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Autore: GirlWithChakram    21/09/2014    2 recensioni
Cinque amici, compagni di liceo, alle prese con l'ultima vacanza insieme; un viaggio in Europa nel magico paesaggio della Spagna del nord; lo zampino del destino, che sa sempre come far incontrare le anime destinate a stare insieme.
"... E allora pensai che quella sarebbe rimasta nella mia memoria come la peggior vacanza di sempre."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO IX: I’m a slave 4 U
 
Durante i due giorni successivi io proseguii con i miei spassosi tentativi di corteggiamento, mentre ci godevamo le vacanze, vagabondando da una spiaggia all’altra. I tre surfisti avrebbero avuto a breve un’altra delle loro prove con valutazione che avrebbe decretato gli atleti degni di accedere alla fase finale.
Al nostro terzo appuntamento, durante il quale riportai San sul Monte Igueldo al lunapark, tenendo sempre sott’occhio l’orologio, rivivemmo la magia del primo bacio.
A quel punto lei mi fece una proposta decisamente inaspettata. Come io mi ero inginocchiata per chiederle di poter ricominciare da capo, così lei si inginocchiò per chiedermi ufficialmente di essere la sua ragazza. Annuii con le lacrime agli occhi, mentre lei tirava fuori dalla tasca dei jeans una scatolina.
A quella vista il cervello mi si svuotò.
Santana mi porse la custodia e io la aprii con un gesto plateale. Dentro c’era un ciondolo. Capii che si trattava di quello vinto al tiro a segno durante la Bella Notte, quello che aveva nascosto agli occhi di tutti. Tirai fuori la collana con delicatezza e ne studiai il pendente: era un anatroccolo azzurro.
Rimasi a bocca aperta. Potevo capire che avesse scelto il colore per via di quello dei miei occhi, ma come aveva fatto a capire che mi piacessero le papere?
Dopo l’ennesimo bacio appassionato, le espressi la mia perplessità.
«Ho tirato ad indovinare» rispose evasiva e io decisi di crederle, troppo contenta e gioiosa per dare peso ad altro.
Quella sera rientrai a casa tenendole la mano con fierezza e sentendomi in diritto di baciarla davanti a tutti gli altri sull’ormai sacro pianerottolo, che aveva visto l’evolversi di tutto il nostro rapporto.
«Sapevo che sarebbe successo qualcosa qui» ci sorprese una voce maschile. Ci girammo in contemporanea per osservare il volto sorridente di Miguel. «Finisce sempre così con voi turisti: due gruppi, si incontrano, fraternizzano e si mischiano… Certo, voi non eravate certo la coppia su cui avrei scommesso… Puntavo su Labios de pescado e l’altra bionda.»
Sam e Quinn si guardarono sconcertati mentre noi scoppiavamo a ridere.
«Scherzi a parte» continuò lo spagnolo «Dovrei fare un rapido giro di ispezione, solo per assicurarmi che non abbiate allagato gli alloggi o dato fuoco al mobilio.»
Lo lasciammo entrare e lui si limitò a gettare svogliatamente lo sguardo nelle diverse camere, per confermare che fosse tutto ancora intatto.
«Avete usato il libro di ricette che vi ho lasciato?» ci domandò, una volta terminato il giro di controllo.
«Purtroppo non siamo stati in grado di decifrarlo…» rispose Rachel.
«E non vi è venuto in mente di acquistare un dizionario nel frattempo?»
Sono certa che in quel momento tutti ci demmo mentalmente degli stupidi. Eravamo ormai così abituati alla presenza di Santana e alla fortuna di aver incontrato persone che quantomeno comprendevano l’inglese, che ce ne eravamo completamente scordati.
«Non fa niente, chicos, vado a prendervene uno tascabile che tengo nella mia scrivania alla reception. In cambio però mi invitate a cena domani» ci propose.
Il giorno seguente lo spendemmo su una bella spiaggia ad una cinquantina di chilometri da Donostia. Ero contenta che il tempo avesse retto, rendendoci la vita più semplice e permettendomi di passare da una carnagione bianco pallido ad una abbronzatura decente. Purtroppo le previsioni meteo avvisavano che nei giorni seguenti le nuvole sarebbero tornate a farsi vedere.
