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Autore: GirlWithChakram    24/09/2014    2 recensioni
Cinque amici, compagni di liceo, alle prese con l'ultima vacanza insieme; un viaggio in Europa nel magico paesaggio della Spagna del nord; lo zampino del destino, che sa sempre come far incontrare le anime destinate a stare insieme.
"... E allora pensai che quella sarebbe rimasta nella mia memoria come la peggior vacanza di sempre."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO X: Mine
 
Sbadigliai con forza e mi portai subito le mani alla testa, che pulsava dolorosamente. Santana continuava a dormire lì vicino, rannicchiata in posizione fetale.
Le scostai una ciocca di capelli dal viso e presi ad accarezzare la chioma color ebano, facendo attenzione a non svegliarla.
Sentii un rumore di passi in avvicinamento e prima che potessi reagire in qualsiasi modo, fecero la loro entrata scenica Quinn e Puck, avvinghiati l’uno all’altra come polpi.
Sgranarono gli occhi, spostandoli rapidamente da me alla latina e viceversa. Io feci lo stesso con loro.
La Fabray boccheggiò, alla ricerca delle parole giuste per assalirmi, ma io reagii per prima: «Non è come sembra.»
«E dovremmo crederti?» ironizzò Noah «Sei mezza nuda nel letto con la tua ragazza. Le circostanze non sono esattamente in tuo favore.»
«Ma come hai potuto?» inveì la bionda «Io in quel letto ci devo dormire! Oddio, non sarò più in grado di andare a riposare senza pensare a quello che ci avete fatto…»
L’ispanica emise un lieve borbottio, disturbata dalla nostra disputa.
«Ehi, vi ripeto che non è successo nulla» ribattei, facendo segno di abbassare la voce «Ma intanto, miei cari piccioncini, mi dovete una spiegazione sul perché voi siete qui» puntualizzai «Non è che foste alla ricerca di un appartato nido d’amore?»
Entrambi arrossirono violentemente.
«Per me non vi è passata la sbornia» commentai poggiando nuovamente il capo sul cuscino «Tornate di là a dormire.»
I due se ne andarono, richiudendo la porta con un leggero tonfo, che bastò a svegliare definitivamente Santana.
«Ma che succede?» mugugnò schiudendo le palpebre.
«Shh, non è niente. Riposa.»
«Sento la testa pesante…» continuò, sollevandosi leggermente per osservare il letto disfatto «Che cosa abbiamo combinato? Non dirmi che…?»
«No, non è successo quello che penso tu stia immaginando» spiegai tutto d’un fiato.
«Eh? Puoi parlare più piano? Non ho capito assolutamente niente.»
«Non siamo state a letto insieme» dissi arrossendo fino alla punta dei capelli.
Mi squadrò con sguardo critico. «Fino a prova contraria, siamo a letto insieme.»
Io divenni ancora più scarlatta. «Non lo siamo state in quel senso» trovai il coraggio di mormorare.
«Oh…» rispose lanciandomi uno sguardo malizioso «Ma ci abbiamo pensato, vero?»
Non ebbi la forza di articolare una riposta, mi limitai ad emettere una serie di suoni sconclusionati mentre San si faceva di nuovo troppo vicina. Il martellare nel mio cervello cominciò ad andare in sincronia con quello del mio cuore, rimbecillendomi definitivamente.
«Hm… Il gatto ti ha mangiato la lingua?» mi stuzzicò «Fammi controllare…»
Cercai di oppormi e la fortuna mi venne in aiuto. Rachel, bianca come un lenzuolo, aprì la porta, immobilizzandosi come avevano fatto prima Noah e Quinn. Ci guardò con la bocca spalancata, chiuse l’uscio e lo riaprì per accertarsi che non si trattasse di un’allucinazione.
A quel punto decisi di porre fine alla fiera dell’imbarazzo che stava andando avanti anche da troppo tempo. Mi alzai ed afferrai i primi vestiti che vidi spuntare dalla valigia. La latina mi seguì senza proferire parola, mentre la Berry, ancora turbata, restò imbambolata a fissare il vuoto.
