Rose
cercò di controllarsi e mantenere un’andatura regolare mentre percorreva le
scale ma una volta sul pianerottolo si lanciò in una corsa incontrollata verso
la sua porta e balzò in casa. Gettò le chiavi nel piatto vicino all’ingresso e
cercò di realizzare quello che aveva appena fatto prendendo respiri profondi.
Doveva parlarne con Al.
Essendo
deserto il soggiorno, aprì subito la porta dell’improvvisata camera del cugino.
Lo trovò con una matita dietro l’orecchio, che imbracciava la chitarra e maneggiava
un mixer. “Stai componendo?” Era strano ma non rarissimo: doveva essere
particolarmente ispirato.
L’altro
annuì “Ti farò sentire, quando avrò finito. Questa canzone mi rappresenta.” La
squadrò da capo a piedi.
“Vieni
di là, mi metto ai fornelli” Gli fece cenno Rose.
Il
ragazzo si districò dai fili che lo avvolgevano, per spostarsi sull’alto
sgabello proprio davanti al piano dove si stavano magicamente ammucchiando
tutti gli ingredienti per fare dei biscotti. “Dove hai visto il costipato?” Le
chiese poggiando i gomiti sul bancone. Dovette ritirarli subito, a causa della
bilancia che veleggiava a tutta velocità verso lo stesso spazio che voleva
occupare lui.
“Alla
vecchia casa. Ma non è questo il punto.”
“Hai
ultimamente cambiato le motivazioni per cui fai i biscotti?” Chiese rubando una
manciata di gocce di cioccolato con noncuranza.
“Gli
ho detto la verità” Sparò Rose, sperando che gli andassero di traverso.
Albus
invece riuscì a deglutire e poi parlò “Sul fatto che sia un cafone maleducato?
Avrei voluto esserci per poter rincarare la dose.”
“Sul
fatto che mi piace da sette anni” Rose cominciò a rompere le uova, tenendo lo
sguardo fisso sul recipiente “Cioè, mi piaceva” si corresse.
Albus
si prese qualche momento, poi concluse “hai finalmente raggiunto il limite di
sopportazione. Allora ce l’hai davvero, pensavo fosse una leggenda.”
“Mi
sono tolta un peso. Ora ho la certezza matematica che non poteva funzionare” Al
infilò la testa sopra la scodella, rischiando di finire nelle uova, per
mostrarle la sua occhiata dubbiosa. “Questo punto non era già stato appurato in
sette anni?”
Rose
lo ignorò, scostandolo con il gomito “…e so di aver
fatto la scelta giusta lasciando perdere. Inoltre così mi vergognerò per il
resto dei miei giorni al solo pensiero di stargli davanti e quindi non c’è più
il rischio che ci cada di nuovo.”
Al
afferrò la bilancia e vi poggiò sopra il mento “Avrei scelto una strada più
breve per arrivarci ma condivido la soluzione.”
Rose
afferrò la busta della farina e ne versò un po’, dovendo dosarla ad occhio
poiché non voleva sottrarre al cugino il prezioso appoggio. La mescolò con
calma, rendendosi conto che qualcosa non andava: Al avrebbe dovuto saltare
sulla sedia, congratularsi con lei, stringerle la mano imbrattandosi di farina.
Alzò piano lo sguardo, cercando di farlo passare per un gesto casuale e lo vide
gettare lo sguardo con noncuranza verso la credenza.
“Cosa
succede?” Chiese voltandosi anche lei.
L’altro
si riscosse “Nulla. Vuoi uscire stasera?”
Rose
lo fissò corrucciata: diversamente da quanto si potesse immaginare, Albus non
era il ragazzo scatenato che dava a vedere quando era in compagnia. In casa si
trasformava in una persone decisamente più tranquilla, che veniva trascinato
alle feste, piuttosto che organizzarle. “Cosa vorresti fare?”
“Potremmo
materializzarci a casa di Louis: lui saprà cosa fare.”
