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Autore: Lutea Eos    19/09/2014    2 recensioni
“Al non ti odia perché ti chiami Malfoy. Ti odia perché sei tu.”
“Questo dovrebbe confortarmi? Non spiega nemmeno precisamente perché mi odi. L’ho sedotto e abbandonato?” La canzonò Scorpius, con poca ilarità nella voce.
Rose fece qualche passo in silenzio, fino alle prime abitazioni “Tu mi piacevi e tu mi facevi soffrire, quindi Al ti odia.” .” Scorpius si bloccò per qualche istante [...] “Per quanto tempo?” Chiese quello alla fine, tornando a seguirla. D’altronde, andavano nella stessa direzione. “Per quanto tempo?” Le chiese di nuovo, col tono che usava per fare le domande agli insegnanti.
“Sette anni” Terminò di confessare Rose
*
Rose Weasley, aspirante giornalista, si trasferisce in una sperduta cittadina babbana, lasciandosi alle spalle Hogwarts, da poco terminata, e con essa il ragazzo che le è sempre piaciuto, Scorpius Malfoy. Ma non ha tenuto conto di chi potrebbe essere il suo nuovo vicino di casa.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La tela imperfetta'
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Rose cercò di controllarsi e mantenere un’andatura regolare mentre percorreva le scale ma una volta sul pianerottolo si lanciò in una corsa incontrollata verso la sua porta e balzò in casa. Gettò le chiavi nel piatto vicino all’ingresso e cercò di realizzare quello che aveva appena fatto prendendo respiri profondi. Doveva parlarne con Al.

Essendo deserto il soggiorno, aprì subito la porta dell’improvvisata camera del cugino. Lo trovò con una matita dietro l’orecchio, che imbracciava la chitarra e maneggiava un mixer. “Stai componendo?” Era strano ma non rarissimo: doveva essere particolarmente ispirato.

L’altro annuì “Ti farò sentire, quando avrò finito. Questa canzone mi rappresenta.” La squadrò da capo a piedi.

“Vieni di là, mi metto ai fornelli” Gli fece cenno Rose.

Il ragazzo si districò dai fili che lo avvolgevano, per spostarsi sull’alto sgabello proprio davanti al piano dove si stavano magicamente ammucchiando tutti gli ingredienti per fare dei biscotti. “Dove hai visto il costipato?” Le chiese poggiando i gomiti sul bancone. Dovette ritirarli subito, a causa della bilancia che veleggiava a tutta velocità verso lo stesso spazio che voleva occupare lui.

“Alla vecchia casa. Ma non è questo il punto.”

“Hai ultimamente cambiato le motivazioni per cui fai i biscotti?” Chiese rubando una manciata di gocce di cioccolato con noncuranza.

“Gli ho detto la verità” Sparò Rose, sperando che gli andassero di traverso.

Albus invece riuscì a deglutire e poi parlò “Sul fatto che sia un cafone maleducato? Avrei voluto esserci per poter rincarare la dose.”

“Sul fatto che mi piace da sette anni” Rose cominciò a rompere le uova, tenendo lo sguardo fisso sul recipiente “Cioè, mi piaceva” si corresse.

Albus si prese qualche momento, poi concluse “hai finalmente raggiunto il limite di sopportazione. Allora ce l’hai davvero, pensavo fosse una leggenda.”

“Mi sono tolta un peso. Ora ho la certezza matematica che non poteva funzionare” Al infilò la testa sopra la scodella, rischiando di finire nelle uova, per mostrarle la sua occhiata dubbiosa. “Questo punto non era già stato appurato in sette anni?”

Rose lo ignorò, scostandolo con il gomito “…e so di aver fatto la scelta giusta lasciando perdere. Inoltre così mi vergognerò per il resto dei miei giorni al solo pensiero di stargli davanti e quindi non c’è più il rischio che ci cada di nuovo.”

Al afferrò la bilancia e vi poggiò sopra il mento “Avrei scelto una strada più breve per arrivarci ma condivido la soluzione.”