«Per fortuna domani prevedono coperto e ventoso, il tempo ideale per una gara» commentò Kurt, avvicinandosi a Blaine e me, come al solito presi da una conversazione di stampo nerd.
«È domani?» mi stupii «Ero convinta fosse tra due giorni.»
«San ti ha fuso qualche rotella a furia di baci bollenti?» ironizzò il moro.
«Vi prego ragazzi, voi due siete gli unici a non aver ancora tirato fuori un repertorio di battute sul nostro rapporto. Lasciateci in pace, per il quieto vivere comune» li supplicai.
«Certo, Britt, capiamo bene cosa state passando. Credi che per noi sia stato diverso? Quando abbiamo iniziato a frequentarci e ad uscire insieme era un continuo di frecciatine e insinuazioni varie» mi rivelò Hummel «Per fortuna non avevamo qualcuno di pedante come Puck.»
Noah era quello che più ci prendeva gusto, ma veniva puntualmente ripreso dalla Fabray e allora si zittiva, diventando ubbidiente come un cagnolino. Quello era il momento delle mie rivalse, ma allora interveniva Santana, riducendomi nella stessa situazione del Mohawk.
Alle sei di quella sera, Miguel venne a bussare alla nostra porta. Per rendere più agevole il pasto, avevamo trasportato il tavolo dall’appartamento dei surfisti, attaccandolo al nostro e ricavandone dieci comodi posti a tavola.
«Ho una sorpresa» ci annunciò l’ispanico «Ma vorrei una mano per metterla in atto. Chi di voi è pratico di paella
Mi girai istintivamente verso la mia ragazza, pensando che, in qualità di spagnola onoraria, sapesse almeno da che parte cominciare con la preparazione del piatto. Tutti la pensarono come me e lei si trovò con nove paia di occhi puntati addosso.
«Che avete da guardare?» si irritò «Solo perché parlo spagnolo non vuol dire che sappia come si cucinano i piatti tipici di qui! Questo vostro atteggiamento è razzista, no me gusta.»
«Su, calmati» la placai passandole un braccio attorno alla vita «Nessuno voleva offenderti. Ci è sembrato naturale pensare a te, ma lo sappiamo tutti che sei portoricana.»
«Vuoi preparare un asopao allora?» intervenne Miguel.
Il volto della latina parve illuminarsi. «Sai che cos’è?»
«Certo, lo stufato di riso con pesce o carne. Ne ho mangiati quintali quando sono stato a Puerto Rico.»
A quel punto i due iniziarono a parlare fitto fitto in spagnolo, tagliandoci completamente fuori. L’uomo insegnò a Santana come preparare la paella e lei, in cambio, gli lasciò scarabocchiate un paio di proprie ricette.
Fu una cena piacevole, il cibo era buonissimo e lo spagnolo, il señor Muñoz come ci rivelò ad un certo punto, era di ottima compagnia. Aveva girato un po’ tutto il mondo, facendo l’autostoppista. Quando era venuto il momento di mettere la testa a posto, era tornato nella sua città natale e aveva rilevato l’attività del Kursaal Hotel.
Lo invitammo alla quotidiana capatina al “La oca loca”, ma declinò dicendoci che doveva tornare a casa dalla fidanzata. Ci congedammo, ringraziandolo per la gentilezza e per la deliziosa paella. Quando se ne fu andato, ci spostammo al locale karaoke, dove tutti insieme decidemmo di prendere parte alla sfida.
I nostri avversari, sei tedeschi dall’aria gioviale, volevano esibirsi in un canto tirolese, noi, ovviamente, propendevamo per un pezzo rock. Alla fine il gestore stabilì il brano e a noi non restò che cantare “We are young”, ringraziando che non avesse tra le basi disponibili qualche jodel.
Finito il numero fu chiaro che il pubblico ci preferisse, ma, da persone sportive, ci accordammo per un pareggio.
Conclusa anche quella impresa, venne l’ora di andare a riposare. Il mattino seguente ci saremmo presentati tutti in spiaggia, puntuali alle nove, per assistere alla gara.
