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Autore: Emmy_Cr_    21/09/2014    2 recensioni
Ogni lunedì, mercoledì e venerdì, Arthur Kirkland usciva dall'ufficio alle due, andava a prendere suo figlio Alfred a scuola e lo accompagnava alla lezione di hockey sul ghiaccio, al palazzetto vicino casa loro.
Si sedeva sugli spalti e aspettava, congelandosi fin nelle ossa, che le due ore e mezza di allenamenti finissero.
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Ogni lunedì, mercoledì e venerdì, Francis Bonnefoy usciva dall'ufficio alle due, andava a prendere suo figlio Matthew a scuola e lo accompagnava alla lezione di hockey sul ghiaccio, al palazzetto vicino casa loro.
Si sedeva sugli spalti e aspettava, congelandosi fin nelle ossa, che le due ore e mezza di allenamenti finissero.
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FRUK. FRUK EVERYWERE.
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ATTENZIONE: Il rating diventa rosso nel capitolo 6!!
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie ''cause FACE family is the rule'
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- Shhh mon Arthùr... ti piacerà tranquillo... 
- N-nahh... F-Francaah... N-non toccare... l-lì... 
Sentì distintamente il risolino soffuso del francese e poi le sue dita che solleticavano il lembo di pelle tra i testicoli e la sua apertura, mentre la sua dannatissima bocca gli torturava il pene. 
- S-smettil-ah! Francis! Ve-ah! Vengo Fran-Francis! 
La mano bianca si tuffò tra i capelli biondissimi e lunghi e li tirò con forza. 
- Francis!
 
Arthur si svegliò di colpo, sudato fradicio e con un problema piuttosto evidente in mezzo alle gambe. 
Si passò una mano tra i capelli scombinati e sospirò. 
Non era la prima volta che faceva quei sogni, non era la prima mattina che si svegliava alle cinque in preda ai bollori e con gli occhi azzurri di Francis nella mente e non era di certo la prima volta che, rassegnato e con l'orgoglio a pezzi, si ritirava in bagno e faceva da solo.
Quella cosa lo preoccupava, certo era già stato con uomini, per andare contro suo padre, si intende, ciò non toglie che fosse solo sesso, non aveva mai fatto sogni erotici su una delle sue conquiste... a parte Lucy. 
Ma lei era un caso a parte. 
E poi, si diede una manata sulla testa, cosa andava a pensare? Francis non era una sua conquista. 
Si conoscevano da almeno cinque anni, certo, i loro figli andavano in classe insieme e anche ad  hockey quindi era logico che vedesse più lui che i suoi collaboratori.

Uscito dal bagno, chiaramente non sarebbe riuscito a riaddormentarsi, andò in cucina e, constatando che mancava un quarto d'ora alle sette, iniziò a preparare la colazione a suo figlio, ingurgitando tazze su tazze di tea. 
Finì alle sette spaccate e si trascinò fino alla camera del figlio, andandosi a sedere sulla sponda del letto e circondando il corpo di Alfred con un braccio.
- Alfie? Amore svegliati, devi prepararti per andare a scuola. 
Il bambino, rannicchiato intorno al suo coniglio di peluche, dormiva placidamente, con il visino delicato rilassato e un sorriso pacifico sulle labbra dolci. 
Le palpebre iniziavano a tremare leggermente, segno che il piccolo si stava per svegliare. 
- Mhn... daddy... - si girò dalla parte opposta al padre e biascicò qualcosa - cinque minuti e mi alzo, promesso. 
Arthur sorrise e sospirò. 
- Alfred, se non ti alzi, arriverai in ritardo, e Matthew si siederà vicino a qualcun altro... 
- No... lui si siede sempre vicino a me... pochi si accorgono che è in classe...
L'inglese alzò le sopracciglia e gli diede un bacio sulla fronte, gustando sulle labbra la pelle di seta del piccolo. 
- Allora sbrigati, lo potrebbero trattare male a scuola... 