Nella sala potei notare i Klaine ancora assopiti, affiancati da Finn. Sam aveva gli occhi aperti, ma non sembrava in grado di alzarsi, probabilmente per via del mal di testa.
«Che fine hanno fatto Testa-a-scoiattolo e la Barbie?» chiese Santana avvicinandosi all’amico biondo.
«Li ho visti alzarsi qualche minuto fa. Penso siano nella camera dei ragazzi… Se volete il mio consiglio, non entrate o almeno assicuratevi che non provengano rumori molesti» rispose mettendosi seduto.
Rachel, apparentemente di nuovo in possesso delle proprie facoltà mentali, intervenne: «A tal proposito, io avrei una lamentela da muovere nei confronti delle due signorine che hanno dato sfogo alla propria lussuria nel mio letto…»
«Oh, Rach, per la miseria!» imprecai «Non abbiamo fatto nulla, ok? Adesso qualcuno può dirmi che cosa ci vuole per eliminare i postumi della sbornia?»
«Bere tanta acqua e mangiare qualcosa di secco, come biscotti o simili per evitare di ributtare fuori il tutto» mi comunicò Sam.
Ci accomodammo tutti al tavolo e ci sforzammo di mettere qualcosa nello stomaco. Dopo una decina di minuti venimmo raggiunti da Hudson e gli altri due giovanotti.
«Devo assolutamente levarmi di dosso questi abiti sudici» ci comunicò il quarterback «Non mi importa di restare traumatizzato. Devo entrare in camera mia.»
Noi altri non potemmo far altro che seguirlo, incuriositi. Il ragazzo bussò alla porta, attese qualche istante, poi la aprì, nonostante i gemiti che vi provenivano.
Comodamente seduti l’uno di fronte all’altro, la bionda e l’ebreo scoppiarono a ridere.
«Ma che…!? Ci stavate prendendo in giro?» si infuriò Finn.
«Dovremmo essere noi ad arrabbiarci!» contestò Noah «Ci avresti interrotto sul più bello senza tanti complimenti! La prossima volta che vengo a trovarti e ti sento ansimare con la Berry chiuso in stanza, chiamo i pompieri e faccio irruzione.»
Dopo un breve battibecco ci ritrovammo ancora una volta a tavola, con gli occhi gonfi e stanchi, intontiti dai residui dell’alcool.
«Vediamo di fare il punto della situazione» presi il comando «Sono le otto di sera e dobbiamo decidere cosa fare. Ve la sentite di uscire a mangiare?»
Tutti scossero la testa in segno di diniego.
«Bene, all’unanimità, è deciso che restiamo qui. Qualcuno di voi ha intenzione di mettersi a cucinare?»
Un’altra risposta negativa.
«Allora, se siete d’accordo, io voto di tornare a dormire e ci rivediamo tutti domattina, sperando di essere un po’ più lucidi.»
Senza un solo commento, i quattro del Morgenstern uscirono sorreggendosi a vicenda. La mia latina mi lanciò un bacio da lontano, scomparendo con i tre compagni.
«Giuro» conclusi con la mia solita enfasi «Da domani torno astemia.»
«Ma fammi il piacere, Pierce…» sbuffò Q. trascinandomi in camera a dormire.
 
Non riposai bene quella notte. Mi svegliai spesso, ma non trovai mai la forza di alzarmi. La testa continuava a pulsare e in più avevo iniziato a sentire freddo. Mi ero stretta nelle coperte e avevo persino cercato di trovare calore appiccicandomi al corpo della mia vicina bionda.
«Britt? Britt stai bene?» mi destò la voce apprensiva di Rachel.
«Sì, certo…» biascicai «Sono solo un po’ infreddolita…»
«Brittany» mi disse Quinn poggiandomi una mano sulla fronte «Sei bollente! Credo tu abbia la febbre.»
«Ma no» protestai debolmente «Devi esserti sbagliata… Io sono sanissima.»