Trascorsi la notte rigirandomi nel letto. Non riuscivo a staccare il cervello, portandomi a fare continue associazioni, togliendomi ogni possibilità di dormire.
Mancavano cinque giorni al nostro rientro in patria e ancora io e San non avevamo accennato nulla su quello che sarebbe accaduto una volta tornate a Lima. Io avrei avuto ancora un mese di pace, prima di dovermi trasferire a New York. Le avevo chiesto cosa avesse intenzione di fare, se cercare un lavoro o scegliere un qualche college, ma non avevo ottenuto risposta precisa, mi aveva liquidato con un: “Ora sono troppo presa dal surf per pensarci”.
Iniziai a pensare che, per essere la sua ragazza, mi teneva comunque all’oscuro di troppe cose. Non avevamo programmi a lungo termine, era come se tutto fosse destinato a finire una volta che io fossi salita sul maledetto aereo del ritorno.
«Cos’hai da tormentarti così?» mi domandò un’assonnata Quinn, sbadigliando nell’oscurità.
«Sto pensando a Santana…»
«Sì, questo era ovvio. Ma di cosa si tratta? Per caso non approva che tu giaci ogni notte con due giovani sexy come le sottoscritte?» disse facendo segno verso Rachel.
Non me la sentii di rispondere con dell’umorismo.
«Che cosa ti preoccupa tanto?» insistette vedendomi pensierosa.
«Niente di importante… è solo che… Insomma, non parliamo mai di quello che succederà in seguito. Adesso dovremmo essere una coppia, fare progetti e cose del genere» sussurrai «Invece gira tutto sul “qui e ora”.»
«Senti, Britt. Non voglio sembrare ripetitiva, ma io qualche giorno fa ti avevo dato un consiglio, che tu hai deliberatamente deciso di ignorare. Forse dovresti cominciare a considerare tutto questo come una bella avventura estiva, ma niente di più. Quando andrai alla Julliard farai un mucchio di conoscenze, ci sarà un mondo tutto nuovo ad attenderti e San resterà nei tuoi ricordi come la fascinosa latina dalle labbra carnose con cui hai avuto un flirt.»
«Ma Q.» mi opposi «Io non sono fatta così! Io credo nel romanticismo, nell’amore vero e duraturo. Non è nel mio stile conquistare una e poi non vederla mai più.»
«Oh, tesoro, lo so che non è il tuo stile… Ma ti sei mai soffermata a pensare che magari è lei ad essere diversa da quello che credi?»
Non seppi più cosa dire. Ogni singola parte di me rifiutava quell’idea come se si trattasse di qualcosa di assurdo, come l’inesistenza degli unicorni o di Hogwarts. Eppure, più mi ci soffermavo, più le parole della Fabray si conficcavano nella mia mente come pugnali roventi.
«Vorrei che tu ci riflettessi bene» riprese la bionda «Ma non ora. Pensa a dormire, dai…»
«Quinn?» mugolai dopo che lei fu tornata a dormire.
«Cosa c’è ancora?»
«Mi abbracceresti?»
La vidi sorridere nel buio e tendere le braccia verso di me. Mi strinse forte e poi mi sussurrò: «Non dirlo alla tua ragazza, però. Ancora non so quanto sia possessiva.»
Ci sdraiammo ancora legate e lasciai che il suo respiro mi cullasse nel mondo dei sogni.
L’indomani mattina trovammo Blaine appostato fuori dalla nostra porta. Ci spiegò che gli altri tre erano andati a fare riscaldamento, lasciandolo solo.
Gli offrimmo una parca colazione a base di latte e biscotti del Kursaal Market, poi ci avviammo rapidi verso il mare, per non far tardi alla competizione.
«Buongiorno» mi salutò solare San, schioccandomi un bacio sulle labbra non appena fummo abbastanza vicine.
«Guardate un po’ chi abbiamo scoperto essere parte della concorrenza» ci disse Kurt lanciando occhiate oblique verso un altro surfista.
Riconobbi i capelli scuri alla supersayan e mi venne in mente il cantante che aveva fronteggiato Rachel e Santana al locale la prima sera del nostro arrivo a San Sebastian.
«Sì… Quello Starkid» mugugnò la latina.