Rose afferrò la busta della farina e ne versò un po’, dovendo dosarla ad occhio poiché non voleva sottrarre al cugino il prezioso appoggio. La mescolò con calma, rendendosi conto che qualcosa non andava: Al avrebbe dovuto saltare sulla sedia, congratularsi con lei, stringerle la mano imbrattandosi di farina. Alzò piano lo sguardo, cercando di farlo passare per un gesto casuale e lo vide gettare lo sguardo con noncuranza verso la credenza.

“Cosa succede?” Chiese voltandosi anche lei.

L’altro si riscosse “Nulla. Vuoi uscire stasera?”

Rose lo fissò corrucciata: diversamente da quanto si potesse immaginare, Albus non era il ragazzo scatenato che dava a vedere quando era in compagnia. In casa si trasformava in una persone decisamente più tranquilla, che veniva trascinato alle feste, piuttosto che organizzarle. “Cosa vorresti fare?”

“Potremmo materializzarci a casa di Louis: lui saprà cosa fare.”

Rose ebbe la conferma di tutti i suoi sospetti all’idea di un Albus che si metteva nelle mani di Louis volontariamente e la trascinava con sé. Reclamò la bilancia con un gesto imperioso e pesò lo zenzero, mentre valutava cosa fare. “Nell’ultimo periodo Louis non ti deve più trascinare alle feste?” Cercò di informarsi.

“No, continua a farlo. Spero con quest’atto volontario di riuscire a farlo stare buono per almeno qualche settimana” ammise Al candidamente.

Il rapporto tra Al e Louis era in realtà una delle principali preoccupazioni di Rose. Il fatto che il cugino preferisse suonare la batteria che cercare un lavoro stabile non la impensieriva tanto quanto la zia Ginny. Quello che la spaventava a volte era come Al venisse plasmato dall’ambiente in cui si trovava: Louis era notevolmente meno incline di lui a seguire le regole e quei sei anni che intercorrevano tra i due ampliavano ulteriormente il divario tra i loro stili di vita. Questo però Al non riusciva a capirlo e andava molto d’accordo con il suo cantante, fin troppo secondo Rose.

Il rapporto tra Al e Louis era per Rose anche abbastanza comico: ciò che Al era all’esterno, l’altro ragazzo era all’interno e viceversa. Se Al amava mostrarsi sfrontato e baldanzoso, per diventare più tranquillo solo quando si sentiva a suo agio, la rumorosità di Louis cresceva in maniera inversa. Ricordava benissimo come Ted ne fosse rimasto molto impressionato: dai silenzi timidi delle prime volte in cui avevano cenato insieme, si era poi ritrovato un demone distruttore pronto a una battaglia a cuscinate con Dominique di prima mattina. Era uno dei motivi per cui l’uomo preferiva mantenere una certa distanza con il fratello della sua fidanzata e non se la sentiva di biasimarlo. “È proprio necessario che io mi immoli alla causa?”

“Le serate con Louis non mi hanno mai ucciso. Al massimo un po’ devastato.” La tranquillizzò immergendo un dito nell’impasto e assaggiandolo.

“Dovresti chiamarlo, prima di presentarti da lui con me.” Tentò Rose ancora una volta. Le occhiate di quel ragazzo la mettevano in soggezione.

“Continua a dirmi che devo portare una ragazza, non vedo il problema” Le disse dondolandosi sullo sgabello.

“Non credo che intenda una cugina…” Rose gli fece notare l’evidente.

“Dovrà specificare, per il futuro” sorrise Albus buttandosi giù dallo sgabello. “Hai bisogno di sano divertimento, non trovi?”

D’altronde Louis era uno di famiglia e nessun adulto avrebbe mai ammesso la possibilità che potesse deviare Al. Dunque era suo dovere controllare, nel modo più oggettivo possibile. Rose scrollò le spalle “Va bene, più tardi andremo a villa Conchiglia.”

