga ho dimenticato di mettere il pigiama ieri sera- e, dopo aver fatto la conoscenza della tazza, entro in questa cabina di vetro opaco. Porca troia, è bellissima. A New York avevamo una vasca arrugginita color senape con la fontana che spruzzava acqua da tutte le parti. Questa è una doccia, invece. Una vera doccia con tutti i confort. Lascio che il getto d’acqua repentino e tiepido mi bagni i piedi mentre mi raccolgo i capelli in una cipollina trasgressiva. «Che meraviglia!» esclamo in preda all’ecstasy.
Canticchio qualcosa mentre mi strofino energicamente con una spugna di colore rosa –avevate dubbi?- mentre il bagnoschiuma al cocco mi percorre il corpo/tavola da surf, per me è uguale.
Esco dalla doccia e mi copro con un asciugamano mentre passo una mano sullo specchio posto sopra al lavandino leggermente appannato. Mi sciolgo i capelli e prendo una delle tante spazzole poste su un mobiletto per iniziare una sanguinosa battaglia contro i nemici nodi; raccolgo, poi, la quantità eccessiva di capelli color castano scuro in una treccia a spina di pesce –almeno, si ispira a quel tipo di treccia-. Non sono mai stata brava ad acconciarmi i capelli o truccarmi in modo adeguato: per me una treccia spennata e del fard buttato a caso sulle guancie è okay.
Ritorno in camera, ancora avvolta nell’asciugamano azzurrino, per vestirmi. Apro l’armadio dove, ieri sera, ho riposto tutti i miei capi e inizio a guardarli con cautela. È il primo giorno di scuola, sono la ragazza nuova e non posso sembrare sciatta. Inizio ad avere dei crampi allo stomaco e a sudare freddo: non so se è la fame o l’ansia per le nuove esperienze che dovrò affrontare in questa ricca città.
Il mio buon gusto mi aiuta a scegliere dei comodi jeans a sigaretta e una canotta bianca con sfumature colorate. Ci abbino, ovviamente, degli anfibi fucsia e la mia inseparabile felpa grigia. Tracolla mimetica, blackberry più morto che vivo in uno degli anfibi e via, dritti di sotto.
Sento vociferare dalla cucina, così mi avvicino e vi entro. La classica famiglia americana di prima mattina: papà, seduto su uno sgabello, che con una mano sorregge un quotidiano e con l’altra un caffè; Tanya dedita a spalmare la marmellata su una fetta biscottata; e il sole che illumina la scenetta invitante.
«Buongiorno» mi annuncio facendo il mio impacciato ingresso.
I due si destano e mi guardano accogliendomi con degli affabili sorrisi.
«Dormito bene?» mi domanda Tanya facendomi segno di accomodarmi su uno sgabello, accanto a lei. «Sarai affamata. Serviti pure, Emma»
Latte, cereali, succo, biscotti, cioccolato da spalmare.
Sono in paradiso.
Un po’ intimidita, afferro la bottiglia di vetro contenente il latte me ne verso un po’ in una tazza, poi ci butto dentro una manciata di cereali e inizio la mia colazione.
«Prima di andare in ufficio ti accompagno a scuola, tesoro. Vedrai, ti troverai bene, è l’istituto migliore di tutta la California» dice papà, entusiasta.
«Evviva» esulto ironica con la bocca ancora piena.
«Ti aspetto in macchina» dice baciandomi la fronte per poi dileguarsi.
Finisco di mangiare e Tanya mi accompagna alla porta.
«Buona giornata, Emma» mi saluta Tanya abbracciandomi, sulla soglia.
Ricambio l’abbraccio dandole dei colpetti sulla schiena. «Altrettanto»
Scendo i gradini e mi ritrovo nel vialetto dove dovrebbe, in teoria, esserci Bruce. Mi guardo in giro,  ma l’unica macchina che vedo è quella del dirimpettaio che sta subendo un lavaggio esemplare. Ricchi sfondati di Beverly Hills e poi si fanno il lavaggio macchina faidate.
