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Autore: Emmy_Cr_    17/09/2014    3 recensioni
Ogni lunedì, mercoledì e venerdì, Arthur Kirkland usciva dall'ufficio alle due, andava a prendere suo figlio Alfred a scuola e lo accompagnava alla lezione di hockey sul ghiaccio, al palazzetto vicino casa loro.
Si sedeva sugli spalti e aspettava, congelandosi fin nelle ossa, che le due ore e mezza di allenamenti finissero.
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Ogni lunedì, mercoledì e venerdì, Francis Bonnefoy usciva dall'ufficio alle due, andava a prendere suo figlio Matthew a scuola e lo accompagnava alla lezione di hockey sul ghiaccio, al palazzetto vicino casa loro.
Si sedeva sugli spalti e aspettava, congelandosi fin nelle ossa, che le due ore e mezza di allenamenti finissero.
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FRUK. FRUK EVERYWERE.
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ATTENZIONE: Il rating diventa rosso nel capitolo 6!!
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie ''cause FACE family is the rule'
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2- La malinconia di una foto felice.  
 

La prima volta che Francis aveva visto l'arrogante inglese, o meglio, le sue sopracciglia, aveva pensato che fosse uno di quei padri costretti ad accompagnare i propri marmocchi agli allenamenti dalle mogli, che non scopavano da anni. 

La prima volta che Arthur aveva visto il sorridente francese, o meglio, aveva sentito il suo gracidare, aveva pensato che fosse uno di quei padri che si era ritrovato a dover accompagnare i propri marmocchi agli allenamenti perchè si era rotto il preservativo nel momento clou. 

Entrambi, la prima volta che si ritrovarono, con tanto di cartelloni e dita giganti, ad una partita dei figli, dovettero ricredersi. 
Francis era un padre modello, così come Arthur, tralasciando il fatto che quest'ultimo si tramutasse in un hooligan appena il figlio prendeva la mazza in mano, era un padre affettuoso e comprensivo. 

I due, costretti da cause di forza maggiore a stare vicini durante gli allenamenti, avevano stretto uno strano rapporto di amicizia/odio. 

Francis sorrideva, Arthur mugugnava. 
Francis amava la musica classica, Arthur decantava le lodi del punk.
Francis stava per i Canadiens de Montreal, Arthur per i New York Rangers. 
Contraddirsi a vicenda, per due ore e mezza consecutive, era per loro, la prassi. 

Quella sera, a cena dal francese, era esattamente così, Alfred e Matthew stavano giocando in cameretta del bambino mentre i due adulti sorbivano caffè e ciarlavano di quale squadra avrebbe vinto il campionato, diventando la stella della NHL*. 

- Ti dico che i Ranger vinceranno
- No, no te lo scordi amico, i Canadiens vincono con uno scarto di almeno trenta punti! 

Francis fece un vero di sdegno e lo invitò a sedersi sul divano, mettendosi poi vicino
all'inglese. 
- Papa? Papa, possiamo prendere un macaron? 
Il francese guardò Arthur che annuì e, solo a quel punto, diede il consenso ai bambini che guardavano i grandi dallo stipite della porta provvisti di tatticissimi occhioni da cucciolo. 
- Oui cherì, solamente uno però, mi raccomando! 

Lo disse con un marcatissimo accento francese, accento che iniziava a farsi sentire anche in Matthew quando parlava con Alfred, o con chiunque altro nel mondo, quelle poche volte che parlava con qualcun altro. 

C'erano persone che amavano l'accento francese. 
C'erano persone che odiavano l'accento francese. 
Poi, c'era Arthur Kirkland. 
C'erano volte in cui l'inglese avrebbe cavato la lingua via dalla bocca di Francis e volte in cui la classica "erre moscia" riusciva a calmarlo. 
Ovviamente, se qualcuno gliel'avesse chiesto, avrebbe di sicuro risposto che erano più le volte in cui lo odiava che altro. 