*

I due ragazzi si materializzarono nel giardino della casa dei loro zii, accolti dal profumo delle piante che Fleur amava coltivare. Rose si avvicino all’aiuola ombrosa che diffondeva l’aroma inconfondibile del mughetto, chinandosi per portare un fiore vicino al naso, e così notò la figura maschile sdraiata dietro il platano. Quei capelli erano inconfondibili.

“Ted?” Lo chiamò perplessa.

L’altro si voltò, come colto di sorpresa “Oh, Rose!” Fece, alzandosi e pulendosi le mani nei jeans, salutandola con una calda stretta di mano mentre ad Albus, che li aveva raggiunti, riservò una vigorosa pacca sulla spalla.

“Esci con Victoire stasera?”

“Sì, la sto aspettando; dovrebbe scendere quando è pronta. Voi siete venuti a fare un saluto?”

“Già” rispose Al, mentre Rose osservava la casa “Entri con noi?”

“No, grazie” Fece l’altro un po’ troppo precipitosamente per passare inosservato. Rose si voltò a guardarlo con aria interrogativa e Ted in risposta lanciò un’occhiata alla casa, ammettendo con un sospiro “Diciamo che per un po’ ho intenzione di tenermene alla larga.”

“È successo qualcosa?” Chiese Al, sempre curioso. Se Ted stava aspettando Victoire significava che non aveva litigato con lei ma con un altro dei membri della famiglia. Eppure erano sempre andati d’accordo e sapeva che ultimamente il suo cugino acquisito veniva spesso invitato a cena.

“Non prenderla male” cominciò l’uomo congiungendo le mani e rivolgendosi ad Albus “ma ho paura del tuo amico Louis, che ha deciso di rifarmi il guardaroba” ammise abbassando gradatamente il tono di voce.

Al, impietoso, scoppiò a ridere, squadrando Ted. Forse qualche indumento meno colorato non sarebbe stato male: avrebbe dovuto cercare di ricordarselo per Natale. Si appuntò mentalmente di scriverlo a sua sorella o non ci sarebbe mai riuscito, poi aggiustò il colletto della maglia dell’uomo e gli fece l’occhiolino.

Rose alzò gli occhi al cielo, preparata a quello che avrebbe dovuto affrontare. Infatti, dopo qualche altro scambio cortese di battute, Al le cinse le spalle e la guidò tranquillo verso la casa.

Bussò due volte, per poi aggiungere un terzo colpo subito dopo. Il fatto fece ricordare alla ragazza quanto il cugino fosse intimo in quella casa, abbastanza da avere un modo personalizzato di annunciarsi. Infatti poco dopo da dietro la porta sentì il saluto dello zio Bill “ciao Al… E Rose!” Aggiunse aprendo e vedendola lì.

Lo zio non era cambiato molto dall’ultima volta in cui lo aveva visto e portava ancora quello strano orecchino pendente a forza di dente di drago. Da bambina pensava fosse stato un drago a sfigurargli così il viso. “Come sta tuo padre? È da un po’ che non ci vediamo…

Rose pensò all’ultima lettera che aveva ricevuto da casa “Stanno tutti bene, grazie.”

“Non avertene a male, ma siamo qui per vedere il tuo tiratore seriale di cuscini” la interruppe Al.

Bill fece loro cenno di entrare e dirigersi verso il salotto e quando furono abbastanza vicini sussurrò “Non ricordatelo a Fleur, non l’ha presa troppo bene” prima di sparire in cucina.

Rose ebbe appena di il tempo di chiedere ad Al il motivo del nuovo soprannome di Louis, prima che questo si palesasse ai suoi occhi; evidentemente aveva sentito i colpi all’ingresso.