Rose
ebbe la conferma di tutti i suoi sospetti all’idea di un Albus che si metteva
nelle mani di Louis volontariamente e la trascinava con sé. Reclamò la bilancia
con un gesto imperioso e pesò lo zenzero, mentre valutava cosa fare.
“Nell’ultimo periodo Louis non ti deve più trascinare alle feste?” Cercò di
informarsi.
“No,
continua a farlo. Spero con quest’atto volontario di riuscire a farlo stare
buono per almeno qualche settimana” ammise Al candidamente.
Il
rapporto tra Al e Louis era in realtà una delle principali preoccupazioni di
Rose. Il fatto che il cugino preferisse suonare la batteria che cercare un
lavoro stabile non la impensieriva tanto quanto la zia Ginny.
Quello che la spaventava a volte era come Al venisse plasmato dall’ambiente in
cui si trovava: Louis era notevolmente meno incline di lui a seguire le regole
e quei sei anni che intercorrevano tra i due ampliavano ulteriormente il
divario tra i loro stili di vita. Questo però Al non riusciva a capirlo e
andava molto d’accordo con il suo cantante, fin troppo secondo Rose.
Il
rapporto tra Al e Louis era per Rose anche abbastanza comico: ciò che Al era
all’esterno, l’altro ragazzo era all’interno e viceversa. Se Al amava mostrarsi
sfrontato e baldanzoso, per diventare più tranquillo solo quando si sentiva a
suo agio, la rumorosità di Louis cresceva in maniera inversa. Ricordava
benissimo come Ted ne fosse rimasto molto impressionato: dai silenzi timidi
delle prime volte in cui avevano cenato insieme, si era poi ritrovato un demone
distruttore pronto a una battaglia a cuscinate con Dominique di prima mattina.
Era uno dei motivi per cui l’uomo preferiva mantenere una certa distanza con il
fratello della sua fidanzata e non se la sentiva di biasimarlo. “È proprio
necessario che io mi immoli alla causa?”
“Le
serate con Louis non mi hanno mai ucciso. Al massimo un po’ devastato.” La
tranquillizzò immergendo un dito nell’impasto e assaggiandolo.
“Dovresti
chiamarlo, prima di presentarti da lui con me.” Tentò Rose ancora una volta. Le
occhiate di quel ragazzo la mettevano in soggezione.
“Continua
a dirmi che devo portare una ragazza, non vedo il problema” Le disse
dondolandosi sullo sgabello.
“Non
credo che intenda una cugina…” Rose gli fece notare
l’evidente.
“Dovrà
specificare, per il futuro” sorrise Albus buttandosi giù dallo sgabello. “Hai
bisogno di sano divertimento, non trovi?”
D’altronde
Louis era uno di famiglia e nessun adulto avrebbe mai ammesso la possibilità
che potesse deviare Al. Dunque era suo dovere controllare, nel modo più
oggettivo possibile. Rose scrollò le spalle “Va bene, più tardi andremo a villa
Conchiglia.”
*
I
due ragazzi si materializzarono nel giardino della casa dei loro zii, accolti
dal profumo delle piante che Fleur amava coltivare.
Rose si avvicino all’aiuola ombrosa che diffondeva l’aroma inconfondibile del
mughetto, chinandosi per portare un fiore vicino al naso, e così notò la figura
maschile sdraiata dietro il platano. Quei capelli erano inconfondibili.
“Ted?”
Lo chiamò perplessa.
L’altro
si voltò, come colto di sorpresa “Oh, Rose!” Fece, alzandosi e pulendosi le
mani nei jeans, salutandola con una calda stretta di mano mentre ad Albus, che
li aveva raggiunti, riservò una vigorosa pacca sulla spalla.
“Esci
con Victoire stasera?”
“Sì,
la sto aspettando; dovrebbe scendere quando è pronta. Voi siete venuti a fare
un saluto?”
“Già”
rispose Al, mentre Rose osservava la casa “Entri con noi?”