«Certo, come no… Devi aver preso troppo freddo standotene in mutande sul pavimento e ora eccoti qui: relegata a letto con l’influenza.» Sembrò meditare un attimo sulle sue stesse parole, poi balzò in aria, allontanandosi da me con una mano sulla bocca. «Pericolo contagio!»
Anche la Berry iniziò a dare di matto, attirando l’attenzione di Puck e Finn.
«Ma dovete sempre starnazzare come un mucchio di oche?» ci apostrofò il Mohawk.
«Brittany ha l’influenza» comunicò la Fabray, come se si trattasse di un affare di stato «Tutti fuori di qui. Qualcuno vada a chiamare Santana e le dica di cercare una farmacia, è l’unica che possa capire se cercano di venderci delle mentine per aspirine.»
Vidi i due ragazzi allontanarsi per eseguire gli ordini, mentre le mie compagne di stanza rimasero con me, ovviamente a debita distanza “anti-contagio”.
Nel giro di dieci minuti tutti e otto i miei amici si ritrovarono al mio capezzale, muniti di improvvisate mascherine, come per vegliarmi prima di una morte imminente.
«Non sto così male» mi lamentai «Sembra che siate qui per accaparrarvi parte della mia eredità. Beh, sappiate che lascio tutto alla mia sorellina e a Lord Tubbington, quindi siete arrivati tardi.»
«Sta delirando» commentò amaramente Sam.
«In realtà non più del solito» osservò Finn «Queste sono le solite cose che dice Britt quando non pensa a Harry Potter o simili.»
L’unico che mostrò un po’ di vera premura fu Kurt. Mi si sedette accanto e mi chiese gentilmente: «Vuoi che ti prepari qualcosa? Un brodo caldo o magari preferisci una bella tisana?»
«Sei molto gentile, Kurt, ma credo che mi ci voglia solo un paio di aspirine e poi andrà tutto a posto.»
«Allora vado subito a comprarle» intervenne San, guardandomi di sfuggita per poi afferrare al volo la borsa che aveva posato per terra.
«Vengo con te» si accodò Quinn.
Gli altri mi lasciarono sola con Hummel, che per tenermi allegra iniziò a raccontarmi favole di folletti e unicorni, decisamente le mie preferite.
Mi addormentai nel bel mezzo delle avventure del coraggioso Charlie, unicorno di prim’ordine, in missione per salvare il suo mondo, ma me ne resi conto solo quando riaprii gli occhi e non trovai il giovane castano accanto a me, bensì Rachel con una ciotola fumante.
«Trangugia e poche storie» mi disse ficcandomi un cucchiaio di brodaglia ustionante direttamente in gola. Provai a tossire per evitare di morire bruciata, ma lei mi fulminò lo sguardo e io deglutii dolorosamente. «Brava Britt, adesso un altro.»
Questa volta lasciò che il contenuto si raffreddasse leggermente, prima di cacciarmelo di nuovo a forza in bocca.
«Posso fare da sola, grazie» protestai, mettendomi con la schiena appoggiata alla testiera del letto.
Lei mi allungò la ciotola e rimase lì fino a che non l’ebbi svuotata del tutto.
«Blaine!» gridò allora verso la cucina «Un’altra porzione, presto!»
«No» intervenni «Basta così. Non ho gran che voglia dei vostri intrugli di prima mattina.»
«Guarda che sono le quattro del pomeriggio» mi informò Santana, comparsa sulla soglia «Ha mangiato?»
«Sì» confermò l’ebrea «Ora può prendere le pastiglie.»
La latina scomparve un momento per recuperare un bicchiere d’acqua e un tubetto colorato che proveniva chiaramente dalla farmacia. «Due al giorno dopo aver mangiato. Speravo che le prendessi prima, ma non abbiamo voluto svegliarti, probabilmente hai solo bisogno di riposare un po’. Domani noi dobbiamo assolutamente andare a fare allenamento e i tuoi compari avevano organizzato una gita ad una cittadina medievale vicina alla spiaggia dove andiamo noi. Blaine si è offerto di restare qui a farti da balia, ti va bene?»
Annuii sorridendo.