Louis aveva ereditato qualcosa dalla bellezza della madre, a cominciare dai sottili occhi verdi e dagli zigomi che gli davano un’aria più esotica rispetto alla maggior parte degli inglesi. Ma Rose riconosceva in parte del suo fascino l’intervento del padre: suo cugino non aveva cicatrici che gli deturpavano il suo volto ma aveva l’aria di una persona perennemente soprapensiero e distaccata dalla realtà, occupata a pensare a chissà quale problema insormontabile. Talvolta Rose aveva il dubbio che fosse davvero così, ma il più delle volte sarebbe stata pronta a scommettere che l’oggetto dei suoi pensieri fosse la chitarra o la ragazza della sera prima.

Albus lo salutò allegro, dandogli il cinque e Rose notò subito che si era aggiunti nuovi anelli a quello che già portava di solito. Poi Al le spiegò “Diciamo che ieri lui e Dominique hanno avuto una discussione che è degenerata a cuscinate.”

“Piume ovunque, i divani ne erano pieni” confermò il biondo “ma la mamma ha dato un colpo di bacchetta e tutto è volato via. Non capisco che bisogno ci sia di arrabbiarsi tanto” concluse scrollando le spalle.

Rose, che al contrario lo capiva benissimo, si limitò a seguire i due ragazzi che la condussero nella camera da letto di Louis. Lì, appesa al muro, troneggiava la sua chitarra ed Al si sentì assolutamente in dovere di far sapere all’amico come stava procedendo la nuova canzone. “Ti piacerà, consumerà le tue energie. In effetti vorrei il tuo parere su alcuni accordi…

“Si può sapere almeno di cosa parla?” Chiese Rose andandosi a sedere sul letto, buttandosi sul cuscino quando vide la chitarra planare velocemente verso di lei.

“Della guerra” le rispose Albus materializzando degli spartiti.

Rose non capì cosa Al le avesse voluto dire ma ricordò la conversazione avuta con Scorpius “A proposito, dovresti smettere di infastidire Malfoy. Se riusciste a smettere di punzecchiarvi potreste anche convivere pacificamente” gli fece notare.

“Ma stiamo convivendo pacificamente: lui è la mia fonte di divertimento!” La liquidò Al, mentre Louis studiava le note, accomodatosi sulla sedia girevole della sua scrivania.

“Fred ti ammazzerà” Gli fece notare mentre cominciava a suonare qualcosa.

“Ma se Fred non sa nemmeno chi è Malfoy…” Mal interpretò Albus.

“Per la canzone” assicurò l’altro “anche se detengo il primato nel farlo irritare: i picchi di imbarazzo che raggiunge quando le scrivo io sono insuperabili.”

Rose a questo punto cominciò seriamente a preoccuparsi: Louis alternava canzoni in cui sembrava l’uomo più dolce sulla faccia della terra (e non dubitava che contribuissero alla sua aria da “bravo dannato”, come diceva Fred) a pezzi in cui era decisamente più aggressivo e senza freni. Non molto tempo prima aveva scritto una canzone decisamente oscena e Nick aveva dovuto usare tutta la sua capacità di persuasione con Fred per convincerlo a prestare la sua tastiera. Albus invece si limitava a scoppiare ridere tutte le volte in cui dovevano suonarla.

“Di quale guerra parla la nuova canzone?” Chiese Rose, cercando di assumere un tono noncurante: Albus non si sarebbe mai immaginato di scrivere qualcosa di infantile e stupido sulla guerra che era stata combattuta da tutta la loro famiglia. Forse nemmeno Louis, tutto sommato.

Albus le fece cenno di aspettare, mentre si accordava con Louis su alcuni passaggi. Quando gli parve che l’altro avesse imparato abbastanza si schiarì la voce e si sporse per leggere lo spartito insieme al chitarrista “Ora vi faccio sentire come viene col testo”

“Non urlare troppo, le ceramiche in salotto sono fragili” Disse Victoire mentre passava sul pianerottolo, pronta per uscire con Ted. Poi ci ripensò, tornò indietro e chiuse la porta della camera del fratello.

Rose provò un moto infinito di comprensione per sua cugina.

Moto che venne subito sostituito da irritazione, quando Albus cominciò a intonare quella nuova canzone che lo esaltava così tanto. Era evidentemente rivolta a Malfoy.