A quelle parole gli occhi azzurri di Alfred si spalancarono e si alzò di colpo, diede un bacio a suo padre e si fiondò in bagno per cambiarsi, per poi mangiare, fino all'ultima briciola il cibo cucinato dall'inglese.
- Finito fono pvonto! Andiamo? 
Arthur rise di gusto e gli scompigliò i capelli. 
- Prima ingoia, poi andiamo! 
- Fatto! 
Presero le chiavi di casa e uscirono. 

Una volta lasciato Alfred sulla soglia della classe, con le solite promesse, che tanto non sarebbero state mantenute da Alfred, Arthur si girò di scatto, per andare al lavoro. 
Si girò di scatto e si vide davanti gli occhi azzurri che dalla cena a casa sua lo perseguitavano. 
Si vide i capelli biondissimi che stringeva sempre nella notte. 
Si vide Francis Bonnefoy che lasciava a scuola il suo bambino, pronto per andare a lavorare. 
- Ehi Arthur! Come va? 
L'inglese annuì leggermente e sorrise a Matthew. 
- Petit, dammi un bel bacio, che poi devo andare a lavorare, ti vengo a prendere alle due va bene? 
- Oui papa... je t'aime.. 
- Moi aussi petit, je t'aime. 
Il bambino, non appena fu libero dalla stretta del padre, corse verso Alfred che lo abbracciò e lo invitò a sedersi sulla sedia. 
Uscirono in silenzio dalla scuola, e si salutarono, voltandosi verso direzioni diverse. 
Arthur salì sulla sua BMW e partì, diretto al suo ufficio. 

Si fermò però vicino al marciapiede dove Francis camminava placidamente. 
- Credevo che uno come te avesse qualcosa per muoversi, tipo una macchina... o una carrozza.
Ghignò in direzione del francese che ghignò di rimando. 
- Oggi siamo usciti prima e Matthew ha insistito per andare a piedi perciò la mia Renault è ancora in pace, nel garage.
Arthur rise di gusto poi fece un cenno col capo. 
- Sali, ti do un passaggio. 
Il francese rimase a guardarlo per poco, giusto il tempo di ricordare il sogno della notte precedente. 
- Sai dov'è la redazione della Travel Canadiens*? 
Arthur ci pensò su un secondo poi annuì ingranando la marcia. 
- Si, non è lontano da dove lavoro io, arriveremo in dieci minuti.

"Perchè solo dieci minuti? E io come farò a resistere con te che guidi a dieci centimetri da me? Hai la minima idea di quanto ti ami? No... ovviamente non ce l'hai... ma dovrei saperlo... non ti interesso minimamente." 

- Rana? C'è qualcosa che ti turba? Non che mi importi, mettiamo le mani avanti, però non mi va di vederti con quel muso lungo. 
Il biondo sorrise e, in un momento di totale annichilimento, mise la mano su quella di Arthr, posata sul cambio. 
- Nulla, mon cher, assolutamente nulla... 

Il francese non era sicuro che tenergli la mano andasse bene, ma Arthur non lo stava rifiutando quindi... spostò la mano sulla coscia del biondo, che si irrigidì e divenne color pomodoro. 
L'inglese pregava una qualsiasi divinità affinchè il francese non si accorgesse dell'erezione costretta nei pantaloni. 

Si poteva controllare, si disse, si, ce la poteva fare, in fondo, quella mano non stava facendo nulla di male, giusto?

Sbagliato. 

Perchè è di Francis Bonnefoy che stiamo parlando.

È di colui che, se vuole portarsi a letto qualcuno, soprattutto se è qualcuno che ama, fa di tutto per riuscirci.

Tanto più se quel qualcuno è la persona che ama di più al mondo dopo Matthew e Jeanne.

La mano iniziò a camminare lungo la coscia in un lento su e giù di carezze che diedero mille
brividi alla schiena del biondo. 
La mano salì ancora e, come un soffio di farfalla, si posò dove non doveva posarsi. 
La macchina sbandò di colpo per poi rimettersi in carreggiata tra i clacson arrabbiati degli altri automobilisti. 

Il silenzio permeava nell'abitacolo, la mano era ancora li, ferma, immobile. 
L'inglese stava per impazzire mentre il francese godeva nel sentire il cavallo dei pantaloni gonfiarsi sempre di più.
Ormai erano arrivati, il grattacielo moderno si innalzava davanti alla macchina di Arthur.