«Perfetto. Ora manda giù questa roba e poi di nuovo a nanna» concluse schioccandomi un bacio sulla fronte.
Io misi il broncio. «È così che auguri pronta guarigione alla tua ragazza?»
«Ehi, non voglio mica finire a letto come te! Con te, invece…»
«Non mi sembra il momento giusto per questo tipo di umorismo» commentai.
«Sicura? Perché devi sapere che ho un costume da infermiera sexy che mi sta un incanto e qui non sarebbe per nulla sprecato.»
Ridacchiai prima ingoiare la medicina.
«Sono di là se mi cerchi. Rantola una volta se qualcosa non va, due se hai bisogno di coccole.»
«San…» sussurrai al limite del più completo imbarazzo «Mi daresti una mano ad alzarmi?»
«Ma abbiamo appena detto che devi riposare» contestò.
«Devo… Devo andare in bagno.»
Dopo essere stata gentilmente scortata dall’intero manipolo di femmine della compagnia fino alla porta della suddetta stanza, fui lasciata, fortunatamente, sola. Approfittai di quel breve momento di solitudine anche per darmi un’occhiata allo specchio. Avevo una pessima cera. Tutto il colore che avevo preso stando ore e ore sotto il sole sembrava esser scomparso per lasciare posto ad un malsano pallore tendente al bianco cadaverico. Avevo occhiaie scure e profonde che mi ricordarono incredibilmente uno degli zombie che mi ero divertita ad ammazzare in un videogioco online. Mi sciacquai il viso nella speranza di cancellare i segni di quell’indesiderato malanno.
Fui scortata anche durante il viaggio di ritorno, con Quinn che praticamente mi spostava di peso perché io sentivo le gambe venirmi meno.
«Adesso Lady Hummel viene a riprendere la storia dal punto dove l’avevate lasciata, così ti concilierà il sonno» mi disse la surfista prima di lasciarmi di nuovo con il ragazzo.
«Allora Britt, a che punto eravamo?»
Gli raccontai l’ultima cosa che mi ricordavo e lui tornò a narrare le imprese di Charlie.
Il farmaco mi conciliò il sonno e quando mi ripresi notai che la stanza era ormai buia. Ovviamente Rachel e Quinn non erano venute a dormire con me. Provai ad osservare intorno e notai una figura accovacciata ai piedi del letto.
«Che ci fai qui, Puckerman?»
«Oh» esclamò voltandosi verso di me «Vostra Maestà ha deciso di degnarci della sua presenza! Sono stato relegato di guardia.»
«Ma dove sono le mie compari?»
«A dormire, beate loro. Io e Finn, da veri galantuomini, abbiamo ceduto loro i nostri confortevoli giacigli. Ci alterniamo a riposare sul divano e qui a tenerti d’occhio. In un primo momento la tua bella ispanica aveva detto che avrebbe fatto tutto lei, ma gli altri due surfisti l’hanno costretta a forza ad andarsene.»
Lo ascoltai in silenzio, poi gli chiesi di portarmi un po’ d’acqua e magari qualcosa da mettere sotto i denti perché stavo morendo di fame. Lui tornò con una bottiglia di birra e un pacchetto di crackers.
«Ma sei pazzo? Non posso certo bere alcolici in questo stato» lo ripresi.
«Ma infatti» si difese «Questa è per me! La tua bottiglia d’acqua è lì vicino» continuò indicando il citato oggetto «Questi li possiamo dividere, invece.»
Sgranocchiai velocemente le gallette, riempiendo di briciole buona parte del letto. Bevvi come un cammello e poi mi feci dare una mano da Noah per un’altra gita in bagno.
Quando tornai a distendermi mi sentivo leggermente meglio. Stavo recuperando le forze, lo potevo sentire, ma la strada fino alla completa guarigione poteva richiedere ancora qualche tempo e io non potevo dimenticare che due giorni dopo sarei dovuta salire sul volo verso casa.
Il mattino seguente mi svegliai con Blaine appostato dove ricordavo di aver lasciato Puck.