“Ti ho appena chiesto di lasciarlo stare e tu scrivi una canzone in cui torni a dichiarargli guerra!” Esclamò stupefatta battendo la mano sul letto.

“Tecnicamente tu l’hai chiesto due minuti fa, quando io avevo già scritto questa canzone” le fece notare Al. Il cuscino che gli arrivò addosso, lanciato da Rose, lo fece desistere dal proseguire su quella strada.

Louis si limitò a far ruotare la sedia su cui era seduto, colpendo con un piede la cassettiera di fianco alla scrivania, per mettere al riparo la sua preziosa chitarra dal lancio indiscriminato. Con una mano agguantò anche lo spartito e tornò a studiarlo.

“Non hai detto di averci messo una pietra sopra?” La attaccò Al a sua volta “Non dovrebbe importarti se scrivo una canzone, di cui lui non verrà comunque mai a conoscenza.”

Rose dovette ammettere che le possibilità che Scorpius sentisse la musica dei Ghosts erano estremamente limitate: l’essere delle persone completamente sconosciute, apprezzate solo per la loro musica, era stato il motivo per cui avevano fondato il gruppo e per mantenere queste premesse avevano sempre lavorato nel mondo babbano. “Questo non significa che possiate attaccarlo senza lasciargli possibilità di difendersi!”

Albus la guardò inarcando un sopracciglio “Calmati, ascoltati e poi rispiegati” le disse, cingendole le spalle e rimettendola seduta.

Rose sospirò, per dimostrare ad Al che non c’era bisogno di rimarcare il concetto. “Dovresti smettere di prendertela con lui, anche perché non ne hai più motivo, no?”

“Ho sette anni di buoni motivi, innanzitutto. E non c’è bisogno che tu lo difenda: non è un cucciolo spaventato bisognoso d’amore. È un drago assetato di sangue, un Thestral che divora cadaveri in putrefazione, un ippogrifo poco domestico!”

“Finiscila!” Lo liquidò Rose con tono duro.

“Non posso!” Sbottò Albus esasperato “Lo capisci che finché tu continuerai a parlarmene io dovrò continuare così?” Rose rimase senza parole “Non che mi dispiaccia, si intende. Penso davvero che sia uno stupido pallone gonfiato, ma non gli darei così tanta importanza, se dipendesse da me.”

“E allora non dargliene!” Fu Rose la prima ad alzare la voce “Ignoralo, per Merlino!”

Albus alzò le mani, a sua volta sconvolto “Come pensi che potrei farcela, con te che ne parli continuamente, anche quando dici di averlo accantonato? Ti rendi conto che non l’hai fatto, vero?”

“Ho capito quanto è menefreghista e stupido e ho realizzato che non è il fidanzato ideale. Lo sto facendo, Albus!” Replicò Rose stizzita, anche per dover affrontare un discorso così personale alla presenza di Louis. Dimenticare una persona come Malfoy, il ragazzo costantemente presente, nel bene e nel male, nei suoi ultimi sette anni non poteva essere così facile. Anche se cominciava a capire il ritratto che ne dipingeva Al.

“Bene, perché non ne posso più di sentirti parlare di lui” le disse con tono franco, senza sorrisi e battutine.

Rose fissò il cugino, senza parole: Al aveva sempre messo in chiaro come Scorpius non le andasse per nulla a genio, come amasse molti altri argomenti di conversazione molto più del biondo Serpeverde, ma non aveva mai pensato che gli avesse potuto dare così fastidio. Riteneva che in fondo si divertisse a coniare sempre nuovi insulti. “Quando ha cominciato a darti fastidio?”

Albus la fissò, cercando di fare una stima “Più o meno da quando ad ogni pasto ti sedevi in modo da poterlo guardare.”

Quindi…

“Per favore, non parliamone più” la implorò Al, fissandola con i suoi occhi verdi.