«Starchild» la corresse Sam.
«Quello che è… Fatto sta che non ricordo di averlo visto alle prime selezioni. Lo terrò d’occhio.»
Non fece in tempo a finire la frase che il ragazzo in questione ci notò e si fece avanti.
«Salve ragazzi» ci apostrofò «Vi ricordate di me? Elliott Gilbert» continuò allungando una mano verso l’ispanica «Santana Lopez, giusto?»
«Sì» rispose lei a denti stretti «E loro sono Sam Evans e Kurt Hummel. Sono nomi che ti ricorderai visto che comporranno il podio.» Sapevo che non avrebbe rinunciato ad un pizzico di arroganza.
«Lieto di fare la vostra conoscenza» rispose con un sorriso, chiaramente ignorando la provocazione «Siete venuti da lontano?»
«Ohio» replicò il biondo «Tu?»
«Maine, ma presto mi trasferirò a New York.»
Avrei voluto chiedergli qualcosa di più sulla Grande Mela e sui suoi piani, perché, dopotutto, aveva un’aria simpatica, ma una voce al megafono ordinò ai surfisti di radunarsi.
«Innanzitutto ringraziamo i presenti di essere qui oggi per questa seconda fase di selezione che garantirà l’accesso alle finali» annunciò un uomo sulla quarantina dal chiaro accento spagnolo «Io sono Carlos Hernandez, uno dei tre giudici, ex campione in diverse categorie di surf. Lasciate che vi ricordi chi sono i miei colleghi di quest’anno: Matthew Goldman, giornalista sportivo australiano, esperto nel campo della tavola» disse indicando il giovanotto alla sua destra «Mentre costei» proseguì rivolgendo l’attenzione alla donna a sinistra «È uno dei coach più famosi degli Stati Uniti, vincitrice di diversi campionati nazionali di cheerleading, scelta dal comitato per la sua rinomata obiettività e franchezza, direttamente dall’Ohio, ho l’onore di presentarvi Susan “Sue” Sylvester.»
Noi allievi del McKinley spalancammo la bocca esterrefatti. Dovetti sorreggere Quinn, sul punto di svenire non appena ebbe registrato la notizia.
Osservai meglio il famigerato terzo giudice e fui certa di non sbagliarmi. Quella donna mi era sembrata familiare, con il viso perennemente contratto in un’espressione di disapprovazione e gli occhi incattiviti da anni di soprusi ai danni degli studenti.
«Lei tormenta i miei peggiori incubi» confidò l’ex cheerleader «Era un mostro. Credo che abbia fatto finire in coma una ragazza a furia di piegamenti. Vi prego, nascondetemi.»
Cercammo di tranquillizzarla, ma io ero preoccupata all’idea di vedere il futuro di San nelle mani di quella Crudelia De Mon.
«Sarete divisi in cinque batterie da quattro atleti» continuò Carlos «Vi affronterete sulla stessa onda e noi vi giudicheremo con un punteggio da uno a dieci. Avrete tre occasioni per migliorare il più possibile le vostre valutazioni. I dieci che, alla fine della competizione, avranno totalizzato i punteggi migliori verranno ammessi all’ultima fase.»
Sam era nel primo gruppo, mentre gli altri due vennero sorteggiati nel quarto. Elliott era nel terzo.
Esultai vedendo Txampay e il suo proprietario svettare tra gli altri concorrenti.
Gli assegnarono due 8 e un 7, un punteggio discreto per essere il primo tentativo.
Nel secondo gruppo una ragazza dai capelli ramati riuscì a strappare tre 8 e un sorriso da Matthew, mentre i suoi compagni ottennero tutti valutazioni intorno ai 20 punti.
Venne il turno di Starchild, che sfoggiava una tavola porpora con tanto di brillantini. Quando arrivò l’onda si erse aggraziato, come un dio marino. Aveva un bel corpo scolpito che si indovinava sotto la muta. Non fui l’unica a rimanerne colpita perché anche i giurati apprezzarono la sua abilità, premiandolo con due 9 e un 8.
“Adesso gli faccio vedere io” articolò la latina sfruttando il labiale.