Degli schiamazzi alla mia sinistra, catturano la mia attenzione. Mi volto e vedo un gruppo di sbarbati adolescenti che se la ridono. Si fermano davanti alla casa accanto alla mia. Incuriosita come non mai, non smetto di fissarli, sebbene la luce del sole mi impedisca di vedere al meglio.
Un altro sbarbatello esce dalla casa e raggiunge quei quattro appena arrivati.
La sua camminatura sensuale, i capelli che risplendono al sole, il sorrisetto infame.
«Il lussurioso energumeno» Dico indicandolo.
Avevo dimenticato che viveva lì. Lo scontro di ieri, il mio blackberry inzuppato, lui col costumino sexy color fragola. Ew.
La mia voce, evidentemente, riesce a farsi sentire anche da loro che si voltano sorpresi. Sgrano gli occhi e mi giro dando loro le spalle, facendo una barriera con le mani intorno al viso.
«Dio, fa che non mi abbiano vista!» prego silenziosa.
«Tu sei.. la straniera, giusto?»
Faccio per rispondergli ma il suono del clacson mi impedisce di farlo. Bruce, sei il mio Salvatore.
Lascio il broccolo lussurioso lì e salgo nel macchinone di papà che mi aspetta pimpante, indossando i suoi enormi occhiali da sole e stretto nel suo completo firmato Armani.
Nervosa, mi mangiucchio quel che resta delle mie unghie –o, per meglio dire, dei miei polpastrelli- e mi guardo le scarpe.
«Le cose ti vanno proprio bene qui a Beverly Hills, eh Bruce?» domando frenetica.
Sono pure logorroica quando mi trovo in situazioni come questa. Sì, sono disagiata mentalmente, purtroppo è la croce di chi ha sedici anni.
La realtà qui sembra, però, molto diversa.
«Questo è il tuo orario delle lezioni. Cerca la direttrice non appena entri» dice Bruce parcheggiando davanti al cancello e passandomi dei fogli spillati «Ripasserò a prenderti nel pomeriggio» conclude.
Gli do un leggero bacio sulla guancia e scendo dall’auto.
Si comincia!
Entro nel mio nuovo liceo e do inizio alla mia nuova carriera scolastica. È un edificio completamente ristrutturato e perfettamente americano: c’è chi litiga, chi si bacia, chi fa avanti e indietro per i larghi corridoi, chi prende e posa libri dall’apposito armadietto, questo di colore giallo. Tutto normale, almeno fin qua.
Dopo essermi scansata qualche scimmione di troppo che barcollava manco fosse ubriaco per i corridoi, arrivo nella segreteria e, una volta date le mie generalità, mi mandano nella classe di storia del professor Campbell.
«Buongiorno, sono Emma Marshall» dico rompendo il più fragile silenzio che regnava tra i banchi.
«E io sono a corto di aspirine. Prendi posto, Emma Marshall, che non abbiamo tempo da perdere» dice concludendo con un falso sorriso, il presunto docente.
Calmino, quattrocchi.
È un uomo molto alto, snello, occhialuto –appunto-, con i capelli neri spiaccicati in testa da una leccata di dromedario, un abbigliamento da perfetto rappresentate di pentole e un gran senso dell’umorismo.
Scuoto il capo, amareggiata, mentre cerco un posto con gli occhi dell’intera classe puntati addosso. Ne trovo uno in fondo, accanto alla finestra che affaccia sul cortile. È mio.
«Beh» sbuffo guardandomi attorno, una volta seduta «Cosa avete da guardare?»
«Sei il giocattolino nuovo, Marshall. Ci farai l’abitudine» dice il professor Campbell strizzando un occhio.
Assumo un’espressione inorridita. Ma dove sono capitata?!
Il professore riprende a spiegare e io faccio di tutto per cercare di seguire. Nel vecchio liceo, il programma non veniva seguito proprio alla lettera dagli insegnanti e chi ci rimetteva alla fine eravamo sempre noi alunni. Ora, quindi, mi trovo in seria difficoltà.
Bussano, improvvisamente, alla porta. Fa il suo ingresso.. No, non è possibile...
Il mio vicino di casa.
Mi metto le mani sulla fronte e prego che sia solo un incubo. Purtroppo, però, la figura del possente ragazzone si fa sempre più nitida e si avvicina sempre di più.
