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Autore: lovespace    19/09/2014    9 recensioni
- Dopo un duro combattimento Harlock si ritrova a dover portare sull’Arcadia un ufficiale medico. Una donna alla quale si sente misteriosamente legato. Perchè? Tra colpi di scena ed avventure il tempo svelerà la sua verità. - Come le onde del mare nel loro immutabile fluttuare a volte rendono ciò che hanno sottratto alla terra, in egual maniera le onde del destino, nel loro divenire dal passato al presente, talora restituiscono quello che un tempo ci hanno portato via. –
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Come le onde del mare nel loro immutabile fluttuare a volte rendono ciò che hanno sottratto alla terra ,in egual maniera le onde del destino,nel loro divenire dal passato al presente,talora restituiscono quello che un tempo ci hanno portato via.

 

3

 

 

LE DUE FACCE DELLA VERITA’

 

- Il mattino seguente prestissimo Harlock si recò col solito passo lento e deciso in plancia, doveva comunicare alcune decisioni ai suoi due ufficiali di bordo. Il rumore dei suoi stivali sul freddo metallo dell’Arcadia lo accompagnava anche quel giorno, era un’abitudine che aveva per non sentirsi solo. Venne distolto dal solito fluire dei suoi pensieri da due dei suoi uomini che lo incrociarono e superarono in tutta fretta quasi spintonandosi. Vistolo rallentarono, accennando un rispettoso saluto. Per ricominciare a correre appena superato. Harlock si voltò per guardarli. Strano tanto fermento a quell’ora del mattino.

 La sua attenzione venne quindi attirata da alcune voci provenienti  da un corridoio laterale, notò una lunga fila di uomini in attesa davanti alla porta dell’infermeria e decise di verificare cosa stesse accadendo. Gli uomini in fila che quasi sgomitavano, avevano in mano una boccetta con del liquido giallognolo, e chi ne usciva aveva un cerotto sul braccio e un lecca-lecca in mano. “ Hei! Ma il tuo è al gusto di ciliegia non è giusto.” ”E tu? ne hai due? Perchè? Oh! Buongiorno… Capitano” Gli uomini si fecero da parte. Harlock superò la fila ed entrò nell’infermeria. Ovviamente nessuno si permise di fargli notare che c’era una ‘ fila ’ era pur sempre il Capitano.

Helèn di spalle con indosso il camice bianco, i capelli ben raccolti disse senza voltarsi: “Posa le urine sul tavolo, torso nudo ed apri la bocca.” Si voltò con un abbassa lingua nella mano ed il bastoncino di un lecca-lecca che le spuntava dall’angolo dalla bocca. “Oh Harlock! ” Disse in un misto di  sorpresa e contentezza, sorridendo. “Benvenuto. Spogl… togliti… sì… insomma… il mantello e tutto il resto…” I due si scrutarono, lo sguardo di Harlock era cupo ed i tratti gentili apparivano lievemente induriti, le morbide labbra strette; i neri e profondi occhi di Helèn interrogativi.  “ Non sono venuto per la visita. Che succede qui ? ” Le chiese secco. Un lampo attraversò la sua pupilla nocciola. “ Devo fare un check-up completo a tutti, gruppo sanguigno, urine ecc… qui… qui non c’è niente. ” Disse Helèn facendo segno ad uno schedario alla sua destra. “ Ho bisogno di eseguire un’anamnesi approfondita, disegnare il profilo personale di ognuno dei tuoi uomini e annotare eventuali fattori di rischio personali così da poter individuare precocemente l’insorgere di una patologia o meglio ancora prevenirla.” “Non era questo che avevo in mente quando ti ho chiesto di venire qui. E poi io sono CAPITAN Harlock ! ” Lei lo aveva sempre chiamato semplicemente ‘Harlock’.

Helèn reagì alla sua maniera; quando credeva di aver subìto un torto attaccava.  “ Io non sono uno dei tuoi uomini Harlock ! Invece sono il medico, e dico che qui ci vuole ordine. Lo so io quello che ho dovuto fare per riuscire a medicare e curare tutti in questi giorni senza un minino di…”