“No,
grazie” Fece l’altro un po’ troppo precipitosamente per passare inosservato.
Rose si voltò a guardarlo con aria interrogativa e Ted in risposta lanciò
un’occhiata alla casa, ammettendo con un sospiro “Diciamo che per un po’ ho
intenzione di tenermene alla larga.”
“È
successo qualcosa?” Chiese Al, sempre curioso. Se Ted stava aspettando Victoire significava che non aveva litigato con lei ma con
un altro dei membri della famiglia. Eppure erano sempre andati d’accordo e
sapeva che ultimamente il suo cugino acquisito veniva spesso invitato a cena.
“Non
prenderla male” cominciò l’uomo congiungendo le mani e rivolgendosi ad Albus
“ma ho paura del tuo amico Louis, che ha deciso di rifarmi il guardaroba”
ammise abbassando gradatamente il tono di voce.
Al,
impietoso, scoppiò a ridere, squadrando Ted. Forse qualche indumento meno
colorato non sarebbe stato male: avrebbe dovuto cercare di ricordarselo per
Natale. Si appuntò mentalmente di scriverlo a sua sorella o non ci sarebbe mai
riuscito, poi aggiustò il colletto della maglia dell’uomo e gli fece
l’occhiolino.
Rose
alzò gli occhi al cielo, preparata a quello che avrebbe dovuto affrontare.
Infatti, dopo qualche altro scambio cortese di battute, Al le cinse le spalle e
la guidò tranquillo verso la casa.
Bussò
due volte, per poi aggiungere un terzo colpo subito dopo. Il fatto fece
ricordare alla ragazza quanto il cugino fosse intimo in quella casa, abbastanza
da avere un modo personalizzato di annunciarsi. Infatti poco dopo da dietro la
porta sentì il saluto dello zio Bill “ciao Al… E
Rose!” Aggiunse aprendo e vedendola lì.
Lo
zio non era cambiato molto dall’ultima volta in cui lo aveva visto e portava
ancora quello strano orecchino pendente a forza di dente di drago. Da bambina
pensava fosse stato un drago a sfigurargli così il viso. “Come sta tuo padre? È
da un po’ che non ci vediamo…”
Rose
pensò all’ultima lettera che aveva ricevuto da casa “Stanno tutti bene,
grazie.”
“Non
avertene a male, ma siamo qui per vedere il tuo tiratore seriale di cuscini” la
interruppe Al.
Bill
fece loro cenno di entrare e dirigersi verso il salotto e quando furono
abbastanza vicini sussurrò “Non ricordatelo a Fleur,
non l’ha presa troppo bene” prima di sparire in cucina.
Rose
ebbe appena di il tempo di chiedere ad Al il motivo del nuovo soprannome di
Louis, prima che questo si palesasse ai suoi occhi; evidentemente aveva sentito
i colpi all’ingresso.
Louis
aveva ereditato qualcosa dalla bellezza della madre, a cominciare dai sottili
occhi verdi e dagli zigomi che gli davano un’aria più esotica rispetto alla
maggior parte degli inglesi. Ma Rose riconosceva in parte del suo fascino
l’intervento del padre: suo cugino non aveva cicatrici che gli deturpavano il
suo volto ma aveva l’aria di una persona perennemente soprapensiero e
distaccata dalla realtà, occupata a pensare a chissà quale problema
insormontabile. Talvolta Rose aveva il dubbio che fosse davvero così, ma il più
delle volte sarebbe stata pronta a scommettere che l’oggetto dei suoi pensieri
fosse la chitarra o la ragazza della sera prima.
Albus
lo salutò allegro, dandogli il cinque e Rose notò subito che si era aggiunti
nuovi anelli a quello che già portava di solito. Poi Al le spiegò “Diciamo che
ieri lui e Dominique hanno avuto una discussione che è degenerata a cuscinate.”