Si avventurò nell’acqua tenendo stretta Valerie, mentre Kurt avanzava con la fidata Warbler Pavarotti.
Presero un ottimo cavallone e lo affrontarono con maestria.
A Kurt assegnarono tre 8, mentre a Santana un 9, un 8 e un 7. La cosa la fece visibilmente infuriare, ma si trattenne dall’imprecare in spagnolo e dall’assalire la giuria.
Al secondo tentativo pochi concorrenti riuscirono a migliorare il proprio punteggio. Esultai nello scoprire che la mia ragazza era tra loro. Ottenne tre meritatissimi 9 che volle dedicarmi, lanciando un bacio nella mia direzione.
Il terzo giro fu il migliore. Sam e Kurt ottennero un 9 e due 8, San confermò il proprio triplo 9, la rossa fu sul punto di eguagliarla con due 9 e un 8, ma quello che sorprese tutti fu Starchild, con i suoi due 9 ed un 10. Il resto dei concorrenti non era molto distante come punteggio, con diversi casi di parità.
Alla fine, comunque, i dieci migliori, tra cui i miei amici, furono ammessi senza riserve alla gara che si sarebbe tenuta da lì ad una settimana. Fu solo allora che realizzai che non ci sarei potuta essere per vedere la mia Santana conquistare il titolo che tanto desiderava.
Sebbene lei non fosse entusiasta di essere stata superata all’ultimo da Elliott, prese parte alla festa improvvisata che organizzammo nel nostro alloggio.
Stappammo alcolici vari e ripetemmo l’esperienza del gioco della bottiglia, realizzando coppie ancora più assurde di quelle capitate la volta precedente, tra cui un’improponibile ed imbarazzatissima “Furt” che venne decretata come accoppiata della peggior sorte. Le cose si misero bene per Puck quando ottenne l’agognata occasione di baciare Quinn, la quale sembrò, forse disinibita dall’alcool, ben contenta di riassaporare le labbra dell’ebreo da cui era stata lontana per anni.
Io non mi resi conto di star esagerando con il bere. Finn mi aveva classificata come “stripper” nella sua divisione dei tipi di ubriachezza, ma non gli avevo mai dato peso, sebbene, dopo ogni grande bevuta, mi svegliassi effettivamente spesso svestita. Anche quella volta non feci eccezione. Per rendermi più “interessante” e per farsi quattro risate, Rachel e Quinn fecero partire dal mio cellulare una canzone di Britney e il mio corpo reagii cominciando a ballare.
I’m a slave for you
I cannot hold it, I cannot control it
I’m a slave for you
I won’t deny it, I’m not trying to hide it
Cantavo e mi muovevo ignorando il crescente senso di nausea. Dovevo assolutamente seguire la musica e lasciare che mi scorresse nei nervi, guidandomi nella danza.
Baby, don’t you want to dance up on me?
To another time and place
Oh baby, don’t you want to dance up on me?
Leaving behind my name and age
Continuai strusciandomi in modo vergognoso contro il corpo della latina, mentre Puckerman, visibilmente estasiato, mi lanciava fischi di apprezzamento.
Let’s go
Like that
Do you like it?
Yeah? Now watch me!
Non riuscii a proseguire oltre nel ballo perché le mie gambe si rifiutarono di rispondere, lasciandomi ormai mezza nuda, accasciata al fianco di Santana.
Quando fummo tutti troppo ubriachi e stanchi per compiere qualsiasi azione, ci abbandonammo uno addosso all’altro come la prima notte, senza realizzare che erano appena le due del pomeriggio.
Udii persone alzarsi per andare a vomitare più di una volta, mentre cercavo di trovare comodità sul pavimento. Ad un certo punto sentii le mani della latina iniziare ad esplorare con un po’ troppa audacia il mio corpo svestito. Delineò ogni mio muscolo con il tocco delicato dei suoi polpastrelli, procurandomi brividi freddi.
«Britt» sussurrò dopo avermi mordicchiato il lobo dell’orecchio «Che ne dici di continuare la fiesta in un luogo… Diciamo più appartato?»
Non sapevo come reagire. Avere San finalmente tutta per me, in ogni sua parte, sarebbe stato il coronamento di un sogno, ma aveva senso farlo mentre ero talmente intontita da non essere in grado di formulare un pensiero coerente?
