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Autore: Iaiasdream    19/09/2014    2 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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Ho sempre vissuto la mia vita avvolgendola di un sottile velo di fantasia. Non ho mai accettato la realtà, per me quest'ultima non era altro che un mondo parallelo a quello in cui desideravo vivere. Mi sentivo letteralmente un'aliena, catapultata in quel universo dove in pochi condividevano l'essenza che la fantasia dona alle nostre menti. Se dovessi darne un secondo significato appropriato, direi che la fantasia non è altro che la figlia del sogno. E io ho sempre sognato, anche quando la realtà ha iniziato a farsi più vivida davanti ai miei occhi, anche quando pensavo di poter bilanciare questi due mondi per tenerli sullo stesso livello. Ma la bilancia del mio destino, si è a poco a poco guastata, dando peso più sulla realtà e allontanandomi repentinamente e inesorabilmente, dalla fantasia. Quel luogo dove mi rifugiavo concedendo i miei sentimenti a quei disegni in movimento, che all'occhio di un umano adulto potevano sembrare infantili, ma che per me erano più di semplici disegni, erano un mare di sogni, che mi davano la forza di vivere, adesso li sento lontani. Mentre ciò che, adesso, vedo davanti a me, è l'immagine della realtà che se prima non accettavo, adesso disprezzo con tutto il mio cuore.
L'immagine del soffitto che mi si staglia davanti agli occhi è tutta sfocata. Sento freddo, l'aria gelida che entra dalla finestra non ha pietà del mio corpo, nudo, profanato, stremato.
Sono supina, le braccia poste verso l'alto, e le gambe che fuoriescono dal letto che oltre a reggere me, si ritrova con le lenzuola strappate e umide.
Ricordo benissimo cosa è successo, l'intero mio corpo me lo rammenta, ché palpita ancora di quelle violente veemenze, attuate da l'ultima persona che credevo capace di una cosa simile. Come potrebbe la mia mente cancellare una cattiveria simile? Rimembro tutto per filo e per segno, anche se ho provato a perdere i sensi, questo non mi ha aiutato a non sentire i suoi ringhiati ansimi i suoi veloci e violenti movimenti e il suo odore impregnato di cattiveria.
Paura? Disperazione? Sentimenti che alla fine si sono dissolti come nuvole al vento, vento che ha preceduto la tempesta ricolma di rabbia e odio.
No. Non lo perdonerò mai! Lui, che per me non ha più un nome se non quello di Vile, è stato l'artefice della morte di Rea e della nascita di una persona che ho sempre avuto paura a destare io stessa. Una persona che riesce a provare estremo odio per qualcuno. Lui ci è riuscito.
Lentamente chino la testa all'indietro, premendola contro il materasso, alzo gli occhi verso la finestra aperta, e subito li chiudo abbagliata dai primi raggi del sole. Il rumore del lago si concede al vento che continua ad entrare nella stanza, silenziosa.
Non ho la forza di alzarmi, ma devo farlo, se tra un po' dovesse presentarsi Rosalya con mio figlio, io... Non voglio che scoprino ciò ch'é successo. Nessuno lo dovrà mai sapere, nemmeno Castiel.
<< Castiel >> sibilo quasi silenziosamente, sentendomi sulla guancia destra una linea umida che arriva a nascondersi sotto l'orecchio. Chiudo gli occhi trattenendo a stento un singhiozzo, che viene sostituito da uno sbuffo.
Porto istintivamente le mani agli occhi sentendomi le ascelle e le spalle indolenzite dopo essere stata per ore in quella posizione. Con i palmi mi premo le palpebre e con i denti mi mordo il labbro inferiore. "Se solo quel giorno" mi chiedo ancora afflitta dai rimorsi.
Quel giorno, cosa? Cosa sarebbe accaduto se fossi ritornata da lui? Certo non sarebbe successo questo. Ma avrei potuto peggiorare le cose.
Fu una mia scelta, non devo avere dei rimorsi. Ma, io... Sono stanca di pagare conseguenze di cui non ho colpa. Cos'è che ho sbagliato nella mia vita?