Non riuscì a terminare la frase, lo sguardo di Harlock glielo impedì... l’avrebbe incenerita. Continuò a fissarla per un lungo momento senza proferire parola, poi si voltò accompagnandosi con un gesto del mantello e sparì. Helèn si girò a sua volta e scaraventò furibonda il lecca-lecca nel piccolo lavandino di metallo. Perché non capiva?  “ Non farci caso… Helèn ,lui è così. Non è cattivo credi…è un uomo buono e generoso, imparerai a conoscerlo anche tu, ha i suoi pensieri, i suoi  percorsi mentali…”  Kei era sulla porta. ”Che vuoi fare Helèn? continuiamo? ” Helen la guardò, nei suoi occhi c’era tanto rammarico: “ Ormai il danno è fatto Kei, sono io ad aver sbagliato… avrei dovuto parlargliene e chiedere il permesso… il Capitano è lui...”concluse guardando per terra e infilando le mani nelle tasche del camice. Poi aggiunse stancamente guardandola: “ Sì…continuiamo, grazie.” Dopo le analisi a tutto l’equipaggio ed un breve pasto che consumò da sola adducendo il tanto lavoro, Helèn si preparò ad andare da Harlock così come lui le aveva chiesto il giorno prima.

Era tesa e nervosa. Quello che poteva venir fuori da quel colloquio avrebbe potuto determinante la sua permanenza sull’Arcadia. Dopo una doccia si sistemò la divisa come se avesse dovuto ‘passar rassegna’. Era molto bella. Trucco leggero, capelli ordinatamente raccolti sulla nuca, la divisa nera perfetta, non troppo larga né troppo stretta, bottoni e fibbie lucidi, stivali lustri. Armi pulite ed efficienti.  Era tutto in ordine, solo il suo cuore non voleva saperne di stare ‘al suo di posto ’ e di cessare di battere all’impazzata. Si avviò in una parte della nave nella quale non era mai stata; la parte posteriore, il castello di poppa dove erano gli alloggi di Harlock.

 Il capitano dal canto suo aveva rimuginato tutto il giorno, sia sui suoi uomini che non riconosceva a contendersi i lecca-lecca di Helèn e soprattutto sul fatto che lei avesse mostrato l’ardire di rispondergli così davanti a loro. Come mai riusciva a tenergli testa? Era stato lui a permetterglielo? Si stava rammollendo come i suoi uomini? Se sì, avrebbe rimesso le cose al loro posto. Con passo nervoso si mosse avanti e indietro per la sua stanza. Helèn camminò lentamente, ma arrivò presto.

 Bussò alla porta. Si aprì. Harlock era lì, seduto dietro a quella che sembrava una grande ed antica scrivania di legno scuro, con un grande teschio intarsiato nella parte anteriore. Era su di una sedia anch’essa antica a giudicare dal colore e dalle dimensioni. Alle sue spalle si apriva un’immensa e meravigliosa vetrata ad aggetto sull’universo da togliere il fiato. Era qui dunque che Harlock trascorreva tanto del suo tempo, pensò Helèn. La stanza era per lo più immersa nell’oscurità fatta eccezione per diversi candelabri accesi che ne rischiaravano solo alcune zone. Sulla destra e sulla sinistra si intravedevano due altre stanze. Helèn dopo aver fatto alcuni passi gli rivolse un formale saluto militare battendo i tacchi. Harlock la guardava ma non avrebbe saputo dire come; era troppo distante. Percepì solo il movimento del capo, che faceva per aumentare la ridotta visione monoculare. “A che serve il saluto militare?” Disse con fare sarcastico e con un tono di voce alto e fermo. “Non mi chiami neppure Capitano!” Si alzò di scatto. Helèn non rispose. Harlock avvicinatosi, iniziò a girarle intorno lentamente come un nero avvoltoio, guardandola. Helèn sentiva il suo respiro ed il suo sguardo persistente. Era come la carezza del fuoco. Sentiva quasi la pelle bruciare dove il suo sguardo si posava. Harlock aveva deciso di fare quello che gli riusciva meglio: voleva sapere ed avrebbe saputo. Dopo un silenzio che ad Helèn parve interminabile le disse: “Sono diversi giorni che sei a bordo ed io di te so solo quello che TU mi hai detto. Il tuo nome e che sei un medico.”