“Piume
ovunque, i divani ne erano pieni” confermò il biondo “ma la mamma ha dato un
colpo di bacchetta e tutto è volato via. Non capisco che bisogno ci sia di
arrabbiarsi tanto” concluse scrollando le spalle.
Rose,
che al contrario lo capiva benissimo, si limitò a seguire i due ragazzi che la
condussero nella camera da letto di Louis. Lì, appesa al muro, troneggiava la
sua chitarra ed Al si sentì assolutamente in dovere di far sapere all’amico
come stava procedendo la nuova canzone. “Ti piacerà, consumerà le tue energie.
In effetti vorrei il tuo parere su alcuni accordi…”
“Si
può sapere almeno di cosa parla?” Chiese Rose andandosi a sedere sul letto,
buttandosi sul cuscino quando vide la chitarra planare velocemente verso di
lei.
“Della
guerra” le rispose Albus materializzando degli spartiti.
Rose
non capì cosa Al le avesse voluto dire ma ricordò la conversazione avuta con
Scorpius “A proposito, dovresti smettere di infastidire Malfoy. Se riusciste a
smettere di punzecchiarvi potreste anche convivere pacificamente” gli fece
notare.
“Ma
stiamo convivendo pacificamente: lui è la mia fonte di divertimento!” La
liquidò Al, mentre Louis studiava le note, accomodatosi sulla sedia girevole
della sua scrivania.
“Fred
ti ammazzerà” Gli fece notare mentre cominciava a suonare qualcosa.
“Ma
se Fred non sa nemmeno chi è Malfoy…” Mal interpretò
Albus.
“Per
la canzone” assicurò l’altro “anche se detengo il primato nel farlo irritare: i
picchi di imbarazzo che raggiunge quando le scrivo io sono insuperabili.”
Rose
a questo punto cominciò seriamente a preoccuparsi: Louis alternava canzoni in
cui sembrava l’uomo più dolce sulla faccia della terra (e non dubitava che
contribuissero alla sua aria da “bravo dannato”, come diceva Fred) a pezzi in
cui era decisamente più aggressivo e senza freni. Non molto tempo prima aveva
scritto una canzone decisamente oscena e Nick aveva dovuto usare tutta la sua
capacità di persuasione con Fred per convincerlo a prestare la sua tastiera.
Albus invece si limitava a scoppiare ridere tutte le volte in cui dovevano
suonarla.
“Di
quale guerra parla la nuova canzone?” Chiese Rose, cercando di assumere un tono
noncurante: Albus non si sarebbe mai immaginato di scrivere qualcosa di
infantile e stupido sulla guerra che era stata combattuta da tutta la loro
famiglia. Forse nemmeno Louis, tutto sommato.
Albus
le fece cenno di aspettare, mentre si accordava con Louis su alcuni passaggi.
Quando gli parve che l’altro avesse imparato abbastanza si schiarì la voce e si
sporse per leggere lo spartito insieme al chitarrista “Ora vi faccio sentire
come viene col testo”
“Non
urlare troppo, le ceramiche in salotto sono fragili” Disse Victoire
mentre passava sul pianerottolo, pronta per uscire con Ted. Poi ci ripensò,
tornò indietro e chiuse la porta della camera del fratello.
Rose
provò un moto infinito di comprensione per sua cugina.
Moto
che venne subito sostituito da irritazione, quando Albus cominciò a intonare
quella nuova canzone che lo esaltava così tanto. Era evidentemente rivolta a
Malfoy.
“Ti
ho appena chiesto di lasciarlo stare e tu scrivi una canzone in cui torni a
dichiarargli guerra!” Esclamò stupefatta battendo la mano sul letto.
“Tecnicamente
tu l’hai chiesto due minuti fa, quando io avevo già scritto questa canzone” le
fece notare Al. Il cuscino che gli arrivò addosso, lanciato da Rose, lo fece
desistere dal proseguire su quella strada.
Louis
si limitò a far ruotare la sedia su cui era seduto, colpendo con un piede la
cassettiera di fianco alla scrivania, per mettere al riparo la sua preziosa
chitarra dal lancio indiscriminato. Con una mano agguantò anche lo spartito e
tornò a studiarlo.