«Gli altri sono già andati, ma ho pronta da scaldare una magica tisana firmata “Hummel” che mi hanno assicurato ti rinvigorirà, vado a prenderla.»
Bevvi l’infuso e lo accompagnai con un’abbondante razione di biscotti al cioccolato che divisi con la mia premurosa balia.
«Vado a prendere una sorpresa» mi comunicò, mentre riportava i piatti e la tazza nel lavandino. Quando tornò teneva in mano quello che mi sembrò un tablet, ma mi resi presto conto di sbagliarmi. Era un ebook.
«So che cosa ci vuole in caso di malanni come questo. Una bella dose di vitamina HP e passa tutto.»
Io squittii eccitata, sistemandomi il più comoda possibile sotto le coperte. Conoscevo l’incipit a memoria, ma letto da Blaine mi fece sentire meno sola di quando, tante volte, lo avevo mormorato a mezza voce, chiusa nella mia stanza.
«“Il signore e la signora Dursley, di Privet Drive numero 4…”» cominciò con voce calma ed ipnotica, mentre io mi lasciavo trasportare dalle sue parole.
Ancora una volta non mi resi conto di stare scivolando nel mondo dei sogni, mi ripresi a tratti, sentendo che il moro non si era fermato e aveva continuato a leggere nonostante io dormissi.
Si interruppe per il pranzo. Lo convinsi a lasciarmi uscire dal letto per mangiare con lui a tavola, condividemmo pane e formaggio, poi tornammo alla nostra precedente occupazione.
Alle sei e mezza udii le chiavi girare nella serratura e un rumore concitato di passi invase l’atrio.
«Pizza!» annunciò Puck, tanto forte che lo potei sentire nonostante avessi cacciato la testa sotto il cuscino.
«Britt, ti va di mangiare con noi?» mi chiese Quinn «Abbiamo portato la pizza.»
«Sì, ho sentito» mormorai «Non preoccuparti, sto davvero meglio. Non mi perderei questa cena per nulla al mondo.»
Mi cambiai, sostituendo il pigiama con dei semplici pantaloncini e una t-shirt. Ebbi solo un piccolo giramento di testa uscendo dalla stanza, ma per il resto passai la serata sentendomi quasi in salute.
San mi rimise a letto con mille premure, assicurandomi che il giorno dopo Blaine sarebbe rimasto ancora con me.
Lasciai passare il giorno seguente senza fare caso che fosse l’ultimo che avrei trascorso in Spagna. Alle 16:30 dell’indomani un aereo avrebbe lasciato l’aeroporto di Barcellona diretto a Dayton e io sarei dovuta essere a bordo.
L’ultima sera sentivo che sarebbe stata diversa. I Klaine e Sam furono molto più affettuosi del solito, soprattutto nei miei confronti, invece Santana diede libero sfogo al proprio cinismo, dimostrando che, in fondo, a noi teneva.
Nonostante la febbre mi fosse passata, Rachel e Q. mi concessero il privilegio di dormire da sola anche quella notte, spodestando ancora una volta gli sventurati Puck e Finn.
Guardai il cellulare per leggerne l’ora. Le 23:07. Sentivo le voci che da tavola si levavano per l’ultima sera insieme. Si era fatto voto per la più totale astensione dall’alcool, quindi ci si lasciava andare semplicemente alle solite chiacchiere.
«Vai dalla tua bella?» disse Noah, chiaramente indirizzato a Santana.
«Sì e vedete di non disturbarci. Andate a civettare nell’altro alloggio.»
«Non puoi sfrattarci» si oppose la Berry.
«Non sfidarmi, nana. Fuori dalle scatole. Ora.»
Sentii uno strusciare di sedie e le lamentele di tutti, poi lo sbattere della porta mi confermò che se ne fossero andati.
«Oh, infermiera Lopez» piagnucolai «Credo di avere bisogno di una massiccia dose di coccole.»
Lei entrò nella stanza e io la fissai con estremo disappunto. «Sbaglio o mi avevi promesso un abbigliamento specifico?»
«Mi spiace» disse accomodandosi al mio fianco «Ma sarà per un’altra volta.»
