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Autore: RemusTonks98    20/09/2014    2 recensioni
Sono passati pochi anni dalla Battaglia di Hogwarts ed i nostri protagonisti Harry e Ginny hanno deciso di rifarsi una vita, proprio come tutti gli altri loro amici.
Dalla storia:
"La sveglia suonò. Ginny rimase a letto, ad occhi chiusi, assaporando quel momento. Tutto era normale: il letto caldo, i suoi capelli rosso rame distesi sul cuscino... Mosse piano la mano per cercare quella di Harry ma non la trovò, sbattè contro il muro. Fu in quel momento che aprì gli occhi e si accorse che era tutto diverso..."
Spero vi piaccia :)
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo 34

“GEORGIE”

Era ormai la terza notte che Ginny si apprestava a passare in ospedale e Harry non aveva ancora dato segni di miglioramento.
 
 << È sempre in coma, signora Potter. Ci dispiace… >>
Così le avevano detto i medici, come se a loro dispiacesse davvero. Come se a loro interessasse di Harry e della sua situazione.
La verità era che a loro non importava. Harry era solo un paziente come gli altri.
I medici che adesso compativano Ginny avevano guarito, visto guarire e avevano osservato morire centinaia di persone.
Ma Ginevra Weasley non voleva essere compatita.
Lei era forte.
Lei aveva combattuto, nel lontano 1998. Lei era stata attaccata da Bellatrix Lestrange e se l’era cavata. Lei aveva visto Fred, il suo amato fratellone, per terra nella Sala Grande.
Lei aveva creduto che Harry, il suo ragazzo, il suo eroe, fosse morto. E lei l’aveva visto rialzarsi e combattere più forte di prima.
Adesso suo marito era lì, sdraiato su un maledettissimo letto di un maledettissimo ospedale babbano.
Lui ce l’avrebbe fatta, e Ginny lo sapeva.
Ma con quali conseguenze? A che prezzo?
Non avrebbe mai sopportato vederlo risvegliarsi con la consapevolezza di aver fatto del male a sé stesso, a sua moglie e, soprattutto, ai suoi figli.
Corse al lavandino per sciacquarsi il viso dalle lacrime che ormai non riusciva più a trattenere. Si concesse di crollare, di nuovo, come aveva fatto davanti ai suoi figli e sentì le lacrime amare rigarle gli zigomi e poi la bocca.
 
Sanguesangue e ancora sangue.
Tutto quello che Ginny non avrebbe voluto vedere andando in bagno quella sera, in realtà lo aveva visto.
Era accaduto.
L’ho perso. Ho perso il mio bambino…
Era l’unica cosa a cui riusciva a pensare.
Non c’era bisogno di visite, di sedute dallo psicologo.
Lo sentiva.
La rossa era pronta, se lo aspettava. Lo sapeva.
 << Ha fatto un grave incidente… >>
Lo sapeva sin da quando aveva udito quelle parole.
L’avrebbe perso. Ed era successo.
Il suo bambino, il loro bambino, non c’era più.
Non ci sarebbe mai più stata nemmeno l’idea, nemmeno la possibilità di crescere un terzo piccolo Potter se Harry non si fosse ripreso.
E Ginny voleva disperatamente una femmina!
Era cresciuta e viveva tra i ragazzi, con sei fratelli tutti maschi, due figli maschi, un figlioccio anche lui maschio…
Perché la sorte non aveva voluto che Ginny, nella sua vita, godesse della compagnia di una sorellina o di una figlia?
Le uniche donne che c’erano sempre state nella sua vita erano sua madre, Hermione e Luna.
Aveva voluto e voleva loro bene, ma nulla avrebbe potuto compensare l’idea di portare in grembo la sua prima figlia femmina.
La prima figlia femmina che non avrebbe mai avuto…
Uscì dal bagno per andare ad accucciarsi per l’ennesima volta sul pavimento, accanto ad Harry, ma il telefono squillò.
Oh no! Non di nuovo!
Si ritrovò a pensare, piuttosto disperatamene.
In quei pochi giorni aveva ricevuto chiamate ed sms da tante di quelle persone che non riusciva più nemmeno a ricordarsi se avesse risposto a tutte.
Hermione era stata al telefono con Ginny un intero pomeriggio, il primo giorno in cui Harry era stato in coma, e aveva sopportato tutte le sue lacrime e le sue preoccupazioni.
La ragazza era subito accorsa all’ospedale per vederla, ma Ginny non aveva avuto intenzione di uscire dalla stanza di Harry se non per fare un salto all’asilo, e la riccia era tornata a casa delusa ma comprensiva nei suoi confronti.
Georgie.
Era la scritta che si vedeva sullo schermo del telefono mentre squillava.
George era stato l’unico a non averla ancora chiamata e la rossa si chiedeva se l’avesse fatto per lasciarla in pace o perché non avesse avuto tempo a sufficienza.
Si era addirittura chiesta se si sentisse in colpa.
Ma non aveva importanza.
Premette il pulsante rosso e mise giù la chiamata, come aveva fatto tante altre volte nelle settantadue ore passate.
Prese di nuovo la mano a suo marito e appoggiò la testa sulla sua spalla, aspettando che un’infermiera munita di carrello bussasse alle 19.00 per portarle la cena che avrebbe come al solito buttato nel cestino.
Sentì più volte il cellulare vibrare nella tasca posteriore di jeans ma non lo toccò per un bel po’.
Quando finalmente si decise a sbloccarlo vide che aveva ricevuto tre messaggi da suo fratello.
 