“Non
hai detto di averci messo una pietra sopra?” La attaccò Al a sua volta “Non
dovrebbe importarti se scrivo una canzone, di cui lui non verrà comunque mai a
conoscenza.”
Rose
dovette ammettere che le possibilità che Scorpius sentisse la musica dei Ghosts
erano estremamente limitate: l’essere delle persone completamente sconosciute,
apprezzate solo per la loro musica, era stato il motivo per cui avevano fondato
il gruppo e per mantenere queste premesse avevano sempre lavorato nel mondo
babbano. “Questo non significa che possiate attaccarlo senza lasciargli
possibilità di difendersi!”
Albus
la guardò inarcando un sopracciglio “Calmati, ascoltati e poi rispiegati” le
disse, cingendole le spalle e rimettendola seduta.
Rose
sospirò, per dimostrare ad Al che non c’era bisogno di rimarcare il concetto.
“Dovresti smettere di prendertela con lui, anche perché non ne hai più motivo,
no?”
“Ho
sette anni di buoni motivi, innanzitutto. E non c’è bisogno che tu lo difenda:
non è un cucciolo spaventato bisognoso d’amore. È un drago assetato di sangue,
un Thestral che divora cadaveri in putrefazione, un ippogrifo poco domestico!”
“Finiscila!”
Lo liquidò Rose con tono duro.
“Non
posso!” Sbottò Albus esasperato “Lo capisci che finché tu continuerai a
parlarmene io dovrò continuare così?” Rose rimase senza parole “Non che mi
dispiaccia, si intende. Penso davvero che sia uno stupido pallone gonfiato, ma
non gli darei così tanta importanza, se dipendesse da me.”
“E
allora non dargliene!” Fu Rose la prima ad alzare la voce “Ignoralo, per
Merlino!”
Albus
alzò le mani, a sua volta sconvolto “Come pensi che potrei farcela, con te che
ne parli continuamente, anche quando dici di averlo accantonato? Ti rendi conto
che non l’hai fatto, vero?”
“Ho
capito quanto è menefreghista e stupido e ho realizzato che non è il fidanzato
ideale. Lo sto facendo, Albus!” Replicò Rose stizzita, anche per dover
affrontare un discorso così personale alla presenza di Louis. Dimenticare una
persona come Malfoy, il ragazzo costantemente presente, nel bene e nel male,
nei suoi ultimi sette anni non poteva essere così facile. Anche se cominciava a
capire il ritratto che ne dipingeva Al.
“Bene,
perché non ne posso più di sentirti parlare di lui” le disse con tono franco,
senza sorrisi e battutine.
Rose
fissò il cugino, senza parole: Al aveva sempre messo in chiaro come Scorpius
non le andasse per nulla a genio, come amasse molti altri argomenti di
conversazione molto più del biondo Serpeverde, ma non aveva mai pensato che gli
avesse potuto dare così fastidio. Riteneva che in fondo si divertisse a coniare
sempre nuovi insulti. “Quando ha cominciato a darti fastidio?”
Albus
la fissò, cercando di fare una stima “Più o meno da quando ad ogni pasto ti
sedevi in modo da poterlo guardare.”
“Quindi…”
“Per
favore, non parliamone più” la implorò Al, fissandola con i suoi occhi verdi.
“Come
vuoi” Gli rispose lei asciutta. Rose non sapeva come nascondere il suo
turbamento di fronte a quella inattesa rivelazione, così optò per la soluzione
più sicura: andarsene. “Credo che andrò un attimo a cercare la zia Fleur, allora, mentre voi finite qui. Intanto è una canzone
per un ragazzo di cui non devo più parlare.”
Calcò le ultime parole e aprì la porta, diretta al piano inferiore.