Helèn strinse i pugni: “Sono un ufficiale - medico e poi sono convinta che tu abbia controllato chi io sia.”  “Ciò che la Gaia Sanction certifica ha poco valore! ” Disse lui ironico mantenendo un tono di voce alto ed imperioso. “ Quelle tue piante da dove vengono? ”  Helèn rispose cercando di sembrare disinvolta: ”Sono piante originarie della terra ma è ovvio che non vengono da lì, la terra sì,è un regalo. Altro? ” Harlock continuava a girarle intorno non distogliendo mai lo sguardo, con il preciso scopo di innervosirla. ”Su che pianeta o colonia sei nata? Quando? E dove hai vissuto? ” Helèn per un istante cercò di incrociare il suo sguardo ma non vi riuscì. “Sono nata e cresciuta su Europa il primo satellite terraformato di Giove, poi mi sono arruolata ed eccomi qui.” Harlock non credeva assolutamente a nulla di quello che gli stava raccontando Helèn ed il fatto che lei ancora pensasse di poter mentire lo faceva andare su tutte le furie come non gli capitava da anni. Di solito era più freddo, scaltro e riflessivo, ma con lei non ci riusciva. “Allora perché ci hanno attaccato? Se tu fossi un semplice ufficiale come dici non lo avrebbero fatto. Un simile dispiegamento di forze per un ufficiale? A chi credi di darla a bere? ” La sua voce era tagliente come il vetro rotto e gelida come il ghiaccio.

Helèn iniziava a scricchiolare, stringeva i pugni. Si rese conto che in realtà lei, Harlock il ricercato numero ‘SS00999’, non lo conosceva. Non sapeva di cosa realmente fosse capace. E che forse fino a quel giorno si era comportato diversamente con lei solo per estorcerle la verità. La guardava con un disprezzo che non meritava. Dov’era il gentiluomo della sera prima? “ Non ci attaccheranno più, ho chiesto di riferire che nello scontro a fuoco fossi morta.” Disse Helèn. “Non è una risposta! ” tuonò Harlock. “A chi hai chiesto? Ci tengono a te! Chi sei ? ” Ora le stava davanti e la fissava duro, imponente dall’alto. “La figlia del Plenipotenziario? ” Helèn a quelle parole sorrise debolmente. Se Harlock avesse immaginato quante volte era stata a cena a casa sua. Harlock la vide sorridere ed interpretò quel sorriso come una beffa. Era esasperato, quasi disperato. Doveva sapere, se voleva che Helèn restasse a bordo dell’Arcadia. Era furibondo. Ma era mai possibile che lei non capisse? Se non avesse saputo sarebbe stato costretto a mandarla via, e dopo quanto era successo la Gaia l’avrebbe torturata prima e condannata a morte poi, applicando le leggi dell’alleanza planetaria. Doveva portare Helèn a cedere. Ad ogni costo. Così giocò la sua ultima carta anche se gli sarebbe costata cara, tanto cara.

D’improvviso e senza che lei se lo aspettasse col dorso della mano destra le diede uno schiaffo.

Helèn, il viso completamente girato da un lato per effetto dello schiaffo e della sorpresa, un ciuffo di capelli scivolato sul volto, restò dov’era. Harlock se lo aspettava, era un militare addestrato, ma i suoi occhi ora erano lucidi ed un piccolo rivolo di sangue cominciò a uscirle dall’angolo della bocca. Il sapore acre le invase la bocca. A quella vista Harlock  spalancò incredulo l’occhio, aveva calibrato bene la forza ne era sicuro. Vacillò. Era stato necessario compiere un gesto forte, lontano da tutto quello che lui era e professava, ma necessario. Riuscì con sforzo immane a restare saldo sulla sua posizione. Doveva aspettare per non compromettere tutto.

Ciò che a Helèn faceva male non era il labbro, era qualcosa al centro del suo cuore, del suo io più profondo, non avrebbe mai immaginato Harlock così come lei lo aveva percepito, capace di un simile gesto. 

Helèn capitolò. Con il dorso della mano destra si asciugò il sangue e dal taschino della giacca prese un documento, glielo porse. Era un vecchio documento ingiallito dal tempo c’era una foto sbiadita di Helèn un po’ più giovane, sorridente. Certificava che Helèn era nata sul pianeta Terra 140 anni prima. Harlock guardò il documento, poi guardò lei “continui a prendermi in giro con un misero documento falso? ” Le disse sprezzante. Con un grande sforzo Helen rispose: “Io sono nata sul pianeta Terra 140 anni fa.” Harlock la guardava, i suoi occhi non mentivano, la sua voce era sincera.” “Ma…ma come è possibile? ” “Criogenesi, signore.”