“Come vuoi” Gli rispose lei asciutta. Rose non sapeva come nascondere il suo turbamento di fronte a quella inattesa rivelazione, così optò per la soluzione più sicura: andarsene. “Credo che andrò un attimo a cercare la zia Fleur, allora, mentre voi finite qui. Intanto è una canzone per un ragazzo di cui non devo più parlare.” Calcò le ultime parole e aprì la porta, diretta al piano inferiore.

Albus osservò la porta richiudersi lentamente, il che non era un buon segno, almeno di solito: significava che Rose aveva paura che i suoi sentimenti venissero scoperti e dunque faceva le cose con molta più calma del normale. Questa volta però ne fu soddisfatto.

Louis si girò rapidamente, lui senza nascondere un ghigno “Malfoy ha tutto questo potere su di te?”

“Era una bugia a fin di bene” Gli rispose l’altro, tornando a impossessarsi degli spartiti.

“Non ci credo” proclamò l’altro, rubandoglieli nuovamente e gettandoli nel bidoncino. “Questa non la passerai liscia, lo sapranno tutti e te lo rinfacceremo per il resto della tua sfortunata esistenza.”

“Cosa c’entra la canzone?” Si offese Albus, alzandosi per recuperarli, ma quando fu all’altezza di Louis il ragazzo, che aveva rapidamente sganciato la chitarra sulla scrivania, lo spinse contro il letto, facendovelo ruzzolare sopra. “Non suonerò né canterò la tua canzone d’amore per Malfoy.” Proferì.

Albus lo guardò, massaggiandosi la testa: Louis non aveva mai avuto l’odio viscerale per il costipato che aveva lui, anzi lo stimava quasi, per aver proseguito la tua attività di frantuma-cuori a Hogwarts. Però non lo amava così tanto da buttare via una buona canzone. “Fa così schifo?”

“Sembra scritta da me il giorno dopo una sbornia… È perfetta” Gli disse, cominciando a tirargli calci al ginocchio.

Albus tirò entrambi i piedi sopra il suo letto, badando bene di toccare il lenzuolo con la suola delle scarpe. “Grazie del complimento.”

“Ci lavorerò sopra. Tieniti libero in settimana, potrei finire e far sentire anche agli altri il risultato.” Lo avvisò Louis, prima di aprire un cassetto e tirare fuori un pacchetto di sigarette.

*

Felix bussò un paio di volte alla porta di Scorpius con due caffè, appena acquistati nel bar poco distante, ben stretti in mano. Un’offerta di pace che portava ogni volta che andava da lui, per poterlo tiranneggiare senza problemi durante il resto dell’incontro.

Come sempre, la porta si aprì magicamente, abbastanza da lasciare uno spiraglio. Felix la spinse ed entrò.

“Sono il solito ladro che ti porta il caffè!” Lo rassicurò mentre cercava l’amico con lo sguardo. Lo raggiunse esattamente dove si aspettava di trovarlo: sul soppalco.

Posò le tazze ancora calde sul tavolino, già ingombro di pennelli, spatole e colori e si accomodò sul divano. Cercò di sbirciare l’ultima creazione ma il corpo di Scorpius era troppo davanti alla tela per poterne avere un’idea chiara: c’era del verde, qualche tocco di giallo, azzurro… Felix cominciò a presagire il peggio.

La sua ipotesi fu confermata non appena l’altro si levò di mezzo per avvicinarsi alla bacinella d’acqua che volteggiava poco distante.

“Scorpius, cambia soggetto. Te lo dico col cuore, sul serio” gli fece notare esasperato.

“I paesaggi mi permettono di cogliere i riverberi della luce” gli spiegò per l’ennesima volta, appellando a sé la tavolozza.

“Almeno cambia scorcio, ti prego. Sarà la decima volta che dipingi lo stesso fiume, con la stessa angolazione!”

Lo sguardo di Scorpius cercò le tavole accatastate contro la parete e sembrò fare un rapido conto. Diede implicitamente ragione a Felix scuotendo le spalle.

Felix se ne compiacque. “È successo qualcosa di interessante in settimana? Qualche altro bolide ti ha centrato?”