Albus
osservò la porta richiudersi lentamente, il che non era un buon segno, almeno
di solito: significava che Rose aveva paura che i suoi sentimenti venissero
scoperti e dunque faceva le cose con molta più calma del normale. Questa volta
però ne fu soddisfatto.
Louis
si girò rapidamente, lui senza nascondere un ghigno “Malfoy ha tutto questo
potere su di te?”
“Era
una bugia a fin di bene” Gli rispose l’altro, tornando a impossessarsi degli
spartiti.
“Non
ci credo” proclamò l’altro, rubandoglieli nuovamente e gettandoli nel
bidoncino. “Questa non la passerai liscia, lo sapranno tutti e te lo
rinfacceremo per il resto della tua sfortunata esistenza.”
“Cosa
c’entra la canzone?” Si offese Albus, alzandosi per recuperarli, ma quando fu
all’altezza di Louis il ragazzo, che aveva rapidamente sganciato la chitarra
sulla scrivania, lo spinse contro il letto, facendovelo ruzzolare sopra. “Non
suonerò né canterò la tua canzone d’amore per Malfoy.” Proferì.
Albus
lo guardò, massaggiandosi la testa: Louis non aveva mai avuto l’odio viscerale
per il costipato che aveva lui, anzi lo stimava quasi, per aver proseguito la
tua attività di frantuma-cuori a Hogwarts. Però non
lo amava così tanto da buttare via una buona canzone. “Fa così schifo?”
“Sembra
scritta da me il giorno dopo una sbornia… È perfetta”
Gli disse, cominciando a tirargli calci al ginocchio.
Albus
tirò entrambi i piedi sopra il suo letto, badando bene di toccare il lenzuolo con
la suola delle scarpe. “Grazie del complimento.”
“Ci
lavorerò sopra. Tieniti libero in settimana, potrei finire e far sentire anche
agli altri il risultato.” Lo avvisò Louis, prima di aprire un cassetto e tirare
fuori un pacchetto di sigarette.
*
Felix
bussò un paio di volte alla porta di Scorpius con due caffè, appena acquistati
nel bar poco distante, ben stretti in mano. Un’offerta di pace che portava ogni
volta che andava da lui, per poterlo tiranneggiare senza problemi durante il
resto dell’incontro.
Come
sempre, la porta si aprì magicamente, abbastanza da lasciare uno spiraglio.
Felix la spinse ed entrò.
“Sono
il solito ladro che ti porta il caffè!” Lo rassicurò mentre cercava l’amico con
lo sguardo. Lo raggiunse esattamente dove si aspettava di trovarlo: sul
soppalco.
Posò
le tazze ancora calde sul tavolino, già ingombro di pennelli, spatole e colori
e si accomodò sul divano. Cercò di sbirciare l’ultima creazione ma il corpo di
Scorpius era troppo davanti alla tela per poterne avere un’idea chiara: c’era
del verde, qualche tocco di giallo, azzurro… Felix
cominciò a presagire il peggio.
La
sua ipotesi fu confermata non appena l’altro si levò di mezzo per avvicinarsi
alla bacinella d’acqua che volteggiava poco distante.
“Scorpius,
cambia soggetto. Te lo dico col cuore, sul serio” gli fece notare esasperato.
“I
paesaggi mi permettono di cogliere i riverberi della luce” gli spiegò per
l’ennesima volta, appellando a sé la tavolozza.
“Almeno
cambia scorcio, ti prego. Sarà la decima volta che dipingi lo stesso fiume, con
la stessa angolazione!”
Lo
sguardo di Scorpius cercò le tavole accatastate contro la parete e sembrò fare
un rapido conto. Diede implicitamente ragione a Felix scuotendo le spalle.
Felix
se ne compiacque. “È successo qualcosa di interessante in settimana? Qualche
altro bolide ti ha centrato?”
“Mi
hai centrato tu” puntualizzò l’altro, ricordando la sua caduta dalla scopa.
“Per
evitare un bolide, proprietà transitiva”
Scorpius
diede un paio di pennellate leggere e tornò a mischiare i colori sulla
tavolozza, che fluttuava accanto al catino “ho parlato con la Weasley”.