Ad un tratto, non poco lontano, sento vibrare il telefono. Con fatica mi metto su un lato e alzo la testa per cercare l'oggetto, lo trovo per terra accanto a un pezzo di stoffa strappato, lo raccolgo con fare lento e guardo lo schermo cercando di mettere ben a fuoco il nome. Un battito violento colpisce il mio cuore. Sgrano gli occhi e inizio a tremare sentendomi accapponare la pelle.
Castiel.
Sono indecisa se rispondere o meno. Il pollice si muove da solo poggiandosi lievemente sulla cornetta verde illuminata. La chiamata è aperta, ma continuo a guardare lo schermo impietrita senza avvicinarlo all'orecchio.
<< Rea, ci sei? >> sento in lontananza.
Ingoio a fatica sperando che la mia voce mi aiuti a non destare alcun sospetto.
<< Pronto? >> esordisco con incerta fermezza.
<< Rea, sono Castiel. Stavi dormendo? >>
<< Sì >> rispondo, chiudendo gli occhi e permettendo alla sua voce di raggiungere il mio cuore.
<< Allora scusami >>
<< Non importa. D-devi dirmi qualcosa? >>
<< Volevo sapere come stavi. Scappasti via, volevo raggiungerti, ma... >>
<< Castiel >> lo interrompo << non devi preoccuparti, io sto bene >>
<< Sicura? >>
<< Sì >>
<< È successo qualcosa poi, con Armin? >>. Ed ecco la domanda fatale.
<< ... N-no >> rispondo esitando << non è ritornato a casa >> mento sentendomi la gola bruciare. << Castiel? >> chiedo dopo un po'.
<< Mhm? >>
<< E-Etienne?... Dov'è? >> aggiungo cercando di tener ferma la voce.
<< A casa di Rosa, penso stia ancora dormendo >>
Sospiro sollevata.
<< Rea? Ti ho chiamata anche per dirti che ciò che è successo ieri, è stato ciò che mi aspettavo >> rivela con la sua voce beffarda << e ha una conseguenza... >>
Deglutisco dolorosamente sentendomi mille spine infilzarmi la gola. Se solo sapesse la verità.
<< Io adesso devo partire con Alain. Ma non appena tornerò, ti riprenderò >>
Sorrido amaramente, non riuscendo più a reggere le lacrime. << Ciao Castiel >> dico in fretta per non  insospettirlo, poi chiudo la chiamata senza aspettare un sua risposta. Affondo il viso sul materasso e do sfogo a un urlo soffocato. Stringo le coperte e le tiro, avendo voglia di strapparle. "Perché Castiel, perché?" esclama la mia voce nella mia mente.
Mi sollevo dopo un po', mettendomi in ginocchio sul materasso. Mi ritrovo a fissare la mia immagine riflessa sullo specchio dell'armadio. Se non fosse per quelle poche pezze che mi coprono di poco le cosce, direi che sono nuda.
Mogia mi alzo, recandomi in bagno, desiderosa di levarmi di dosso le impronte di quel maledetto, il quale dopo aver finito il suo atto depravato, si è sollevato da me, uscendo. Non mi sono chiesta dove sia andato, non mi interessa. Spero solo che non faccia più ritorno. Ma la pagherà, dovrà pagarmela.
Uscita dalla doccia mi posiziono davanti allo specchio e noto sul petto segni di denti e lividi. Mi tocco leggermente, quando un rumore al piano di sotto si fa sentire. Trasalisco guardando la porta. I miei occhi iniziano a bruciare, ma non di lacrime, bensì di rabbia.
Mi avvolgo in un candido accappatoio. Esco dal bagno dipingendomi un'espressione decisa sul volto, e mi dirigo verso le scale. Non appena mi trovo sulla balaustrata, mi fermo. Lui sta salendo, e non appena mi vede, si ferma rimanendo impietrito e inquieto. Lo guardo con odio, mentre con la mano poggiata sulla ringhiera, stringo il passamano in legno.
<< R-Rea... >> dice lui quasi disperato, fissandomi il petto che scopre di poco i suoi infami segni.
<< Vattene! >> rispondo digrignando i denti.