“Mi hai centrato tu” puntualizzò l’altro, ricordando la sua caduta dalla scopa.

“Per evitare un bolide, proprietà transitiva”

Scorpius diede un paio di pennellate leggere e tornò a mischiare i colori sulla tavolozza, che fluttuava accanto al catino “ho parlato con la Weasley”.

Felix per poco non si mise a saltare sul divano; scelse infine di allungarvisi per godere appieno del resoconto. “Quale originale epiteto hai trovato questa volta?”

Scorpius alzò lo sguardo dal suo miscuglio “mi ha detto che le piaccio da sette anni”.

L’altro, spaparanzato, per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. La Weasley e Scorpius avevano sempre litigato, in quel loro modo gentile e cavalleresco (ben altro dalle risse spettacolari che si delineavano con i parenti della ragazza). Quando qualcuno piaceva, la logica prevedeva il corteggiamento, non lo scontro aperto. Ma la faccia di Scorpius era disorientata quanto la sua, quindi doveva avergli detto la verità; rimaneva un’unica opzione “questa volta ti ha giocato” proclamò Felix puntellandosi sui gomiti.

L’amico ci riflettè, segno che non aveva pensato a quell’ipotesi. Ma poi tornò ai suoi colori, dichiarando “Era troppo seria e agitata per mentire. Però ha detto che ora le è passata, per questo credo che abbia trovato il coraggio di dirmelo”.

Felix rimase di nuovo interdetto, pensando agli episodi di cui era stato spettatore. Frecciatine, sguardi di fuoco, libri sbattuti… Nulla di romantico: un rapporto conflittuale come tanti altri, come ne aveva anche lui. “Scorpius” lo chiamò, tirandosi a sedere con un dubbio improvviso “non è che Albus Potter è innamorato di me?” Il loro rapporto era altrettanto costellato di litigi, a ben pensarci.

“A questo punto può essere” gli disse l’amico, mentre si voltava verso la tela con la nuova tavolozza.

“Preferivo la Weasley” sospirò Felix, lasciandosi ricadere sul divano a peso morto.

“Bassa, tarchiata, lentigginosa, con il naso schiacciato… Non so quanto ci guadagni nel cambio”.

“Innanzitutto è una ragazza, quindi si avvicina al mio gusto più di qualsiasi essere del mio stesso sesso. E poi non è questa megera che descrivi”.

“Quindi sei geloso?” Lo punzecchiò Scorpius, con una nota di ilarità.

“Posso avere chi voglio, non vado a cercare la tua Weasley” gli rispose Felix, sottolineando il possessivo “chi disprezza compra a pochi galeoni, amico mio”

“Mi ci vedi davvero con lei?” Chiese Scorpius scrutando l’amico, che si affrettò a far scendere i piedi dal divano.

“Sicuramente. Però voglio una camera fissa a casa vostra” Felix si alzò e afferrò il caffè “Mi spetterebbe anche un’indennità, visto che la casa esploderà e rischierò di rimanere coinvolto”.

“È già tanto se non facciamo implodere il palazzo, pur vivendo in due appartamenti separati. Hai visto la porta?” Fece Scorpius tornando ad abbassare lo sguardo, mentre finiva gli ultimi rimasugli del colore che aveva preparato.

“Pensavo avessi avuto un altro colpo di testa. Quindi è ancora guerra?”

L’altro gli lanciò un’occhiata eloquente “dichiarata dal tuo spasimante, per essere precisi. Spero se ne vada presto” poi ci pensò su “se ne vadano presto entrambi, anche se la Weasley dà meno fastidio”. All’occhiata interrogativa di Felix annuì “Il cuginastro si è trasferito qui”.

“Sarà pericoloso per me farmi vedere?”

“La lontananza calma gli animi e gli amori” lo prese in giro Scorpius “ma puoi sempre andare a controllare”.

“Penso che rimarrò nel dubbio” Asserì Felix vuotando il suo caffè.