- Alors? Che vuoi fare? 
Il biondo lo guardò stranito. 
- Scusa cosa vuoi fare mentre i bambini giocano di là? 
Chiese, palesemente ironico, Arthur. Il francese alzò le sopracciglia e ghignò con malizia. 
- Bhè, mi tornano in mente vecchi ricordi dei bei tempi andati... 
- Pervertito! 
Si guardarono in cagnesco per un minuto poi scoppiarono a ridere.

Lo sguardo verde di Arthur vagò per il salotto del suo ospite e ne registrò attentamente ogni dettaglio. 
Il divano a penisola era posto nel mezzo con lo schienale che dava le spalle ad un piccolo corridoio che precedeva la porta d'ingressp. Davanti alla TV, circondata su ogni lato da CD, DVD e libri, sia di Matthew che di Francis, un piccolo tavolino dava sfoggio di se, completamente nascosto da riviste di viaggi. 
Il salotto era una stanza unica con la cucina, un muretto era l'unica cosa a dividerli e poi un altro piccolo corridoio portava alla zona notturna, Arthur non era molto sicuro di voler entrare in quella zona... o meglio, non era sicuro, per adesso. 

Gli occhi dell'inglese, però, vennero catturati da una fotografia, appesa al muro e circondata da una collana di lucine, forse di natale, adesso circondate di carta-pesta, a formare tante piccole stelle. 
La cornice nera e sobria sembrava voler porre un limite alla felicità che vi si leggeva all'interno.
Il bianco e nero dell'immagine rappresentava una felicità molto malinconica ma altresì dolcissima e genuina. 
La foto doveva essere stata scattata da Francis e mostrava una ragazza che faceva finta di appoggiarsi di schiena alla Tour Eiffel, mettendo in mostra il pancione, visibile sotto una maglietta a righe. 
I capelli, probabilmente biondi, erano imprigionati in un cappello di lana e solo poche ciocche uscivano ad accarezzare il giubbino di pelle sotto. 
Sorrideva felice e spensierata, mentre accarezzava il piccolo Matthew, ancora inconsapevole della vita. 

- Era la mia Jeanne... 
La voce si incrinò e Arthur si affrettò a tirare il francese verso il suo petto. 
- Francis basta, non ne parlare se ti fa male. 
Il biondo scosse la testa, ancora imprigionato sul suo petto. 
- Non l'ha mai conosciuta veramente... Il mio Matthew non si ricorda neanche il volto sorridente di sua madre mentre lo tenevo in braccio... 
Arthur sospirò pesantemente si sistemò meglio sul divano, ascoltando le voci dei bambini che, dalla cameretta di Matthew, si alzavano. Probabilmente stavano giocando a fare superman. 

- Forse è meglio per lui sai? Voglio dire... Alfred ha conosciuto Lucy, ci ha vissuto tanto tempo insieme e poi l'ha vista andare via con uno mai conosciuto, senza neanche un ciao, come se suo figlio fosse semplicemente qualcosa da buttare. 

Gli occhi azzurri di Francis lo guardarono dal basso, con una scintilla di comprensione. 

- Quando ho chiesto spiegazioni lei ha semplicemente detto "Lui è tuo figlio. Tuo. Non mio. Sono affari tuoi". E ha chiuso la porta uscendo di casa. Capisci? Dopo cinque anni che stavamo insieme! Dopo un figlio! 

Un bicchiere da coca-cola, colmo fino all'orlo di Scotch lo tirò su di morale. 
Francis gli si sedette vicino e insieme sorseggiarono il liquore, ascoltando i rumori di risate provenire dalla stanza. 
Alfred stava raccontando a Matthew una storia su Batman e doveva essere divertente perchè il piccolo rideva flebilmente. 