I suoi baci lungo il collo che scendevano piano in direzione del mio petto non aiutavano certo a mettere a fuoco la cosa giusta da fare.
«Sannie…» rantolai «Siamo sdraiate davanti ad altre sette persone, non mi sembra il caso di…»
Mi zittì con un bacio appassionato.
«San…» riprovai quando mi lasciò respirare «Almeno togliamoci di qui.»
Ci aiutammo a vicenda, riuscendo, a fatica, a barcollare verso la mia stanza.
Mi spinse sul letto con un gesto poco elegante e mi si sdraiò addosso, facendo aderire i nostri corpi.
Si prese un attimo per osservarmi, mentre ancora cercavo di realizzare quello che sarebbe accaduto.
«Ti voglio.»
Quelle parole risvegliarono qualcosa in me.
Io non volevo che accadesse. Non era così che lo avevo pensato e non era così che lo volevo. C’erano ancora troppi segreti, verità taciute nel nostro rapporto, non ero pronta a concederle tutta me stessa.
«No» le risposi «Ti assicuro che fa male anche a me dovertelo dire, ma non… No, Santana. Io non ti voglio. Non così almeno.»
Potei leggere la delusione nei suoi bellissimi occhi scuri che si velarono rapidamente di lacrime. «Non… Non ti piaccio?» singhiozzò.
«Ma no!» mi difesi «Tu mi piaci, tanto…» La mia mente era confusa, non ero in grado di articolare un’argomentazione sensata.
«E allora perché non mi vuoi?» riprese, lasciando che le lacrime trovassero via libera lungo le guance.
«Ti prego, non fare così» dissi, asciugando le gocce salate con il dorso della mano «Vedrai che quando ci passerà la sbronza saremo contente di questa decisione.»
Rimase a piangere ancora qualche minuto accoccolata sul mio petto. Sentivo il suo respiro farsi più regolare a mano a mano che il tempo passava.
Ero certa che si fosse addormentata e mi allungai al fondo del letto per recuperare la coperta che lei aveva scalciato prima di lanciarmi sul materasso.
«Britt» mormorò infastidita dalla mia, seppur breve, assenza.
«Sono qui» bisbigliai coprendola con il lenzuolo «Non vado da nessuna parte.»
«Mi ami?»
Un’altra frase decisamente fuori luogo, ma questa volta lei esigeva una risposta.
Non potevo dirle di sì, era troppo presto. Eppure la mia Coscienza, quella fastidiosa vocina petulante nella mia testa, mi imponeva di aprire la bocca e pronunciare la sillaba che avrebbe potuto cambiare tutto.
Non so per quanto tempo rimasi a rimuginare su cosa fare, ma quando tornai con i piedi per terra sospirai di sollievo. Santana dormiva placidamente accanto a me.
Mi rannicchiai poggiando la mia fronte contro la sua e ascoltai il ritmo del suo respiro provando ad immaginare cosa stesse sognando, ma soprattutto cercando di capire se si ricordasse della domanda che mi aveva fatto.
“Mi ami?”
Le parole rimbombarono ancora nella mia mente.
Forse io ero in grado di dare una risposta, ma lei? Quello che provava era amore?
Avevo troppi dubbi nel cervello e troppo alcool in circolo per resistere al dolce richiamo di Morfeo. Mi abbandonai sul cuscino biascicando uno stentato ed inconsapevole “sì”.

NdA: prima di passare ai soliti ringraziamenti voglio specificare una piccola cosa: io non ne capisco niente di surf, non ho mai assistito ad una competizione e non ho idea di come esse si svolgano nella realtà. Tutto questo per dire che: se tra voi ci fosse qualche surfista/appassionato della tavola e si sentisse offeso dalla mia interpretazione di una competizione può sempre fingere che si tratti di una partita di Quidditch così saremo tutti felici e contenti. Ora, come sempre, rigrazio wislava, HeYa Shipper e tutti gli altri lettori. Spero di ritorvarvi al prossimo capitolo che dovrebbe arrivare martedì o mercoledì. A presto.
   
 
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