- F-Francis... 
Il biondo tolse la mano e sorrise gioioso. 
- Continuiamo un'altra volta, mon amour... 
Prima che il biondo potesse dire qualcosa sentì le labbra di Bonnefoy sulle sue in un soffio e poi la porta sbattè.

- Oh... cazzo... 

Appena arrivò a in ufficio, la sua segretaria gi venne incontro con un plico di fogli in una mano e una tazza di tea nell'altra. 
- Signor Kirkland, ho chiamato quel Zwigli come mi ha detto ieri, ha detto che sarà qui per le undici. 
Il signor Braginski ha disdetto l'appuntamento per motivi familiari. 
Ah, poi ha chiamato quel Fernandez Carriedo che ha ribadito che non vuole avere affari con una compagnia assicurativa che ha per capo uno sporco inglese... 
Arthur sospirò, massaggiandosi la radice del naso. 

- Elizaveta... quante volte ti devo dire di essere volgare con quello schifoso spagnolo? 
La ragazza sorrise e si accarezzò la pancia con amore. 
- Non ci riesco signore, penso sempre che i miei piccoli mi possano sentire! 
L'inglese sospirò poi sorrise, ricordando che Lucy era uguale quando aspettava Alfred, una volta lo aveva colpito con una pentola perchè aveva detto idiota a suo fratello maggiore. 
- Come li chiamerete? 
Elizaveta sorrise dolcemente e si accarezzò la pancia di nuovo. 
- Roderich voleva dar loro due nomi austriaci, se fossero state femmine, ma sono due maschietti, quindi li chiameremo Lovino e Feliciano... sono italiani. 

Arthur annuì e si ritrovò a pensare alla bestia Lucy quando lui voleva chiamare il bambino (che allora credeva essere una femmina) Caroline. 
Si amavamo molto all'epoca. Uno di quegli amori brucianti. 
Avevano entrambi diciotto anni quando era arrivato lui e all'epoca, si era immaginato una vita felice con la donna che amava e un bambino biondo come lui e con gli occhi azzurri di Lucy. 
Adesso, a dieci anni di distanza, aveva ventotto anni e l'unica cosa di quei sogni che si era avverata erano gli occhi e i capelli di Alfred. 
Ma non poteva chiedere di meglio, era felice con Alfred. 
Felice e contento di cucinare alla sera, a pranzo e alla mattina, di sentire le lamentele di Alfred perchè:"daddy! Questa roba sa di cane!", felice di vedere la manina di Alfred che, assonnata, gli diceva cinque minuti per alzarsi, felice di arrivare a scuola alle due e vedere Alfred che lo salutava dal cancello, felice di addormentarsi sul divano con Alfred accoccolato sul petto che guardava qualche cartone della Disney.

- Veta... posso farti una domanda personale? 
La ragazza, che per tutto il tempo della riflessione di Arthur aveva ciarlato su suo marito, lo guardò con gli occhioni verdi spalancati. 
- Dimmi capo?
- Come hai capito di essere innamorata di Roderich? 
La ragazza arrossì e si portò una ciocca marrone dietro l'orecchio.

- Bhè.. pensavo ai suoi occhi continuamente, vedevo il suo viso nei sogni, avevo la sua voce e le melodie che mi suonava nelle orecchie... semplicemente così. L'amore è quando pensi costantemente ad una persona, c'è lei ne tuoi pensieri e nei gesti che fai e non sai perchè... 
- Ah... grazie Veta.. 


Era fottuto. 
 


*Redazione schifosamente inventata da me!!
 

Questo capitolo è tutto di Arthur!! Il prossimo, ovviamente, sarà tutto su Franny!!! 
Scusate amo dare soprannomi demenziali alla gente! 
Allora, spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Lo spero di cuore! D'ora in poi aggiornerò, salvo morte prematura o uccisione di partner perchè idiota, ogni domenica!!! 
Grazie a chi ha commentato il capitolo precedente!! Grazie infinite!!! 
Bacioni EMMY!
  
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