Felix
per poco non si mise a saltare sul divano; scelse infine di allungarvisi per
godere appieno del resoconto. “Quale originale epiteto hai trovato questa
volta?”
Scorpius
alzò lo sguardo dal suo miscuglio “mi ha detto che le piaccio da sette anni”.
L’altro,
spaparanzato, per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. La Weasley e
Scorpius avevano sempre litigato, in quel loro modo gentile e cavalleresco (ben
altro dalle risse spettacolari che si delineavano con i parenti della ragazza).
Quando qualcuno piaceva, la logica prevedeva il corteggiamento, non lo scontro
aperto. Ma la faccia di Scorpius era disorientata quanto la sua, quindi doveva
avergli detto la verità; rimaneva un’unica opzione “questa volta ti ha giocato”
proclamò Felix puntellandosi sui gomiti.
L’amico
ci riflettè, segno che non aveva pensato a quell’ipotesi. Ma poi tornò ai suoi
colori, dichiarando “Era troppo seria e agitata per mentire. Però ha detto che
ora le è passata, per questo credo che abbia trovato il coraggio di dirmelo”.
Felix
rimase di nuovo interdetto, pensando agli episodi di cui era stato spettatore.
Frecciatine, sguardi di fuoco, libri sbattuti… Nulla
di romantico: un rapporto conflittuale come tanti altri, come ne aveva anche
lui. “Scorpius” lo chiamò, tirandosi a sedere con un dubbio improvviso “non è
che Albus Potter è innamorato di me?” Il loro rapporto era altrettanto
costellato di litigi, a ben pensarci.
“A
questo punto può essere” gli disse l’amico, mentre si voltava verso la tela con
la nuova tavolozza.
“Preferivo
la Weasley” sospirò Felix, lasciandosi ricadere sul divano a peso morto.
“Bassa,
tarchiata, lentigginosa, con il naso schiacciato… Non
so quanto ci guadagni nel cambio”.
“Innanzitutto
è una ragazza, quindi si avvicina al mio gusto più di qualsiasi essere del mio
stesso sesso. E poi non è questa megera che descrivi”.
“Quindi
sei geloso?” Lo punzecchiò Scorpius, con una nota di ilarità.
“Posso
avere chi voglio, non vado a cercare la tua Weasley” gli rispose Felix,
sottolineando il possessivo “chi disprezza compra a pochi galeoni, amico mio”
“Mi
ci vedi davvero con lei?” Chiese Scorpius scrutando l’amico, che si affrettò a
far scendere i piedi dal divano.
“Sicuramente.
Però voglio una camera fissa a casa vostra” Felix si alzò e afferrò il caffè
“Mi spetterebbe anche un’indennità, visto che la casa esploderà e rischierò di
rimanere coinvolto”.
“È
già tanto se non facciamo implodere il palazzo, pur vivendo in due appartamenti
separati. Hai visto la porta?” Fece Scorpius tornando ad abbassare lo sguardo,
mentre finiva gli ultimi rimasugli del colore che aveva preparato.
“Pensavo
avessi avuto un altro colpo di testa. Quindi è ancora guerra?”
L’altro
gli lanciò un’occhiata eloquente “dichiarata dal tuo spasimante, per essere
precisi. Spero se ne vada presto” poi ci pensò su “se ne vadano presto
entrambi, anche se la Weasley dà meno fastidio”. All’occhiata interrogativa di
Felix annuì “Il cuginastro si è trasferito qui”.
“Sarà
pericoloso per me farmi vedere?”
“La
lontananza calma gli animi e gli amori” lo prese in giro Scorpius “ma puoi
sempre andare a controllare”.
“Penso
che rimarrò nel dubbio” Asserì Felix vuotando il suo caffè.