Mio padre era uno scienziato, faceva studi sull’ animazione sospesa, anche per questo a noi era concesso vivere sulla terra ...sull’inviolabile dominio, anche durante la guerra di Came Home.” Parlare le pesava, ogni singola parola era sofferta e pesante come se insieme alle parole vi fossero lame roventi. “Un giorno, mio padre corse a casa e dopo un frettoloso saluto, senza spiegazioni,mise me, mia madre e le mie sorelle nelle celle criogeniche di sua invenzione. Erano solo sperimentali ma volle tentare il tutto per tutto. La terra era perduta ripeteva.Ci abbracciammo, dicendo che ci saremmo rivisti presto ma… ma quando mi svegliai… loro non c’erano più. La mia casa non c’era più. La terra non c’era più. Le loro celle difettose non avevano portato a termine il processo; solo la mia…” Le ultime parole Helèn le aveva pronunciate lentamente sopraffatta da un dolore che non riusciva a gestire. Le lacrime le rigavano le guance. Harlock in preda a mille moti dell’anima che come puledri impazziti riusciva a stento a dominare chiese: “Quanti anni erano passati ? ” Helen rispose: “100 anni.” Il capo chino per nascondere le lacrime, ormai la sua voce era solo un sussurro. “Ieri la Gaia Fleet mi cercava perché ad oggi ,sono l’unico essere vivente ad essere sopravvissuto a 100 anni di criogenesi. Mi trovarono e divenni un topo da laboratorio, mi sottoposero ad ogni genere di test, esami, torture. Poi un giorno uno degli scienziati ebbe pietà di me, mi aiutò, mi insegnò la lotta,la scherma e grazie a questo riuscii ad arruolarmi, ad integrarmi e ad iniziare una nuova vita, perché della vecchia non c’era rimasto più nulla. Solo i miei... sbiaditi ricordi. “

Ora tutto era chiaro. Harlock aveva avuto quello che voleva: la verità. Ma che amaro sapore aveva. Lo sentiva in bocca mentre non riusciva distogliere lo sguardo da quel rivoletto di sangue sulle labbra di Helèn. E a quale prezzo poi ? Il disprezzo di lei. “Puoi andare ora.” La congedò, Helèn si diresse verso la porta. Harlock si voltò non avrebbe potuto sopportare di incrociare ancora il suo sguardo, ma aggiunse a mezza voce: “Perdonami… credevo d’aver calibrato meglio la mia forza. Non volevo farti tanto male, ma… avevo bisogno della verità.” Cercò di mascherarlo parlando piano ma la  voce aveva un tono sofferto. Quello schiaffo aveva fatto più male a lui che a lei. “Non è colpa tua è uno dei tanti ‘doni’ della criogenesi. Cento anni nel ghiaccio hanno trasformato la mia pelle in carta velina ed il mio sangue non coagula più come quello degli altri. E tu...tu non potevi saperlo… è il principale motivo per cui mi hanno insegnato a difendermi e sono diventata la guerriera che sono. ”

Si erano parlati tutto il tempo restando di spalle l’uno all’altra. Harlock aveva un assoluto bisogno di rimanere solo e non aggiunse altro. Helèn fece per uscire, poi fermandosi aggiunse con tono supplice “Signore, non dica nulla agli altri...non potrei più vivere qui se...se sapessero che in realtà ho 140 anni. ” Uscì. La porta si chiuse con un tonfo dietro di lei.

Harlock si voltò di colpo, il mantello ondeggiò e con un ghigno del viso, imprimendo tutta la forza che aveva in corpo, sferro un pugno contro una delle pareti di metallo della stanza, che si piegò. Sentì netta la pelle aprirsi, il sangue sotto il guanto di pelle ma non gli importò. Rimase così,immobile. Per la prima volta aveva sotto gli occhi una delle SUE vittime; una delle persone, l’unica persona rimasta, a cui lui aveva strappato il pianeta terra. E per un assurdo scherzo del destino proprio lui l’ aveva voluta sull’ Arcadia.

E lei era lì ora.

 

 

Note:

Questo terzo capitolo è dedicato a tutti coloro che scrivono del grande ed unico Capitano , grazie perché per merito di tutti voi e delle vostre avventure  lui resta vivo nei nostri cuori e nei nostri occhi.

Lo dedico inoltre a tutte quelle meravigliose fanciulle che sin dall’inizio hanno letto con passione questa storia frutto della mia mente e si domandavano chi fosse e da dove venisse Helèn… ora lo sapete e potete trarre le vostre deduzioni e fare le vostre considerazioni. Ma sappiate una cosa,la verità è come una Matrioscka viene fuori a strati,lentamente ;-p Helèn ha raccontato ad Harlock  SOLO parte della verità. Tanto altro e perché i due si sentano misteriosamente attratti lo scopriremo insieme più avanti ;-) un grazie a tutte.

Grazie ad Harlocked per il sostegno e tutto il resto :- *

  
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