<< I-io... Non vol... >>
<< Non un altra parola!... Non azzardarti a dire che non volevi farlo! >>. Alzo il tono di voce.
Lui abbassa la testa e singhiozza accennando un lieve ma amaro sorriso << È finita, vero? >> chiede dispiaciuto.
<< Non è mai iniziata >> rispondo prontamente << vattene da casa mia, esci fuori dalla mia vita, non farti più vedere. Perché partendo da questo momento, ogni volta che incontrerò la tua immagine, non sarò compiaciuta fino a quando non avrò visto la tua faccia ricolma del dolore che hai arrecato a me! >>
<< Perdonami... >> dice piangendo e tremando.
Con uno scatto mi dirigo verso di lui e gli urlo in faccia: << Vattene!! >>. Tremo, non riuscendo a concepire più la differenza tra rabbia e odio. Lui rassegnato scende, si reca alla porta, e prima di uscire lo fermo << Non avvicinarti mai più a mio figlio! >> lo avviso decisa. Lui non si gira, riprende i suoi passi, ed esce di casa.
Come una furia risalgo in camera. Tolgo le coperte dal letto con fare brusco, apro l'armadio e getto per terra tutta la sua roba. Alla fine, riesco a far uscire la mia rabbia sotto forma di urlo.

***

Il portone dell'istituto dolce Amoris sta per essere chiuso da Melody, che non appena mi vede, ferma il suo gesto, accennando un sorriso.
<< Buongiorno Rea >>
<< Melody >> rispondo con indifferenza, entrando e lasciandola indietro. Senza esitazione, mi dirigo verso il mio ufficio chiudendomi la porta alle spalle. Vado a sedermi dietro la scrivania, e inizio il mio lavoro.
Ad un tratto sento squillare il cellulare. Rosalya.
<< Rosa? >> dico indifferente.
<< Rea... >> risponde lei incerta << ... Ho accompagnato il bambino all'asilo come mi avevi chiesto. Ma dove sei? >> chiede.
<< A scuola, scusami ma adesso devo riattaccare, sto lavorando >>. Chiudo senza permetterle di ribattere. Mi immergo in quelle scartoffie cercando un foglio in particolare che non riesco a trovare. Sbuffando mi alzo ed esco dall'ufficio per recarmi nella sala delegati e avere notizie da Nathaniel. Mi fermo poco dopo attratta da un tabellone che riporta gli eventi scolastici. Faranno un concerto sul lago. Sbuffo un sorriso e inizio a rammentare i vecchi tempi, che subito si collegano al vile. Mi piaceva, stavo bene in sua compagnia. Un brivido lungo la schiena si fa sentire e inizio a provare ribrezzo. "Come può essere cambiato in questa maniera?". In un battito di ciglia i miei occhi rivedono ciò che è successo la sera prima, e un conato di vomito, spinge violentemente la mia gola. Quando ad un tratto mi sento afferrare per un braccio e presa da uno scatto indescrivibile, indietreggio divincolandomi bruscamente.
Mi giro, puntando gli occhi fulminei sulla persona che mi ha toccata, e subito incrocio lo sguardo eterocromatico e esterrefatto di Lysandro. Trasalisco sentendomi smarrita.
<< L-Lys... Eri tu? >>
<< Perché, chi aspettavi che fosse? >> chiede lui ingenuamente.
<< Ero assorta nei miei pensieri >> mi giustifico dispiaciuta.
<< Me ne sono accorto. Ti ho chiamato cinque volte ma non mi hai sentito neanche da breve distanza >>
<< È che... >>
<< Lascia perdere... Stai bene? >> chiede gentilmente.
Annuisco cercando di mandar via quell'aria malinconica che mi attanaglia il volto.
<< Senti Rea. Rosalya mi ha detto che ti ha chiamata e sembravi alquanto fredda nei suoi confronti >>
<< Io? >>
<< Lei pensa che ci sia qualcosa che non va. Mi ha riferito che le hai detto che stavi lavorando >> continua fissandomi insospettito.
<< Sì... Perché? >>
<< Beh, l'è sembrato alquanto strano, dato che perdi il tuo tempo dietro i manga >>
Sapete? Mi piace molto l'essere schietto di questo ragazzo. Dice in faccia le cose in un modo che non permette agli altri di cedere all'irritazione.