*

Rose si era rifugiata in cucina, con la scusa di un bicchiere d’acqua, e stava valutando quanto le potesse convenire rubare il nascondiglio a Ted: non l’avrebbero trovata subito ma, quando lo avrebbero fatto, il posto sarebbe stato piuttosto difficile da spiegare. Mentre la cucina aveva plausibili spiegazioni per la sua presenza, sebbene rischiasse che gli zii vi entrassero per caso.

Mentre rifletteva su quale posto fosse migliore per stare in pace e pensare a quello che aveva detto Al (e come scusarsi), il cellulare le squillò. Il display luminoso le disse subito che si trattava di Tyra.

“Rose?” Si sentì chiamare dall’altro capo della cornetta.

“Tyra, che succede?”

“Non ti sento bene, ma dove sei?”

In effetti la linea era abbastanza disturbata. Ricordava vagamente di aver sentito Louis lamentarsi di questo fatto “A casa dei miei zii, in campagna” meglio non specificare a quanta distanza da lei.

“Ti ho chiamata per avvisarti che il prossimo finesettimana c’è la festa del villaggio. Dovresti invitare Felix, prima che prenda altri impegni” Le disse Tyra rapidamente.

Rose rimase un attimo in silenzio: aveva quasi dimenticato i piani della bionda “Potrei anche venire con Al”.

“Sarà ancora da te la prossima settimana?”

“Credo di sì” in effetti Al non aveva mai specificato quanto intendesse fermarsi.

“Bene! Perché alla festa si esibiscono anche dei gruppi della zona! Sarebbe bello se ci fossero anche i Ghosts, potrebbero farsi conoscere un po’ anche qui”.

Rose colse al volo l’occasione per farsi perdonare dal cugino: gli avrebbe trovato un palco su cui esibirsi “Saranno entusiasti, ne sono sicura. Dammi solo il tempo di dirglielo e ti faccio richiamare da Al, va bene?”

Sentì Tyra fare un verso strano, prima di rispondere “Sì, certo. Tu ricordarti di chiamare Felix. Perché hai il suo numero, vero?”

Rose non stette nemmeno a pensarci “Ovviamente no” rispose schietta. Aveva anche qualche dubbio che l’altro avesse un cellulare.

Questa volta fu certa di aver udito un gemito “Penserò a qualcosa, dovessi appostarmi davanti a casa di quel suo scontroso amico. Certo che hai proprio bisogno di tutto l’aiuto del mondo”.

“Non voglio uscire con Felix!” Le ripeté per l’ennesima volta. Suo zio Bill si affacciò dalla finestra del giardino, facendola diventare rossa. “Né ora né mai!” Terminò con forza, parlando a un calderone.

“Scusa, non ti sento bene. Ci sentiamo dopo, ciao!” Tyra riattaccò rapidamente.

Con un sospiro si preparò a salire le scale e tornare in camera di Louis.

 

Esame finito, sono tornata! XD Non so se si era ben capito cosa facesse Scorpius in questo sperduto villaggio ma ora dovrebbe essere tutto un po’ più chiaro.

Non sono un’esperta di musica, come avrete modo di capire, quindi per i Ghosts mi sono affidata alla mia band preferita in questo momento (e da quasi un anno direi): i Nickelback. La canzone che Albus scrive con forte sentimento a Scorpius è questa: “This means war” http://www.youtube.com/watch?v=Njz8S8hc-pQ  . Ora non è ancora così definita ma con l’aiuto di Louis e con gli eventi del prossimo capitolo si definirà perfettamente. Dunque ringraziamo tutti Airad che mi ha fatto riscoprire i Nickelback e che mi ha anche accompagnata al raduno dei fan a Milano: sei un’ottima sopportatrice di fan girl ossessivo-compulsiva. XD

La televisione mi informa che sono ricominciate le scuole, quindi buone lezioni agli studenti (anche universitari, va’, stiamo per riprendere tutti) e buon lavoro a chi lavora! 

A presto!

 

   
 
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