«Perché sei qui?» le chiesi.
«Perché domani parti, non te ne ricordi? Ti abbiamo persino aiutato a fare la valigia.» Le sue parole mi parvero stranamente inespressive, come i suoi occhi, che in quel momento non brillavano della solita vitalità.
«Certo che me ne ricordo… Ma non capisco il perché di tutto questo… Sei strana, c’è qualcosa che non va?»
Santana rimase in silenzio, senza distogliere gli occhi dai miei.
«Allora?» insistetti.
«Posso cantare per te?»
«Se pensi che ti aiuti a spiegarmi cosa sta succedendo…»
Con il cellulare diede il via ad una base di arpeggio di chitarra ed io, senza neppure sapere di che canzone si trattasse, sentii le lacrime invadermi gli occhi.
You were in college working part time waiting tables
Left a small town, never looked back
I was a flight risk with a fear of falling
Wondering why we bother with love if it never lasts
Avrei voluto fermarla subito, dicendole che per me l’amore poteva durare e che se me lo avesse permesso io glielo avrei dimostrato ogni giorno della nostra vita insieme.
Lei continuava a cantare e io cercavo di assorbire il più possibile il testo della canzone per cogliere il messaggio che, ero certa, stesse cercando di trasmettermi.
Do you remember we were there sitting by the water?
You put your arm around me for the first time
You made a rebel of a careless man’s careful daughter
You are the best thing that’s ever been mine
Iniziai a piangere quando udii quella frase. Tutte le questioni irrisolte, in quell’istante, sparirono. Lei non poteva mentirmi mentre cantava, semplicemente quella voce era troppo pura e celestiale per non dire la verità.
Braced myself for the goodbye
‘Cause that’s all I’ve ever know
Then you took me by surprise
You said: I’ll never leave you alone
You said: I remember how we felt sitting by the water
And every time I look at you, it’s like the first time
I fell in love with a careless man’s careful daughter
She is the best thing that’s ever been mine
Io non l’avrei mai lasciata sola, era vero. Per lei sentivo che in quel momento avrei potuto fare qualsiasi cosa. Avrei solcato gli oceani per un suo sorriso, scalato montagne per udire la sua risata, affrontato gli inferi pur di poter guardare per un istante la sua anima attraverso le iridi scure.
You made a rebel of a careless man’s careful daughter
You are the best thing that’s ever been mine
Do you believe it?
We’re gonna make it now
And I can see it
I can see it now
La musica terminò, lasciandoci nel più totale silenzio.
Avevamo entrambe gli occhi lucidi.
«Le canzoni tristi mi intristiscono e io non voglio essere triste» dissi, con un tono alterato dal nodo che mi opprimeva la gola.
«Mi dispiace» rispose, anche lei tirando fuori a fatica le parole «È quanto di meglio mi sia venuto in mente.»
«Senti, se non ti va di fare progetti a lungo termine lo capisco, sono disposta a lasciarti tutto lo spazio e il tempo di cui hai bisogno. Ma dimmi che questo non è un addio, perché suona tremendamente come un addio e non è quello che voglio.»
Potei vedere qualcosa brillare nel fondo dei suoi occhi, qualcosa di diverso dalle lacrime che le stavano rigando il volto. Era come un barlume, qualcosa di buono e positivo che lei cercava in tutti modi di soffocare. Ripensai alle volte in cui ero riuscita a oltrepassare quell’armatura nera per arrivare alla sua vera essenza, quelle volte in cui si era mostrata a me, anche se per poco, la vera Santana. Quel bagliore faceva parte del suo io più profondo e lei lo stava sopprimendo. Avevo paura che sarebbe andata via. Il silenzio era tornato a regnare e pensavo che avrebbe significato la fine di ogni cosa.
Poi lei mi sorprese, per l’ennesima volta. «Io non potrei mai dirti addio.»
La strinsi forte a me, come se da un momento all’altro fosse destinata a scomporsi in infiniti granelli di sabbia che mi si sarebbero scivolati dalle dita. La strinsi fino a sentire male nei punti in cui le nostre ossa si scontravano, eppure mi sembrava che la distanza che si era formata nel tempo di una semplice canzone fosse incolmabile.