<< Lys, c'è molto lavoro, Castiel non c'è e qualcuno deve pur portare avanti questa gabbia di matti >>
<< Strano >> mormora lui scettico, iniziando a incamminarsi e fermandosi a un lato.
<< La Rea che conosco io, avrebbe dato un'altra risposta... Si sarebbe irritata dicendo che non è stata una sua scelta quella di diventare preside di questo liceo e che non gliene importa niente dello stesso >>. Detto questo se ne va accennando un saluto con la mano. Io rimango a fissare il vuoto, e sibilo << La Rea che conosci tu, Lys, non c'è più >>.

***

Dopo essersi allontanato, Lysandro afferra il cellulare per richiamare Rosalya, che risponde dopo pochi secondi.
<< Dimmi amore >>
<< Avevi ragione tu Rosa. A Rea è successo qualcosa. Non appena l'ho toccata, si è divincolata bruscamente >>
<< Oh, Lys, sono davvero preoccupata! Cosa possiamo fare? Lei dice che sta bene, ma il suo comportamento... >>
<< Può essere che è ancora arrabbiata di ciò che ha detto Armin ieri sera a cena >> dice lui con aria composta.
<< Non lo so Lys >>
<< Anche Castiel mi ha detto che quando l'ha chiamata stamattina ha percepito una voce alquanto strana, e poi ha aggiunto di averla sentita piangere prima di riagganciare >>
<< Cercherò di farla parlare, non mi piace vederla in quel modo >>
<< E pensi che parlerà? >>
<< Se non con me, spero almeno con Kim >>. Rosalya riaggancia e dopo aver rimesso il cellulare nella sua borsetta sospira nervosamente. Cosa sta succedendo, continua a chiedersi.
Dalla sera prima, quando Rea era andata via, quella sensazione di paura si era insediata dentro di lei non lasciandola neanche adesso. Si sente afflitta e colpevole di qualcosa. Colpevole perché sapeva dall'inizio che dopo il ritorno di Castiel l'aria aveva cominciato ad appesantirsi, e la situazione della sera prima ne era stata la prova.
"Cosa posso fare?" pensa tra se e se.
<< Rosalya! >>. Una voce a pochi passi da lei cattura la sua attenzione. L'albina alza lo sguardo, sgranando gli occhi dallo stupore.

***

Non ho mai lavorato così tanto in vita mia. Mi sento mentalmente stanca. E finalmente posso ritornarmene a casa, anche se non vorrei farlo. Oggi Etienne esce tardi, ho una voglia matta di vederlo e abbracciarlo, sapendo che il solo contatto mi possa far dimenticare tutto. Sono sicura che la sua dolce risata possa farmi riprendere. Mi ritrovo fuori dal cortile e mi accingo ad attraversare la strada per raggiungere l'auto, quando una voce dietro di me mi ferma. Mi volto incuriosita.
Una ragazza dai capelli biondo chiaro, con due iridi azzurre e la pelle liscia e lievemente abbronzata mi sorride gentilmente.
<< Mi scusi >> esordisce << potrebbe darmi un'informazione? >>
<< Certo >> rispondo a tono.
<< L'ho vista uscire da quel cancello, è questo l'istituto Dolce Amoris? >>
<< S-sì... Serve qualcosa? Io sono la preside, lei è una nuova studentessa? >>
Invece di rispondermi, la ragazza accenna un sorriso, mi ringrazia e si congeda. La guardo stranita mentre si allontana. "Chi cavolo è questa ragazza?" mi chiedo; poi facendo spallucce mi dirigo verso la macchina e di malavoglia ritorno a casa.
Rimango nell'auto per qualche secondo, rimanendo a guardare la porta di entrata e pregando Iddio che quel maledetto non sia tornato. "Dovrei far cambiare la serratura" penso tra me, e me. Esco dall'auto e passo sicuro  mi avvicino al cancello, notando che è aperto. Esito nell'entrare sbirciando a destra e a sinistra, poi entro e non appena lo faccio qualcuno mi salta addosso facendomi urlare.
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