*
Rose
si era rifugiata in cucina, con la scusa di un bicchiere d’acqua, e stava
valutando quanto le potesse convenire rubare il nascondiglio a Ted: non
l’avrebbero trovata subito ma, quando lo avrebbero fatto, il posto sarebbe
stato piuttosto difficile da spiegare. Mentre la cucina aveva plausibili
spiegazioni per la sua presenza, sebbene rischiasse che gli zii vi entrassero
per caso.
Mentre
rifletteva su quale posto fosse migliore per stare in pace e pensare a quello
che aveva detto Al (e come scusarsi), il cellulare le squillò. Il display
luminoso le disse subito che si trattava di Tyra.
“Rose?”
Si sentì chiamare dall’altro capo della cornetta.
“Tyra,
che succede?”
“Non
ti sento bene, ma dove sei?”
In
effetti la linea era abbastanza disturbata. Ricordava vagamente di aver sentito
Louis lamentarsi di questo fatto “A casa dei miei zii, in campagna” meglio non
specificare a quanta distanza da lei.
“Ti
ho chiamata per avvisarti che il prossimo finesettimana c’è la festa del
villaggio. Dovresti invitare Felix, prima che prenda altri impegni” Le disse
Tyra rapidamente.
Rose
rimase un attimo in silenzio: aveva quasi dimenticato i piani della bionda
“Potrei anche venire con Al”.
“Sarà
ancora da te la prossima settimana?”
“Credo
di sì” in effetti Al non aveva mai specificato quanto intendesse fermarsi.
“Bene!
Perché alla festa si esibiscono anche dei gruppi della zona! Sarebbe bello se
ci fossero anche i Ghosts, potrebbero farsi conoscere un po’ anche qui”.
Rose
colse al volo l’occasione per farsi perdonare dal cugino: gli avrebbe trovato
un palco su cui esibirsi “Saranno entusiasti, ne sono sicura. Dammi solo il
tempo di dirglielo e ti faccio richiamare da Al, va bene?”
Sentì
Tyra fare un verso strano, prima di rispondere “Sì, certo. Tu ricordarti di
chiamare Felix. Perché hai il suo numero, vero?”
Rose
non stette nemmeno a pensarci “Ovviamente no” rispose schietta. Aveva anche
qualche dubbio che l’altro avesse un cellulare.
Questa
volta fu certa di aver udito un gemito “Penserò a qualcosa, dovessi appostarmi
davanti a casa di quel suo scontroso amico. Certo che hai proprio bisogno di
tutto l’aiuto del mondo”.
“Non
voglio uscire con Felix!” Le ripeté per l’ennesima volta. Suo zio Bill si
affacciò dalla finestra del giardino, facendola diventare rossa. “Né ora né
mai!” Terminò con forza, parlando a un calderone.
“Scusa,
non ti sento bene. Ci sentiamo dopo, ciao!” Tyra riattaccò rapidamente.
Con
un sospiro si preparò a salire le scale e tornare in camera di Louis.
Esame
finito, sono tornata! XD Non so se si era ben capito cosa facesse Scorpius in
questo sperduto villaggio ma ora dovrebbe essere tutto un po’ più chiaro.
Non sono un’esperta
di musica, come avrete modo di capire, quindi per i Ghosts mi sono affidata
alla mia band preferita in questo momento (e da quasi un anno direi): i
Nickelback. La canzone che Albus scrive con forte sentimento a Scorpius è
questa: “This means war” http://www.youtube.com/watch?v=Njz8S8hc-pQ
. Ora non è ancora così definita ma con
l’aiuto di Louis e con gli eventi del prossimo capitolo si definirà perfettamente.
Dunque ringraziamo tutti Airad che mi ha fatto riscoprire
i Nickelback e che mi ha anche accompagnata al raduno dei fan a Milano: sei un’ottima
sopportatrice di fan girl ossessivo-compulsiva. XD
La
televisione mi informa che sono ricominciate le scuole, quindi buone lezioni
agli studenti (anche universitari, va’, stiamo per riprendere tutti) e buon
lavoro a chi lavora!
A presto!