Non la volevo lasciare andare e non lo avrei mai fatto.
Si sciolse lentamente dall’abbraccio e si asciugò le lacrime con la manica del golfino. Anche così scomposta mi parve la donna più bella che avessi mai anche solo potuto immaginare.
Non riuscii a resistere al richiamo delle sue labbra, ma quello che ci scambiammo non fu uno dei soliti baci appassionati. Fu molto più delicato, sentito.
Le avrei chiesto volentieri di restare con me, ma dopotutto io la mattina sarei dovuta partire e lei doveva pur sempre allenarsi per un torneo.
Si alzò, sapendo che era arrivata anche per lei l’ora di dormire.
«San?» la fermai prima che uscisse «Posso chiederti un’ultima cosa?»
«Certo, Britt. Tutto quello che vuoi.»
«Mi canteresti una ninnananna? Non dico che la canzone di prima non mi sia piaciuta… Ma non è certo con quella che voglio ricordare questo momento.»
Tornò a sedersi sul materasso. «Che ninnananna vorresti?»
«Una qualsiasi, basta una semplice melodia.»
«Ho esattamente quello che fa per te. La tua personalissima ninnananna spagnola.»
Sorrisi e lasciai che mi accarezzasse i capelli, mentre intonava un canto dolce. Non c’erano vere e proprie parole e anche ci fossero state non avrebbero avuto importanza. Non mi ero mai sentita così bene. La sua anima mi stava parlando con la musica e la mia voleva rispondere danzando su quelle note.
In quel momento compresi la verità: i nostri spiriti erano legati, erano destinati a stare insieme per completarsi, come una sentita coreografia completa una splendida canzone.
Lasciai che mi cullasse amorevolmente, desiderando di potermi addormentare così ogni notte.
Quando terminò di cantare mi baciò ancora una volta.
«C’è altro?» mi domandò. Sapeva che c’era dell’altro.
“Dillo” mi impose la Coscienza e io non fui in grado di oppormi, forse perché, in fondo, non lo volevo.
«Nga yawne lu oer» mormorai, non sapendo se avrebbe capito.
Mi fissò confusa, come se, al contrario di quanto pensavo, avesse improvvisamente realizzato quello che avevo appena detto. Era sconcertata, quasi contrariata. Non mi rivolse uno di quei candidi sorrisi che mi aveva così spesso dedicato in passato, ma assunse un’espressione che non avevo mai visto e la cosa mi spaventò.
«Ora è meglio che vada» mi comunicò e se ne andò senza aspettare una mia risposta.
Sentivo i suoi passi allontanarsi e mi feci forza per seguirla, cercando di non farmi notare.
Ogni forza residua mi abbandonò quando, chiudendosi la porta dell’alloggio alle spalle, Santana emise due chiari singhiozzi, primi sintomi di un altro pianto.
L’avevo fatta soffrire. Non avrei dovuto aprir bocca. Ebbi il terrore che la mia audacia, tanto lodata fino ad allora, fosse riuscita, con poche semplici sillabe, a cancellare ogni possibilità di un futuro insieme.
Non era la reazione che aspettavo dopo aver pronunciato il mio primo “ti amo”.

NdA: ed ecco finalmente spiegato il perchè del titolo della Fanfiction... Ma immagino non sia la cosa più sconvolgente del capitolo, quindi fatemi sapere che ne pensate. Ormai mancano solo tre capitoli alla fine quindi: riusciranno le nostre protagoniste a risolvere le loro incomprensioni? Cosa succederà una volta tornati a Lima? Che ne sarà di Noah e Quinn? Ma più importante: Sam resterà l'unico single del gruppo? Per le risposte a queste ed altre domande dovrete attendere sabato/domenica quando arriverà il seguito. Concludo con il ringraziare wislava e strapelot per le recensioni, ogni altro lettore e chi ha aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite. Al prossimo aggiornamento.

 
   
 
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