- Matthew è un bambino dolcissimo... 
- Alfred invece ha preso tutto da te... 
Artur sorrise e gli tirò una gomitata che lo fece ridere di gusto. 
- Voglio dire che è bellissimo. 
Arthur rimase scioccato dalla rivelazione e voltò la testa di scatto verso di lui, la bocca aperta e gli occhi vitrei. 
- N-non... io, tu... i b-bam-bambini sono... 
- Hey mon Arthùr! Non ti ho chiesto di scopare, volevo solo fare un complimento al bambino! 

Si accasciarono entrambi sul divano e continuarono a sorseggiare il liquido ambrato. 
Arthur si stiracchiò e sbadigliò profondamente e al francese venne quasi un colpo. 
- Hai.. hai.. hai un tatuaggio! 
L'inglese lo guardò stranito prima e rilassato poi. 
- Eh già... ero ribelle all'epoca d'oro... A mio padre venne un colpo quando lo vide la prima volta e rischiò di rimanerci secco seriamente quando gli dissi che erano le iniziali del nome di suo nipote! 
Francis rise e guardò di nuovo quella piccola porzione di pelle, quella lasciata libera dalla camicia leggermente sollevata e la vita dei jeans leggermente bassa. 
Una A e una K spuntavano in stile gotico sulla pelle bianca. 

- Anche io ne ho uno. 
Si aprì la camicia, senza accorgersi della crisi tachicardica del suo interlocutore, e gli mostrò una frase, in francese, sul costato. 
- Che vuol dire? 
- La vita è un crocevia di amore e dolore ma per essere vissuta deve avere la stessa quantità di entrambi... 

La voce triste con la quale aveva detto il significato, contrastava con la faccia allegra che ostentava. Arthur, consapevole, non fece domande.  
- Daddy... Mattie si è addormentato, posso dormire qui anche io? 
Un Alfred che si stropicciava l'occhio sinistro apparve in salotto, andandosi a sedere sulle ginocchia di suo padre. 
- No darling, non disturbiamo Francis su.
- Per me può restare non ci sono problemi... 
Artur guardò il francese negli occhi e sorrise dolcemente, per la prima volta nella serata, e prese in braccio il figlio, che appena toccò la spalla del padre si addormentò. 

- No Fran, stai con tuo figlio stasera, sei un ottimo papà... 
Francis si alzò e li accompagnò alla porta. 
Non era poi così male la rana, certo, bisognava sapere come prenderla ma dopo un po' in sua compagnia, ti rendevi conto che non era poi così malvagia la sua compagnia. 
- Ah e comunque, mon petit lapin, la mia offerta per rivangare i vecchi ricordi, è ancora valida! 
Come non detto... dannato glaucopide! 
- Rana pervertita! 

Arthur mise suo figlio a letto con la risata di Francis ancora nelle orecchie. 
Francis mise suo figlio a letto con la sensazione delle braccia calde di Arthur addosso. 
Entrambi diedero un bacio sulla fronte al pargolo addormentato e chiusero la porta. 

Passando in salotto per un bicchiere d'acqua Francis diede un bacio sulla fronte anche alla ragazza nella foto, lasciandoci sopra l'ombra di una lacrima. 
- Sai An? Credo di averti ritrovata negli occhi di quel bruco, avete la stessa voglia di vivere infischiandosene degli altri e vivendo come vuole. 
Siete simili ma non uguali e adesso mi rendo conto che vi amo entrambi ma tu non ci sei più, amore mio, non ci sei più e io ho so che devo amare lui, insieme a te... ti imploro, capiscimi...
Si allontanò e accarezzò il pancione della foto. 

- Buonanotte amore mio, ti rivedrò domani alle due, nei suoi occhi. 
 
 


*NHL= National Hockey League 
 


Eccoci al secondo capitolo, lo so che è melenso e malinconico però bho... ho sempre avuto una predilizione per tutto ciò che è melanconico però non ci ho mai scritto. 
Grazie a chi ha commentato il precedente capitolo, grazie infinite anche a chi deciderà di commentare anche questo, anche se so perfettamente che ha i toni molto cupi per ciò che scrivo di solito io però... spero che piaccia insomma.. 
Bacionissimi Emmy!!
  
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