«Mi scusi, professore. Il coach doveva parlarmi di una cosa importante» dice il ragazzo.
«Certo, Payne. Ora siediti» controbatte il prof, seccato. Sembra una donna con le sue cose.
Il tizio dai capelli magnifichevoli si accomoda nel banco accanto al mio. Vorrei avere un guscio dove nascondermi.
Il professore, visibilmente scazzato, cerca di riprendere ancora una volta la spiegazione. Quell’uomo è proprio una donna col ciclo.
Mi sento un paio d’occhi puntati addosso. Mi giro automaticamente e incrocio lo sguardo curioso e impertinente del mio vicino. Arrotonda gli angoli della bocca fino a mostrarmi i suoi denti bianchi e perfetti.
Mi fa segno di avvicinarmi così sporgo leggermente il busto. Avvicina con cautela la sua bocca rosea al mio orecchio tanto da farmi rabbrividire tutta.
«Che ci fai qui, straniera?» sussurra in maniera quasi impercettibile.
Sento il suo dolce profumo di vaniglia che mi solletica le narici. Siamo a pochi centimetri di distanza: è davvero una distanza notevole per me che non sono qui da nemmeno un giorno!
Non ho il tempo per rispondere poiché la donna scazzata ci richiama.
La lezione termina in fretta e il professore mi da degli appunti che mi faranno mettere in pari con il programma dato che sono arrivata durante il secondo semestre scolastico.
«Ah, signorina Marshall» mi chiama prima che possa abbandonare l’aula «Dato che lei e il signor Payne sembrate essere in confidenza, svolgerete insieme il compito che ho dato alla classe. È un’eccezione solo per lei, dato che è nuova»
L’energumeno Payne? Quell’essere dal profumo di vaniglia?
«Ci deve essere un errore: io e quel fantoccio non ci conosciamo nemmeno» sbotto contraria.
«Suvvia, Emma. Prima o poi dovrai pur rapportarti con qualcuno, o vorrai rimanere sola a vita? Non ti conviene, non a Beverly Hills» dice fino a sparire trascinato dalla folla di studenti che scorrazzano per il corridoio fuori dall’aula.
Mi volto e faccio per andarmene quando vedo il mio partner, nonché vicino di banco, nonché vicino di casa. Troppe coincidenze fastidiose.
«Sono Liam, comunque» mi dice spavaldo.
«Ma quando?»
«Cosa?»
«Quando te l’ho chiesto?»
Liam scoppia a ridere di gusto.
«Ora almeno hai finito di affibbiarmi tutti quegli insulsi nomignoli, Emma»
Come lo dice bene! Le sue labbra si incontrano perfettamente mentre pronuncia il mio nome.
«Per me sarai sempre un energumeno, che tu mi abbia detto il tuo nome, è irrilevante!» dico incrociando le braccia sotto al seno che non ho.
«Sfacciata. Mi piace» dice avvicinandosi con fare malizioso «Vuoi davvero andare nel laboratorio a fare biologia?» continua poggiandomi le mani sui fianchi.
Caldo. Sento tremendamente caldo.
Devo rimanere lucida, però.
«Toglimi le mani di dosso, bifolco» dico spingendolo e raggiungendo la porta «E scordati che faremo il lavoro insieme»



Spazio autrice
So perfettamente a cosa state pensando e, prima che mi lanciate qualsiasi maledizione, lasciatemi dire solo che mi dispiace tanto!
Davvero. Sono mortificata, ma è successo che sono andata in vacanza e poi sono tornata senza nemmeno un'idea per riprendere la storia.
Questo capitolo lo avevo già pronto da diverso tempo. Ringrazio, anzi venero, la vostra costanza e la vostra gentilezza nel seguire ancora gli aggiornamenti.
Essendo presa da tutt'altro in questo periodo, non so davvero quando riuscirò a battere il prossimo capitolo.
Se avete idee, non esitate a farmele sapere tramite una recensione o un messaggio. Okay?
La frase in cima al capitolo è della canzone "About the boy" delle Little mix.
foreverwithyou
 

L'energumeno Payne. Non mi morite.


 
   
 
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