Ciao sorella,
Scusami. So che abbiamo litigato e
so che non è un bel momento per te ma…
Per favore, rispondimi.
 

Ginny…
Mi sto preoccupando.
Tutti ci stiamo preoccupando.
Fatti sentire.
 
Sono sotto all’ospedale.
Mi odi ma non ha senso che ti isoli.
Raggiungimi.
 
Non l’avrebbe ascoltato. Era uno stronzo.
Era colpa sua se Harry si trovava in quello stato.
Molte persone le avevano mandato sms. Molte persone le avevano mandato sms di quel tipo.
Lei non le aveva ascoltate.
Eppure, pur non sapendo come e perché, dopo cinque minuti si ritrovò in ascensore, diretta al piano inferiore dell’edificio.
E, soprattutto, senza ribollire di rabbia.
In fondo, anche George aveva sofferto.
Anche lui sapeva cosa voleva dire perdere la propria anima gemella.
Era caduto nella trappola della depressione ma si era rialzato.
Più o meno…
Magari voleva insegnarle qualcosa. Qualcosa che anche lui avesse vissuto sulla propria pelle…
 
Sgranò gli occhi.
Fu la prima cosa che George fece quando vide uscire sua sorella dalla porta a vetri dell’atrio dell’ospedale.
Non si aspettava che sarebbe venuta, per nulla al mondo.
Eppure in un certo senso lo sapeva, perché era rimasto un’ora ad attenderla seduto su una panchina del giardinetto di fronte alla clinica.
La rossa si sedette accanto a lui, con l’aria di quella che non l’avesse mai visto in vita sua, con l’atteggiamento di un’estranea.
Fu George a decidersi a parlare per primo.
 << Ciao… Non… Non mi asp… >>
Si bloccò a metà frase.
Ginny lo stava fissando, e lo stava facendo con  una freddezza che il rosso non aveva mai visto prima.
I suoi occhi color nocciola, così caldi, così uguali ai suoi, sembravano di ghiaccio.
E lo stavano fissando.
Fu uno schiaffo in pieno viso, letteralmente, a risvegliarlo dai pensieri che non gli avevano permesso di notare la mano di Ginny che si muoveva verso la sua guancia.
Poi Ginny si accasciò sulle gambe di George e pianse, pianse come non aveva mai fatto nemmeno con la morte di Fred. Non davanti a lui, perlomeno…
La rossa crollò di nuovo.
Scoppiò a piangere per l’ennesima volta.


SPAZIO AUTRICE:

Ed eccomi qua, a scusarmi per la ventimilionesima volta del ritardo.
Non so di preciso cosa mi abbia spinta a metterci così tanto per concludere questo capitolo, oltre alle vacanze...
Non ero sufficientemente ispirata, boh.
Comunque, mi scuso di nuovo (si inginocchia ad ognuno di voi).
La notizia buona è che il captolo è il più lungo di tutti, quella cattiva è che è una fase triste.
Ginny si trova nel bel mezzo di una crisi e non sa come uscirne.
In più, come se non bastasse, perde il bambino.
Eh sì, lo so, sono stata crudele ma come ho fatto subito notare mi atterrò COMPLETAMENTE a ciò che la Rowling ha detto. ;)
Per i grandi fans della Hinny non deve essere stato difficile intuire fin da subito che questo bambino non sarebbe mai nato. Non era il momento.
Fatemi sapere cosa ne pensate, ovviamente, e io cercherò, lo giuro, di essere più puntuale. Anche se adesso è rincominciata la scuola... :(
RECENSITE!

RemusTonks98
  
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